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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI SAVONA
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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Alassio (rudere della torre Saracena)
«Sulla punta che chiude a levante il golfo di Alassio, vicino al porto, c'è ancora qualche traccia delle mura cinquecentesche, all'epoca sormontate da un torrione circolare - che compare su stampe dell'epoca - appartenente al sistema di allertamento e difesa delle coste, insieme con la Torre Coscia e la torre dell'isola Gallinara. ... Sul poggio retrostante, nelle adiacenze di una chiesetta romanica, si trovano i ruderi della cosiddetta "torre saracena"; era in effetti un mulino a vento, tradizionalmente considerato come appartenente al sistema di avvistamento, come altri nella zona, per effetto della posizione in zone alte e scoperte - quindi con ampia visuale - propria dei mulini».
http://www.sullacrestadellonda.it/torri_costiere/santacroce.htm
Alassio (torre di Vegliasco o di Adelasia)
«La torre di Vegliasco si erge a mezza costa , in posizione dominante sul golfo di Alassio Datata intorno al 1500, è ancora rivestita dello spesso intonaco bianco originale. è costituita da un corpo cilindrico con base a scarpa, poco accentuata e bassa. Nella base si trova un vano con volta ad ombrello. A circa tre metri da terra si apre una porta rettangolare, protetta da una robusta inferriata, azionata con movimento levatoio. Sull’architrave, vi è un bassorilievo in pietra che rappresenta una donna. All’interno, nello spessore del muro, un’angusta scaletta di pietra porta ai due piani soprastanti, con volta a cupola ed al terrazzo di copertura. Il terrazzo di copertura, esempio unico in Liguria, è aggettante rispetto al corpo della torre, con parapeto piatto ,caditoie e beccatelli e richiama molto la sommità della torre dell’isola Gallinara. La torre è anche nota come Torre di Adelasia, la figlia dell’imperatore Ottone I, che secondo la leggenda, vi si sarebbe rifugiata dopo le nozze con Aleramo».
http://xoomer.virgilio.it/navigatori/navigatori_and/modulo04/TORRE%20DI%20VEGLIASCO.htm
Alassio (torrione della Coscia)
«Struttura a pianta circolare, il bastione di Alassio, meglio noto come Torrione della Coscia, venne costruito nel Cinquecento in posizione strategica, a picco sul mare, a difesa dalle invasioni; per questo ed altri motivi il bastione, divenuto oggi uno dei simboli cittadini, merita senza dubbio di essere visitato. Costruito in pietra e mattone, il torrione è oggi adibito ad abitazione privata. Per la posizione in cui si trova e per la storia che ha vissuto, questa struttura storica è ora divenuta anche un affascinante elemento di questa ridente città della riviera».
http://www.globeholidays.net/Europe/Italy/Liguria/Alassio/Alassio_Torrione.htm
«Questo bastione con struttura quadrata e rafforzato agli angoli da guardiole, comunemente noto come "Fortino", fu costruito entro il 1587 direttamente dalla Repubblica di Genova, da cui allora Albenga dipendeva, poiché la popolazione locale non si era mostrata disposta ad affrontare l'onere della fabbrica, peraltro indispensabile come misura difensiva contro le incursioni piratesche. Oggi è situato a circa 200 metri dalla costa, all’epoca della sua edificazione era invece sulla riva del mare. Circondato da edifici moderni, occorre un modesto sforzo della fantasia per immaginarlo solitaria vedetta a guardia della costa. A differenza della maggior parte delle difese costiere di quella zona, prevalentemente in forma di modesto torrione a base circolare, il "fortino" è massiccio e possente, con alto zoccolo a ripida scarpa, spigoli bugnati, cordolo di raccordo al piano rialzato, quattro guardiole pure quadrate agli angoli del coronamento, e lunga scala posteriore di accesso all'ingresso; quest'ultimo è molto alto rispetto al piano di campagna, secondo il consueto modulo difensivo delle fortificazioni antibarbaresche. Il Fortino fu donato nel 1953 all'ente morale "Ospedale Civile di Loano", per poi passare al Comune di Albenga nel 2006. Dopo anni di abbandono, che hanno provocato anche il crollo di una guardiola, sono iniziati i lavori di restauro e recupero nel 2007. Pochi mesi fa questi lavori sono stati completati e il fortino è stato inaugurato nella sua nuova veste di centro polivalente per attività sociali e culturali».
http://castelliere.blogspot.it/2011/05/il-castello-di-venerdi-20-maggio.html
ALBENGA (torre e palazzo Oddo)
«Nome moderno del palazzo che ha ospitato per secoli il Collegio Oddi. Nel 1623 Gio Maria Oddi, dottore in legge, morendo lascia il palazzo di sua proprietà e una cospicua parte dei suoi beni per l’istituzione di un collegio e di una scuola superiore. Il palazzo è sorto, come la maggior parte dei palazzi di Albenga, da un primo edificio al quale sono stati assemblati nel corso di due secoli altri fabbricati vicini, sino ad occupare un intero isolato. Nel 1842 è stato trasformato in un corpo unico. Nel 1637 viene edificata e collegata al Collegio, tramite un arco, la chiesa di San Carlo. Il Collegio Oddi sopravvive sino al 1955, quando viene definitivamente chiuso. L’edificio rimane in abbandono per oltre venti anni. Il Comune lo acquista nel 1979 per trasformarlo in un centro culturale. I lavori di ristrutturazione si protraggono, per l’accavallarsi di controversie burocratiche, per ben 25 anni. Nel 2006 la chiesa di San Carlo, sconsacrata, viene attrezzata come auditorium per conferenze e concerti. È attualmente in corso la realizzazione di un centro culturale nel Palazzo Oddo» - «Tra i monumenti di maggiore interesse ad Albenga c’è sicuramente la torre Oddo, nota anche come Torre Civica di Albenga. Torre Oddo è seconda in altezza solo al campanile della Cattedrale di San Michele. I gradini che portano in cima, fino alla cella campanaria, sono 126. è possibile salire fino ad un’altezza di circa una quarantina di metri; il panorama che si presenta agli occhi dei visitatori è suggestivo ed insolito: è possibile ammirare la città di Albenga dall’alto, assieme al territorio circostante, l’isola di Gallinara, e le Alpi Liguri. Percorrendo le sale dell’adiacente Palazzo Oddo si viene a contatto con quella che è la storia cittadina. Le pareti interne, che si possono ammirare salendo verso la cima della Torre, testimoniano di tutte le varie fasi architettoniche dell’edificio. La ricostruzione della storia dell’edificio è suggestiva: si possono ammirare le antiche feritoie, bifore e monofore, modificate in modo importante nel corso del tempo. Non si sa con certezza se la Torre, risalente comunque ad un periodo attorno al XIII secolo, sia stata voluta dalla famiglia dei Cepolla, oppure dal Comune».
http://www.comune.albenga.sv.it/servizi/Menu/dinamica.aspx - http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti...
Albenga (torre e palazzo Peloso Cepolla)
«Il Palazzo si affaccia maestoso sulla piazza di S. Michele, con la torre ridotta e trasformata in terrazza, ma pur sempre notevole. Nell’atrio presenta un affresco raffigurante, vestito da Ercole, Proculo, il mancato imperatore di Albingaunum, da cui i Peloso Cepolla dicevano di discendere. Il Palazzo fu lasciato in eredità al Comune dall’ultimo membro della casata, il dottor Agostino Nicolari con la clausola che diventasse la sede dell’Istituto di Studi Liguri fondato dal prof. Nino Lamboglia. Oltre a tale funzione il Palazzo ospita l’Archivio storico del Comune. Nelle sale di maggior pregio è stato allestito il Museo Navale Romano, la cui visita permette di ammirare, oltre agli interessanti reperti archeologici, gli affreschi seicenteschi delle pareti e riproduzioni d’epoca di busti di personaggi storici romani» - «...L'edificio è il prodotto finale di varie evoluzioni. Incorpora nella facciata una torre duecentesca, con una base in pietra nera con una porta, in gusto gotico, mentre la parte superiore è in mattoni rossi, la sommità, un tempo merlata, nel XVI secolo è stata modificata creando un cornicione. Nel XVII secolo vennero apportate le modifiche che portarono il palazzo alla forma attuale, unendo vari edifici medievali. Venne a crearsi un atrio con triplice ingresso che corrisponde alle tre facciate principali, ma al giorno d'oggi solo uno di questi è praticabile. ...».
http://www.comune.albenga.sv.it/servizi/Menu/dinamica.aspx - https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Peloso_Cepolla
albisola SUPERIORE (ruderi del castellaro)
«Il sito del Colle Castellaro di Albisola Superiore (Savona) [è] importante per la sua valenza storica di nucleo originario dell'antica Alba Docilia (nucleo romano di Albisola). Il Castellaro è stato un insediamento arroccato su luoghi di facile difesa, tipico della Liguria pre-romana. A dimostrazione dell'importanza del luogo è da ricordare il ritrovo in situ di alcuni oggetti, quali un anellino doro, un'ascia in pietra verde e due frammenti di selce scheggiata. I romani, quando fondarono Alba Docilia (IV secolo d.C.), abbandonarono il Colle Castellaro perché forti della loro potenza non avevano bisogno di fuggire di fronte al nemico, ma con le invasioni barbariche tutto cambiò nuovamente: la popolazione abbandonò la pianura e il colle in oggetto, ove ancora dovevano sorgere i resti del precedente castellaro, venne munito di un castello provvisto di torri che dominava le due valli e la via Aurelia. Il castello medioevale, che fu più volte ricostruito, si collega a nord con il castello del comune di Stella e ad est con quello di Varazze, formando un sistema di forti con il quale la famiglia aleramica proteggeva i suoi territori marittimi. Il castello seguì le sorti dei marchesi aleramici: nel 1122 il marchese Guelfo, che era non stabile dal punto di vista militare, non aveva eredi maschi, dona il castellaro al Duomo di S. Maria di Savona per mettere i propri beni sotto la protezione del Vescovo; morto Guelfo la vedova fa una nuova donazione al comune di Savona, perché nel frattempo il potere del vescovo era passato ai consoli. La figlia Ferraria rimasta orfana, 1139 fu obbligata a sottomettersi ai genovesi accettando di andare a vivere a Genova, dove morì e con lei fini il marchesato di Albisola; il dominio passo per eredità ai marchesi di Savona, ma a causa del veto di Genova, Savona non riuscì mai ad avere stabilmente il castello di Albisola. Nel 1227 Savona sì schierò contro Genova ed il castello fu preso d'assedio: si ritrova l'illustrazione di tale assedio del castello nel codice originale degli Annales Januenses conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Nel 1251 Savona dovette rinunciare ad ogni diritto sul castello di Albisola e nel 1290 tutto il territorio di Albisola, Celle, Varazze venne sottomesso alla Repubblica di Genova. Il 3 maggio 1389 vennero compilati gli statuti di Albisola ed in questi la collina del castellaro è preservata da varie norme, tra cui il divieto di occupare e lavorare la terra, di costruirvi case e lobbligo di tenere sgombre le numerose strade che salgono ad esso. Nel sec. XVII la Repubblica di Genova per migliorare il suo sistema difensivo e per far fronte alle scorrerie dei barbari, mise nel castello un presidio di centocinquanta soldati con armi da fuoco, rifacendo le mura e inserendo feritoie per i fucili. Nonostante lo stato di abbandono e di degrado [è] ancora leggibile l'impianto planimetrico sul quale era impostato il manufatto ed è abbastanza ben conservata una porta e parte di muratura in elevazione».
http://iluoghidelcuore.it/comitato/per-il-castellaro/227
«Questo complesso di fortificazioni venne realizzato tra il 1885 e il 1890 ed è composto dallo sbarramento di Altare (Tagliata, Forte Tecci e Forte Cascinotto), Forte Monte Burotto, batteria di Monte Baraccone. Il complesso principale attraversato dalla rotabile del Colle di Cadibona-val Bormida è costituito da due ingressi fortificati agli sbocchi della galleria e da due opere superiori poste sulle alture a cavallo della sella. L'opera posta sull'altura nord denominata Forte Cascinotto era dotata di due cannoni da 12 GRC/RET con fronte a nord ovest e da due cannoni da 15 GRC/RET sul fronte opposto, la pianta è a forma poligonale. Forte Tecci è l'opera posta a sud e ha un disegno più articolato essendo formata da due corpi distinti collegati da un tratto rettilineo di cui uno è a pianta pentagonale e l'altro a pianta triangolare. Il complesso aveva in dotazione sei cannoni da 12 GRC/RET e quattro mitragliatrici. I due ingressi con le tagliate poste alle estremità del complesso erano dotate di ponti levatoi che, sollevati, scoprivano il fosso della tagliata dal lato verso Altare. L'ingresso aveva due piani: al piano terra c'era il corpo di guardia mentre al piano superiore erano appostate due mitragliatrici. L'ingresso dal lato opposto, verso Cadibona, era simile con in più una caponiera posta nel fossato ed era dotato di due cannoniere con pezzi da 12 GRC/RET che battevano la rotabile Savona-Altare. Le artiglierie furono poi sostituite con mitragliatrici Gardner. A completamento del complesso furono costruite le batterie Madonnetta e Fannot; la prima era dotata di quattro cannoni da dodici GRC/RET posti in barbetta e puntati verso Cadibona, il Monte Ciuto e la Val Quazzola. La Fannot invece schierava sei pezzi da 12 GRC/RET in barbetta orientati verso Plan d'Ormè, Bricco del Basto, Cadibona e Bricco Castagnassa. Sbarramento di Altare, Savona. Il forte Monte Burotto (m. 745) domina i valloni che dalla sella di Altare scendono verso la costa. Si tratta di una costruzione di forma poligonale con quattro cannoni da 12 GRC/RET schierati sul lato sud e quattro cannoni da 15 GRC/RET orientati verso il passo di Altare. A sud-est del forte fu costruita la batteria di Monte Baraccone armata con sei cannoni da 12 GRC/RET».
Altare (ruderi del castello marchionale)
«Eretto nel XII secolo a 464 metri sul livello del mare fu costruito per scopi principalmente difensivi dai marchesi di Savona; la prima citazione ufficiale è risalente al 1435. Possedimento quindi del Marchesato del Monferrato fu completamente demolito nel 1629 dai soldati della Repubblica di Genova. La strada che porta ai ruderi è oggi quasi inaccessibile, chiusa dall'intrico di fogliame e arbusti».
http://www.comune.altare.sv.it/index.php?option=com_content&view=article&id=148&Itemid=86
a cura di Stefano Favero
BALESTRINO (castello dei Del Carretto)
«Il Castello di Balestrino sorge sui resti di una precedente fortificazione alto-medievale. L'attuale complesso risale agli inizi del XVI secolo, quando i Marchesi Del Carretto di Zuccarello ottennero l'investitura del feudo di Balestrino. La sua costruzione comportò, agli abitanti del luogo, vessazioni di carattere pecuniario e obblighi di manodopera con tasse gravose. Il perdurare del malcontento fu quindi all'origine della rivolta che sfociò nell'assassinio del marchese e nell'incendio del castello. Ricostruito dalle ceneri, è giunto ai nostri giorni come palazzo residenziale, circondato ancora dalle antiche mura private però della corona di merli e del ponte levatoio al posto del quale si apre un'ampia scalinata sulla cui cima campeggia lo stemma dei Del Carretto».
http://turismo.provincia.savona.it/it/beni-culturali/balestrino/castello-dei-del-carretto
BARDINETO (resti del castello dei Del Carretto)
«Dopo l'occupazione di Rotari e dei suoi Longobardi, che furono all'origine del nome del paese ed avviarono altresì gli abitanti alla conoscenza del commercio, dei trasporti e dell'artigianato, nel 775 Bardineto fu soggiogata da Carlo Magno e donata ai monaci di San Pietro in Varatella. Nel 1142, in seguito alla divisione degli otto figli del Marchese Bonifacio I del Vasto, Bardineto era toccata a Enrico il Guercio, Marchese di Savona e progenitore dei Del Carretto, contemporaneo di Federico Barbarossa e suo seguace nelle Crociate. Lo stesso Barbarossa si accampò a lungo nelle vicinanze con il suo imponente esercito. Alla morte di Enrico il Guercio (1185), il possesso di Bardineto e dell'Alta Val Bormida finì nelle mani del figlio Enrico II che, assunto il titolo di Del Carretto, diede vita ad uno Stato capace di durare per quattro secoli, attraversando tutto il Medioevo. Proprio ai Del Carretto si deve nel XIII secolo la costruzione e la fortificazione del borgo alla cui sommità venne edificato il castello. Ne conferma l'esistenza un atto notarile del 1268 in cui viene suddivisa l'eredità del marchese Giacomo Del Carretto, morto nel 1265, tra i tre figli: ad Antonio spettarono, tra gli altri, i diritti sul castello e sugli uomini di Bardineto. Nel diploma ufficiale dell'imperatore Carlo IV di Boemia, redatto nel 1355, viene confermata l'investitura di Giorgio Del Carretto, che morì proprio a Bardineto tre anni dopo, dei propri feudi e possedimenti tra cui vengono citati sia il castello che il borgo di Bardineto. All' inizio del XVII secolo, Bardineto passò sotto la dominazione spagnola fino al 1713, quando divenne parte della Repubblica di Genova, per poi essere assegnata, nel 1735 a Carlo Emanuele III di Savoia. Dell'antica fortezza, edificata molto probabilmente sulle fondamenta di un preesistente castrum romano, sono rimasti quattro lati dell'alta cortina difensiva a pianta esadecagonale (unico esempio a 16 lati), distrutta nel 1795 durante la battaglia di Loano (22-27 novembre) che vide di fronte le truppe di Napoleone e l'esercito austro-piemontese, asserragliato all'interno del maniero, mentre della cinta muraria che dal castello scendeva a protezione del borgo non si hanno più tracce. Gli Austriaci lasciarono sul campo 4000 morti e 5000 prigionieri, mentre la vittoria consegnò ai Francesi tutti i depositi di armi e di viveri che l'Austria aveva a Finale, Loano e Savona, e aprì le porte alla Penisola, permettendo loro di riallacciare le comunicazioni con tutto il litorale genovese. Nel 1814, infine Bardineto venne definitivamente aggregata agli Stati Sardi dei Savoia».
http://castelliere.blogspot.it/2012/06/il-castello-di-domenica-24-giugno.html
Bastia Soprana (presso Sassello, ruderi del castello)
redazionale
Bastia Sottana (presso Sassello, ruderi del castello)
redazionale
Bergeggi (torre d'Ere o del Mare, torre Rovere, torre romana)
«Sul territorio bergeggino sono inoltre presenti torri d'avvistamento quali la torre d'Ere, costruita nell'Alto Medioevo e la torre Rovere del XV secolo. Sono stati rinvenuti i resti di una torre circolare di epoca romana molto probabilmente usata come faro verso il mare» - «Il promontorio di Capo Maiolo, l'antico “mons Mede” ovvero la meta, punto di riferimento per chi era diretto al porto dell'antica Vada Sabatia, è sormontato dalla Torre d'Ere del X secolo. La torre più conosciuta come Torre del Mare, a base quadrangolare, fungeva da posto di avvistamento e baluardo difensivo. Immersa nel verde della macchia mediterranea è raggiungibile attraversando il giardino del complesso residenziale costruito tutt'intorno negli anni Sessanta».
http://it.wikipedia.org/wiki/Bergeggi#Architetture_militari - http://turismo.provincia.savona.it/it/beni-culturali/bergeggi/torre-dere
Borghetto Santo Spirito (borgo, castello Borelli)
«Il centro storico, a monte della via Aurelia, conserva la struttura originaria a pianta rettangolare. Le antiche strutture fortificate sopravvivono ancora con ampi tratti di mura duecentesche incorporati nelle case dell'abitato, i resti di due torri e la porta a ponente rifatta in stile barocco con la caratteristica nicchia dedicata alla Madonna della Guardia. La chiesa parrocchiale dedicata a San Matteo risale all'inizio del XVII; all'interno si possono ammirare interessanti opere artistiche tra cui una statua lignea del santo, opera del Maragliano, una tela del Martirio di San Matteo di G. Badaracco, in cui è inserita una veduta seicentesca di Borghetto e un'altra tela di D. Fiasella, raffigurante il Martirio di Sant'Apollonia. Sul capo di Borghetto circondato da una rigogliosa pineta, sorge il maestoso castello Borelli, oggi proprietà privata, edificato alla fine dell'Ottocento dove un tempo era situato il convento di Santo Spirito. Anticamente pare esistere sul capo una villa romana di cui rimane un piccolo altare dedicato alle dee Matrone».
http://turismo.provincia.savona.it/it/localita/borghetto-santo-spirito
Borghetto Santo Spirito (torre Rossa)
«Fondato nel 1288 dal da Albenga che lo cinse di mura (1297) e ne fece un avamposto di difesa contro Loano, feudo dei Doria, prese il nome dell´ospizio monacale di Santo Spirito, istituitovi nel secolo XII. Passò sotto la Repubblica di Genova, seguendone le vicende, nella prima metà del Trecento. ... Nel 1409 il Comune di Albenga emana una norma sulla fortificazione della torre di Borghetto e sulla necessità di farci un solaio. Un resoconto di visita di un capitano della Serenissima Repubblica del 1588 sottolinea dimensioni e ruolo difensivo del Borgo di S. Spirito : “il Borghetto è un luogo paramurato e le sue difese misurano cento metri dal lato del mare, settantacinque a levante e qualcosa di meno a ponente: vi si trova anche una torre quadrangolare (l’attuale Casa Rossa) alta dieci metri …”. Tale torre ormai, familiarmente, denominata torre rossa deve il suo nome alla sua caratteristica colorazione».
http://insiemefacile.provincia.savona.it/scheda_comuni.php?aperto=1&sez=5&id=12&sottosez=2
Borgio Verezzi (torre della Caprazoppa)
«La torre della Caprazoppa, a picco sul mare all'apice del promontorio che delimita a ovest il territorio del Finalese, domina il litorale da Capo Mele a Capo Noli con le medesime funzioni anticorsare delle consimili nel Ponente ligure, alle quali era collegata otticamente. Simile alla vicina torre di San Donato, ha base quadrata di circa 4,50 metri di lato ed è alta circa 9,00 metri. È costruita in muratura mista di pietre irregolari e mattoni, messi in opera ad opus incertum. Gli spigoli sono invece rinforzati con blocchi di pietra squadrata. È caratteristica l'assenza del cordolo di raccordo tra la base, leggermente scarpata, e il corpo verticale. Abbastanza ben conservata, ha mantenuto le guardiole secentesche agli angoli opposti di sud-est e di nord-ovest, probabilmente frutto di rimaneggiamenti dopo l'occupazione del marchesato dei Del Carretto da parte degli Spagnoli nel 1602. Capo Caprazoppa separa Finale Ligure (a Est) dalla conurbazione Borgio Verezzi-Pietra Ligure-Loano- Borghetto Santo Spirito (a Ovest). Il promontorio è attraversato dalla galleria ferroviaria (1.136 m) della linea Genova-Ventimiglia (completata il 25 gennaio 1872) e dalla galleria aperta nel 1836. Nel 181 a.C. nella battaglia combattuta presso Capo Caprazoppa i romani sconfissero gli abitanti della zona (Ingauni-Liguri), alleati dei Cartaginesi nel corso della seconda guerra punica».
http://immaginidelsavonese.blogspot.it/2013_02_01_archive.html
Borgio Verezzi (torre di Bastia)
«...Un sentierino in salita porta, tra cespugli di ginestra, passando sotto tre tralicci dell’alta tensione, alla sommità dell’altura su cui sorgono i ruderi della Torre di Bastia (321 m). La Torre di Bastia era una torre di avvistamento del Marchesato del Carretto. Ne parla il Filelfo ne La guerra del Finale. Prima del 1000, Berengario II, per osteggiare le invasioni saracene, suddivise la Liguria in Marche al fine di rendere il territorio più controllabile. Della Marca che si estendeva dal fiume Pora fino ad Arenzano, la parte più occidentale fu assegnata al marchese del Carretto di Savona, signore del Finale. I marchesi del Carretto si trasferirono al Borgo del Finale. Nel 1212 i marchesi comperarono i territori di Verezzi, Gorra, Olle, Borgio e Pietra. Il confine a ponente venne spostato dal fiume Pora, sul rio Fine (attuale confine tra Finale e Borgio). Sulla cima della collina di Bastia, a controllo del confine, Enrico II del Carretto fece costruire una torre di vedetta chiamata in origine “Torre di Gorra”. Essendo posizionata in un punto di confine considerato dagli strateghi militari particolarmente importante per il marchesato, su di essa gli uomini di Gorra montavano la guardia sia di giorno sia di notte».
http://scuolaborgio.altervista.org/articolo%20alpi%20doc.html
Borgio Verezzi (torrione del forte di Borgio)
«La difesa costiera, minacciata dai cosiddetti “Turchi e Barbareschi”, era affidata al corpo militare della Podesteria della Pietra. Verezzi e Borgio dovevano garantire contingenti ben precisi per i servizi di guardia, giorno e notte, al castello della Pietra. Questo sistema difensivo garantiva sicurezza a Pietra, Verezzi non aveva problemi grazie alla sua posizione strategica, al contrario Borgio era scoperta e indifesa non disponendo di alcun baluardo. A causa di ciò molte famiglie si trasferirono a Verezzi. Nel 1560 i borgesi rimasti chiesero alla repubblica di Genova il permesso di costruire una torre difensiva. Il Senato inviò Antonio Rodaro con un progetto di torre difensiva e con l’incarico di dirigere i lavori. L’opera fu subito intrapresa e nel 1564 fu compiuta. Questo baluardo è ancor oggi esistente e integro, si trova nella parte occidentale di Borgio, incastonato nelle case più antiche del centro storico urbano. Negli anni successivi i borgesi capirono che il Torrione non era sufficiente in casi di attacco e chiesero ed ottennero il permesso di costruire un baluardo difensivo in grado di ospitare tutta la popolazione. Fu così che nel 1588 terminarono la costruzione del “Forte di Borgio“».
http://www.comuneborgioverezzi.it/?page_id=57
Cairo Montenotte (porta Soprana, porta Sottana)
«Cairo aveva conservato l’antica cinta muraria fino ad alcuni decenni fa, quando larga parte delle mura fu abbattuta. Delle mura però sono rimaste alcune preziose testimonianze: porta Soprana, porta Sottana e le “Prigioni”. Porta Soprana è il simbolo della città ed era l’apertura più solenne ed importante nelle mura cairesi. Oggi costituisce la porta di ingresso al centro storico da cui parte via Roma, cardine di tutto il sistema urbanistico antico. Porta Sottana, dalla parte opposta, un po’ decentrata, si apriva nelle mura, in direzione di Alba e Cortemilia, non lontana dalla chiesa parrocchiale».
http://insiemefacile.provincia.savona.it/scheda_comuni.php?aperto=1&sez=7&sottosez=2&id=15
Cairo Montenotte (resti del castello dei Del Carretto)
«Costruito tra i secoli XI e XII (non esistono fonti certe) venne posto sotto il controllo di Ottone I Del Carretto, uno dei due figli di Enrico I il Guercio, capostipite della nobile famiglia. Ottone I si ritirò nei suoi possedimenti montani: Cairo divenne la capitale del feudo e Ottone I assunse il titolo di marchese Del Carretto dal nome dell'omonima frazione Carretto situata a pochi chilometri da Cairo. Il castello venne costruito in posizione dominante sul Borgo e sulla strada Magistra Langarum, fondamentale via di comunicazione per il commercio, che conduceva a Cortemilia, Alba e Asti. Per consolidare il proprio potere Ottone cedette nel 1214 le sue terre a Genova da cui ricevette ufficialmente l'investitura. Il castello conobbe così un periodo di grande splendore: nel 1268 Corradino di Svevia, imparentato con i Del Carretto, si fermò a Cairo mentre dalla vicina Provenza affluivano numerosi menestrelli e trovatori tra cui Faiquet de Romans e Peire de la Mula; anche il famoso poeta provenzale Rambaldo, che Dante cita nel Purgatorio con nome di Arnaldo, allietò Ottone e la sua corte. Narra una leggenda che nel 1213 Francesco d'Assisi si fermò a Cairo durante il suo viaggio in Spagna e fu ospite di Ottone I: il santo guarì la figlia sordomuta del Marchese che volle sdebitarsi iniziando la costruzione del convento di San Francesco dove i Marchesi Del Carretto ebbero diritto di sepoltura. Manfredo IV di Saluzzo acquisì nel 1322 il feudo che passò successivamente agli Scarampi, famiglia astigiana, che trasformarono il castello nella loro residenza. Nel XVII secolo il castello venne distrutto durante le guerre dei Savoia che coinvolsero i Gonzaga, divenuti Duchi del Monferrato, la Francia, la Repubblica di Genova e la Spagna che aveva esteso i suoi domini in Val Bormida dopo aver acquisito il Marchesato del Finale dall'ultimo discendente della famiglia Del Carretto, Andrea Sforza. Nel 1625 Amedeo I di Savoia occupò Cairo danneggiando sia il Borgo che il castello. Sulla città ed il castello piovver bel 144 cannonate. Quell’anno il borgo e la sua popolazione subirono un terribile saccheggio. Nel 1627 l’esercito sabaudo attaccò e bombardò nuovamente la città di Cairo, il cui castello fu ridotto ad un rudere da un nuovo bombardamento. Dopo la distruzione del castello gli Scarampi si trasferirono nel palazzo che prese il nome da questa famiglia e che oggi è sede della biblioteca civica. Il castello conserva su tre lati le mura. L’alta torre ad angolo bugnata è diroccata anch’essa su un lato. Risale al Duecento e probabilmente era punto di osservazione e di comunicazione con i castelli vicini. Dal castello del Carretto si possono vedere, infatti, i castelli di Rocchetta, Cairo e Dego».
http://castelliere.blogspot.it/2011/03/il-castello-di-venerdi-18-marzo.html
Calizzano (resti del castello Del Carretto)
«Già comunità romana (Comunitas Calitiani), fu compreso nella marca aleramica (sec. X). Possesso di Bonifacio del Vasto (1091) passò ai Del Carretto e seguì poi le vicende del marchesato di Finale. Poche rovine del castello medievale dei Del Carretto si possono osservare su un'altura sovrastante l'abitato. ... L’origine di Calizzano è certamente romana: Comunitas Calitiani. Fu, poi, compreso nella marca aleramica intorno al secolo X: il castello faceva parte del sistema difensivo del borgo e venne assegnato a Enrico il Guercio. Il borgo fu possesso di Bonifacio del Vasto nel 1091 per passare, quindi, ai Del Carretto, seguendo poi le vicende del marchesato di Finale. Nel XVII secolo fu ceduto alla Spagna e nel 1713 entrò nel dominio della Repubblica di Genova. ... Il paese è sovrastato dal castello medievale che sorgeva in un punto strategico: dal castello si potevano controllare le strade per Bardineto, per il colle del Melogno e per il valico dei Giovetti. Fu distrutto dai francesi nel 1794. I ruderi ormai sono seminascosti dalla vegetazione. Faceva parte del complesso, anche se distaccata, la torre Alerarno: i suoi ruderi sorgono su un’altura sopra il torrente Vetria. Nel XVII secolo le scuderie furono trasformate nell’oratorio di San Giovanni Battista».
http://www.guidacomuni.it/storia.asp?ID=9017
«Abitazione di una delle famiglie più ricche della valle nel medioevo, ampliata in più fasi fino a prendere le sembianze di un vero e proprio castello arroccato nella sua posizione strategica su una roccia a fondovalle dove convergono il fiume Sciusa e e il Rio Ponci» - «Partendo in auto da Finale Ligure Pia, frazione Calvisio, si ripercorre verso monte il torrente Sciusa, in direzione Vezzi Portio. Superato l’incrocio per Verzi e la Val Ponci, poco prima di entrare in una gola si può ammirare sul lato destro quello che resta del nucleo abitativo tardo medievale denominato Castello Locella, posto alla confluenza tra lo Sciusa e il Rio Ponci, oggi ristrutturato e adibito a dimora privata».
https://it.wikipedia.org/wiki/Calvisio_(Finale_Ligure)#Architetture_civili - http://www.piazzascala.altervista.org/rocchebianche/index.htm
«Sulle alture di Alassio, in allineamento con la torre di Vegliasco, si trova la torre di Caso. È una struttura in abbandono, fortemente deteriorata, raggiungibile attraverso un sentiero. All'interno si intravedono tracce dell'intonaco originale. La sua posizione elevata e la forma circolare suggeriscono l'originaria destinazione a mulino a vento, come la vicina torre di Colla Micheri, nel territorio di Andora, o la torre sovrastante il capo Santa Croce, alle spalle di Alassio, o la torre di punta Manara, retrostante Riva Trigoso, sulla Riviera di Levante. I mulini, infatti, pur destinati precipuamente a sfruttare la ventilazione costante delle aree elevate in zone povere di energia idraulica, per la loro ubicazione dominante erano atti al controllo del territorio».
http://www.sullacrestadellonda.it/torri_costiere/torrecaso.htm
CASTELVECCHIO DI ROCCA BARBENA (castello dei Marchesi Clavesana, borgo)
«Castelvecchio di Rocca Barbena è un bellissimo borgo ligure risalente all'XI secolo. Le caratteristiche abitazioni in pietra del centro storico di Castelvecchio si abbarbicano sul monte quasi a voler raggiungere il castello che si innalza imponente e dominante sulla rocca Barbena, alta 1142m, da cui prende il nome il paese. Castelvecchio fu protagonista di numerose e travagliate vicende storiche, nonostante questo ancora oggi conserva il suo antico impianto architettonico fortificato. Attraversando il borgo spesso e volentieri la nostra vista cattura angoli non intaccati dal tempo come gli antichi lavatoi e i caratteristici forni che formano gobbe sporgenti visibili dai muri esterni delle vecchie case. Unica frazione di Castelvecchio è Vecersio sulla strada per Balestrino. Castelvecchio di Rocca Barbena fa parte del Club I Borghi più Belli d'Italia. Il castello di Castelvecchio venne eretto dai Clavesana nel XI secolo, in seguito divenne una roccaforte dei marchesi Del Carretto. Percorrendo gli stretti carruggi di Castelvecchio notiamo gli archetti antisismici in pietra che collegano le abitazioni».
http://www.liguriadiponente.it/castelvecchio.htm
Cengio (resti del castello di Cengio Alta)
«Cittadina situata sul confine ligure piemontese, nella Val Bormida di Millesimo, Cengio si estende sul versante settentrionale delle Alpi Liguri, che hanno inizio dal vicino Colle di Cadibona. Il paese deve forse il nome alle “cengie”, speroni rocciosi che ne caratterizzano la conformazione geologica. Formato da diversi nuclei dislocati sul territorio, fu compreso nella marca aleramica divenne poi possesso di Bonifacio Del Vasto, e nel XII secolo passò ai Del Carretto, i quali costruirono un grande castello, distrutto dagli spagnoli nel seicento. Oggi della parte medievale, che doveva essere imponente, rimangono solo poche rovine. ... Sotto i ruderi del castello si trovano alcune fortificazioni, ricavate dalla roccia, con parete in muratura e feritoie. Caratteristiche sono le antiche abitazioni del nucleo originario, addossate alla sommità di un colle roccioso» - «...Il castello di Cengio Alto, imponente costruzione del Medioevo, fu eretto dai marchesi di Clavesana nel XII secolo e ampliato in seguito dai Del Carretto. Controllava da una parte le Valli di Cengio e dall'altra quella di Millesimo, dominando la strada che, attraverso Bric San Bernardino e Pian del Groppo, proviene da Montezemolo. Sotto il Castello si trovano alcune fortificazioni, ricavate dalla roccia, con parete in muratura e feritoie. Distrutto dall'esercito spagnolo nel 1648, ad oggi ne restano poche rovine».
http://www.provincia.savona.it/provincia/territorio/comuni/cengio - http://castelliere.blogspot.it/2017/03/il-castello-di-sabato-18-marzo.html
«...Esattamente come era accaduto per Villanova, fondata a metà del XIII secolo, anche la fondazione di Cisano è un atto pianificato dal Comune di Albenga, sia da un punto di vista politico, sia strategico e urbanistico. Gli obiettivi di tale decisione sono molteplici: nell'ottica di controllare contemporaneamente una delle vie più antiche di transito verso il Piemonte e di tenere a bada le mire espansionistiche dei Clavesana, la fondazione di una serie di nuovi borghi sbarrava l'ingresso alle valli della zona, dava al Comune il controllo dell'intera piana e, con la scusa di offrire terreni e protezione ai contadini che abitavano gli insediamenti sparsi della zona, sottraeva risorse umane al nemico. Della costruzione del borgo abbiamo notizia certa da un primo documento del 29 aprile del 1272 in cui un tale Rubeus Nipitella, un oscuro podestà di Albenga, facendo riferimento a una “superstans ville Cixani” paga 8 lire genovesi a tal Guglielmo De Turlata per lavori in corso nel nuovo borgo, il cui fosso perimetrale stava venendo tracciato proprio a quell'epoca. La costruzione va avanti per circa 16 anni, dal 1272 al 1288, data in cui sappiamo che l'insediamento non è ancora dotato di una cinta difensiva, elemento inserito solo successivamente. Ma la cinta non è l'unico elemento aggiunto nel corso del tempo; data la difficoltà nel popolare borgo e malgrado la struttura generale sia la rigida maglia ortogonale tipica delle villanove, vi sono non pochi tratti atipici, come se il progetto iniziale fosse stato ridimensionato notevolmente in corso d'opera. Ancora adesso il borgo conserva la propria struttura di insediamento murato, è ancora visibile la struttura rettangolare del suo abitato più antico e il tratto conservato meglio è quello orientale in cui la cinta è delimitata ai lati da due delle tre rimanenti torri a sezione quadrata coronate da merli guelfi. Queste torri, tra le quali quella a nord-est, la Torre dello Sperone, è interessata dall'intervento di recupero finanziato dall'Asse IV del POR FESR 2007_2013, sono giunte a noi non senza difficoltà; oltre agli accadimenti guerreschi cui furono testimoni e protagoniste, necessitarono un intervento di ricostruzione nel 1409 in seguito alla piena del Neva dell'anno precedente salvo esser gravemente danneggiate due secoli più tardi a causa delle truppe savoiarde».
«L'abitato di Cisano ha probabilmente origine altomedioevale (il nome deriva forse da un antico limes bizantino-longobardo del VII secolo), ma la sua posizione attuale risale all'anno 1274, quando Albenga lo rifondò con struttura fortificata. I lavori di costruzione durarono fino al 1288 su un terreno acquistato dal monastero della Gallinara; precedentemente la zona era appartenuta a Bonifacio del Vasto e ai suoi successori, marchesi di Clavesana. La decisione di fortificare il borgo da parte della città ingauna è riconducibile alla sua posizione, che fu sempre strategicamente importante come difesa contro le invasioni dal basso Piemonte e venne così accomunato, nel suo scopo difensivo, alle "ville nuove" di Pogli e appunto Villanova. Nel XIII secolo passò sotto la giurisdizione della Repubblica di Genova, così come altri centri del territorio albenganese. Come la storia ci insegna, nel periodo medioevale furono numerosi gli scontri e le guerre di vicinato o di attacchi sferrati a danno di Cisano da parte di signori che pretendevano allargare i propri domini nel nostro territorio. In tale contesto è da collegare l'assedio al borgo da parte dei Savoiardi nel 1672, che furono, insieme all'evento calamitoso dello straripamento del fiume Neva, le cause del crollo di buona parte della cinta muraria. Questa racchiudeva un abitato compatto, di forma rettangolare e delimitato da fossati e corsi d'acqua naturali; al suo interno, oggi come allora, stretti carruggi si intersecano ortogonalmente mentre le piccole piazzette sono ricavate dalla demolizione di edifici pericolanti. Nella parte muraria ancor visibile si può osservare la tecnica costruttiva delle mura e delle torri che si basava in prevalenza sull'utilizzo di grossi ciottoli del fiume; proprio da una delle torri fu ricavato il trecentesco campanile della Parrocchiale, dedicata Santa Maria Maddalena, che si affaccia sulla piazza principale del paese. Poco fuori dall'abitato, in un tratto nel quale il fiume scorre incassato tra pareti di roccia, merita una sosta la chiesa di San Calocero, edificata nell' XI secolo dai monaci benedettini della Gallinara, quale ricovero per i pellegrini. Sottoposta a successive ristrutturazioni, ha però conservato una bella serie di archi binati risalenti alle origini romaniche».
http://www.liguriaheritage.it/heritage/it/liguriaFeudale... - http://www.comune.cisanosulneva.sv.it/cisano-sul-neva/il-territorio-la-storia.html
«Il paese di Conscente (il toponimo significa "confluenza") disposto a gradino sul pendio della sponda destra tra frutteti, vigneti e orti coltivati con cura, è il luogo ideale per osservare l'aprirsi delle valli Neva e Pennavaira a Nord e la piana di Albenga a Sud. Il paese è sovrastato da uno dei pochi castelli antichi ancora conservati, sebbene con rifacimenti, di queste valli. Fu costruito dalla famiglia Costa di Albenga intorno alla metà del Cinquecento, in zona staccata dal borgo, da dove era possibile vedere i castelli di Zuccarello e di Castelvecchio. In realtà Conscente aveva un precedente castello, fondato dai Clavesana e passato ai Cepollini per investitura feudale. Di quella costruzione resta un torrione detto in loco "Paràgiu", che sovrasta la frazione Gombo il cui nome deriva dai "gumbi", gli antichi frantoi. Una dipendenza del castello, per ospitarvi la stalla, la scuderia e il magazzino delle derrate alimentari si trovava presso la chiesa parrocchiale, dedicata a San Giovanni Battista. Se ne vedono ancora oggi i muri perimetrali, detti "Caserme". Conscente fu dunque un paese di grande prestigio per l'influenza della nobile famiglia Costa» - «Il piccolo nucleo abitativo, oggi in espansione, ha origini medioevali. Il paese è sovrastato da uno dei pochi castelli antichi ancora conservati, sebbene con rifacimenti, di queste valli. Fu costruito dalla famiglia Costa di Albenga intorno alla metà del Cinquecento, in zona staccata dal borgo, da dove era possibile vedere i castelli di Zuccarello e di Castelvecchio. In realtà Conscente aveva un precedente castello, fondato dai Clavesana e passato ai Cepollini per investitura feudale. Di quella costruzione resta un torrione detto in loco "Paràgiu", che sovrasta la frazione Gombo il cui nome deriva dai "gumbi", gli antichi frantoi. Il feudo di Conscente passò in seguito ai Del Carretto del ramo di Balestrino. Nel 1797, durante gli echi rivoluzionari d'oltralpe, Conscente si proclamò indipendente con il nome di Castel Libero. Legata storicamente al castello è la seicentesca Chiesa di Sant'Alesandro fatta costruire dai signori Costa in onore del papa».
http://www.rivieraligure.it/IT/cisano-sul-neva.k3c1124.htm - http://www.comune.cisanosulneva.sv.it/cisano-sul-neva/frazioni.html
Cosseria (castello di Quassolo)
«Il Castello di Quassolo, costruito tra il 1901 ed il 1907, è una fastosa opera liberty su progetto dell'arch. Benvenuto Pesce Maineri. è ubicato nella Provincia di Savona tra la zona delle Langhe e il mare. L'edificio, nato come residenza estiva della famiglia Musso Piantelli, è situato all'interno di un parco all'inglese di circa trenta ettari e al centro di un'ampia zona di oltre 100 destinata originariamente a tenuta agricola. All'interno dell'edificio vi è anche una cappella privata dedicata a S. Giuseppe sposo. I proprietari, che lo utilizzano come dimora estiva, sono lieti di mettere a disposizione una parte dei saloni di rappresentanza ed il bellissimo parco con i suoi lunghi viali e i grandi prati in godimento temporaneo per matrimoni ricevimenti, convegni, mostre ed altri eventi. Il castello di Quassolo sorge in una strategica posizione a Carcare nella Val Bormida. I suoi ampi spazi e il parco adiacente lo rendono adatto a matrimoni, ricevimenti, convegni e altri eventi conviviali. Le aree esterne sono attrezzate per catering, intrattenimenti musicali e convegni secondo le norme vigenti in materia di sicurezza e possono ospitare sino a 500 persone».
http://www.castellodiquassolo.com/quassolo.php?lang=it&page=1
Cosseria (ruderi del castello dei Del Carretto)
«Incluso col diploma di Ottone I del 967 nella marca aleramica, fu possesso di Bonifacio del Vasto dal 1091 e, in seguito, dei marchesi di Clavesana (sec. XII) e dei Del Carretto. Centro nevralgico del paese il castello, occupato e presidiato da Carlo d'Angiò nel 1262, assediato dai Genovesi per circa un anno, fu conteso più volte. Nel 1536 fu demolito per ordine del Commissario imperiale. Nel 1796 truppe austriache e piemontesi vi furono assediate dai Francesi: i ruderi del castello medievale, a dominio del valico di Montecala, accessibile soltanto dalla "via dei Granatieri", ricordano in particolare la battaglia del 13 aprile 1796, in cui cadde eroicamente il colonnello Filippo Del Carretto, nel vano tentativo di opporsi all'armata di Napoleone. Nel 1262 il castello fu presidiato da Carlo d'Angiò che resistette all'assedio dei genovesi per un anno. Già in in condizioni precarie di conservazione, nel 1796, quando truppe austriache e piemontesi al comando di Filippo del Carretto vi si asserragliarono nel vano tentativo di resistere all'assalto dell'esercito napoleonico, venne definitivamente rovinato. La battaglia è ricordata con mostre, convegni di studio e rievocazioni».
http://insiemefacile.provincia.savona.it/scheda_comuni.php?aperto=1&sez=7&id=26&sottosez=2
Costa (resti del castello dei Del Carretto)
«Sorge in località Costa [territ. di Murialdo] ed è di origine aleramica (sec. X-XI). Lo troviamo citato per la prima volta in una "convenzione" tra popolo e feudatario: la popolazione di Murialdo è obbligata alla manutenzione, riparazione e costruzione del castello. Il 25 luglio 1573 in occasione di una visita pastorale si censiscono le chiese di Murialdo; tra esse si trova "S. Maria Maddalena in castro dicti loci". Il 24 gennaio 1605 Scipione del Carretto "Delli S.ri Marchesi di Savona et Ceva Marchese di Bagnasco et Saliceto et delli luoghi di Murialdo" consegna le sue proprietà a sua Al.zza Ser.ma. In tale atto, rogato nella città di Asti, si analizzano i beni oggetto della consegna: "Più il castillo distrutto et minato di niun reddito... più un pezzo di terra lavorile alternata a Castagneto ove di dice dal castillo consorte il ritano e le muraglie del borgo di stara dieci o sia giornate due e mezzo". Il documento informa che il castello nel 1604 è totalmente distrutto e ci parla del borgo e delle sue mura. Si suppone che all'interno esistesse un borgo, anche perché all'interno del recinto sono state trovate numerose pietre costituenti muri a secco o parti di muro. Il 30 gennaio 1716 "La marchesa Irene Felice Isnardi..." consegna e riunisce i propri possessi e giura fedeltà a "S. R. M. di Vittorio Amedeo" . Tra questi possessi "II castello demolito con campi, vigne, boschi... sotto le coherenze del borgo". Le fasi di costruzione sono state probabilmente tre. Alla prima fase appartengono la torre a base quadrata e un ricetto risalente al X sec. La torre, con pietre squadrate, doveva avere poche aperture. I muro è fortemente scarpato; al suo interno un vano con finestre successive (sec. XI). Le cisterne, le sovrastanti abitazioni e la casa-torre risalgono al XII-XIII sec. Sopra alla cisterna dovevano trovarsi i locali abitativi e i depositi per gli alimenti. L'entrata era costituita da un portale con architrave, oggi scomparso. Resta una mensola che sorregge un blocco in pietre; dove uno stemma rappresentante uno scudo diviso da fasce in bassorilievo attesta l'appartenenza ai marchesi di Ceva. La muratura è costituita da blocchi squadrati nelle porte finestre e angoli irregolari altrove. La casa-torre era forse una residenza. Due recinti circondano il mastio; sul secondo vi sono due porte di accesso; una di esse ha ancora l'apertura ad arco in pietra arenaria, vicino si trovano i resti di quello che poteva essere una sala d'armi e di una scala in pietra che dava accesso al camminamento di ronda. Si pensa che il castello sia stato distrutto intorno al 1553».
http://www.cm-altavalbormida.it/sitoavb/avb/infocom/13_monu.html
Dego (castello dei Del Carretto)
«Nel 1142 Dego fu ereditato dal marchese Enrico il Guercio, capostipite della famiglia Del Carretto, e alla sua morte passò con al figlio Ottone I, divenuto signore di Cairo, che nel 1214 donò le sue terre alla Repubblica di Genova per ottenerne l'investitura ufficiale per sé e i suoi discendenti maschi: nell'atto di cessione, firmato nel castello di Cairo, è citato il castello di Dego ("castrum quod vocatur Decus"). Nel 1339 il feudo fu ceduto agli Scarampi di Asti, in seguito tornò, nel 1350, tornò ai Del Carretto fino al 1419 quando divenne possedimento dei Marchesi del Monferrato. Durante l'invasione francese del 1553 il castello, assediato dai soldati del maresciallo Cossè de Brissac, si arrese al nemico senza opporre alcuna resistenza. Nel 1625 fu occupato dai Savoia e con la pace di Vienna del 1735, dopo la guerra di successione polacca, fu definitivamente annesso al regno di Sardegna. Il castello sorge sull'altura che domina dall'alto il paese, solo una parte dell'alta cinta muraria si è conservata fino ad oggi dopo il saccheggio del 1745 per opera delle truppe franco-spagnole e l'ulteriormente danneggiamento avvenuto nel luglio del 1796 quando i francesi guidati da Napoleone sconfissero gli Austriaci a Dego durante la famosa battaglia che costò la vita a più di quattrocento civili. Le dimensioni ridotte fanno pensare che si trattasse di un fortilizio militare e non di una residenza nobiliare, inoltre fu probabilmente sede della zecca del marchese di Ponzone, signore di Giusvalla fino al XIV secolo».
http://www.castellivalbormida.com/Dego.htm
FINALBORGO DI FINALE LIGURE (borgo fortificato)
«Finalborgo antico feudo dei Del Carretto è il più antico dei centri appartenenti al Comune di Finale Ligure. Le prime testimonianze riguardo all'esistenza del borgo risalgono al 1188. Ancora oggi si possono ammirare le torri di guardia lungo la cinta di mura risalente al XV secolo. Il borgo ha quattro porte d'ingresso: Porta Reale a Oriente, Porta Romana a Nord, Porta Testa a occidente e la Porta della Mezzaluna che sale lungo la strada che conduce a Castel San Giovanni. All'interno delle mura palazzi costruiti fra il XV e il XVII secolo: Palazzo Raimondo, Palazzo Ricci, Palazzo Celesia, Palazzo Borea, Palazzo. Piazza Garibaldi e Piazza Aycardi rappresentavano il centro delle principali attività del comune. Palazzo Ricci rappresenta uno dei primi modelli architettonici dal primo rinascimento in Liguria, sede del comune, oggi ospita la Biblioteca Civica e l'Archivio Storico. Sempre all'interno delle mura si trovano il Convento di Santa Caterina fondato nel 1359 e la Collegiata di San Biagio, costruita sui resti di una chiesa gotica».
FINALBORGO DI FINALE LIGURE (Castel Gavone)
«Non è possibile stabilire la data precisa di costruzione di Castel Gavone (da "Castrum Govonis") sede dei marchesi Del Carretto che sorge, poggiando le sue basi su un gigantesco bastione curvilineo a scarpata nel punto culminante del "Becchignolo". Si dice che il castello sia stato edificato nel 1181 da Enrico II sfruttando precedenti strutture difensive. Sicuramente fu rafforzato con nuovi ridotti nel 1292. Distrutto a più riprese nelle vicende belliche che contrapposero Finale a Genova venne ricostruito contemporaneamente alla cinta muraria del Borgo nel 1451-1452 da Giovanni I, quindi ulteriormente modificato in epoca successiva, fino a quando nel 1715, venne in gran parte smantellato dai Genovesi che avevano acquistato il Marchesato e volevano cancellare il simbolo degli antichi avversari. Nella distruzione furono risparmiati parte dei muraglioni laterali e la famosissima Torre del Diamante (oggi la struttura meglio conservata), costruita con pietre riquadrate e sfaccettate a punta di diamante, che volge uno spigolo acuto, simile allo sprone di una nave, verso mezzogiorno, essendo costruita su pianta triangolare curvilinea. Si tratta di un ottimo esempio di architettura militare del tardo Medioevo. Molti materiali originari del castello, travature, pietre e colonne, furono utilizzati nel corso del tempo per l'edificazione di chiese, portali e ville finalesi».
http://new.comunefinaleligure.it/pagina.asp?id=21
FINALBORGO DI FINALE LIGURE (Castel San Giovanni)
«Tra il 1640 e il 1644, allo scopo di rafforzare le difese poco sopra il punto in cui si incontrano le valli del Pora e dell'Aquila, venne edificato un forte, Castel S. Giovanni, che adattandosi alla conformazione orografica inglobò l'antico torrione medioevale (ricordato dal Filelfo e di cui si ha notizia da un disegno del 1571) che raccordava le mura di Finalborgo sul monte Becchignolo. I lavori furono diretti da Ferdinando Glazer. La costruzione si sviluppò con una tenaglia sul fronte meridionale e da una serie di cortine costituite da un'alta scarpa con cordolo di coronamento e basso parapetto sovrastante, priva d'aperture e con guardiole pensili sugli spigoli. Ulteriori interventi sulla fortezza furono guidati dall'ingegnere spagnolo Gaspare Beretta tra il 1674 ed il 1678. La fortezza fu abbandonata dagli spagnoli nel 1707 e, dopo la sottomissione a Genova nel 1713, venne parzialmente distrutta. Nel 1822 fu adattata a penitenziario. Dal 1960 è di proprietà demaniale e negli ultimi anni è stata interamente restaurata».
http://new.comunefinaleligure.it/pagina.asp?id=22
redazionale
Finale Ligure (torre Belenda o Giannuzzi)
«. La casa fortificata, nota come Torre di Belenda è posta sulla pendice occidentale della Valle di Pia. Rappresenta un interessante esempio di edilizia medievale. L'analisi stratigrafica delle murature ha dimostrato la presenza di una fase antecedente alla costruzione della "torre". Secondo una leggenda popolare vi fu rinchiusa, da Alfonso II del Carretto, una fanciulla, tale Belenda che vi morì dando il nome alla torre. Si tratta di un edificio a pianta rettangolare che si sviluppa in verticale con aperture distribuite su vari livelli. L'interno presenta tre livelli di cui il primo è un vano voltato a botte e pavimento in terra battuta. Lo studio dell'edificio ha messo in luce diverse fasi di occupazione a partire da una costruzione ad uso residenziale privato già in uso alla fine del XII secolo. Alle fine del XIV secolo viene costruita la casa forte che si distingue per una tecnica muraria particolarmente curata. Ulteriori trasformazioni e l'aggiunta di edifici addossati alla casa forte rappresentano l'evoluzione delle strutture per un uso rurale probabilmente legato alla produzione di olio. Alla fine del XVII secolo si assiste ad un ripristino strutturale e statico delle murature: l'edificio rimane isolato rispetto allo sfruttamento rurale e a partire dal XIX secolo viene percepito come torre fomentando leggende popolari».
«La Torre Giannuzzi venne costruita nel XIII/XIV secolo sull'altura di San Bernardino di Finale Ligure, presumibilmente per ospitare truppe carrettesche che avrebbero dovuto costituire un avamposto di guardia e di avvistamento ad integrazione delle difese della dimora signorile, il maestoso Castel Gavone edificato sin dalla fine del XII secolo sull'altura del Becchignolo, immediatamente al di sopra di Finalborgo, capitale del Marchesato del Carretto per quasi mezzo millennio. ... La Torre Giannuzzi viene oggi denominata Torre Belenda a ricordo della triste vicenda di cui fu testimone nella seconda metà del XVI secolo. La torre è facilmente raggiungibile da San Bernardino. L'edificio sorge in mezzo ad ulivi secolari (purtroppo in stato di abbandono) che lo nascondono alla vista delle rare persone che transitano per la zona. Un edificio del Trecento sembra purtroppo destinato ad una veloce estinzione: il tetto è completamente crollato come pure il pavimento del piano superiore. L'edificio si estende su tre piani (di cui uno sembrerebbe destinato a cantina: i famosi sotterranei?): al piano terreno spicca un camino (quasi distrutto dal tempo e dai crolli) mentre sul muro del piano superiore si fa notare una cavità rettangolare che contiene una sorta di sedile in corrispondenza ad una sporgenza esterna (vedere la galleria di fotografie) che fa pensare ad un w.c. dell'epoca che "scaricava" direttamente sul prato sottostante..... L'interno, aggredito dall'edera che gli conferisce tuttavia un tocco suggestivo, è invaso da calcinacci, travi di legno e rifiuti di poco educati visitatori, che coprono completamente il bel pavimento a mattoni rossi. Portoncino d'ingresso, bifore e finestre ad arco tondo sono inseriti in una struttura rettangolare: su uno dei lati lunghi si intravvede ancora una traccia triangolare dei sostegni di una tettoia (forse di un porticato o di un loggiato del quale ora non si scorge più traccia). La torre meriterebbe un ben diverso trattamento da parte delle strutture pubbliche del finalese e delle Belle Arti, che invece colpevolmente la ignorano».
http://www.culturainliguria.it/cultura/it/Temi/Luoghivisita/architetture.do;jsessioni...
Garlenda (castello dei marchesi Costa Del Carretto, o della Meridiana)
«Castello di Garlenda. Del XII secolo, ma completamente ricostruito nel XVII secolo, è detto anche della Meridiana ed era in origine una casa di guardia trasformata poi in alloggio residenziale dei signori del luogo. Posto all'inizio del paese fu abitato dalla famiglia Costa-Del Carretto. Divenuto oggi proprietà del comune di Garlenda è sede di convegni, spettacoli e mostre. Il "Castello della Meridiana" è totalmente del XVII secolo. Del precedente Castello di Garlenda, del XII secolo e distrutto a metà del XVI da una rivolta contro i Lengueglia, rimangono solo i ruderi (un torrione monco a sud est, sbocchi di gallerie, l'area perimetrale ancora rilevabile e coincidente con l'attuale sommità dell'altura, non abitata) nella frazione di Castelli, non casualmente da sempre denominata "U Burgu", posta sul punto estremo del costone [44° 1'37.65"N / 8° 6'37.33"E] che divide la Val Lerrone da una vallone laterale sulla cui costa opposta a quella di Castelli sorge la frazione di Marta. Sul luogo è ora presente una cappella relativamente recente dedicata a Santa Caterina e molte delle case del borgo antico di Castelli sono state edificate anche con l'utilizzo di materiale originariamente appartenente al Castello devastato. Esiste un provvedimento di tutela dell'area da parte della Soprintendenza, valido sino alla strada comunale sottostante».
http://it.wikipedia.org/wiki/Garlenda#Architetture_militari
Giovo Ligure (forti: Bruciato, Lodrino Inferiore, Lodrino Superiore, Moglie, Scarato, Tagliata del Giovo)
«Le fortificazioni militari del Giovo risalgono alla seconda metà del diciannovesimo secolo, quando venne deciso di fortificare tutto il crinale dell’Appennino e delle Alpi Liguri a scopo di difesa in caso di attacchi nemici provenienti dal mare. Da notizie riportate dallo storico savonese Renzo Adinolfi, i numerosi forti militari costruiti sul crinale appenninico furono denominati “Umbertini” verosimilmente perché in tale epoca regnava re Umberto I di Savoia (1844-1900). Fortunatamente le previsioni di guerra non si avverarono e le fortificazioni rimasero per lungo tempo semplici presidi militari, in seguito abbandonati. A Giovo Ligure le costruzioni furono realizzate con lavori eseguiti tra il 1870 ed il 1880. Vennero edificati cinque complessi fortificati: i Forti Lodrino (Inferiore e Superiore, Moglie, Tagliata, Bruciato e Scarato. I mezzi disponibili per la costruzione non erano quelli dei nostri giorni ed i lavori di edificazione di quegli impegnativi insediamenti militari erano unicamente affidati alle braccia dell’uomo con l’ausilio di animali da traino e da soma. Furono impiegati in numero considerevole scalpellini, muratori e manovali. Non essendo sufficiente la manodopera locale, giunsero lavoratori dai paesi vicini e da altre regioni, alcuni dei quali si stabilirono definitivamente con le loro famiglie nel territorio pontesino. La parte più consistente del lavoro era la movimentazione della terra, che era esclusivamente affidata a pala e piccone. La sabbia per gli impasti veniva prelevata, mancando sorgenti nell’area, dai torrenti Erro e Sansobbia e trasportata a spalle. Accanto ai forti vennero predisposte opportune cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Tutti i complessi militari del Giovo erano ben fortificati, dotati di cannoni incorporati in torrette girevoli: le cupole, ossia i tetti dei Forti, erano ben protetti da uno strato di piombo, onde evitare infiltrazioni d’acqua. Per mimetizzare le costruzioni, le cupole erano state ricoperte con uno strato di terra spesso alcuni metri sul quale venne seminata l’erba, per cui l’area sembrava un normale prato».
http://www.lancora.eu/?q=node/770 (dal volume di Nino Francesco Zunino I Forti del Giovo)
GIUSVALLA (ruderi del castello)
«Paese situato a 474 metri di altezza sul livello del mare, in provincia di Savona, si sviluppa su di una superficie di 1920 ettari ed ha una popolazione di circa 500 abitanti. Pur essendo territorio ligure è situato sul versante piemontese dell'Appennino. L’abitato è inserito in una vasta piana attraversata da un affluente di destra del torrente Erro. Viene citato per la prima volta nel diploma originale della costituzione della Marca Aleramica, ad opera di Ottone I nell' anno 967 d.C. Nel 1091 divenne possesso di Bonifacio del Vasto, passando nel XII secolo ai marchesi Del Carretto. Dall' inizio del XIII secolo fu dominato dalla Repubblica di Genova. Nel 1419 fu compreso nel Monferrato e nel 1431 fu occupato dai Duchi di Milano. Nel 1735, alla Pace di Vienna, fu annesso al regno di Sardegna e dato in feudo agli Scarnafigi» - «Castello di Giusvalla. Eretto dagli Aleramici, fu ricostruito in un periodo intorno al XIV secolo. Ad oggi rimangono soltanto ruderi delle mura presso un'altura».
http://www.ilmonferrato.info/lg/giusva/giusva1.htm - https://it.wikipedia.org/wiki/Giusvalla#Architetture_militari
LAIGUEGLIA (torrione dell'Arma o del Cavallo)
«Il Torrione del Cavallo di Laigueglia faceva parte del sistema fortificato realizzato nella seconda metà Cinquecento, per difendere la costa e il paese dalle orde turche al comando del Barbarossa. Nella cartografia antica esso appare composto di tre torrioni circolari, due sul mare alle estremità del paese e uno al centro del borgo. Quest'ultimo, più grande degli altri due, e la torre di ponente, simile a quella dell'isola Gallinara, non esistono più. La torre di levante richiama nella struttura quelle di Alassio, di Andora e di Ceriale, da cui si differenzia per la base scarpata più bassa, mentre le ampie aperture nel soprastante corpo cilindrico sono state allargate in anni recenti. L'interno è diviso in due piani con volta ribassata. Il parapetto del terrazzo di copertura ha perso i merli originari, ed è soprelevato a ponente, per maggior protezione della guarnigione sul versante più esposto. In passato fu utilizzata come carcere e anche come lazzaretto per i naviganti messi in quarantena. Oggi, inglobata nel nucleo urbano, ospita un accogliente Caffé».
http://www.italiamappe.it/arte_cultura/monumenti_luoghi_storici/106046_Torrione-del-Cavallo
«Il Castello di Loano è stato costruito dalla famiglia Doria dopo il 1263, anno in cui venne in possesso del territorio di Loano. La costruzione della struttura difensiva avvenne sui resti di un vecchio rudere, in posizione dominante, su di un colle che si protende verso il piano. La storia architettonica dell’edificio è piuttosto complessa: nasce come recinto fortificato, per divenire prima la residenza dei feudatari ed assumere, in seguito, l’elegante aspetto di un palazzo rinascimentale. Borgo Castello si estende immediatamente ai piedi dell’edificio, e conserva ancora oggi l’impianto originario, con viottoli acciottolati e la piazza centrale, affaccio di arcate e terrazzini. Una scala con lunghi gradini conduce dal castello alla piazzetta centrale».
Loano (torre pentagonale o dei Doria)
«Costruita tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, sul bastione di nord-ovest delle mura di cinta, da Giannandrea Doria I, serviva al controllo della cittadina, come sede delle guardie del corpo principesco e come punto di difesa, poiché sul terrazzo sommitale erano poste piccole bocche di artiglieria. La sua forma pentagonale riprende quella del bastione che, come tutti gli altri, ripeteva quella a pentagono delle mura».
http://www.cailoano.com/giubileo/giubileo1.htm
MILLESIMO (castello dei Del Carretto)
«Il 9 novembre del 1206 il marchese Enrico II Del Carretto fondò il borgo di Millesimo che divenne la capitale dei possedimenti montani della famiglia; Millesimo sorse nella zona di congiunzione di due importanti vie di comunicazione tra la costa e il basso alessandrino ovvero la strada che da Albenga conduce ad Acqui Terme e quella che collega Vado a Ceva e Mondovì. La difesa di questo importante centro e dei suoi abitanti era assicurata dalle nuove mura che nel lato sud erano collegate al castello, costruito anch'esso nel XIII secolo; quest'ultimo con i castelli di Cosseria, Cengio e Roccavignale costituiva un quadrilatero difensivo a presidio delle vallate limitrofe: questi castelli furono edificati su alture, difficilmente accessibili, da cui i soldati potevano scambiarsi segnalazioni. Il castello di Millesimo viene citato come luogo di raccolta dei membri della famiglia Del Carretto (1447) per decidere la strategia contro Genova, l'eterna rivale dei Del Carretto, che si stava preparando ad attaccare Finale: durante la guerra che ne seguì vi trovò rifugio Bannina, la moglie del Marchese Galeotto Del Carretto, signore di Finale. Nel 1553 durante il conflitto che coinvolse Spagna, Austria e Francia il castello fu parzialmente distrutto da Gerolamo Sacco per ordine del Governatore di Milano, Don Ferrante Gonzaga, al fine di renderlo inutilizzabile in caso fosse caduto in mano ai nemici. A seguito di questo evento i Del Carretto si trasferirono nell'attuale palazzo del comune mentre il castello venne abbandonato, anche se con col tempo non perse la sua importanza strategica: nel corso della celebre battaglia del 1796 tra le truppe di Napoleone e l'esercito austro-piemontese, il castello subì ulteriormente danni. Oggi l'imponente struttura del castello emerge dalle moderne case che lo circondano; il recente restauro, ha riportato questo maniero all'antico splendore: in particolare l'opera di ristrutturazione ha donato nuovamente al castello un tetto di cui era oramai sprovvisto. Sui rimanenti tre lati della struttura si possono notare elementi architettonici che caratterizzano le varie fasi ed usi del castello: nell'angolo nord-est del quadrilatero svetta l'alta e massiccia torre su cui sono rimaste tracce del collegamento con le mura del borgo, mentre la torre del lato occidentale è stata incorporata nella villa Scarzella, residenza ottocentesca che attualmente ospita un ricco museo di stampe napoleoniche a memoria degli importanti fatti d'arme di cui la Val Bormida fu teatro. La presenza di numerose bifore e trifore in mattoni e pilastrini testimoniano il periodo di passaggio da fortilizio a residenza in epoca tardo medioevale mentre sul lato orientale si possono notare due gattoni, mensole sporgenti posizionate sotto il piano di ronda e davanti alla merlatura che consentivano la costruzione di balconi. Il borgo e il castello erano dominati all'alto del colle Montecala dal castello di Cosseria, di cui si notano ancora i possenti ruderi».
http://www.castellivalbormida.com/Millesimo.htm
MILLESIMO (palazzo Comunale e torre)
«Già palazzo signorile della famiglia Del Carretto fu costruito intorno al XII secolo e ancora nel 1580. Di pregio le sale dell'edificio abbellite con numerose armature, scudi e alabarde. Qui nel 1796 Napoleone Bonaparte ricevette le bandiere dei borghi della val Bormida conquistate all'esercito piemontese dopo la presa del castello di Cosseria nell'omonima battaglia. All'interno della sala consigliare è conservato l'altare dove il 17 agosto del 1809 il pontefice Pio VII, prigioniero del Bonaparte, ufficiò la Santa Messa. L'attigua torre merlata fu rialzata nel corso del XIX secolo. Il palazzo è proprietà del Comune di Millesimo dopo la cessione dell'edificio nel 1882 dagli stessi Del Carretto».
http://it.wikipedia.org/wiki/Millesimo#Architetture_militari
MILLESIMO (ponte e porta Gaietta)
«è uno dei pochi esempi esistenti in Italia di ponte fortificato. Il corpo originario risale al XII secolo, si trova citato nell’atto di fondazione del borgo ed è il simbolo del Comune. La torretta serviva come porta sorvegliata per l’accesso al borgo dal lato occidentale. Poco distante dal ponte si trova la casa presso la quale il marchese Enrico II del Carretto firmò l’atto di fondazione di Millesimo».
http://www.comune.millesimo.sv.it/index.php?option=com_content&view=article&id=33&Itemid=55
«Il castello di Mioglia è stato un edificio difensivo situato in posizione dominante, su una collinetta, presso la strada di collegamento di Mioglia con Pareto, lungo il confine tra i due comuni, in provincia di Savona. Il castello sorgeva su un poggio con fianchi scoscesi, facilmente difendibile. Da esso si poteva dominare tutta la vallata di Mioglia e gran parte del territorio verso Pareto, ove si trovava un altro castello strategicamente molto più importante e di dimensioni maggiori. Il sito è stato anche scelto come punto trigonometrico dall'Esercito Italiano. La fortificazione doveva essere di modeste dimensioni ed utilizzata principalmente come punto di osservazione. Gran parte delle strutture erano probabilmente costruite in legno e sono quindi andate perdute. Sopravvivono un locale seminterrato quasi totalmente sepolto e avanzi di una torre circolare crollata probabilmente a causa di un'esplosione. Il castello fu forse edificato dagli Aleramici contro i Saraceni nella seconda metà del X secolo, oppure da Bernabò Doria, figlio di Branca Doria sul finire del XIII secolo. Certamente esisteva già nel 1323 e nel 1365 fu occupato dai Genovesi. Venne raso al suolo nel 1638».
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Mioglia
Noli (casa Maglio, casa Pagliano, casa Repetto)
«Casa Maglio. L'edificio presenta i tipici elementi medievali della prima metà del Duecento; presenta un portale ad arco ogivale. Casa Pagliano. Costruita nel XIV secolo e restaurata nel 1906 da Angelo Demarchi, assistente dell'architetto Alfredo d'Andrade, il suo interno fu notevolmente trasformato in tale rivisitazione. L'esterno si presenta come la tipica casa medievale nolese: un basamento in grossi conci in pietra verde locale e con poche aperture e una parte superiore in mattoni con bifore e trifore. Fu sede dell'Ordine dei Cavalieri di Malta. Casa Repetto. Situata alla destra della cattedrale di San Pietro fu costruita nel XIV secolo attorno ad un'antica e preesistente torre, quest'ultima con finestre già trifore al piano primo e bifore al piano superiore; l'edificio fu parzialmente restaurato con l'intervento dell'architetto Alfredo d'Andrade».
http://it.wikipedia.org/wiki/Noli#Architetture_civili
Noli (castello di Monte Ursino)
«Intorno al X secolo molti centri che sorgevano sulla costa si spostarono sulle colline, meno malsane e più facilmente difendibili. Fu così anche per Noli che, distrutta da un incendio intorno al 900, fu ricostruita sulla collina di Monte Ursino, a picco sul mare, e già nel 1004 viene citato in un documento e definito borgo fortificato. Dopo la costruzione di una prima torre sulla sommità della collina, la fortificazione si ampliò e rafforzo più volte fino a raggiungere la sua forma attuale intorno al XV secolo, abbracciando anche il neonato borgo nella piana, attuale centro storico, mentre fu gradatamente abbandonato quello in collina. Fautori di questa struttura militare medievale furono soprattutto i Del Carretto, feudatari di Noli. Il castello era in grado di controllare sia il mare e la costa che la vecchia strada romana passante in collina nella frazione di Voze, e utilizzata sino al XVIII secolo. Il castello è costituito sulla sommità da una alta torre cilindrica, circondata da massicce mura e dagli alloggi per la truppa. Da questo nucleo principale discendevano due perimetri murari, in gran parte ancora oggi conservati, che abbracciavano tutta la collina e successivamente anche l'abitato a valle. Torri circolari si susseguivano a intervalli regolari lungo le mura digradanti sui fianchi del Monte Ursino. Le porte di accesso erano invece difese da un singolare sistema ancora oggi in parte conservato che era costituito da una torre esterna alle mura e ad esse collegata tramite una passerella in muratura. Ciò permetteva di difendere le porte di accesso anche dall'esterno colpendo i nemici alle spalle. Il castello e le mura di cinta del borgo, sono tra gli esempi di incastellamento medievale meglio conservati del Ponente ligure».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Monte_Ursino
«Accanto alla casa [casa Pagliano] a cui è annessa una torre esisteva, costruita nel 1565, una fortificazione detta Forte del Portello. Questo baluardo venne congiunto, in seguito, con un arco ad una torretta detta Torre dello Sperone; all’ultimo piano di essa si trovava la prigione detta la Gabbia, dove venivano rinchiusi i condannati alle pene più gravi. Questo bastione sorgeva sulla spiaggia a difesa del porto».
http://www.comune.noli.sv.it/it/noli/storia/storia.htm#_Toc96934278
«Palazzo del Comune del XIV-XV secolo. Sede dei consoli e del governo della Repubblica di Noli, il palazzo subì tra il 1797 e il 1820 diverse trasformazioni. Sulla facciata verso la passeggiata a mare sono presenti, oltre alla restaurata meridiana, quattro polifore ogivali in parte cieche e in parte di restauro. All'interno della Sala del Consiglio, del XVII secolo, sono conservati frammenti di cicli di affreschi del tardo medioevo, provenienti dalla porta di San Giovanni».
http://it.wikipedia.org/wiki/Noli#Architetture_civili
Noli (palazzo Viale-Salvarezza)
«Palazzo Viale-Salvarezza. L'edificio seicentesco, rifuso tra già preesistenti edifici medievali, fu edificato intorno alla torre della Marina, del XII secolo, e ad un'altra più piccola. Il palazzo fu voluto dal senatore della Repubblica di Genova Antonio Viale, inviato nella repubblica nolese dal doge Giovanni Battista Lercari nel 1673 per porre fine alla congiura di alcuni abitanti che avrebbe consegnato Noli nelle mani del duca di Savoia. I discendenti della famiglia Viale vi abitarono per tutto il secolo successivo fino alla cessione alla famiglia Salvarezza. Nonostante alcuni interventi abbiamo modificato alcune parti del palazzo negli anni Settanta del Novecento, conserva diversi resti della decorazione esterna della facciata. Fino ai recenti restauri la facciata conservava, incastrata, una palla di cannone sparata dal brigantino Wizard della flotta inglese durante il bombardamento navale del 1808».
http://it.wikipedia.org/wiki/Noli#Architetture_civili
Noli (porta Chiappella, porta di Piazza)
«Entriamo, ora, nel Medioevo attraversando la Porta di Piazza: si tratta dell’ingresso principale e centrale della seconda cinta muraria della città (secc. XII-XIII); data l’importanza di questo ingresso, la porta era protetta da un baluardo difensivo, chiamato “rivellino”; esso venne costruito nella seconda metà del sec. XVI e demolito alla fine del sec. XIX. ... Proseguendo per Via Suor Letizia si passa davanti all’ ex Ospedale di S. Antonio (fatto costruire dal Vescovo Arduini nel 1774); più avanti, accanto ad una bella casa-torre, si trova un piccolo porticato che un tempo, attraverso la Porta Chiappella, conduceva fuori le mura verso gli orti e la campagna».
http://www.comune.noli.sv.it/it/noli/storia/storia.htm#_Toc96934278
Noli (torre del Canto o dei Quattro Canti)
«La più alta, con 38 metri, è la Torre del Canto. è posta ad ovest dell'abitato, presso le mura interne. Deve il suo nome al fatto che si trova proprio sul cantone di un quadrivio, ma l'interesse che suscita è legato ad un'altra particolarità; in contrasto con il fatto che tutte le torri sono a base quadrata, questa ha una base trapezoidale la cui figura di sezione si estende per tutta la lunghezza. Questa sua singolare configurazione fa sì che esista un punto dove è possibile vederne tre facce, cosa impossibile per una torre quadrata. Questo punto si trova a Porta San Giovanni, presso il pilastro di destra».
http://www.viagginellastoria.it/noli/letorri.htm
«[XIII secolo] ...35 metri, la Torre del Comune. è situata nell'angolo a mare della Piazza del Comune (meglio detta Piazza Milite Ignoto), proprio all'inizio della Loggia della Repubblica. Si distingue dalle altre perché termina con terrazzo merlato, i cui merli sono i cosiddetti "ghibellini", cioè a forma bifida, per diversificarli da quelli "guelfi", cioè a forma quadrata. Oggi mostra un bell'orologio sulle quattro facce, le cui ore vengono battute dalla campana che risiede nella cella terminale della torre; la campana ha anche il compito di chiamare le sedute del Consiglio Comunale».
http://www.viagginellastoria.it/noli/letorri.htm
«Anno 1673: il duca di Savoia nel tentativo di dare uno sbocco al mare ai suoi possedimenti, cercò di occupare Noli, fra tutti i porti liguri quello più facile da conquistare. A tal fine aveva cercato degli “amici” in città che gli facilitassero il compito. Un certo De Vincenti ed altri cittadini non proprio “fedeli” congiurarono per sottrarre la città all’influenza di Genova e consegnarla al Savoia. Soltanto l’intervento autorevole di Agostino Viale, Senatore della Repubblica di Genova, inviato dal Doge dietro supplica dei consoli nolesi, riuscì a neutralizzare la congiura e a riportare l’ordine e la pace in città. Come ringraziamento i Nolesi gli donarono la Torre della Marina (sec. XII), la più bella della città. Attorno a quella Torre e ad un’altra più piccola, il Viale fece costruire un palazzo abitato da lui e dai suoi discendenti per più di un secolo e passato, poi, alla famiglia Salvarezza».
http://www.comune.noli.sv.it/it/noli/storia/storia.htm#_Toc96934278
Noli (torre di via Transylvania)
«Un classico esempio di come le nuove costruzioni abbiano talvolta "fagocitato" le torri si trova all'inizio di via Transylvania (la "y" è proprio come nel cartello toponomastico) in Piazza Dante, sulla sinistra nelle mura perimetrali del Palazzo Viale-Salvarezza. Una nota descrittiva è doverosa per quanto attiene al fatto che Transylvania sia scritto a quel modo, con la "y". In realtà non è riferito, almeno non direttamente, alla regione della Romania ben nota per l'opera letteraria ottocentesca dello scrittore irlandese Bram Stoker. Si tratta invece del ricordo di un evento bellico, avvenuto al largo di Noli nel 1917, dove fu affondata la nave britannica di trasporto truppe "Transylvania" da parte di un sommergibile tedesco».
http://www.viagginellastoria.it/noli/letorri.htm
Noli (torre e porta di San Giovanni )
«Porta San Giovanni prende il nome dall'omonima torre posta sopra l'accesso al borgo di Noli, risalente al XIV secolo; poggia su tre archi a sesto acuto di mattoni, posti su pilastri di pietre ed è sormontata da una torre in pietra, coronata da merli. ... La Torre e Porta San Giovanni, posta all'estremo settentrionale dell'abitato di Noli, sulle mura più esterne, si presenta a terrazzo merlato come la torre del Comune, è costituita da blocchi di pietra lavorati per dare la classica forma detta a “cuscino", mentre dal primo piano in poi svetta la torre vera e propria con muratura di mattoni pieni».
http://turismo.provincia.savona.it/it/beni-culturali/noli/porte-piazza-san-giovanni - ...torre-s-giovanni
«Alla fine di Via Transylvania si può ammirare un’altra delle splendide torri di Noli; si tratta della Torre Porta Papona. La Torre (secc. XIII-XIV), con monofore e bifore gotiche, è posta appena fuori della prima cinta muraria (secc. XI-XII) ed è collegata, con un arco in mattoni, al camminamento delle mura che scendono dal Castello. La Torre servì come deposito per le armi e le munizioni della Repubblica. Dai libri dei conti, conservati nell’A.S.N., si può ricavare che, nel 1581 “il maistro Francesco Colombo era intento a chiudere li barchoni della Torre di Papone, ove si mettevano in deposito le polveri, armi e munizioni portate col leudo di patron Benedetto Badetto”. La polvere da sparo si comprava in barili sia a Genova che a Toirano “al prezzo medio di lire 10 e mezza il rubbo”. ... La Porta Papona, munita di porta ferrata, si trovava di fronte alla Torre omonima. Nei tempi della Repubblica aveva grande importanza strategica, in quanto sbarrava l’accesso al Monte Ursino che fu sempre l’estremo rifugio degli abitanti di Noli in caso di assalti nemici.».
http://www.comune.noli.sv.it/it/noli/storia/storia.htm#_Toc96934278
«Una torre mozzata, ma di 24 metri, è la Torre Peluffo. Si trova molto vicino alla Torre del Canto, sulla stessa strada che conduce alla Cattedrale. è stato riscontrato che il recupero di mattoni per nuove costruzioni non è stato limitato alla parte terminale della torre, come in tutti gli altri casi, ma curiosamente si è esteso sulle sue superfici esterne».
http://www.viagginellastoria.it/noli/letorri.htm
«La torre Toso mozzata all’altezza del terzo piano ha tre fronti isolati: di pianta perfettamente quadrata, è costituita dal basamento in grandi conci di porfiroide verde lavorati a bugnato listato in lieve aggetto. Il portale è impostato su arco ogivale, architrave orizzontale e lunetta cieca. Nel corpo superiore, in mattoni, compaiono due monofore ogivali».
http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/testi/testisami/sami3/3_03_dev.pdf (a cura di Eleonora Cascione e Paolo De Vingo)
Orco Feglino (ruderi del castello)
«Visitandola [l'area del Parco Archeologico di San Lorenzino] si possono cogliere le strutture del Castello di Orco, un insediamento difeso citato in un diploma imperiale del 1162, ma sicuramente di più antiche origini, pervenutoci nel suo stato originario. Non avendo conosciuto l’evoluzione dei tipici manieri medioevali, dotati di articolate opere in muratura, le sue difese erano principalmente costituite dai naturali strapiombi rocciosi e da palizzate in legno poste sui versanti più accessibili. Le strutture militari vennero abbandonate intorno alla fine del XV secolo e del castello medioevale rimangono oggi solo alcuni elementi essenziali: la base di una grande torre sul culmine dell’altura, tratti di cortine murarie e la bellissima Chiesa di San Lorenzino, con gli affreschi e il campanile del XV secolo. Sono inoltre visibili gli interessanti ruderi di alcune abitazioni risalenti al XV secolo e di un edificio di culto del XVI secolo, detto l’Oratorio» - «Il castrum di Orco, l'unico della zona inserito nell'ambito dell'incastellamento avvenuto tra X e XII secolo, si presentava come un complesso fortificato privo di cinta muraria, elemento giustificabile con la posizione stessa dell'insediamento su uno strapiombo roccioso, e culminante con una grande torre a base quadrata costruita con mura di notevole spessore e la porta in posizione sopraelevata rispetto al terreno. Pare che vicino a essa esistesse un edificio e che sotto al terrapieno che le faceva da base vi fosse la cisterna del castrum. A differenza della maggior parte dei castra, nati a scopo difensivo delle vie interessate dai commerci, la sua posizione posta sulla via di collegamento tra l'entroterra e l'area costiera ci fa pensare che non avesse una funzione difensiva, ma che rappresentasse il punto di riferimento di una zona che dal XII secolo si era evoluta seguendo i principi dell'economia curtense, forte dello sfruttamento di un'agricoltura praticata in modo specializzato e dello sfruttamento della forza motrice idraulica, elemento favorito dalla posizione geografica che vede nel proprio territorio il passaggio di un torrente, il Sciusa, e la presenza della Conca di Feglino che rappresenta il bacino del torrente Aquila. Tornando all'insediamento di Orco, la sua fase d'uso copre l'arco temporale che va dalla fine del XII secolo al XV, periodo in cui nei documenti viene citato prima come castrum, poi come curia, locus et fundus e infine come castrum et campagna e tutto tra il 1162 al 1268, come per indicare che l'insediamento si lega e organizza anche le attività nel territorio che intorno a esso gravita. Ancora nel XIII secolo il castello riveste un ruolo di prim'ordine all'interno del marchesato del Finale, cui insieme a Castel Gavone Final Borgo funge da suo secondo cardine. Purtroppo, essendo la vita di Orco così strettamente connessa alle vicende del finalese, la sua importanza andò scemando fino all'abbandono del castrum nel XV secolo quando iniziò anche il lento declino della sua casata fondatrice».
http://www.savonanews.it/2012/01/07/leggi... - http://www.liguriaheritage.it/heritage/it/liguriaFeudale/Savona...
«Il Castello di Pietra Ligure è uno dei monumenti che caratterizza il centro storico della cittadina ligure. Il nome della cittadina deriva proprio dallo scoglio che funge da base per l’edificio. Inizialmente un semplice castro romano, nel periodo delle invasioni barbariche e saracene venne ingrandito. Le dimensioni attuali sono state raggiunte nel XVI secolo. Probabilmente, vista la conformazione fisica della rocca sulla quale in castello poggia, l’edificio segnava il confine tra i luoghi di dominazione lombarda e bizantina. Il fatto che l’edificio fosse costruito in solida muratura, ed i passaggi voltati, giustificano la sua importanza come sistema difensivo locale. Ad ovest del castello si sviluppò un borgo, cinto da mura nel Settecento. Negli anni Cinquanta dell’Ottocento il complesso subì un importante restauro, e trasformato in un locale di ritrovo, dall’ambientazione esclusiva e suggestiva».
http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-savona...
Pontinvrea (forte La Tagliata)
«La Tagliata di Pontinvrea fu creata nel XIX secolo dal genio militare italiano che progettò lo sbarramento fortificato del Giovo. La Tagliata, forte centrale di uno sbarramento che comprendeva i Forti Lodrino (superiore e inferiore) e le tre batterie di Moglie, Scarato e Bruciato, interrompeva la strada del Sassello all'incrocio con le due arterie dirette verso Acqui Terme e Dego, impedendo il transito sulla statale. Il Forte è stato gravemente danneggiato nella seconda guerra mondiale. La struttura lungo la strada è però ancora in buono stato e conserva ancora tracce di due cannoniere. Tutti i forti, tranne il Lodrino Superiore, vennero utilizzati nel corso della seconda guerra mondiale, occupati dal Battaglione San Marco. Nel corso degli anni Ottanta le strutture sono state utilizzate dai cadetti dell'Accademia di Modena per le esercitazioni militari».
http://turismo.provincia.savona.it/it/beni-culturali/pontinvrea/forte-la-tagliata
Altri forti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pontinvrea#Architetture_militari
Pontinvrea (palazzo marchionale degli Invrea, ruderi del castel Delfino)
«Palazzo municipale, già palazzo marchionale. Nella via principale del paese, lungo la strada provinciale 542, è ubicato il palazzo marchionale fatto erigere dai marchesi Invrea quando nel 1606 entrarono in possedimento del feudo di Pontinvrea. Odierna sede del municipio, si presenta come un grande edificio con porticato e locali interni affrescati. Alla destra del palazzo è presente la chiesa parrocchiale di San Lorenzo. ... Il castel Delfino sorgeva su una collinetta lungo la strada che da Giovo Ligure porta a Pontinvrea in provincia di Savona. Di esso non restano che pochi ruderi appena affioranti dal terreno. All'inizio del XIII secolo fu il marchese Delfino del Bosco ad erigere una prima torre d'avvistamento lungo la strada che dalla costa permetteva il raggiungimento del Basso Piemonte attraverso il colle del Giovo. Il successivo castello che fu edificato dallo stesso marchese è circondato da una locale leggenda sul suo abbattimento che poco dopo si verificò ad opera dei soldati genovesi. La tradizione racconta che alla morte di Delfino del Bosco, durante una battaglia, la vedova fu costretta al matrimonio con Ugone Del Carretto che occupò il castello. ... Poco tempo dopo il maniero fu assediato dalle truppe genovesi che lo espugnarono con danni e scontri dove perirono, tra gli altri, gli stessi castellani Ugone Del Carretto e la moglie Giovanna. Attualmente del castello non rimane quasi nulla. I pochi resti visibili riguardano i basamenti una torre centrale circondata da alcuni edifici più bassi, il tutto circondato da mura. L'area interessata dai ruderi è modesta e occupa una estensione massima di circa metri 30 x 15. All'esterno si scorge il segno di alcuni terrapieni probabilmente sormontati in origine da palizzate in legno, materiale con il quale doveva essere costituito gran parte del fortilizi».
https://it.wikipedia.org/wiki/Pontinvrea#Architetture_civili - ...Castel_Delfino
Roccavignale (castello dei Del Carretto)
«Il Castello è posto alla confluenza di due torrenti, Tile e Zemola (affluenti della Bormida di Millesimo), a controllo di un antico percorso romano collegante Ceva e la pianura padana con Savona e la costa. L’andamento è piuttosto irregolare, perché delinea grossomodo un perimetro trapezoidale, ma è condizionato dagli scoscendimenti rocciosi. Quattro torri squadrate ne rilegano i vertici. Sulla parte alta delle mura si nota una cornice in cotto, che disegna un elegante motivo tardomedioevale, a dente di sega. Il percorso d’accesso, recentemente riscoperto, si svolgeva sotto le mura e sotto il tiro dei difensori; stretto e scosceso si concludeva in salita di fronte a un ponte levatoio, difeso da un munito corpo di guardia. Il nome “Vineale” compare per la prima volta nel 999, in un diploma di Ottone III, che lo dice dipendente dalla chiesa di Savona. Non è per ora nota, però, una data precisa per la fondazione del castello. A controllo del passaggio una qualche fortificazione, o anche solo una torre di avvistamento, poteva esserci stata in qualunque epoca. L’importanza strategica della posizione si accrebbe dopo lo smembramento aleramico del 1142, quando n zona si trovarono a confinare e a contrastarsi i marchesati di Savona, Clavesana, Ceva e Monferrato. Probabilmente il castello si ingrandì nel corso del XIV secolo, fino a raggiungere le sue massime dimensioni, testimoniate dall’attuale cinta muraria. Fu poi ben mantenuto, abitato e presidiato durante la lunga dominazione dei Del Carretto. Ulteriori lavori di adeguamento interno, testimoniati da aggiunte e riprese murarie non ammorsate, possono essere stati eseguiti dai Del Carretto, ma anche dopo, dai successivi proprietari. Nel 1686 il castello passò agli Aremberg, marchesi di Grana, e poi, nel 1741, ai Savoia. Dopo di allora due fatti d’arme interessarono direttamente l’edificio. Il primo, marginale, riguarda la guerra di successione d’Austria (1744-48): unità piemontesi ivi accampate vennero sorprese dagli Spagnoli e dispersi. Il secondo, fondamentale, riguarda la campagna in Italia di Napoleone (1799): i Francesi incendiarono e minarono il castello, che fu così ridotto allo stato di rudere,imponente, ma sempre più in rovina. Il borgo sottostante, che sorgeva ad est del castello, venne anch’esso abbandonato, a causa di una eccezionale piena dei due corsi d’acqua, da cui venne spazzato via quasi completamente. Nei primi anni Ottanta del Novecento il Comune rilevò la proprietà del Castello dalla famiglia Centurione. Il ministero dei Beni Culturali poté così intervenire con i primi consolidamenti della torre di sud-est, che minacciava di abbattersi sulla strada sottostante. Da allora il Castello è diventato sede di manifestazioni culturali che si svolgono tutte le estati tra i mesi di giugno e luglio».
http://www.comune.roccavignale.sv.it/turismo.php?s=castello (da Relazioni su cento lavori a cura di Liliana Pittarello)
Rocchetta [Cengio] (resti della torre saracena)
«Torre Saracena. Simbolo della borgata, fu edificata nel XIII secolo. Nel corso degli eventi bellici della seconda metà del XVII secolo fu quasi completamente distrutta, lasciando ad oggi in piedi solo un lato dell'edificio con i segni di un grande caminetto dell'ingresso con ponte levatoio e un paio di finestre» - «Ubicata nella frazione Rocchetta, pare costituisse l'ingresso di un castello del quale ormai non esistono più le tracce; la torre si erge imperiosa su tutta la valle e pare venisse usata anche come punto di avvistamento per controllare l'accesso al vasto territorio sottostante».
https://it.wikipedia.org/wiki/Rocchetta_Cengio#Architetture_militari - http://www.guidacomuni.it/storia.asp?ID=9023
Rocchetta DI Cairo (resti del castello dei Del Carretto)
«Rocchetta di Cairo è un piccolo borgo situato a nord di Cairo Montenotte di cui seguì la storia; il castello fu costruito non lontano dall’attuale centro abitato e fu utilizzato ed abitato fino al XVII secolo, quando il feudalesimo era tramontato e i nobili avevano già iniziato a scegliere come propria residenza palazzi sempre più accoglienti e posizionati nel centro delle città. Nel 1171 vi fu firmata una convenzione tra l’imperatore Federico Barbarossa ed il Comune di Genova sempre pronta ad espandere i propri domini nel savonese come testimoniano i numerosi conflitti con la famiglia dei Del Carretto, signori di queste terre. L’altura su cui fu costruito, oltre che rappresentare una difesa naturale, consentiva ai soldati di controllare la strada che collega Cairo e la valle della Bormida di Spigno; inoltre il castello costituiva una poligonale difensiva con il castello di Carretto e da lì con quello principale di Cairo. Il castello di Rocchetta di Cairo, come altri della Val Bormida, non fu risparmiato dal passaggio delle truppe napoleoniche che lo ridussero allo stato attuale di rudere dopo un fitto attacco d’artiglieria che costrinse alla resa i soldati croati che avevano cercato rifugio al suo interno. Dai resti, assediati oggi dalla vegetazione, emerge la struttura di quello che è stato sicuramente uno dei più estesi e imponenti castelli dell’area carrettesca: la fortezza era costituita da un corpo di fabbrica posizionato, sulla roccia, nella parte più alta del colle e protetto oltre che dalla naturale conformazione del terreno, a strapiombo sul lato sud, da una torre circolare addossata al suo ingresso. In più punti alle pietre si alternano parti in mattoni, segni evidenti di interventi postumi, come il semipilastro aggiunto all’alta cortina difensiva e l’arco d’ingresso della cappella dell’oratorio di S. Bernardo, piccola struttura rettangolare che ha resistito al tempo e agli eventi. Un’imponente cinta muraria difensiva avvolgeva il colle scendendo verso il basso dalla parte della strada dove fu ricavato uno dei due accessi all’antico maniero; l’altro accesso, in posizione diametralmente opposta, permetteva di fuggire verso il bosco; da questo lato alcuni tratti delle mura sono ancora sormontati dalla merlatura in cui si aprono strette feritoie verticali per difendersi dagli attacchi del nemico; dall’interno si può vedere il camminamento di ronda che consentiva ai soldati di spostarsi lungo gli spalti. Sempre a Rocchetta di Cairo è di notevole interesse l’antico ponte romano sulla Bormida di Spigno: noto come il “ponte degli Alemanni”, fu ristrutturato nel Medioevo e si presenta con due arcate su cui ancor’oggi si può transitare».
http://www.castellivalbormida.com/Rocchetta_Cairo.htm
«La storia del Complesso monumentale del Priamàr è strettamente legata a quella del promontorio di cui occupa una posizione strategica per il controllo dell'alto Tirreno e dello sbocco a mare delle valli comprese tra Capo Vado e Capo Torre, presso Albisola. ... Durante l'alto medioevo, nella parte meridionale del colle venne edificata la Cattedrale e Savona, sotto re Berengario II, divenne capitale della Marca Aleramica. Nel corso dell'anno 1000, a seguito di trasformazioni politiche - l'affermazione del potere vescovile- ed economiche - la formazione di un ceto medio di homines maiores dediti al commercio e quindi più propensi ad un abitato in pianura, presso il mare- la città risultò articolata in castrum (Priamàr), civitas e burgus. Così, il colle fu isolato progressivamente dalla vita attiva della città rimanendo piuttosto la sede dell'attività religiosa, con la cattedrale, e politica, con il Palazzo del Capitolo. A partire dal 1213 Genova impose, nella zona centrale del Priamàr, un primo apparato fortificato a controllo della città rivale, il Castello di S. Maria, poi Castello Nuovo, che con gli ampliamenti quattrocenteschi cancellerà progressivamente le case private e le torri gentilizie. A sud, invece, perduravano la Cattedrale ed il Complesso vescovile, oggetto di restauri tra metà '400 e inizi '500 voluti dai papi Sisto IV e Giulio II. Nel 1528, con la definitiva sottomissione di Savona, Genova vi impose la costruzione di una fortezza imponente: dopo le rapide distruzioni avviate nel 1542, essa venne costruita in soli otto mesi. La struttura militare (su progetto di G.M. Olgiati), utilizzando il naturale dislivello tra l'area della Cattedrale e quella del Castello Nuovo, prevedeva due vere zone separate: la prima, il Maschio, più elevata ed internamente cinta di mura, dominava la seconda, la Cittadella, da cui era separata tramite la Cortina dello Stendardo ed il Fossato del Maschio. ... Verso la fine del XIX sec., la riconversione di parte dell'area a scopi industriali portò allo spianamento di parte dei bastioni e degli spalti. La fortezza, invisa ai savonesi in quanto espressione del dominio genovese, è rimasta per un lungo periodo inutilizzata e considerata quasi un corpo estraneo alla città. Seguirà un lungo dibattito su un possibile riutilizzo del complesso e, finalmente. a partire dagli anni '80 del XX secolo, gli interventi di restauro via via sempre più impegnativi e consistenti saranno finalizzati ad una completa riconversione culturale e turistica del sito. ...».
http://www.comune.savona.it/IT/Page/t10/view_html?idp=1830
«Il merito di queste nostre fortificazioni, si deve senz’altro alla Repubblica di Genova, che già agli inizi del XVI secolo, si pose il problema della messa a difesa della riviera al fine di rafforzare il suo dominio. Dal 1526, con la decisione della Repubblica di sancire a Savona la fine dell’autonomia politica ed economica, diede spunto e l’ inizio di una serie di costruzioni militare nella nostra provincia. Dapprima si pensò a torri d’avvistamento sul litorale e alla messa in sicura del porto di Vado Ligure, ma successivamente e senza problemi, si decise di mettere in opera un vero e proprio sistema difensivo. Le opere progettate, disegnate e proposte, furono molteplici. Dalla torre di capo Vado al Fortino nei pressi del torrente Lusso, ed altro verso il fiume Segno. Si concretò la costruzione del forte Santo Stefano (1614), il San Lorenzo (1618) e in seguito, si fecero nuove costruzioni, nate anche sulle rovine d’opere militari già demolite. In questo periodo, le fortezze, avevano principalmente la funzione di protezione a difesa delle città, dei valichi e la tutela delle coste. Le costruzioni erano edificate nei punti cruciali, erette a cielo aperto, in cima alle colline e con visuale favorevole; altre costruite tra la terra e il mare avente funzione di sbarramento, al fine di fronteggiare l’avversario ancor prima che potesse giungere in terra ferma. Gli armamenti di quest’epoca erano costituiti per lo più da cannoni pesanti, difficili da manovrare e con gettata e potenza limitata. Altre erano balestre, archi, spade. Le navi militari, anch’esse dotate di cannoni a gettata limitata, facevano prevalere agli uomini un conflitto per lo più a corpo a corpo. Tutto questo non costituiva un eccessivo timore a chi si difendeva dietro le alte mura di rocche e castelli, realizzati con solide pietre e profondi fossati. Spesso più di un muro perimetrale era posto a difesa e i soldati potevano resistere al tentativo d’assedio anche per diversi giorni.
Con i decenni successivi e con l’evolversi di nuovi armamenti d’offesa; migliorati e potenziati, anche le fortificazioni dovettero cambiare. Ormai, ci si rendeva veramente conto che le fortificazioni, costituite da soli sassi e impasti argillosi non avrebbero più retto ai nuovi mutamenti della tecnologia bellicosa. Soprattutto a meta dell’800, con l’avvento di nuove armi da guerra e bombe denominate Torpedini, si dovette pensare seriamente a modificare anche i materiali strutturali di difesa edificati in Italia, che altrimenti non avrebbero sostenuto eventuali attacchi d’artiglieria. Si studiarono e progettarono nuovi materiali d’edilizia militare, per rafforzare le strutture. Inizialmente una mescolanza di pietrame e sabbia per poi amalgamarne con acqua, al fine di ricavarne una sorta di cemento, si dovette pensare anche di porre al riparo i cannoni e l’artiglieria, messa a difesa sulle terrazze dei forti, in barbetta. Furono messi in opera degli scudi in spesso metallo, al fine di proteggere i militari dall'uso dei cannoni, e ancora si costruirono dei veri ripari a forma di torrette in cemento e ferro al fine di ricavarne una blindatura totale e denominate “casematte”. Non si ebbero immediati benefici alla risoluzione delle difese, poiché ci si rendeva conto che l’architettura delle fortezze andavano cambiate ed adeguate continuamente per restare al passo delle esigenze militari. Furono migliorate come offesa, anche le prime cannoniere costruite con nuova concezione. Torretta a scomparsa per cannoni da 57 mm Gruson e cannoni da 120/21 in cupola blindata, installati in cupole corazzate in pozzo circolare, distanti tra loro di pochi metri. All’interno delle opere erano presenti dei binari e dei montacarichi utilizzati per lo spostamento delle munizioni».
http://www.fortezzesavonesi.com/Storia.html
«Il noto palazzo Della Rovere, denominato anche Palazzo Santa Chiara, è un maestoso monumento di Savona, situato in mezzo tra la Cattedrale di Maria Assunta e la via principale della cittadina rinascimentale, ovvero via Pia. Voluto dal cardinale Giuliano Della Rovere, il quale, una volta abbandonata Roma per l’elezione a papa del suo antagonista esponente della famiglia Borgia, riparò a Savona. L’intenzione del Della Rovere era quello di ripristinare in esilio il tenore di vita tenuto a Roma e, quindi acquistò nel 1494 il medioevale palazzo di San Tomaso per trasformarlo in una dimora in stile principesco. Tra le persone al seguito del cardinale vi era anche l’architetto Giuliano da Sangallo al quale venne affidato l’arduo compito di dare al palazzo quella sontuosità rinascimentale ben lontana dalla conformazione medioevale tipica di Savona. Il palazzo Della Rovere fu alla fine completato nel XVI secolo ma parecchio ridimensionato rispetto al progetto originario. Dopo vari rimaneggiamenti è difficoltoso immaginare il prospetto su via dei Nattoni (via Pia), cosi come era previsto dal progetto, ovvero esteso in nove grandiose campate. Attualmente dell’opera del da Sangallo rimane solo il vestibolo d’ingresso con volta a botte ornata con i tondi e la stessa copertura la troviamo in quella che forse era una cappella sul lato opposto. Segno che contraddistingue la posizione delle stanze private di Giuliano della Rovere è lo stemma sulla chiave di volta sul portale. Per questi elementi di magnificenza si pensa fosse concepita come la contro risposta al palazzo edificato a Roma dal cugino Raffaele Riario».
SAVONA (palazzo Ferrero-Colonna-Cambiaso, o villa Cambiaso)
«Il palazzo Cambiaso di Savona si affaccia oggi su via Torino (civico 10), pienamente inglobato all’interno della città, mentre un tempo, quale villa di campagna, si collocava al di fuori della porta di San Giovanni. Per questo forse si differenzia in parte dagli altri palazzi savonesi, che non possono, come in questo caso, vantare un isolamento su tutti i quattro lati. È probabile che vi fosse in questo luogo un edificio residenziale già nel Quattrocento, come sembrerebbero testimoniare alcuni ritrovamenti all’interno della villa, ma la struttura odierna risale in gran parte alla prima metà del Seicento. La prima attestazione documentaria è del 1530, quando si hanno notizie sul possesso da parte di Ambrogio Ferrero di una casa con giardino nell’area delle Banchette di fronte alla chiesa di San Lazzaro, poi San Francesco di Paola. Il palazzo dunque apparteneva già alla famiglia Ferrero, che lo utilizzava come residenza estiva, anche se negli anni successivi avvenne il passaggio a un altro ramo della famiglia, cosicché nel 1623 la dimora risulta di proprietà di Francesco Ferrero. A questa data poteva già aver assunto le forme attuali e l’anno 1614 posto sull’altare della Cappella parrebbe confermarlo, anche se dovettero esserci dei restauri e degli abbellimenti dal 1655, quando vi risedette Luca Spinola con la moglie. In seguito il palazzo tornò ai Ferrero, che ne mantennero il possesso fino alla seconda metà del Settecento. Nel 1798 la villa risulta appartenere a Eugenia Spinola Pallavicino, mentre nel 1796 fu occupato dalle truppe francesi, prima che passasse intorno al 1800 in proprietà di Paolo Vincenzo Agostino Colonna, della famiglia dei Signori d’Istra e marchesi di Galliano. Nel 1842, con la morte della marchesa Bianca Maria Caterina Colonna, la villa passò al marito Giovanni Battista Cambiaso e, poi, conseguentemente, alla sua famiglia. Nel 1858 il palazzo subì molti danni a causa di un’alluvione del Letimbro e nel 1887 fu gravemente danneggiato da un terremoto, ma la sua decadenza non era ancora terminata, poiché tra il 1921 e il 1924 venne adibito a caserma, con gravi conseguenze soprattutto per le decorazioni. I Cambiaso iniziarono comunque un restauro globale, durato dal 1928 sino al 1936 e realizzato in stile, con il conseguente rifacimento di tutti gli affreschi. Nel 1973 l’ultimo discendente della famiglia vendette il palazzo, che restò per molti anni in disuso, finché nel 1985 fu acquistato dal pittore Pio Vintera, che vi intraprese lavori di restauro e da quel momento aprì la villa al pubblico, come sede di eventi culturali. ...».
http://www.fondoambiente.it/upload/oggetti/Villa_Cambiaso.pdf
«Il prestigioso palazzo, provvisto di grande atrio, ampio scalone e sale eleganti, è stato realizzato su precedenti strutture medievali trasformate nel 1570/80 secondo il nuovo impianto rinascimentale basato sul sistema atrio-cortile-scala e sull´introduzione di spazi intersecanti tra loro mediante una serie di loggiati. Nel XVIII secolo la famiglia Gavotti dona l´edificio all´Opera Pia di Nostra Signora di Misericordia, per ospitarvi personaggi illustri in visita al Santuario di Savona I successivi interventi strutturali, nell´ottocento, ne modificano l´impianto cinquecentesco adeguando diversamente gli spazi che ospiteranno, tra il 1861 ed il 1934, il municipio. Il fronte principale viene ribaltato su Piazza Chabrol con l´introduzione di una facciata neomanierista. Tra il 1859 ed il 1863, si apre il nuovo passaggio tra Via Pia e Piazza Chabrol trasformando l´atrio in un porticato, al fine di raccordare il nucleo medievale ai nuovi quartieri cittadini.All´interno del palazzo alcuni saloni, già decorati da Paolo Gerolamo Brusco agli inizi dell´ottocento, sono affrescati da Domenico Buscaglia, Giuseppe Becchi, Antonio Novaro, Lazzaro De Maestri e Raffaello Resio, e forniti di busti marmorei. Dopo un breve periodo di allestimento della Pinacoteca, durante il quale vengono sistemati nell´atrio e nel vano scala alcuni pezzi della civica collezione lapidea, dal 1939 al 1985 diventa sede della Biblioteca Civica».
http://www.comune.savona.it/IT/Page/t09/view_html?idp=1786
«Palazzo Imperiale sorge lungo la strada che collega Savona al Colle di Cadibona, alla confluenza delle valli del Letimbro e del Lavanestro. Il nome deriva da Francesco Maria Imperiale che ne fu proprietario nel Settecento. Viene anche chiamato palazzo Migliardi o palazzo Bertani, dai nomi delle altre famiglie che ne furono proprietarie lungo i secoli. Le prime testimonianze storiche risalgono al XIV secolo. L’aspetto attuale, in tipico stile genovese, si deve ad un rifacimento effettuato nel Cinquecento ad opera di Galeazzo Alessi. L’edificio si presenta come una grossa e severa struttura cubica sviluppata su tre piani, affiancata da torrione e ingentilita con una decorazione architettonica delle facciate restaurate nel 2000. Sino alla metà del XIX secolo era circondato da bastioni, di cui ne sopravvivono solo una minima parte, ed era collegato tramite un ponte in pietra a due arcate alla borgata di Lavagnola. Alle spalle del palazzo esisteva un parco con alberi secolari, andato perduto negli anni sessanta del secolo scorso. Nel 1745 fu utilizzato come ospedale per il reggimento spagnolo “Vittoria” nel corso della guerra di successione austriaca. Gli interni del piano nobile sono stati affrescati presumibilmente da Ottavio Semino e risalgono alla fine del XVI secolo. Un interessante ciclo pittorico dedicato a Dante, Colombo, Sisto IV, Giulio II, Raffaello, Pompei e all’Egitto fu realizzato tra il 1880 e il 1927 da Raffaello Resio, il quale visse per diverso tempo nel palazzo».
http://www.svdonline.it/4731/palazzo-imperiale
SAVONA (resti del castello dello Sperone)
«Il Castello dello Sperone è una fortificazione eretta nella prima metà del XIII secolo a difesa della città di Savona. Il castello fu eretto sulla collina di Monticello intorno al 1227 nel punto dove convergevano le mura provenienti dal porto con quelle che difendevano la città verso la piana del Letimbro. Fu rimaneggiato nel 1441 e nel 1527, quando i genovesi lo rafforzarono sul lato di nord-ovest per adattarlo alle nuove armi da fuoco. Posto specularmente alla ben più imponente fortezza del Priamar, fu abbandonato verso la fine del XVII secolo. Sopravvive il massiccio profilo delle mura perimetrali, mentre gli edifici interni (compreso il torrione di cui si ha testimonianza in disegni d'epoca) furono abbattuti nel XIX secolo per costruirvi una villa. Lungo il crinale che, passando sopra l'attuale galleria del Garbasso, discende verso la Torre Leon Pancaldo, sono ancora visibili alcuni tratti dell'ultima cinta muraria, edificata tra il 1317 e il 1330. In particolare sopravvive, anche se murata e in parte interrata, la Porta Forìa o Porta di Monticello, dalla quale si snodava la strada che collegava Savona con l'entroterra. Le mura e i resti del castello non sono visitabili perché rientrano in terreni privati».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dello_Sperone
SAVONA (torre Aliberti, torre Ghibellina)
«Piazza Salineri. Aperta verso il mare, nel medioevo era il cuore della zona residenziale, favorevolmente rialzata e fronteggiante la darsena portuale: da qui, mercanti e armatori potevano agevolmente controllare il traffico marittimo. Dell'antica opulenza resta qualche testimonianza nelle strade che la precedono: via Orefici e via Quanta Superiore. La piazza è incorniciata dalle torri Ghibellina (sec. XII) e Aliberti (sec. XII), affiancata dal cinquecentesco ma degradato palazzo Martinengo, al cui piano strada, di fianco a una pittoresca osteria, è murata una scherzosa "Tabella di Persepoli"».
http://www.sivainitalia.it/nord/liguria/citta.php?page=12
SAVONA (torre Corsi, torre Riario o Guarnero o degli Scolopi)
«Adiacenti alla torre del Brandale si trovano le torri romaniche Corsi e Riario; furono mozzate nel 1544, come tutte le torri medievali di Savona, per non ostacolare la visibilità dalla cinquecentesca fortezza del Priamàr. Successivamente inglobate nel tessuto urbano, hanno riacquistato il loro aspetto originale dopo i crolli conseguenti all'ultima guerra. Sono strette e alte, e quasi prive di bucature. Sulla torre Riario, nota anche come "degli Scolopi" o "delle Scuole Pie", sono evidenti le tracce di aperture praticate nella pietra, quando ad essa furono addossate costruzioni successive, distrutte nel 1943. Nella muratura sono presenti massi rossastri, lavorati a bugnato. Una monofora sulla facciata verso mare costituiva l'accesso. La torre Corsi è in pietra, con coronamento in mattoni di epoca più tarda. Presenta due monofore a tutto sesto sul lato meridionale, di cui la più bassa, a qualche metro da terra, era il varco di accesso alla torre. Oltre le torri si vedono i resti restaurati di ciò che rimane della probabile cinta muraria più antica, demolita all'inizio del Duecento».
http://www.sullacrestadellonda.it/torri_costiere/savona_riario_corsi.htm
SAVONA (torre del Brandale o Campanassa)
«La Torre del Brandale, detta anche Campanassa, fu costruita presumibilmente intorno all metà del 1100, era la principale delle 50 torri delle mura della città che, grazie ai grandi fuochi accesi sulla sommità, fungevano da fari. Il nome Brandale deriva probabilmente da "brand" (luce, falò) anche se alcuni lo fanno derivare da papa Gregorio VII della famiglia degli Aldobrandeschi. Acquistata dal Comune nel 1305, divenne la sede del Podestà e nel 1349 vi fu installata la prima campana per chiamare il popolo al Parlamento. Nel 1552 la torre venne abbassata di circa 25 metri, perché impediva la visuale tra la roccaforte costruita sul Priamar e il Castello dello Sperone. Nel 1668 venne sostituita la campana, e ancora nel 1919, e nel 1931, quando si riportò la torre alla sua originaria altezza e fu acquistata, con una sottoscrizione popolare, la nuova campana. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi in ceramica delle signorie che si avvicendarono al comando della città dal XII sec. Sulla facciata l'immagine della Vergine, rifatta per quattro volte, la prima nel 1513, opera di Bernardo di Montorfano, distrutta con la parziale demolizione della torre, la seconda alla fine del 1500 fu consumata dalle intemperie, così come il dipinto successivo. La raffigurazione ora visibile è su ceramica ed è stata realizzata negli anni '60».
http://www.francobampi.it/genova/cose/torre_brandale.htm
SAVONA (torre Leon Pancaldo o della Quarda)
«Eletta a simbolo della città di Savona, la Torre Leon Pancaldo o Torre della Quarda, popolarmente nota come Torretta, è un torrione medievale affacciato sul porto della città. Attualmente è intitolata a Leon Pancaldo, così come l’omonima piazza, in ricordo del navigatore savonese che seguì Ferdinando Magellano nella sua prima circumnavigazione attorno al globo terrestre. La troviamo citata per la prima volta in uno scritto del 1392 con il nome di Torre della Quarda in quanto era collocata in un punto strategico delle mura a difesa della città vicino alla porta della Quarda. Dopo che le mura furono distrutte per mano dei Genovesi nel 1527, nel corso dei secoli la Torretta fu sottoposta a diversi rifacimenti, in primis l’ingresso laterale che venne murato e la parte interna suddivisa in vari livelli. La costruzione è a pianta quadrangolare di sei metri di lato circa per ventitré metri di altezza. Oltre la metà dell’altezza è singolare la presenza di un bordo formato da tre ordini di piccoli archi gotici in rilievo uno sull’altro; mentre in cima è particolare la merlatura, presumibilmente del Settecento, con i merli sistemati ad insiemi di tre. Verso il mare è visibile l’affresco che raffigura lo stemma della Repubblica di Genova, e sullo stesso lato è presente una nicchia con la statua della Nostra Signora della Misericordia dell’artista Filippo Parodi. Un’altra statua della Madonna invece la troviamo appena sopra il portico d’ingresso della Torre Leon Pancaldo».
a cura di Stefano Favero
Spotorno (torre di Coreallo, torre di Sant'Antonio)
«Il borgo di Spotorno era dotato, così come altri borghi vicini, di un buon sistema difensivo grazie alla presenza sul territorio di un locale castello e di alcune torri di avvistamento. ... Oggi il castello, che si trova sulla collina che domina il paese, si trova in stato di rovina. Le torri di avvistamento furono invece edificate dalla Repubblica di Genova nel corso del XVI secolo, tra cui quelle di Sant'Antonio (a levante) e di Coreallo (a Ponente), per un maggior controllo del territorio montano e soprattutto del litorale per scongiurare le sempre più frequenti incursioni dei pirati saraceni».
http://it.wikipedia.org/wiki/Spotorno#Architetture_militari
STELLA San Giovanni (resti del castello)
«Stella San Giovanni è una delle cinque frazioni, S. Giovanni, S. Bernardo, Santa Giustina, S. Martino, Gameragna, che con la loro disposizione creano la forma di una stella. Raggiungiamo Stella San Giovanni, dal casello autostradale di Albisola Superiore, siamo a circa 12 chilometri da Savona nel Parco naturale Regionale del Beigua, a circa 225 metri sul livello del mare. Il Borgo si erge fra il monte Beigua, il Colle del Giovo e il Bonomo, quest’ultimo composto da rocce calcaree che ospitano una dozzina di piccole grotte, oggetto di studio degli speleologhi. Per il resto, il territorio è costituito da querce, pini marittimi, acacie e castagni. La storia di questo Borgo Medievale risale al XII secolo, dapprima sotto il dominio degli Aleramici e intorno al Duecento proprietà del Comune di Savona. In seguito passò sotto la proprietà della famiglia genovese dei Grimaldi e verso il 1386 venne ceduta definitivamente alla Repubblica di Genova, dalla quale Stella S. Giovanni riuscì a mantenere sempre una sorta di indipendenza. Da ricordare il passaggio a Stella San Giovanni di papa Innocenzo IV che nel 1244 soggiornò nel Castello di Stella durante un viaggio verso il Concilio di Lione. Il Castello, risalente agli inizi del XI secolo, sovrasta il Borgo; venne occupato dai francesi dal 1397 al 1410 e dai milanesi del duca Filippo Maria Visconti nel 1421. Ne rimangono solo una torre, un cunicolo e una parte dell’antica cinta muraria» - «Fu eretto dai marchesi aleramici Del Bosco in posizione di dominio e controllo delle basse valli del Sansobbia e del Riabasco che portano ad Albisola. Analogamente al castello di Albisola, venne coinvolto nel 1227 nella lotta tra Genova e Savona. La tradizione vuole che nel 1244 vi abbia soggiornato papa Innocenzo IV, in viaggio da Varazze ad Acqui, diretto a Lione. Passata sotto il dominio di Genova, la castellania di Stella ebbe una funzione prevalentemente difensiva, almeno fino al 1478. Del castello si conservano consistenti resti della cinta poligonale e, sul fronte a Sud, una torre a base quadrata con la parte superiore circolare, forse della fine del secolo XIV».
http://guide.supereva.it/liguria/interventi/2010/01/stella-san-giovanni (a c. di Simona Torrettelli) - http://www.comune.stella.sv.it...
STELLA San Martino (torre del Mezzano)
«San Martino è una frazione del Comune di Stella, in provincia di Savona, insieme a San Giovanni (che è il capoluogo), San Bernardo, Santa Giustina e Gameragna. È raggiungibile in auto in circa quindici minuti sia dal casello autostradale di Albisola che dal centro di Celle Ligure e Varazze. Il territorio di San Martino, da cui deriva l’identificazione della frazione, fu stabilito solo nel XVI secolo con la creazione della altre 4 parrocchie di Stella e comprende le località di Teglia, Mezzano, Verne e naturalmente la zona di San Martino in senso stretto, ossia il centro, dove si trova la parrocchiale. La zona è ritenuta il primitivo nucleo di Stella ... La frazione è stata fino alla fine del XVIII secolo la più ricca del territorio comunale, anche grazie al clima mite e protetto dai venti che favoriva da sempre la coltivazione. Fu per un alcuni anni in epoca napoleonica, insieme a Gameragna, comune autonomo separato dalle altre Stelle. Tra la fine del XIX secolo e i primi del Novecento sorsero numerose villette per villeggianti genovesi, molte delle quali vivacemente dipinte. Su diverse facciate si possono anche notare esempi di orologi solari (meridiane). ... Torre del Mezzano. Posta nella località omonima, serviva a controllare l'antica strada che da Albisola Superiore risaliva a Stella. Il complesso, attualmente adibito ad abitazioni private, era costituito dalla torre, da un albergo e una locanda per i viandanti, dalle stalle e da una doppia cinta muraria».
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Martino_(Stella) - ...Stella_(Italia)#Architetture_militari
Stellanello (ruderi del castello)
«Stellanello, insediamento composto da numerose frazioni, sorge nell'alto bacino del torrente Merula, immerso nel silenzio e nel verde degli ulivi. Il primo documento ufficiale nel quale viene riportato espressamente il nome di Stellanello risale al 1170, periodo in cui il borgo era feudo dei Clavesana, nobile famiglia che vi fece edificare un castello del quale restano solo alcune rovine in località San Gregorio. A seguire gli archivi presentano Stellanello come un feudo prima dei marchesi del Carretto poi, dal XIII, dei Doria per essere ceduto, nel 1252, alla Repubblica di Genova. All'inizio del Trecento ottenne maggiore autonomia avendo statuti propri ed un governo basato su un sistema di cinque Consoli, pari al numero delle Parrocchie del paese. Ancora oggi la stella a cinque punte presente nello stemma allude proprio a questa antica suddivisione».
http://www.comune.stellanello.sv.it/Default.aspx?pageid=page609
Testico (ruderi dell castello)
«Secondo recenti studi sembrerebbe che il villaggio di Testico fosse già citato come castrum dell'Impero Romano. Nel XIII secolo divenne dominio del vescovo di Albenga, con l'antica denominazione di Texticum, fino alla cessione in favore della potente famiglia genovese Doria nel 1398. Nel 1735 venne ceduto, come molti altri paesi dell'entroterra ligure, nel Regno di Sardegna. Nel 1796 subì l'assalto dell'esercito francese di Napoleone Bonaparte, a causa della forte posizione strategica. Napoleone, per motivi legati alla scarsa dimensione del territorio, accorpò il borgo nella municipalità di Stellanello all'interno della nuova Repubblica Ligure. Seguì quindi la storia degli altri paesi liguri, rientrando nei confini del Regno d'Italia nel 1860 e successivamente costituendo nuovamente la precedente autonomia amministrativa da Stellanello. ... Castello di Testico. Dell'antico maniero difensivo, costruito dalla famiglia genovese Doria nel XIII secolo rimane ad oggi solo qualche rudere sul monte Arosio».
https://www.360-gradi.it/luoghi/informazioni-turistiche-citta-testico-0000002560.html
Toirano (borgo fortificato, Torracco)
«Il borgo medioevale costituisce un interessante itinerario alla scoperta della storia di Toirano, luogo di residenza prima del Vescovo di Albenga e poi del marchese del Carretto. Circondato da mura, difeso da fossati, dal fiume e dalla cinta delle case-torri da ogni lato, il paese conserva ancora oggi 2 delle 5 porte, case, portici e logge, mentre delle torri medioevali rimane quella che è diventata il campanile della Parrocchiale di S. Martino. Sulla piazza S. Martino si affaccia la Chiesa Parrocchiale costruita nel 1600. Il porticato laterale che si affaccia sulla piazzetta dell'Oratorio conserva colonne in pietra di Finale appartenenti all'antica Pieve. La torre campanaria, un tempo torre di difesa, presenta merlatura ghibellina ed è abbellita da un doppio ordine di trifore. Abbiamo proseguito lungo il vicolo di via G.B. Parodi sul quale si affaccia la loggia del Palazzo vescovile da cui il vescovo di Albenga esercitava la sua sovranità feudale su Toirano. Girando a destra abbiamo iniziato il pittoresco percorso del Torracco, l'antico nucleo suggestivo, caratterizzato da mura in pietra, case torri, vicoli tortuosi, archivolti, porticati bassi e bui, ripide scale esterne. A metà del primo vicolo è possibile scendere, attraverso una delle antiche porte del borgo, la porta del Molino, verso il ponte medioevale, sul Varatella, costituito da tre arcate in pietra. I vicoli del Torracco sboccano nella piazza nella piazza della Libertà, da dove si prosegue verso il ponte sul Barescione. Si scende quindi lungo la via intitolata a Giuseppe Polla, un vicolo stretto e suggestivo che si snoda lungo la cinta muraria del vecchio borgo, sormontato da archetti. Un tempo a scopo difensivo, vi veniva incanalata l'acqua del torrente Barescione, per questo il vicolo è conosciuto come via dei Fossi. Superata una serie di arcate si raggiunge il Palazzo d'Aste, imponente costruzione che si affaccia da un lato sulla via dei Fossi, dall'altro sul vicolo principale. ...».
http://xoomer.virgilio.it/elemceriale/Sito%20scuola/Toirano/Il%20borgo.htm
Toirano (palazzo d'Aste del Carretto o del Marchese)
«Palazzo del Marchese, così definito in ricordo del prodigo proprietario di fine '800, è da considerarsi tra le dimore aristocratiche più insigni del comprensorio. Il primo nucleo venne eretto dai D'Aste(investiti del feudo di Toirano dal vescovo di Albenga)lungo il muro difensivo occidentale del paese a partire dal XIV sec. I D'Aste mantennero questa dimora anche dopo il 1386, quando Toirano fu ceduta alla Repubblica di Genova. A questa prima parte, nei secc. XVI e XVII si aggiunsero altri corpi di fabbrica, aumentando verticalmente l'edificio. Dopo alcuni passaggi di proprietà attraverso vendite con suddivisione degli spazi e parziali demolizioni, la porzione più antica del fabbricato pervenne, nella II metà del sec. XIX, al marchese Nicola del Carretto che restaurò l'intero edificio secondo il gusto romantico del tempo, curando una trentina di sale di rappresentanza, come la galleria dei dipinti, la sala del biliardo, il gabinetto delle porcellane orientali, due cappelle già esistenti, due sale da pranzo, dieci stanze da letto. Venne anche realizzato il parco all'inglese arricchito di essenze esotiche, con la prima magnolia grandiflora della val Varatella. Dal 1997 il comune di Toirano ha destinato il palazzo a sede del museo Etnografico della Val Varatella, con progressivo recupero degli ambienti».
http://www.culturainliguria.it/cultura/it/Temi/Luoghivisita/museiRaccolte.do;jsessionid=2863B88DA5EF39362206AE...
VADO LIGURE (forte di San Giacomo)
«Durante la dominazione della Repubblica di Genova quest'ultima decise la costruzione di due fortezze nell'area di Vado Ligure per il controllo e difesa del territorio. Presso il litorale costiero fu edificato tra il tra il 1618 e il 1626 il forte di San Lorenzo, a pianta quadrata e con quattro bastioni, mentre nella collina sovrastante e di struttura minore fu eretta la fortezza di Santo Stefano tra il 1614 e il 1627. Le due opere difensive, che avrebbero dovuto attuare un efficace fuoco incrociato con la fortezza del Priamar di Savona, si rivelarono però deboli e inermi a causa delle dominazioni dalle alture vicine, soprattutto il forte di Santo Stefano, tanto che la repubblica genovese ne ordinò la loro distruzione già nel 1649. Si optò per la costruzione di una nuova fortezza, il nuovo forte di San Lorenzo, nel 1669 presso la foce del torrente Segno (Vado Ligure). Il forte, denominato in seguito di San Giacomo, fu edificato a partire dal 1757 sulle rovine del precedente forte di San Lorenzo esistente sul Capo di Vado e demolito nel 1658. I lavori per la sua riedificazione furono affidati inizialmente all'architetto militare e maresciallo di campo Antonio Federico Flobert che il 6 giugno diede l'inizio ai lavori. L'impiego di materiali a basso costo, le sempre più frequenti infiltrazioni d'acqua e altre problematiche legate ai tempi di realizzazione metteranno in cattiva luce l'operato del Flobert, lo stesso cartografo e ingegnere Matteo Vinzoni lo definì "poco buono ingegnere", influenzando il senato genovese a scegliere nel 1758 il colonnello ingegnere Decotte per il completamento dell'opera. La nuova direzione tecnica evidenziò le varie problematiche strutturali e soprattutto difensive, il forte era infatti, come i precedenti forti di San Lorenzo e Santo Stefano, ben piazzato strategicamente ma troppo esposto ad eventuali attacchi "alle spalle", le quali porteranno come unica soluzione definita la costruzione di una possente fortezza che inglobasse il già presente forte di Santo Stefano con il nuovo forte di San Giacomo. Ancora oggi le due fortezze sono collegate da mura esterne e passaggi sotterranei. Per la sua posizione strategica fu utilizzato dai soldati francesi di Napoleone Bonaparte durante la Guerra delle Alpi e la Prima Campagna d'Italia tra il 1792 e il 1797».
http://it.wikipedia.org/wiki/Vado_Ligure#Forte_San_Giacomo
VADO LIGURE (forte di Santo Stefano)
«Il Forte Santo Stefano fu costruito dalla Repubblica di Genova nel 1614, sul promontorio di Vado Ligure, in luogo chiamato “La Bandita”. Il Forte è raggiungibile percorrendo da Vado Ligure la strada in direzione San Genesio e dopo qualche minuto di salita, si svolta in direzione Bergeggi. La fortezza rimane poco distante e sopra La Batteria ottocentesca da costa. Il nome prese spunto con molta probabilità, dalla chiesetta di Santo Stefano, che fu demolita per lasciare posto alla costruzione militare. Il forte fu demolito nel 1658 e ricostruito a fronte del nuovo sistema difensivo nel 1757. Il progetto iniziale fu realizzato dal Maresciallo Flobert e nel 1758 dal Decotte. Il Forte era stato costruito con quattro bastioni, i sotterranei adibiti a magazzini, le cisterne, i quartieri e una volta a prova di bomba capace di sopportare il fuoco delle batterie. La fortezza fu armata secondo la difesa marittima, con tredici pezzi di cannone. Immediatamente furono trasferiti in loco, un tenente, un alfiere, due sergenti, tre caporali e buon numero di soldati. Con l’intervento dell’ing. Decotte, ma soprattutto, per la messa a restauro del sottostante forte San Giacomo, si decise di inglobare il Santo Stefano al fratello maggiore, con massicce mura di cinta. Oggi sono ben visibili i maestosi ruderi e ben identificabili i tre bastioni dei quattro che formavano l’opera e la piazza d’armi, all’interno della cinta. Tutto attorno sono visibili molti detriti e tra questi, con cura si può identificare il cammino che le antiche mura percorrevano raggiungendo il San Giacomo».
http://www.fortezzesavonesi.com/Santo_Stefano.html
Vignoletto (ruderi del castello del Carretto)
«Il castello si raggiunge imboccando la provinciale che dalla frazione Madonna porta a Vignoletto; qui si parcheggia l'automobile e con dieci minuti di cammino si raggiunge si raggiunge il castello, in località Costa. Cenni storici. Non è semplice risalire alla data di costruzione del castello a causa delle numerose modifiche a cui è stato sottoposto. Si presume eretto intorno al XII secolo, quando l'intero territorio era sotto il dominio dei Clavesana. Infeudato nel '300 al ramo dei Cepolla (poi detti Cepollini) passò verso la fine del secolo ai marchesi Del Carretto che acquistarono i diritti su Nasino da Giovanni Saluzzo Clavesana, il quale a sua volta li aveva avuti da Segurano Cepolla. Incorporato nel marchesato di Balestrino, nel 1735 entrò a far parte del Regno di Sardegna. Il castello si presenta con una particolare pianta rettangolare stretta ed allungata a schema "direzionale", cioè orientato in configurazione strategica rispetto al controllo sul borgo sottostante e sulla valle. Dal terrapieno scarpato, verso Sud, sporgono due torri, una ad Est, distribuita su tre piani con tracce di affreschi e una scala esterna che conduce all'attuale ingresso, ed una più bassa verso Ovest. Verso Nord il castello si presenta a cuneo e con una cortina di mura ancora ben conservate e rialzate. All'interno gli ambienti si sviluppano su due piani, ancora esistenti e a tratti coperti a volta con tracce di intonaco e di affreschi. Una chiesetta, probabilmente marchionale, sorge sulla spianata a Nord. Il castello è stretto fra le due montagne di Aguraia e Castellermo e domina l'alta val Pennavaire incombendo direttamente sul borgo di Nasino e sulla strada che risale la valle. Le sue discrete condizioni di conservazione permettono di osservarlo ancora in tutti i particolari, seppure solo dall'esterno. Circondato da orti e terrazze è inserito in un ambiente incontaminato».
http://www.webalice.it/nasino.pennavaire/il_castello.htm
Villanova d'Albenga (borgo, mura)
«Per difendere il territorio dalle scorrerie dei marchesi di Clavesana, il Comune di Albenga, tra il 1250 e il 1288, diede vita ad alcuni borghi fortificati, tra cui Villanova, la cui fondazione venne deliberata il 7 dicembre del 1250. Il piccolo centro sorse alla confluenza della Valle Arroscia con la Val Lerrone, su una lingua di terra naturalmente protetta dai due corsi d'acqua e in posizione strategica per il controllo delle vie di comunicazione. Dai piccoli insediamenti delle campagna giunsero i primi abitanti che, trovata protezione all0interno delle mura, poterono dedicarsi meglio alle attività agricole. Villanova subì diverse devastazioni ad opera dei Clavesana, dei Doria e degli Spinola, ma rimase legata ad Albenga fino all'Istituzione Democratica Ligure per poi comparire, nel 1805, come uno dei comuni della Circoscrizione e, con un decreto regio del 1863, assumere il nome di Villanova d'Albenga. Il borgo è racchiuso all'interno dell'antica cinta muraria pressochè integralmente conservata. Le mura si elevano fino a superare i sette metri di altezza e sono sormontate da merli guelfi. Lungo il perimetro si ergono dieci imponenti torri di forme differenti, sei agli angoli del borgo e quattro in corrispondenza dei punti cardinali; le due poste agli estremi di Via Garibaldi hanno funzione di porta cittadina. Un'unica via attraversa in senso orizzontale il paese e su di essa si aprono ortgonalmente dodici vicoli, creando isolati rettangolari. In posizione centrale sorge l'antico pozzo medioevale: costruito successivamente alla fondazione del borgo, è rimasto in uso fino agli anni Trenta, fornendo acqua potabile a tutti gli abitanti di Villanova.
La funzione di Villanova quale località difensiva e di riparo per gli abitanti della zona, spiega la sua posizione chiusa su tre lati dai torrenti Arroscia (nord ed est) e Lerrone (sud) e la successiva costruzione di mura e torri intorno al borgo. Tale conformazione rendeva Villanova un baluardo difficilmente espugnabile da parte nemici provenienti dai feudi vicini dei Clavesana e dei Della Lengueglia. Con l'atto di fondazione di Villanova d'Albenga del 1250 si stabilisce anche la costruzione di mura di fortificazione intorno al borgo. Le mura vengono costruite con ciottoli di fiume e sono innalzate per più di sette metri con un metro di spessore e uno sbalzo interno che permette di creare il camminamento per i giri di ronda. Dal 1921 si delibera la demolizione di alcuni tratti pericolanti e l'apertura di varchi per un migliore accesso al borgo e una maggiore igiene. ... Il borgo si sviluppa lungo l'odierna Via Garibaldi, un asse centrale di circa 151 metri di lunghezza e 6 metri di larghezza, sul quale si apre uno slargo nel quale è situato il pozzo medievale. perpendicolari alla via centrale si aprono i vicoli laterali un tempo percorsi da un canale di scolo per le acque piovane. Le case a schiera del borgo erano caratterizzate da terrazze scoperte chiamate "truvine" o logge coperte e internamente da un focolare ai cui lati si trovavano sedili in muratura. Al centro del borgo è situato il pozzo medievale che fino agli anni '30 del XX secolo riforniva di acqua potabile gli abitanti di Villanova. il pozzo, di forma ellittica e in arenaria alveolata, sembra sia stato costruito verso la fine del 1200. La parte superiore del sostegno della carrucola è un unico pezzo di ferro a forma di giogo ed è ornata di elementi a pigna. I ganci laterali servivano da appoggio per il mestolo con cui si attingeva acqua dai secchi ovali in bronzo».
http://www.villanovadalbenga.com/turismo/index.php/villanova-storia
«Per ciò che concerne le caratteristiche della fortificazione sono da ammirare le torri, costruite in ciottoli di fiume, materiale di cui disponevano in abbondanza, che si innalzano per più di sette metri di altezza e un metro di spessore. Lungo la cerchia muraria si contavano dieci torri tutte aperte verso l'interno con un foro al parapetto merlato delle mura per il passaggio, alcune a pianta quadrata, altre rettangolari, una pentagonale e una semicilindrica situata sullo spigolo nord-est. Il sito è munito di dieci tra torri e portetorri, ma due di esse presentano una fattura totalmente diversa dalle altre e sono poste al margine del fronte nord della cortina muraria: la prima cilindrica, la seconda a sezione pentagonale, secondo un modello in voga nell'architettura militare duecentesca, come potrete notare se visiterete anche i siti di Arcola e Vezzano inferiore nell'estremo levante ligure. Il baluardo di Albenga fa parte integrante del sistema fortificato originario. Se anche per la torre circolare possiamo trovare una motivazione, per la torre pentagonale quale può essere? Forse per coprire uno spigolo particolarmente esposto non coperto da altre torri vicine. Nell'ammirare questa struttura bisogna considerare che la torre è molto più utile strategicamente e molto più difficile da costruire per la sua presenza massiccia».
ZUCCARELLO (borgo, porte, torri)
«Il borgo si snoda su un’unica via, fiancheggiata, ad entrambi i lati, da portici che presentano arcate e pilastri caratteristici, dalle forme più diverse. All’interno, parallelamente all’asse principale si snodano i caruggi, pittoreschi e con forme artistiche. Il borgo è chiuso dalle mura, con torri a guardia delle Porte di ingresso. Dal castello, posto sulla sommità del colle, scendono due cortine murarie che arrivano sino alle 2 torri. Il borgo, dalla parte del fiume, presenta piccole finestre munite di inferriate, per assicurare maggior protezione. Le porte che permettevano l’entrata al borgo erano 7: 1) la Porta del Roncazzo, posta a metà della cortina muraria, costituita da una torretta e un pilastro. 2) La Porta Interiore, all’inizio della salita verso il castello. 3) La Porta Soprana, o entrata nord del paese. 4) La porta dell’Ospitale”. 5) La porta del Molino. 6) La porta del ponte di Neva (ponte romano). 7) La Porta Sottana, o entrata sud del paese. L’unico slargo è quello sul quale si affacciano la Chiesa, intitolata a san Bartolomeo Apostolo, dove è custodita una tela con Vergine e Santi di Orazio da Ferrari e la statua lignea del Patrono di Paolo Olivari; il Campanile, tutto in pietra, fu costruito intorno al XII secolo, ed è in stile romanico; su di esso spiccano i resti di un dipinto murale, raffigurante S. Cristoforo; infine l’Oratorio, intitolato a Santa Maria Nascente, dove è custodito un crocifisso ligneo del ‘400. Questa struttura è disposta su due piani: nella parte inferiore (recentemente recuperata, chiamata “il Teatro “ perché sede di rappresentazioni teatrali) sembra essere stata una chiesa, in seguito sconsacrata. ... Di notevole interesse sono: “i beudi”, lunghi canali che servivano per alimentare frantoi e mulini e per portare l’acqua nel borgo; “lo scalino del buon arrivo” o “scaiin du peaggiu” situato accanto alla chiesa, raggiungendo il quale, i condannati, potevano essere graziati dal Marchese; la colonna nera in ardesia della “flagellazione”, ove venivano legati e flagellati i condannati; il Ponte romano sul fiume Neva, con la caratteristica forma a schiena d’asino, in stile romanico del XIII secolo. ... Fuori del borgo in direzione sud, si incontra la Cappella di Sant’Antonio, adatta ad ospitare viandanti e pellegrini, con affreschi risalenti alla II metà del XV secolo. Di estremo interesse la “Via del Roso”, detta anche il “sentiero di Ilaria”, dal nome di un antico podere appartenuto ai Del Carretto ancora nel XV secolo; questa via da Zuccarello conduce a Castelvecchio R.B., per circa 3 Km, e norme severissime la rendevano sempre agile e sicura per viandanti e cavalieri. “Il sentiero di Ilaria” è ricco di vivaci fioriture, uliveti, sempreverdi della macchia mediterranea; del paesaggio fanno parte orti coltivati, boschi di castagni, ma anche molti terreni incolti».
http://xoomer.virgilio.it/elemceriale/Sito%20scuola/Zuccarello/Monumenti.htm
«L'origine del Castello, del quale si conservano oggi solo pochi resti attorno ad un cortile centrale, è antecedente la fondazione del borgo. Nel 1397 Carlo I costituì il Marchesato Autonomo di Zuccarello. Sua figlia Ilaria sposò nel 1403 il Principe di Lucca Paolo Guinigi. Morì di parto due anni dopo. Nel Duomo di Lucca è a lei dedicato il celebre sepolcro di Jacopo della Quercia. Il castello fu più volte parzialmente restaurato nel corso dei secoli; gli ultimi interventi di rifortificazione, mai completati, furono voluti dal generale napoleonico Massena alla fine del secolo XVIII. lI suo utilizzo come abitazione, testimoniato dai resti di una raffinata cornice di finestra decorata in cotto di gusto padano e dai resti di affreschi quattrocenteschi, cessò comunque già dalla fine del sec. XV. Il Castello, collegato a vista con quelli di Conscente e Castelvecchio e con l'abitato di Vecersio, formava con il borgo sottostante un unico sistema fortificato a sbarramento della via di fondovalle e consentiva il controllo pressoché totale della media Valle Neva».
http://www.inliguria.it/zuccarello/castello.htm
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