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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI LODI

in sintesi

castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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ARCAGNA (castello)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Arcagna nel XII secolo è tra i possedimenti agricoli del monastero benedettino di S. Maria a Dolceacqua; dal sito http://terrebianche.com

«Arcagna il cui nome significa “luogo alto sull’acqua” è frazione di Montanaso. Il nome ricorre più volte negli antichi documenti dal 1148 in poi. Fu “villa “ infeudata alla corte di Galgagnano, allora sede vescovile, confermata dal Barbarossa e successivamente dall’imperatore Arrigo VII nel 1311. Si ha memoria di un “lago” di Arcagna nel 1361, sicuramente una palude del lago Gerundo. Sul principio del secolo XIV, unitamente a Gamorra e Montanaso era annessa al monastero di S. Giacomo di Pontida. Nel 1600 era commenda degli Olivetani di Villanova col nome di Arcagna Eugenia. Ad Arcagna dietro la chiesa parrocchiale c’era un castello ove ebbe sede una congregazione di religiose Salesiane che officiarono nell’antica Chiesa, divenuta parrocchiale nel 1602. ...».

http://www.comune.montanaso.lo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=28&Itemid=28


Bertonico (castello)

Dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Vicolo Mirabello (fuori dal centro abitato, in posizione dominante), Bertonico (LO).  Epoca di costruzione: sec. XIV. Uso attuale: abitazione».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00011/?view=tipologie&offset=13&hid=1.9&sort=sort_int


Bisnate (castello)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«L'origine e il nome di questa frazione sono fatti risalire al IV secolo a.C., durante la dominazione dei Galli Boi. È sempre stato un importante punto di passaggio per l'attraversamento dell'Adda, che qui è più stretto rispetto al suo corso normale. Nell'undicesimo secolo viene innalzata una prima postazione fortificata, per il controllo del passaggio, che darà in seguito origine a un castello. ...».

http://web.tiscali.it/curiosandomax/storia/Agellum.htm


Boffalora d'Adda (castello)

Dal sito www.webalice.it/ik2uvr/lombardia.htm   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«è attestata la presenza in epoca medioevale di un ospedale sull’attuale territorio di Boffalora d’Adda, una sorta di infermeria e luogo di ricovero per viandanti e pellegrini, così come certamente esisteva un monastero ospitante le monache di clausura dell’Ordine dei servi di Maria Vergine dello Spasimo, osservanti le regole di Sant’Agostino. Vi era infine un castello in località denominata “Castellaro”, il cui ricordo rivive nello stemma del comune».

http://www.comune.boffaloradadda.lo.it/storia.php


Borghetto Lodigiano (palazzo Rho)

Dal sito www.turismo.provincia.lodi.it   Dal sito www.lombardiainrete.it

«Adesso sede del municipio; fu fatto costruire dalla famiglia Rho nel XV secolo. Non è sicura la data della costruzione, ma si pensa che sia stato eretto quando i padroni divennero signori di Borghetto. L'opera fu ordinata da Alessandro Rho. La facciata ha tre grandi finestre ornate con fregi e rilievi di terracotta. Si notano su di essa lo stemma dei Rho e quello del comune di Borghetto».

http://ospitiweb.indire.it/~mipm0001/lodi/borghetto.htm


Brembio (resti del castello)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Edificio a pianta rettangolare su un asse longitudinale orientato est-ovest, facente parte di un più ampio organismo quadrilatero aperto su una corte centrale, con ambienti al piano interrato voltati a botte, murature in elevazione in laterizi, copertura a falde su capriate lignee con manto di copertura in coppi. Epoca di costruzione: post 1200 - ante 1250» - «Il paese ha origini antichissime. Pare che i primi stanziamenti nel territorio risalgano all’epoca dell’imperatore Aureliano: nella frazione Monasterolo intorno al 1834 furono infatti ritrovate alcune monete d’oro d’epoca romana contenute in un vaso di terracotta. Circa 250 anni dopo i Benedettini di San Michele al Brembio disboscarono queste vaste zone mettendole a coltura. Intorno al 1051 Adalberto, figlio di Alberico “de loco Brembio”, donò alcune terre al vescovo Ambrogio Ariuno di Lodi, che già possedeva fondi e diritti su parte del paese. Gli Abboni, gli Azzari e i Sacchi, famiglie lodigiane di parte guelfa erano proprietarie della corte di Brembio, ove sorgeva un castello teatro di scontri fra le opposte fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Infatti dopo la vittoria dell’imperatore Federico II a Cortenuova, quando le truppe imperiali rientrarono in Lodi e ne cacciarono gli avversari guelfi, questi ultimi si fortificarono nel castello di Brembio, ma nel 1243 il podestà di Lodi, Mainerio da Borgo, stabilì che gli Abboni, gli Azzari e i Sacchi non potessero mai più abitare o avere proprietà nel castello e nel territorio di Brembio. Il feudo di Brembio, unito a quello di Secugnago, fu donato nel 1499 a Erasmo Triulzi, già feudatario di Casteldidone, che giurò fedeltà al re di Francia Luigi XII. Nel corso del XVII secolo il paese subì l’invasione delle truppe spagnole che, in particolare nell’anno 1618, saccheggiarono e bruciarono le case».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture... - http://www.italynet.it/italiano/lombardia/lodi/brembio/


Camairago (castello Borromeo)

Dal sito www.castellodicamairago.it   Dal sito www.residenzedepoca.it   Dal sito www.castellodicamairago.it

«Il castello, situato nel piccolo comune di Camairago tra le Province di Lodi, Cremona e Piacenza, si affaccia sulla valle dell'Adda lungo l'antica strada romana che da Milano conduceva a Cremona. Oggi la zona è nota come Parco Regionale Adda Sud. La storia del castello ha inizio nel 1140 quando Filippo Maria Visconti, ultimo duca di Milano, concesse il feudo di Camairago insieme alla licenza di fortificarlo, al Conte Vitaliano Borromeo quale ricompensa delle sue condotte militari e dei prestiti in denaro ricevuti. Nel 1629 il castello, all'epoca dimora abituale di San Carlo, ospitó i famigerati Lanzichenecchi che presero parte all'assedio di Mantova. Da ricordare anche che nell'estate del 1848, durante la Prima Guerra di Indipendenza, il castello fu sede del quartiere generale delle truppe austriache: qui il maresciallo austriaco Radetzky respinse l'offerta di mediazione da parte del ministro inglese, Sir Abercromby, per un armistizio. Oggi la costruzione militare è dimora agricola privata tuttora di proprietá della famiglia Borromeo» - «Il castello ha pianta allungata con corte rettangolare, torri e rivellino. Il lato est si innalza sulla scarpata della valle dell'Adda ed è chiusa agli estremi dalle due torri superstiti. Il lato sud presenta al centro il rivellino separato dal corpo principale da un fossato. Tutte le murature presentano riseghe e cornici in cotto. Il cortile interno è porticato con archi a sesto acuto, alcuni dei quali tamponati. Il fronte nord è stato per un breve tratto demolito. Fronti in muratura stilata delimitate da torri agli angoli e torre in corrispondenza dell'ingresso».

http://www.castellodicamairago.it/la-storia.html - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture...


Casalpusterlengo (palazzo Lampugnani

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Palazzo edificato nel XVII secolo, su iniziativa del feudatario Nicolò Lampugnani, si trova nel piccolo centro di Casalpusterlengo, nella provincia di Lodi. L'edificio presenta una pianta rettangolare allungata e struttura a pareti in laterizio intonacato, gli interni sono coperti con volte molto ribassate, nel cortile si apre un atrio coperto da volte a crociera, con colonne doriche e lesene in granito grigio. Oggi il Palazzo è di proprietà privata ed è sede di una comunità religiosa».

http://www.exploro.it/portal/content/?page=place-detail&id=58933&lang=it


Casalpusterlengo (torre dei Pusterla)

Dal sito www.centrometeolombardo.com   Dal sito www.lombardiainrete.it

«Nel documento di investitura dei Pusterla si parla di un "Castelletum", cioè di un castello difeso da un fossato. Al suo interno sorgeva una torre, quella esistente tuttora, simbolo prestigioso della nostra città. Il monumento è stato sottoposto, in tempi diversi, a isolamento dagli edifici che gli stavano a ridosso (il palazzo feudale fu demolito nel 1846) o molto vicini e, in più riprese (ad opera del Comune e della Pro Loco), a restauri alla muratura esterna e nella parte interna con la ricostruzione della scala di accesso. La stessa corona merlata, un tempo coperta da un tetto, è stata ripristinata nelle bellissime linee originarie. Alla massa compatta dei due blocchi sovrapposti dell'imponente monumento nulla tolgono "né le poche aperture, né la conformazione a scarpa del basamento. Il forte spessore dei muri (ca. m. 6 alla base e 2 alla sommità, formati da cortine di muratura piena con intercapedine colma di materiale da riempimento) si sente dall'esterno del lato sud-est attraverso le quattro aperture, di cui la sola feritoia in basso sembra originaria. Unica interruzione alla superficie muraria, che si alza (esclusa la parte a scarpa) con netti tagli verticali fino al coronamento merlato, è la cordonatura in conci arrotondati che corre orizzontale a metà della base; mentre il passaggio con forte risega fra i due blocchi è raccordato da brevi falde di tetto. Nessuna apertura vi è sul lato prospettante la piazza, quasi a formare baluardo impenetrabile alla cittadella, mentre su quello nord-est del basamento si trova la porta d'accesso... attraverso una scala esterna.

L'interno della costruzione si presenta piuttosto interessante: dal piano d'ingresso si scende per ripida scala in un vano coperto da volta a botte; l'ambiente è oscuro in quanto poca è la luce che penetra dall'unica feritoia; forse in origine formava uno spazio unico con la parte sottostante, completamente buia, a cui si accede attraverso una botola. Collegati da una scala d'angolo si susseguono gli altri vani, di cui due ricavati certo in un secondo tempo, probabilmente quando nel XVI sec. la torre fu trasformata in carcere. Infatti, che la scala interna sia dovuta a un intervento posteriore alla prima costruzione della torre, appare chiaro in quanto essa si inserisce interrompendo la continuità delle volte sia al piano rialzato sia al terzo, dove un'interessante copertura a cupola è formata da mattoni disposti in file concentriche. Al primo e secondo piano invece le volte sono a crociera e a botte, non tagliate dal vano della scala, ma impostate da un lato sul muro di sostegno della scala e dall'altro su parte del perimetro della torre. I vani ricavati nello spessore dei muri in corrispondenza delle aperture richiamano le sale dei castelli. Da queste finestre e dalla copertura a terrazzo si spazia tutto intorno; particolarmente suggestiva è la visione a nord e a est dei tetti compatti e della parte vecchia di Casalpusterlengo ... Ora la torre è sede della Pro Loco e punto di riferimento per manifestazioni artistiche e culturali».

http://centrocultura.weblight.it/TorrePusterla.aspx


Caselle Landi (castello Landi)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

  

«Il Castello medievale è stato trasformato dai Landi in un palazzo (detto Palazzo Vecchio per distinguerlo da un altro, appartenente alla stessa famiglia), che conserva ben poche tracce dell'edificio originario, di pianta quadrata. Conserva ancora una sola delle quattro torri angolari. L'altro Castello, adiacente al precedente, è chiamato Palazzo Nuovo, o più semplicemente Palàsi (dal dialetto del paese), ed è stato dato in uso dal Marchese Manfredi Landi, ad alcune famiglie. Fino agli anni '80, ha ospitato i locali dell' unica farmacia cittadina, ora trasferitasi in Via Garetti».

http://it.wikipedia.org/wiki/Caselle_Landi


CASELLE LURANI (castello)

Dal sito www.comunecasellelurani.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Il castello è costituito da un corpo principale a pianta quadrata composto da piano terreno, primo e secondo piano e da quattro torri angolari, sporgenti e sopraelevate rispetto al volume del castello, anch'esse di pianta quadrangolare. Due muri interni, in senso nord-sud, delimitano due ambienti voltati, al piano terra e al primo piano, che attraversano l'intero edificio e distribuiscono i locali laterali, con soffitti cassettonati. L'edificio principale è affiancato dai fabbricati rurali di altezza inferiore che definiscono una corte a "U", chiusa verso il fronte stradale principale da un alto muro in mattoni, in cui si apre un monumentale portale barocco. Epoca di costruzione: circa 1647».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00061/?view=ricerca&offset=12


Castelnuovo Bocca d'Adda (palazzo Stanga)

Dal sito www.casellelandi.net   Dal sito www.codognoonline.it

«Fu proprietà della famiglia Stanga che dominò il paese alla fine del Quattrocento. In questo palazzo l'antipapa Giovanni XXIII incontrò l'imperatore Sigismondo (1414)».

http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_02.asp?IDCategoria=615


Castiglione d'Adda (castello Parravicini Serbelloni)

Foto solaxart, dal sito www.preboggion.it   Foto di Elio1952, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Secondo lo storico sacerdote Settimo Ghizzoni che nel 1890 pubblicò un interessante studio su Castiglione d'Adda, l'attuale castello ivi esistente sarebbe la riedificazione di un altro più antico: "Quando Alarico, re dei Goti - scrisse il Ghizzoni - avventandosi su Roma, la distrusse, portando in Italia il saccheggio, la strage, la morte: quando Attila, flagello di Dio, stringendole d'assedio, metteva a ferro e a fuoco le Città; quando gli altri barbari, invase le Province e le campagne, col saccheggio, gli stupri e le rovine, spandevano lo sbigottimento, il terrore, la costernazione: tutti impararono ad assicurarsi la vita stringendosi d'assedio nelle fortificazioni. Fu allora che anche i nostri, privilegiati di una posizione speciale per natura, non tardarono a munirsene: fabbricandovi un potente e fortissimo Castello. All'estremità del Colle sul quale or giace il nobil Borgo di Castiglione: solo unitovi per un punto, ove credesi che vi fosse il tradizionale ponte levatoio, alzasi nell'immensa vallata che lo circonda, formante un dì il letto del vastissimo Lago Gerondo, un altissimo Promontorio rivestito di alberi e di prati, della circonferenza di quasi 400 metri. Sulla vastissima Piazza di questo, circondata tuttora dagli avanzi delle castaldiche Case, e probabilmente dove sorge il nuovo, ergevasi il vetusto Castello. Pare ad alcuni, per essere questo assolutamente distrutto, e vedersi in sua vece il Nuovo, poco vera l'esistenza di questo Castello. Ma quando si sapesse che Castiglione e il suo Castello era il primario Feudo dei Vescovi di Lodi, e si fossero viste, come da alcuni lo fu, le immani muraglie delle sue fondamenta, come lo si direbbe uno dei più forti, così dei più antichi del Lodigiano." Nell'anno 1330 - aggiunge il Ghizzoni - essendo agente dell'Illustrissima Casa Busca, proprietaria del nuovo castello, l'egregio nostro concittadino Sig. Ing. Gaetano Quattrini, si praticarono in questo castello delle scavazioni. Fu in quest'occasione che si videro le antiche e gigantesche fondamenta. In pari tempo furono trovate varie monete romane, armi ed altre simili cose, che non lasciano dubitare della sua antichità, le quali furono consegnate alla suddetta Casa. Parimenti si videro dei 'trabocchelli', che poi furono otturati.

L'attuale castello o palazzo Pallavicino dal nome della nobile famiglia che ebbe il dominio su Castiglione, fu edificato sul ciglio del terrazzamento dell'Adda. Perduto il suo ruolo strategico il castello venne trasformato in residenza signorile quando, a partire dal 1499, vi furono infeudati i marchesi Pallavicino. La trasformazione da castello a palazzo si deve soprattutto a Girolamo Pallavicino che nel 1551 lo scelse come sua dimora, ma continuarono quest'opera i marchesi Serbelloni che lo fecero restaurare ancora nel 1652. Il palazzo mantiene la pianta dell'antico castello con corte centrale e torri angolari. Le fronti orientale e meridionale, rivolte verso l'Adda, conservano ancora l'aspetto di fortilizio con pareti lisce e alta scarpata, finestre dotate di inferriata e torre cilindrica in corrispondenza dello spigolo. Profondamente mutato è invece il lato ovest, trasformato in sontuoso ingresso al palazzo con prospetto a bugnato molto inciso nella zona inferiore e appena rilevato verso l'alto. Il cornicione del tetto è molto sporgente e sorretto da una sequenza di eleganti mensole aggettanti fra le quali trovano posto delle teste in pietra di eroi antichi e personaggi mitici. Alcuni mascheroni di grandi dimensioni sono poi simmetricamente distribuiti sulla facciata. Il notevole portale è costituito da un arco affiancato da due lesene doriche, anch'esse a bugnato, reggenti un classico architrave con due cornici, triglifi e gocce. Attraversato il portale si entra in un atrio voltato a botte con decorazioni in stucco, aperto sul cortile mediante serliana. Gli corrisponde sul lato opposto un portico a tre campate su colonne binate e volte a crociera, avente funzione di loggiato panoramico sulla campagna sottostante. Questa parte è la più degradata per la chiusura di un arco e lo stato di abbandono in cui versa tutto il portico. Nello spazio tra un arco e l'altro sono inserite delle cornici a riquadri e lo stesso motivo si ripete anche sulle altre fronti interne del cortile, così come per lesene ed altre decorazioni architettoniche, secondo un uso di elementi caratteristici che ricorrono nelle fabbriche cremonesi di Francesco Dattaro. In particolare il rapporto tra il loggiato di Castiglione e il portico-diaframma di Palazzo Affaitati a Cremona permettono di attribuire al Dattaro i rifacimenti cinquecenteschi del castello. Fra gli ambienti interni, tutti trasformati e ridotti di dimensione, rimane una sala anch'essa divisa a mezzo in senso orizzontale con volta affrescata a grottesche e riquadri con vedute di paese, risalenti alla seconda metà del XVI secolo».

http://www.comune.castiglionedadda.lo.it/V1/storia/storia6castello.htm


Castiraga Vidardo (cascina Rosa)

Foto Solaxart 2013, dal sito www.preboggion.it   Dal sito www.italianostra.org

«Cascina Rosa è interposta tra la via Provinciale Sant’Angelo-Melegnano e la via Robadello-Marudo. Trattasi di un’ampia azienda agricola di tipica impronta lombarda, con corte centrale stratificatasi nei secoli successivi. L’impianto originario attualmente riconoscibile è di fine secolo XIV, un’ampia parte di caseggiati in fregio alla via Sant’Angelo è stata di recente ristrutturata e conserva particolari comignoli attorcigliati. Purtroppo gli edifici in fregio alla via Robadello-Marudo, (per altro i più originali e antichi) si trovano invece in cattivo stato di conservazione e in grave pericolo di crollo. Si tratta di un lungo fabbricato con muratura a vista e cappa di camino sporgente, che conserva ai piani superiori alcune finestre gotiche, cigliate da sottili modanature in cotto. Tale edificio, abbandonato da decenni, rischia il collasso totale proprio dal lato che affaccia sulla pubblica via; il tetto, in buona parte, è già caduto all’interno e alcune parti di muratura perimetrale presentano crepe preoccupanti. Si notano distacchi di laterizio dal paramento murario soprattutto nelle parti basse a contatto con il terreno. Il fronte retrostante della costruzione è inaccessibile a causa delle sterpaglie e delle piante. Buona parte delle murature si presenta inoltre ricoperta da edera infestante. Tutta la cascina è di proprietà privata».

http://www.italianostra.org/?p=17423


Codogno (castello demolito e palazzo Trivulzio)

Dal sito www.comune.codogno.lo.it   Dal sito www.comune.codogno.lo.it

«In epoca medioevale, la più antica per la quale si possa tentare una descrizione dell'abitato, al centro della struttura urbanistica della Codogno antica dominava il paesaggio il castello, con le sue 4 torri, abbattuto; tutt'intorno doveva svilupparsi con forma rettangolare il borgo fortificato; oggi rimangono solo tracce "archeologiche" delle fondazioni del castello e del fossato di perimetrazione. Rimane senza dubbio la destinazione d'uso della Piazza centrale, ancora oggi, come allora, Piazza del Mercato. Con la signoria dei Trivulzio, Codogno si allarga al di fuori delle dimensioni medioevali, data soprattutto la forte influenza dell'aristocrazia commerciale milanese sul territorio. Il Castello perde allora la sua funzione centrale nel paese, e fulcro di tutte le attività, sia amministrative sia giuridiche o commerciali diviene l'allora Piazza Maggiore, oggi Piazza XX Settembre, mentre sede del potere diventa il Palazzo Trivulzio» - «Palazzo nobiliare, fatto edificare dalla famiglia dei Trivulzio nel XV secolo, ubicato nel piccolo Comune di Codogno, si presenta come un'edificio a corte chiusa con muratura in mattoni pieni a corsi regolari rivestiti di intonaco. La facciata presenta un portone ligneo centrale, inserito in un motivo architettonico, realizzato in pietra con stipiti a blocchi che terminano in due mensole reggenti un architrave; l'interno è caratterizzato da un loggiato binato con pavimentazione in ciottoli e cotto. Il palazzo oggi è di proprietà privata».

http://www.exploro.it/portal/content/?page=place-detail&id=58989&lang=it - http://www.comune.codogno.lo.it/flex...


Comazzo (villa Pertusati)

Dal sito http://dronepills.com   Dal sito http://dronepills.com   Resti delle mura del giardino, foto di Maes Maestri, dal sito www.panoramio.com

«Villa Pertusati è un'antica villa nobiliare, risalente al XVIII secolo, posta nel centro abitato di Comazzo. La villa fu progettata dall'architetto Francesco Croce, mentre il giardino è opera di Carlo Croce, che si occupò anche di curare la sistemazione idraulica. Successivamente passò più volte ad altri proprietari; dalla fine del XIX secolo ospita la sede del municipio» - «La villa presenta uno schema planimetrico ad U con ali che risvoltano internamente a sorreggere la cancellata. Alla corte d'onore si affianca una seconda corte dei rustici».

https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Pertusati - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00066/


Fombio (castello Scotti)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.bassolodigiano.it

«Il castello Douglas Scotti, placidamente appollaiato su una delle numerose alture della zona un tempo argine dello scomparso lago Barili, sembra quasi vegliare sugli ultimi lembi meridionali della campagna lodigiana. La sua storia secolare è indissolubilmente legata alle vicende di Fombio e, anche se ora appare in uno stato di trascuratezza, in passato è stato il fulcro di vicende storiche rilevanti per l’intero Basso Lodigiano. Le sue origini risalgono al 1299: acquistato il feudo di Fombio, Alberto Maria Scotti Magno, signore di Piacenza, volle erigere un nuovo castello che sostituisse il preesistente, volgarmente noto come “Castellazzo” e posto nella parte più settentrionale del paese, in direzione di Codogno. Dal punto di vista architettonico l’edificio è caratterizzato da possenti mura in mattoni, con pianta ad “U” rivolta a mezzogiorno. Dei fossati e del ponte levatoio un tempo esistenti non restano che vaghe tracce, seppur sia possibile immaginarne le fattezze grazie a linee di demarcazione ancora presenti. Nel corso dei secoli il nucleo centrale del ‘300 ha subito numerosi rimaneggiamenti, sopratutto apportati nel XIX secolo, i più evidenti dei quali sono rappresentati dall'ampio porticato che si affaccia sul cortile d'onore e la veranda che collega le due ali del castello. Nelle sale interne, fra vari elementi architettonici, di particolare pregio è un soffitto a cassettoni lignei risalente al XV secolo nonché i locali di ingrasso al pian terreno ove ancora si conservano sui soffitti e su alcune pareti affreschi del XVII secolo. Teatro di numerose vicende belliche, agli inizi del '500 fu dato alle fiamme dai Landi, nel più ampio scenario delle battaglie tra guelfi, schieramento al quale appartenevano gli Scotti feudatari di Fombio, e ghibellini. Successivamente il castello divenne oggetto di contesa anche dei Trivulzio di Retegno, contrappostisi alla signoria fombiese degli Scotti.  Il castello è soprattutto noto per aver fatto da sfondo alla nota “battaglia di Fombio”. Tale scontro armato è ancora ricordato con accenti forse ingiustificatamente epici, tuttavia il combattimento che vide fronteggiarsi, nel paese e nelle sue immediate adiacenze, un’avanguardia di quattromila granatieri francesi al comando del generale Lannes ed un manipolo di austriaci è menzionato come evento-simbolo per il fortilizio fombiese: sciamati nel Lodigiano dopo aver superato il Po, i transalpini si trovarono ad affrontare un gruppo di austriaci al comando del generale Lipthay che, disperatamente, tentarono di arginare l’arrivo dell’esercito nemico. Penalizzati però da una difesa male organizzata e da un esiguo numero di effettivi, questi ultimi furono agevolmente messi in fuga dai soldati napoleonici, riparando nel vicino paese di Pizzighettone, mentre i Francesi riuscirono a raggiungere Codogno».

http://www.bassolodigiano.it/Studi%20e%20Ricerche/Il%20Castello%20e%20la%20Chiesa%20di%20Fombio.htm


GRAFFIGNANA (castello)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Il complesso presenta impianto poligonale irregolare su quattro lati, avancorpo d'ingresso, serie di corpi rettangolari a due e tre piani. Epoca di costruzione: sec. XII».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00071/


GRAFFIGNANA (torre Tonolli)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«La torre, a tre piani, presenta pianta quadrata, con base leggermente più larga della sommità. Le pareti esterne sono in muratura intonacata. Questo edificio è riportato per la prima volta dal catasto Lombardo Veneto nel 1867, ma il suo impianto strutturale a base larga che va rastremandosi verso l'alto richiama tipologie architettoniche più antiche, di epoca medievale. Quale fosse la destinazione d'uso originaria di questo edificio-torre è solo un ipotesi: nata forse a scopo difensivo, è probabile che si sia rivelata un ottimo osservatorio per controllare l'andamento dei lavori nella zona, caratterizzata da sempre dalla produzione vitivinicola, e dalla natura collinare del terreno».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO190-00034/


LODI (broletto)

Dal sito www.raspadura.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Palazzo Broletto è un complesso architettonico di Lodi, sede dell'amministrazione comunale. La loggia neoclassica di Palazzo Broletto si affaccia su piazza della Vittoria, la piazza principale di Lodi. Sulla sommità della facciata si trova una rappresentazione artistica dello scudo araldico municipale. Come spesso accade in terra lombarda, l'edificio simbolo del potere temporale si affaccia su di una piazza chiusa ed ha sede non troppo distante dall'edificio simbolo del potere spirituale, in questo caso la Cattedrale. Palazzo Broletto ed il Duomo, infatti, sono due edifici adiacenti, che si affacciano sulla stessa piazza, eletta a centro della vita cittadina. Il palazzo venne edificato nel 1284 probabilmente sulla base di una costruzione antecedente come attestato da alcune fonti storiche. L'edificio ha subito molte modifiche nel corso dei secoli. Nel 1303 venne aggiunto lo scalone ed ulteriori modifiche vennero compiute nel 1337 e nel 1656, anno in cui venne rifatta la nuova loggia dall'architetto Agostino Pedrazzini. La facciata, nelle forme attuali, è del 1778 per opera dell'Ingegner Castelli di Milano. Il Broletto oggi si presenta in stile neoclassico con un porticato al piano terra e un loggiato al piano superiore. Attualmente è sede del Municipio e nelle sue sale si riunisce il consiglio comunale di Lodi. Un bel loggiato si affaccia anche sulla piazzetta del Broletto, mentre un arco conduce in Corso Umberto I. Due ali del complesso architettonico sono poste in comunicazione mediante un passaggio sopraelevato, ribattezzato «il Voltone» dai cittadini lodigiani. Su una parete del municipio è collocato il busto di Federico Barbarossa fondatore di "Laus Nova". L'imperatore è anche raffigurato sul retro del gonfalone comunale. Oltre al busto del Barbarossa è possibile vederne anche uno raffigurante Gneo Pompeo Strabone. Nel cortile del Broletto è posta l'antica fonte battesimale della Cattedrale donata da Bassiano da Ponte nel 1508. Ricavato da unico blocco di marmo rosa di Verona, presenta la forma esterna ottagonale mentre quell'interna è quadrilobata. Il battistero venne concesso in comodato d'uso nel secondo dopoguerra al Comune di Lodi che ne decise la sua attuale collocazione».

http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4846


LODI (castello visconteo)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

  

«In passato la città era difesa da una cinta di mura nella quale si aprivano tre porte di accesso (solo in seguito venne aggiunta la Porta d'Adda). Due di queste erano poste sul lato sud, in direzione delle principali città alleate: Porta Cremonese e Porta Pavese; la terza era detta Porta Regale ed era la più vulnerabile in quanto si trovava sulla strada per Milano. Per questo motivo, in prossimità di essa, Federico Barbarossa fece erigere un castello al quale si accedeva tramite la Porta Imperiale. Il castello venne riadattato più di cento anni dopo da Napo della Torre, ma l'aspetto attuale è dovuto alla ricostruzione, iniziata nel 1355 e finita nel 1370, voluta da Barnabò Visconti, con un notevole ampliamento e la costruzione di quattro torri e di profonde prigioni nel sottosuolo. Nel 1416 Filippo Maria Visconti rinforzò il rivellino interno con una rocca fortificata fuori dalle mura e più tardi, quando, a causa alle bonifiche dei terreni circostanti, si rese necessario proteggere anche le nuove zone strappate alle paludi, la fortezza fu resa ancora più sicura da Francesco Sforza che nel 1456 fece aggiungere sullo spigolo a nord, una torre rotonda, opera dell'ingegnere Serafino Gavazzi, affiancata a quella di pianta quadrata di cui il castello già disponeva. Il Torrione, che divenne uno dei simboli di Lodi, fu alzato nel 1906 per contenere il serbatoio dell'acquedotto comunale.

Tra il XVI e il XVIII secolo il castello subì adattamenti nei sistemi difensivi per rispondere adeguatamente agli attacchi con le nuove armi da fuoco. Le mura divennero più spesse e furono innalzati baluardi per tenere distanti le artiglierie nemiche. Sotto la dominazione austriaca di Giuseppe II inizia un vero e proprio lavoro di demolizione. In questo periodo furono riempiti i fossati, tolti i ponti levatoi e distrutto un intero lato del castello che venne trasformato in caserma. Sui tre lati rimasti furono costruiti dei porticati sovrastati da un doppio ordine di logge, così come si vede ora. Già dai primi anni del XIX secolo il castello perse il suo vero aspetto e la sua funzione. Oggi il castello è adibito a stazione di polizia, sede della Questura di Lodi. Al di sotto del castello, ad una profondità di circa sei metri, sono stati scoperti alcuni cunicoli appartenenti probabilmente al rivellino esterno. Alcuni di questi sono alti fino a 2,70 metri, consentendo quindi il passaggio di un uomo a cavallo, e in alcuni punti si sviluppano anche su due livelli comunicanti fra loro. L'esplorazione di questi ambienti è iniziata negli anni duemila grazie all'iniziativa di un'associazione privata, tuttavia le indagini sono piuttosto difficoltose a causa del fatto che negli anni cinquanta essi furono in gran parte sotterrati e talvolta murati.

Esiste anche l'ipotesi che in passato Lodi fosse completamente attraversata da gallerie sotterranee che conducevano sia fuori le mura, attraverso il rivellino esterno, sia nel cuore della città, attraverso il rivellino interno, verso il sagrato di Piazza della Vittoria. L'utilità di questi passaggi era sia difensiva (costituivano infatti la principale via di fuga in caso di attacco), sia offensiva (consentivano infatti di sorprendere improvvisamente il nemico che occupava parti della città). La loro reale esistenza però non può essere provata a causa delle numerosissime modifiche subite da questi percorsi nel corso dei secoli; al giorno d'oggi inoltre, alcune parti di essi, potrebbero essere state inglobate dalle cantine e dalle proprietà private dei palazzi del centro storico. Tuttavia esistono alcune testimonianze della loro esistenza: ad esempio il Guicciardini nel XVII libro della Storia d'Italia riporta un fatto avvenuto nel 1526: " ...venuto l'avviso da Milano, il marchese del Vasto con alcuni cavalli leggieri e con tremila fanti spagnuoli [...] si spinse a Lodi senza tardare; e messa la fanteria senza ostacolo per la porta del soccorso nella rocca, situata in modo che si poteva entrarvi per una via coperta naturale, senza pericolo di essere battuto o offeso, [...] dalla rocca entrò subito nella città, e si condusse insino in sulla piazza"».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Visconteo_%28Lodi%29


LODI (mura)

Dal sito http://sandonatopoli.blogspot.com   Dal sito http://picasaweb.google.com/Stefanini.Emanuele/LodiOttobre/photo#5127256680127504082

«Delle antiche mura rimangono pochi scarsi e mal conservati frammenti: la Porta Regale, a pianta rettangolare, con un arco di accesso a sesto acuto, il Baluardo (o Pusterla) di S. Vincenzo (un terrapieno di pianta triangolare) e alcuni tratti rettilinei in via Defendente Lodi e in piazza Zaninelli. Epoca di costruzione: sec. XII» - «La prima opera difensiva della città – già protetta su tre lati dalle paludi dell'Adda – consisteva in una semplice palizzata di legno protetta da un fossato nel quale fu fatta scorrere la roggia Molina; in questo modo Lodi era diventata praticamente un'isola. La costruzione delle mura ebbe inizio il 3 agosto 1160, alla presenza di Federico Barbarossa, del vescovo Alberigo Merlino e dell'architetto cremonese Tinto Muso de Gata, e terminò nel 1211. Queste erano alte almeno sei o sette metri e i merli erano a coda di rondine in quanto la città era ghibellina. Nel periodo sforzesco i sistemi di protezione si svilupparono particolarmente nei pressi del fiume, con la costruzione del rivellino sulla sponda cremasca e delle due torri alle estremità del ponte sull'Adda. Nel 1607, in epoca spagnola, furono edificati dei baluardi molto estesi che si estendevano verso la campagna, dando alla città una struttura "stellata". Divenuti obsoleti e inutilizzabili, in epoca austriaca furono abbattuti rapidamente a metà del Settecento, sostituiti dalla strada di circonvallazione. Le mura antiche furono in gran parte demolite nel XX secolo a causa dell'espansione edilizia; al giorno d'oggi, in diversi punti della città ne rimangono tracce, tra cui la Specola di San Vincenzo nei pressi del parco dell'Isola Carolina».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00130... - https://it.wikipedia.org/wiki/Lodi#Architetture_militari


Lodi (palazzo Barni)

Dal sito www.comune.lodi.it   Dal sito www.pallaveraantonio.it

«Palazzo Barni, sito in Corso Vittorio Emanuele II. Nel XIII secolo sorgeva in corso Vittorio Emanuele una tipica casa fortificata medioevale di proprietà della famiglia Vistarini. Agli inizi del '500 Lodovico Vistarini rifece in parte il palazzo che tale rimase fino al 1672 quando la famiglia Barni acquisì la proprietà. Nel 1698, Antonio Barni commissionò all'architetto lodigiano Domenico Sartorio il rifacimento di parte del vecchio maniero nel centro storico della città. Il palazzo è sicuramente uno degli edifici più importanti di Lodi, imponente nelle sue strutture barocche, ma ingentilito da lesene che divide simmetricamente la facciata. L'edificio si presenta con un fronte continuo con ampie finestre, arricchito da tre portali sovrastati da balconi in pietra e balaustre settecentesche in ferro battuto. Il palazzo si sviluppa su tre piani con un seminterrato per una superficie complessiva di circa 4.000 mq, lo stabile è inoltre dotato di due cortili interni separati dall'androne principale. Il cortile d'onore si presenta, entrando dal portale monumentale, circondato da un portico sostenuto da colonne in granito e volte a vela lungo due lati. All'incrocio del colonnato, si presenta un altro portale che immette nel giardino secondario su cui si affacciano le altre ali dell'edificio con le antiche scuderie e gli alloggi del personale. Il piano interrato mostra ancora le sue caratteristiche medievali e vede la presenza di una cisterna ed un vano adibito a ghiacciaia. Le volte sono a botte tutte in mattoni ed il ricambio d'aria è garantito da bocche di lupo, che insistono sia sulla strada principale sia sul cortile d'onore.

Il piano terra e i locali che si affacciano sul cortile d'onore sono caratterizzati nel corpo su fronte strada, da un soffitto con volte a vela e unghie sulle finestre. La parte terminale dell'edificio è stata rimaneggiata nel periodo ottocentesco, per la costruzione di una scala interna che raggiungeva i locali al primo piano. Quest'intervento ha comportato l'occultamento di un arco al piano terra ed una finestra al piano superiore. Le scuderie si presentano con la tipica struttura seicentesca, con colonne e volte a vela nel primo locale, e volte a botte nel secondo. Al primo piano dell'edificio principale si accede attraverso uno scalone d'onore, con balaustra in pietra e un gran medaglione decorato. Il salone cui si accede ha un'ampiezza di circa 100 mq. e si sviluppa su due piani, in origine era decorato e arricchito da tele importanti. Dal salone si accede anche alla cappella, ed alla galleria, nonché al piano nobile dotato di soffitti lignei a cassettoni. Il portale monumentale d'ingresso a Palazzo Barni, è costituito da una coppia di colonne ioniche marmoree su plinti modanati con retrostanti paraste, da cui si diparte un arco a tutto tondo. Sopra i capitelli poggiano due mensole decorate a foglie d'acanto che fanno da supporto al balcone del primo piano. Nelle paraste e nell'arco sono inseriti a tarsia dei tondi di marmo giallo e nero. Va rilevato che, a causa della loro diversa forma cristallina, della differente struttura metamorfica e della varia natura mineralogica, i marmi che compongono il portale si sono deteriorati in modo diverso l'uno dall'altro. Sono presenti il marmo rosso e rosa, con inclusioni fossili, comunemente noti come rosso e rosa di Verona, vi sono anche marmi neri e gialli, probabilmente gialli di Siena o giallo imperiale. Internamente, alcuni locali sono riccamente affrescati».

http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4846#6ff808


Lodi (palazzo Galeano o Raimondi)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.weagoo.com

«L’elegante e storico Palazzo dei Galeano sorge su via XX Settembre. L’edificio fu costruito intorno al 1600, e già nel primo Settecento fu sottoposto a importanti restauri. Il Palazzo si caratterizza per una bella facciata in puro stile barocco e per le finestre incorniciate riccamente e in modo assai fantasioso. All’esterno, il portale d'accesso è sormontato da un prezioso balcone in ferro battuto: qua e là sono dipinti mascheroni di tipo caricaturale, il cui significato non è sempre chiaro, ma che certamente riflettono una moda – forse effimera – del tempo i cui furono realizzati. All’interno, il vestibolo e lo scalone sono ornati con dovizia di stucchi di pregevole fattura».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/lodi/palazzo-galeano-lodi


Lodi (palazzo Modignani)

Dal sito www.geoplan.it   Dal sito www.comune.lodi.it

«Palazzo Modignani noto anche come Palazzo Pitoletti Fontana Soletti è uno degli edifici simbolo della città e sorge sull'angolo tra Via XX Settembre e Corso Roma. Il palazzo, risalente al XVIII secolo, sorge ove si trovava l'edificio Malcantone fra il Corso di Porta Cremonese e la contrada di S. Michele (oggi rispettivamente Corso Roma e Via XX Settembre). La sua costruzione si deve a Giambattista Modignani, che nel 1727 fu nominato presidente del magistrato ordinario di Milano. Fu costruito tra il1720 e il1726 dall'architetto progettista Domenico Sartorio, al quale sono succeduti i due figli Michele e Piergiacomo alla direzione. L'edificio ha avuto l'onore d'ospitare importanti personalità internazionali, tra cui sì ricordano Napoleone, Vittorio Emanuele II, e l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Il palazzo è un edificio dalla struttura a pareti in muratura intonacata dalla pianta ad U asimmetrica, irregolare per l'inserzione di due piccoli cortili nell'ala est e ovest. L'edificio si sviluppa attorno al giardino composto da alberi secolari attorno ai quali si trovano delle colonne binate, caratteristiche tipiche nelle costruzioni dei fratelli Sartorio. La facciata è piuttosto austera: i tre piani sono divisi da coppie di lesene che ne scandiscono il ritmo, ossia tre intervalli con una finestra ciascuno, poi altre quattro aperture, cui seguono altri tre intervalli che racchiudono le finestre barocche. Sono presenti alcune anomalie, come ad esempio il fatto che le finestre del terzo piano sono maggiormente decorate rispetto a quelle del piano nobile e l'assenza del portale d'onore e del balcone della finestra che lo sovrasta. Il portale principale immette nel vasto atrio che porta al colonnato del cortile. Si accede all'ampio cortile con colonne binate, tipiche del tardo barocco, tramite uno splendido cancello di ferro battuto del lodigiano Alessandro Mazzucotelli, uno dei grandi maestri dell'arte liberty. Di notevole interesse sono gli affreschi del piano nobile ad opera di Carlo Innocenzo Carloni e Giovan Battista Sassi. In questo piano si può trovare la tipica infilata d'ambienti settecentesca ed attraverso nove stanze affrescate si arriva alla sala da ballo. Architettonicamente rilevante è anche la scala a chiocciola e a forma ellittica posta all'interno dell'edificio che porta ad una torretta ottagonale, ben visibile anche dalla strada».

http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4846


LODI (palazzo Sommariva)

Dal sito commons.wikimedia.org   Dal sito www.turismo.provincia.lodi.it

«Il casato dei Sommariva appartiene alla storia della città di Lodi. Il Palazzo ha avuto ora recenti restauri. Imponente nella costruzione, mantiene dell'antico splendore un bel portale sormontato da uno splendido balcone in ferro battuto. La simmetria delle finestre del piano terra e del primo piano ingentiliscono la facciata e le conferiscono nobiltà e leggerezza».

http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_02.asp?IDCategoria=615


LODI (palazzo Varesi-Mozzanica)

Dal sito www.milanoneicantieridellarte.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.milanoneicantieridellarte.it

«Palazzo Mozzanica anche noto come Palazzo Varesi, è uno degli edifici storici più importanti di Lodi è situato all'incrocio tra Via XX Settembre con Via Volturno. L'edificio, risalente al XV secolo, fu edificato per ordine del conte Lorenzo Mozzanica sulle fondamenta di alcune strutture del '300 probabilmente appartenute Giovanni Vignati, signore di Lodi fra il 1403 ed il 1416. Lorenzo Mozzanica commissionò l'ampliamento dell'edificio gotico, e la sua riqualificazione in senso rinascimentale affidando la direzione del progetto probabilmente all'architetto Giovanni Battagio detto anche Giovanni da Lodi, impegnato in città anche al Tempio dell'Incoronata. L'edificio ha una struttura organizzata intorno ad un cortile rettangolare interno porticato su due lati consecutivi, con colonne dotate di capitelli ionici e chiuso sul fondo dallo scalone d'onore d'epoca settecentesca. La facciata su strada, tipicamente bramantesca e rinascimentale, si presenta a due ordini separati da un fregio scolpito in cotto. La fascia marcapiano è composta da elementi scultorei, realizzati con la tradizionale tecnica a stampo, ed è decorata con ghirlande e figure mitologiche (tritoni e naiadi si azzuffano vivacemente tra i flutti, alternandosi a tritoni che sostengono ghirlande fitomorfe mentre Nettuno e Proserpina reggono una corona d'encarpi). L'opera decorativa è attribuita ad Agostino de Fondulis, attivo anch'esso a Lodi nella realizzazione della Chiesa dell'Incoronata. L'ordine inferiore della facciata è costituito da un alto basamento in cotto con cinque finestre a strombo e portale decentrato; l'ordine superiore presenta, disposte irregolarmente, una serie di finestre arcuate incorniciate con motivi archiacuti anch'essi in cotto. 

L'ornato del fregio, che insieme al portale, costituisce l'elemento di maggior spicco, rielabora un motivo decorativo proveniente dal repertorio d'orbita mantegnesca ed utilizzato dal De Fondulis anche in altre occasioni (palazzi Trecchi e Ugolani a Cremona). Le cinque aperture a strombo del piano terra, e ancor più le finestre archiacute con ricche ghiere in cotto del piano superiore, appaiono distribuite in modo irregolare e scarsamente correlato tra loro e con il portale. Sullo spigolo dell'edificio è possibile vedere un grande stemma marmoreo. Il portale in pietra d'Angera, decentrato nella parte sinistra della facciata e fiancheggiato da due colonne a candelabro ed è arricchito da elementi decorativi: bassorilievi floreali e da quattro medaglioni all'antica con ritratti di profili che confermano l'epoca della realizzazione e rimandano al ruolo che Lorenzo Mozzanica svolgeva; le quattro medaglie sforzesche decorano l'ingresso, di cui le maggiori nei pennacchi dell'arco avrebbero all'interno i busti di Francesco Sforza e sua moglie Bianca Maria Visconti mentre le più piccole nell'entasi delle due colonne sarebbero di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona. L'interno del piano superiore ospita numerosi affreschi.  Secondo la testimonianza dello storico Giovanni Agnelli il 29 luglio 1509 il re di Francia Francesco I alloggiò nel palazzo».

http://www.comune.lodi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4846


LODI (palazzo Vistarini)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.visual-italy.it

«Palazzo Vistarini si affaccia sulla Piazza della Vittoria, e appartenne alla famiglia Vistarini, una tra le più importanti di Lodi, rappresentata da capitani di milizie, magistrati e facoltosi proprietari di terre nel lodigiano. Il palazzo un tempo correva da Piazza della Vittoria sino al primo tratto dell’attuale Corso Vittorio Emanuele. Le traversie politiche e finanziarie fecero sì che il palazzo venisse acquisito da un congiunto dei Vistarini, Giovanni Paolo Barni, che destinò il tratto di Corso Vittorio Emanuele a propria residenza, restaurandola, lasciando intatte le strutture del vecchio palazzo nel tratto che prospetta l’angolo occidentale della Piazza. La facciata si presenta in mattoni alleggerita dalla presenza di monofore in cotto e dalla presenza di archi a sesto acuto nel portico sottostante. Dell’antico splendore rimangono alcuni affreschi sulle volte e nel portico sottostante, che conserva intatta l’altezza del soffitto il quale, per decreto dei decurioni cittadini, doveva essere di altezza tale da consentire il passaggio di un uomo a cavallo. Attualmente il palazzo è adibito ad abitazione privata».

http://www.visual-italy.it/IT/lombardia/lodi/palazzo-vistarini


Lodi (porta Cremona)

Dal sito www.lodifoto.it   Dal sito www.comune.lodi.it

«Nota anche come Porta Cremonese (e per breve tempo Porta Roma), l'attuale Porta Cremona venne costruita sul finire del XVIII secolo al posto di quella medievale che era dotata di ponte levatoio sulla roggia Molina e che era stata impiegata per secoli come barriera daziaria. Si trova oggi nelle vicinanze del sito in cui, nel 1234, Federico II, nipote del Barbarossa, aveva fatto erigere un castello per difendere e controllare il territorio della sottostante palude di Selvagreca, e di cui attualmente rimane solo una torretta di guardia, detta specola. "Quello di Porta Cremona è l'unico degli archi che delimitavano gli ingressi medioevali della città conservatosi sino a oggi. Nel suo assetto attuale, risale a un progetto del 1789 dell'ingegner Dossena, che venne realizzato tra il 1791 e il 1792”. L'elegante arco neoclassico è a tre fornici. All’esterno la Porta è arricchito da quattro colonne di granito bianco, o miarolo, di ordine dorico, addossate alla parete e poggianti su alti basamenti, munite di capitelli e sostenenti un architrave con fregio e metope lisce, sormontato da cornici. Negli intercolunni laterali sono sistemati i due emblemi della città: gli stemmi ovali con la croce al centro. Il grande arco in stile romano presenta, all'esterno, un elemento modanato».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/lodi/porta-cremona-lodi


Lodi (Rocchetta di Porta Adda)

La Rocchetta, dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Porta Adda, dal sito www.lodifoto.it

Fortificazione databile XIV secolo: struttura attualmente privata, è posta nel centro abitato, in via Defendente Lodi.

Per riferimenti: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00057/?view=luoghi&hid=5&offset=1386&sort...


MACCASTORNA (castello)

Dal sito http://cartoline.lombardiainrete.it   Dal sito it.wikipedia.org

  

«Impianto a pianta trapezoidale tendente al rettangolo. Il lato meridionale e il lato nord presentano un tracciato concavo e al centro un torrione merlato. Il lato orientale presenta invece una torre d'ingresso quadrangolare preceduta da un rivellino merlato ed è affiancata da un corpo di maggiore spessore a destra. Il lato nord è inserito fra due torri merlate (angoli nord-est e nord-ovest). Caratteristico di tutta l'architettura è l'apparato quasi continuo retto da beccatelli a mattoni digradanti e la cinta merlata che un tempo cingeva tutta la rocca ora limitata agli angoli sud-est e sud-ovest. Una lunga balconata sorretta da mensoloni in pietra o legno si estende lungo i lati nord, sud e parte dell'est, sormontata da un tetto a falda unica a sua volta sorretto da piccoli pilastri in legno. Sei balconi rientranti e allineati con la muratura interna contraddistinguono il piano superiore del lato ovest, in corrispondenza delle stanze da letto degli ospiti. Epoca di costruzione: sec. XIII - ante 1270».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00041/?view=tipologie&offset=48&hid=1.9&sort=sort_int


MALEO (castello o villa Trecchi)

Dal sito http://sandonatopoli.blogspot.com   Dal sito www.cantinadipresepi.it

«Villa Trecchi era l’abitazione estiva dei nobili cremonesi dello stesso casato, ma del ramo cadetto baronale. Sull’origine della sua costruzione poco si sa, in quanto i documenti al riguardo sono andati perduti alla fine del secolo scorso, quando la villa fu venduta e adibita ad altri usi. Comunque si ritiene che la sua edificazione risalga alla fine del XVII secolo o all’inizio del secolo successivo. Ideata e commissionata, negli ultimi decenni del XVII secolo, dai Baroni coniugi Giuseppe Trecchi e Fulvia Pallavicino, la costruzione fu portata avanti e terminata dal figlio Giulio. Edificata forse in luogo di vecchie case, già di proprietà dei Baroni Trecchi, nella zona che veniva denominata “del castello”, non v’è dubbio che la nostra villa presenti caratteri architettonici del primo Settecento e gli elementi decorativi che ancora la ornano confermano tale convinzione. A testimoniare la committenza originaria, vi è lo stemma combinato dei coniugi Trecchi-Pallavicino, che si trova inserito nel camino di una stanza a pianterreno della villa.

La Villa continuò ad essere abitata dai discendenti di Giulio, e solo nel XIX secolo, con l’avvento del regime napoleonico che declassò i nobili al rango di “cittadini”, avvenne una prima modificazione. Infatti, sia per trovare un rimedio alla precaria situazione che si era venuta creando, sia per l’incoraggiamento dei governi d’allora, il barone Trecchi, nei primi anni dell’800, venne nella determinazione di allestire nella sua proprietà, forse nei rustici oppure costruendo nuovi locali, una modesta filanda con pochi fornelli per la trattura serica. Non conosciamo quali siano state le vicissitudini di questa nuova fabbrica; sappiamo solo che, alla morte del barone Sigismondo, avvenuta alla metà dell’800, tutto il complesso della Villa con annesso l’opificio, fu acquistato a “porte chiuse” dai signori Ferri di Corno Giovine, i quali tra l’altro avevano l’obbligo della manutenzione della Chiesa dell’Annunziata, situata nelle prossime vicinanze. I Ferri ne divennero dunque, intorno alla metà del XIX secolo, i nuovi proprietari e pare che proprio in questo periodo sia stato disperso l’archivio del ramo baronale Trecchi, in quanto le carte ivi esistenti furono cedute a mo’ di carta straccia, ai fruttivendoli e ai bottegai malerini che se ne servirono per accartocciare a loro merce.

Incominciò per la Villa un periodo di decadenza. Pur essendo ancora usata come abitazione, alcuni locali della gentilizia dimora vennero adibiti ad uffici vari ed altri vennero aggiunti, per costituire una vera e propria filanda. Cambiarono i proprietari: prima i dell’Orto e poi la Manifattura di Turro, posseduta dai Donnagemma, industriali serici di Milano. La parte nobile della Villa venne usata per ospitare gli uffici ed i laboratori per l’analisi della seta prodotta dalla vicina filanda, che nel contempo si ampliò per l’aggiunta del filatoio. Così le strutture dell’edificio subirono trasformazioni e distruzioni per l’esigenza di adeguare i locali alle nuove necessità. Le vetrate artistiche, le decorazioni, le pitture, i pavimenti, i soffitti a cassettone che ornavano con raffinatezza le varie sale di rappresentanza della Villa, gradatamente si rovinarono sino a subire un danno quasi totale, quando, durante l’ultima guerra, la filanda cessò la produzione e la Villa venne occupata prima dalla organizzazione di lavoro TOD e poi dagli sfollati. Lasciata nel più completo abbandono nel massimo disinteresse di tutti, ciò che aveva costituito il lusso e lo splendore di un tempo, l’ultimo proprietario ne decise la demolizione: iniziò ad abbattere i grandi fabbricati adibiti a filatoio e a filanda, la ciminiera ed il locale della caldaia, l’essiccatoio e infine le scuderie facenti parte della Villa. In questa occasione vennero asportati gli oggetti più belli e più preziosi artisticamente: camini, porte e sovrapporte, cancelli in ferro battuto, ecc.

Il fronte di questo stabile si sviluppa lungo la Via Trecchi con il suo tipico acciottolato, dove si trova l’ingresso principale: un portale con strombatura, modellato elegantemente, senza eccessi o minuzie decorative. Su due spalle di bugnato, che in facciata lasciano posto ad una coppia di lesene lisce con base e capitello molto semplici, poggia un arco trilobato, a sua volta sormontato da un timpano, modanato in guisa tale da seguire la sagoma dell’arco sottostante e limitato ai lati da due lesenette che sono la continuazione delle due lesene inferiori e presentano in cima due pinnacoli. Se diamo uno sguardo d’insieme l’intera facciata notiamo che si sviluppa su tre piani, l’ultimo dei quali corrisponde al sottotetto. Il passaggio dal pianterreno al primo piano è segnato da una fascia marcapiano che corre lungo tutti i lati della Villa. Le finestre sono incorniciate da sagomature d’intonaco che animano la estesa superficie; lo stesso contorno presentano quelle del solaio, che sono assai più piccole e, per così dire appese al cornicione in muratura aggettante sotto la gronda, la quale a sua volta sorregge un canale di scarico dell’acqua piovana, munito di doccioni in lamiera decorati da leoni e grifi rampanti Attraverso un ligneo portone chiodato si passa nell’androne delimitato, una volta, da un’artistica cancellata in ferro battuto. Si trattava di una tipica cancellata barocca, con ricca cornice inferiore, sulla quale si elevava una serie di sbarre verticali terminanti a ricciolo e interrotte da pannelli romboidali con lo stesso tipo di decorazione e con gigli centrali, non mancava la cimasa con fregio più alto al centro.

Superato l’androne ci si trova in quello che era il cortile interno della Villa che immetteva nel vastissimo giardino, esteso fino a Via dell’Annunziata e o Via della Scola, oggi Via Manfredi, da cui, ora, si accede. Qui lo sguardo del visitatore ha modo di spaziare da un lato verso l’area adibita a giardino pubblico, dall’altro verso l’intero complesso dell’edificio. Questo doveva, in origine, essere un corpo ad U, cioè formato da tre blocchi, uno centrale e due perpendicolari ad esso che delimitavano un cortile esterno. Purtroppo il blocco, costituito dalle scuderie, che allora veniva a formare il lato sud di chiusura del cortile, fu completamente abbattuto dagli ultimi proprietari. Attira l’attenzione il blocco centrale, sul lato est, ornato ancor oggi, da uno stupendo porticato di controfacciata a sei fornici, con archi a tutto sesto e snelle colonne di granito. Esse appoggiano su basi finemente modellate ed hanno fusto liscio e capitello semplicissimo, da cui si dipartono volte a crociera che costituiscono la copertura del porticato stesso, lastricato in beola. Sotto di esso si aprono le finestre dei mezzanini, destinati un tempo alla servitù. L’interno è stato adeguato alle esigenze scolastiche. Superbo è il salone d’ingresso, la cui altezza occupa i due piani della villa, con volta a padiglione; lungo le sue pareti, al livello del primo piano, sono due ballatoi in granito delimitati da sobrie ringhiere in ferro con pomoli d’ottone. Attenzione merita il comodo scalone in beola a due rampe, che porta al piano superiore, con la ringhiera in ferro battuto con motivi ornamentali tipici dell’epoca: girali elegantemente allacciati, terminali a ricciolo, foglie stilizzate, viticci che vengono a creare un gioco di intrecci e di curve che si rincorrono in modo tale da imprimere all’opera una sciolta leggerezza. Ancora oggi sono ammirevoli le due grandi sale, una al piano superiore e l’altra al piano terreno, con soffitti a cassettone dipinti, che costituirono probabilmente i locali più rappresentativi della villa».

http://www.cantinadipresepi.it/controller/villa_trecchi.php


Marzano (castello o palazzo Carcassola Grugni)

Dal sito www.bellitaliainbici.it   Dal sito www.bellitaliainbici.it

«La storia del castello è molto antica: già nel '200 erano lì presenti delle fortificazioni, primigenia struttura sulla quale venne in seguito edificato il palazzo. La prima notizia certa è però del 1370, e riguarda un personaggio molto noto nel lodigiano proprio per i castelli che vi edificò: si tratta di Barnabò Visconti, il cui nome richiama immediatamente alla memoria i castelli di Sant'Angelo e di Pandino. Ebbene, nel 1370 Barnabò Visconti lo donò alla moglie Regina della Scala, e nelle mani dei visconti il palazzo rimase fino al 1412, quando Filippo Morliano lo ricevette come premio di fedeltà. La struttura fu oggetto di un importante restauro nel corso del '500, quando cominciarono frequenti cambi di proprietà: prima la famiglia Carcassola, poi i napoletani Tarsis, fino ai Trotti, che rimasero i proprietari fino al 1842. Per tutta la seconda metà dell'800 la struttura fu utilizzata per l'allevamento dei bachi da seta, nel periodo in cui fu di proprietà di una famiglia di setaioli bergamaschi: i Frizzoni. Il palazzo passò ai Grugni nel 1912 del tutto spoglio, privo di mobili, arredi e quadri, di cui era stata disposto il sequestro a causa della precaria situazione economica dei Frizzoni. Ma le vicissitudini del castello non erano ancora finite: nel secondo dopoguerra divenne ricovero di sfollati e la cappella rimase fino alla metà del '900 adibita a scuola elementare. Fortunatamente tutti questi avvenimenti, pur provando duramente il palazzo, non ne hanno pregiudicato la struttura, e perfino gli affreschi e i soffitti a cassettone hanno resistito all'incuria. Nel 1981 il palazzo è stato dichiarato "di interesse particolarmente importante" dal Ministero dei beni culturali. L'edificio è in effetti una villa, una residenza di campagna per famiglia nobile, realizzata con criteri di grandiosità e signorilità, dotata di locali destinati alla residenza e di quelli destinati a rappresentanza e ritrovo. Fanno cornice le aree circostanti che erano in origine sistemate a giardino, frutteto, peschiera e prati. La pianta rettangolare ha le dimensioni di metri 55x30 ed è sviluppata su due piani per un'altezza di 14 metri, oltre ai sotterranei. La torre svetta per 42 metri. ...».

http://www.lodionline.it/mete/schede/marzano.asp


Meleti (palazzo Figliodoni o Gattoni)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito members.fortunecity.it/smcasellelandi

«Costruito dal feudatario Dionisio Figliodoni nel XVII sec. su un precedente castello, è composto da due piani sovrastati da una torretta che presenta sulla sommità una banderuola che riproduce la cicogna, simbolo della famiglia Figliodoni. Attualmente è proprietà della famiglia Gattoni e versa in uno stato di preoccupante degrado».

http://www.biciturismo.lo.it/file/29informazioni.pdf


Orio Litta (villa Litta Carini)

Dal sito www.villalitta.it   Dal sito www.gowem-aequinoctium.it   Dal sito www.residenzedepoca.it

«La costruzione del corpo centrale dell'edificio, che presenta una disposizione dei corpi ad U, è fatta risalire alla seconda metà del XVII secolo per opera del conte Antonio Cavazzi della Somaglia. Il Palazzo, commissionato al noto architetto Giovanni Ruggeri, doveva essere la manifestazione della ricchezza e dell?importanza acquisite dalla famiglia Cavazzi in quel periodo. Alla sua morte, nel 1688 il conte lasciò la Villa in eredità al pronipote Paolo Dati che assunse il titolo di conte Antonio della Somaglia. Paolo Dati attuò l'ampliamento del palazzo di Orio, trasformandolo in una reggia maestosa destinata a luogo di villeggiatura e incontro di grandi personaggi della letteratura e cultura italiana settecentesca. I lavori di ampliamento terminarono nel 1749 dopo la morte del conte, avvenuta nel 1739, durante la proprietà del figlio Già Batta Antonio Somaglia, avuto dalla seconda moglie la contessa Camilla Visconti. La data 1749 è impressa sulla statua di ferro definita "dio del tempo" o "angelo della morte" posta sulla sommità della parte centrale del palazzo. La statua raffigura un personaggio alato impugnante una falce e una campana che permettevano il battere delle ore, essendo collegati al meccanismo dell'orologio sottostante. Nel XVIII secolo la Villa era costituita dal corpo centrale ampliato che racchiudeva la corte d'onore, da una corte rustica, da un cortile triangolare e dal cortile degli scudieri, tuttora esistenti. Il complesso era autosufficiente grazie all'apporto di decine di servitori e di famiglie a servizio. Nella struttura vi erano cucine, lavanderie, granai, pollaio, deposito del carbone, legnaia, scuderie, cavallerizza, fienile, cantine, agrumarie, magazzini per la frutta, orti, vigna, macelleria e ghiacciaia. Senza dubbio, però, le parti di maggiore fascino erano quelle riservate agli appartamenti del proprietario e degli ospiti che comprendevano il salone delle feste, il teatro, la sala biliardo, l'oratorio, lo scalone d'onore; ambienti affrescati e riccamente arredati. Da non dimenticare i giardini che si estendevano nel retro della Villa, con mosaici e ninfei sino a raggiungere un attracco per le barche sul Po.

Il Palazzo restò proprietà della famiglia Dati Somaglia fino al 1824 quando, per l'impossibilità di mantenerlo a causa dei numerosi debiti, fu venduto all'inglese sir Richard Holt. Quest'ultimo insediò nella Villa e nel paese alcune filande, trasformando la cavallerizza in fabbrica. L'inglese accumulò molti debiti e alla morte nel 1847 la proprietà fu passata al suo maggiore creditore il conte Giulio Litta. La famiglia Litta Visconti Arese portò nuovamente il palazzo agli onori della vita mondana. Dai racconti degli abitanti del paese, che aggiunse al nome Orio anche quello dei Litta, si apprende che la villa fu frequentata da re Umberto I, Giacomo Puccini e altri illustri personaggi del tempo. Purtroppo, ancora una volta, i gravi debiti contratti portarono alla vendita del Palazzo che aveva nel frattempo assunto il nome di Villa Litta. Nel 1897 il figlio del conte Giulio Litta, il duca Pompeo Litta Visconti Arese vendette la proprietà a Guido Corti, che già da qualche tempo amministrava questi beni. I problemi economici delle varie famiglie di cui abbiamo parlato, hanno portato ad un graduale spoglio e ad un uso non sempre consono della Villa. Basti pensare che il penultimo proprietario Federico Colombo la adibì all'allevamento d'animali di vario genere e a magazzino per il grano. Nel 1970 Villa Litta fu acquistata dalla famiglia Carini, gli attuali proprietari, che hanno iniziato un lento, graduale recupero del palazzo oggi vincolato dalle Belle Arti come bene storico e artistico nazionale. Negli ambienti visitabili della Villa si possono ancora vedere gli splendidi affreschi attribuiti al Maggi e alla sua scuola, gli arredi d'epoca, l'imponente scalone d'onore. Suggestiva è la visuale che offrono i giardini terrazzati sulla campagna circostante».

http://www.villalitta.it/Cenni%20storici/cenni-storici.html


Salerano sul Lambro (castello Ludovico Vistarini)

Dal sito www.comunesalerano.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Il castello è impostato secondo un impianto planimetrico a forma di "C" asimmetrica. Ai tre angoli sono posizionate le torrette. Le strutture verticali sono realizzate in muratura continua rivestita da uno strato di intonaco; lo spessore murario dei muri esterni è mediamente superiore agli 80 cm. Le coperture dei corpi principali sono costituite da tetti a due falde simmetriche, mentre quelle delle torrette sono a padiglione a pianta quadrata. Il manto di copertura è in coppi. Epoca di costruzione: sec. XIV».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO620-00042/?view=luoghi&offset=5&hid=5.220&sort=sort_int


San Fiorano (castello Trivulzio-Pallavicino)

Dal sito http://sanfiorano.altervista.org   Dal sito http://sanfiorano.altervista.org   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«La villa Pallavicino Trivulzio Belgiojoso sorge sul sito dell'antico castello dei Trivulzio, costruito ad ovest di un precedente maniero, oggi non più esistente e situato sul luogo dell'attuale cimitero. Non è possibile definire con precisione il periodo in cui questo nuovo castello fu costruito, ne individuare la causa di una tale decisione, che comportò l'abbandono delle vetuste strutture fortificate. È certo che alla fine del XVII secolo i vecchi fabbricati erano ormai cadenti e i Trivulzio risiedevano nel nuovo castello, come mostra la mappa conservata nel palazzo Pallavicino, Trivulzio, Belgioioso, dove il "Castellazzo" è riportato ormai come un rudere. Una spiegazione potrebbe essere ricercata nell'avvicendamento della giurisdizione feudale, che passò dal dominio dei Tresseni, il cui prestigio familiare stava venendo meno, ai Triulzi, potenti signori di Codogno, che nella prima metà del XVI secolo figurano già come feudatari di San Fiorano. ... La Villa Pallavicino-Trivulzio, ora Belgioioso, fu costruita da Giorgio Guido Pallavicino Trivulzio sul luogo dell'antico palazzo già dimora feudale dei Trivulzio. La parte più cospicua dei lavori, eseguiti tra il 1842 e il 1844, consiste nella demolizione della prima corte rustica e dei porticati che costituivano la corte nobile. Viene così ampliato il giardino antistante la villa, la quale a sua volta sorge sul luogo del precedente palazzo, che delimitava il lato nord della vecchia corte nobile. I restanti fabbricati vengono in parte demoliti ed in parte restaurati. L'impianto planimetrico e funzionale dei corpi di fabbrica verso strada non viene sostanzialmente modificato, viene mantenuta l'esedra d'ingresso semicircolare con la Cavallerizza sulla destra e la Casa dell'Agente sulla sinistra vicina alla Scuderia. La Casa del Giardiniere rimane nell'angolo sud-ovest del giardino, mentre viene realizzato di fianco alla villa un nuovo cortile rustico ...».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede-complete/LO620-00078/


San Fiorano (torre della Costa o dell'Uccellaia)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Nel territorio del comune di San Fiorano si erge una torre censita come bene culturale dalla regione Lombardia: una torre antica, mangiata dalla boscaglia, prossima al crollo; dimenticata, per sempre. È la torre della Costa, volgarmente detta “torre dell’uccellaia”, perché il sottotetto della costruzione, a dieci metri d’altezza, venne usata come colombaia per un periodo di tempo. Fu creata nel 1846, per ordine del primo proprietario, il marchese Giorgio Guido Pallavicino Trivulzio. L’anno di costruzione dell’uccellaia è riportato nella denuncia di «nuove costruzioni, gli aumenti e i miglioramenti stabili e sostanziali verificatisi» per i fabbricati del marchese. Se volete scovarla, la costruzione si trova nella strada vicinale della cascina Balbana, a 240 metri di distanza dalla provinciale 116, che taglia il paese. Ci si arriva per una discesa sterrata e sconnessa che parte dal cimitero, passa sotto il ponte ad arco delle ferrovie e giunge ad un Madonnino. Sul lato destro di questa mulattiera si alza un terrapieno, e sopra, completamente avvolto dalle pianti rampicanti, dorme la torretta. Il pian terreno dell’edificio è diventato il rifugio per le peggiori schifezze di malintenzionati. Le pareti imbrattate da scritte sconce, per terra cocci di vetro, immancabili bottiglie di Peroni e vodka in frantumi, ma anche siringhe. La porta è stata murata con mattoni grigi, ma le finestre, sfondate recano un secchio alla base: viene usato come gradino per entrare all’interno, in tutta comodità. I coppi del tetto sono quasi tutti caduti, l’invaso interno si allaga alla prima pioggia che ristagnando, porta alla marcescenza di tutta la struttura. ...».

http://sandonatopoli.blogspot.it/2010/08/san-fiorano-allarme-per-la-torre.html


Sant'Angelo Lodigiano (castello Morando Bolognini)

Dal sito www.castellobolognini.it   Dal sito www.castellobolognini.it

«Sorto nel XIII secolo, sulle sponde del fiume Lambro in posizione strategicamente favorevole per il controllo del traffico fluviale verso Milano, il Castello di Sant'Angelo è stato realizzato secondo l’architettura militare lombarda, a pianta quadrilatera e torri angolari. Da struttura militare della Signoria di Milano, fu trasformato in dimora estiva da Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, la quale, nel 1383 fece costruire la torre Mastra e aprire le belle finestre a bifora, con una spesa di 100.000 fiorini d’oro, come documentato dalle cronache del tempo. Nel 1452, con il passaggio del potere del ducato di Milano dai Visconti agli Sforza, il feudo e il Castello furono donati, da Francesco Sforza, a Michele Matteo Bolognini, che ricevette in quell’occasione il titolo di Conte. Negli anni successivi il Castello visse il susseguirsi delle vicende politiche e militari che hanno interessato la Regione Lombardia. La proprietà rimase comunque della famiglia Bolognini sino all’ultimo discendente, il conte Gian Giacomo Morando Bolognini, il quale, all’inizio del 1900, realizzò importanti opere di restauro. Nel 1933, la contessa Lydia Caprara Morando Bolognini, vedova del conte Gian Giacomo Morando Bolognini, creò a nome e ricordo del marito, la Fondazione Morando Bolognini con finalità di ricerca e divulgazione in agricoltura e destinò il Castello a Museo».

http://www.castellobolognini.it/storia.html


Sant'Angelo Lodigiano (torre della Girona)

Dal sito www.delcampe.it   Dal sito www.lombardiabeniculturali.it

«Struttura fortificata difensiva a delimitazione dell'antico centro abitato; edilizia in laterizio a definizione della torretta d'angolo, edificio di forma quadrangolare. ... "Avanzi... risalenti al XVI secolo. Gli avanzi sono costituiti da una torretta di guardia con alto basamento scarpato, da un contrafforte e da alcuni tratti di mura. Sorgono in corrispondenza dell'angolo sud orientale della cinta fortificata che delimita l'antico centro...". "Barnabò Visconti, nel 1370, aveva donato a Regina della Scala, sua moglie, le terre di... Sant'Angelo: questa signora innalzò una bellissima rocca...; venne, ancor più a oriente, fabbricato un ricetto chiuso da muraglie e protetto da torri, di cui ancora si scorgono tracce evidentissime...". "Nella relazione dello stato della città e del contado di Lodi fatta al visitatore De Haro dal canonico Francesco Medici nel 1609 (Ms. nella Laudense) è detto che Sant'Angelo 'è luogo di 900 fuochi con 5400 anime su il fiume Lambro: che fu già cinto di mura, hora è quasi tutto sfasciato benché anco sia quasi altretanto l'habitato fuori della cinta in quattro borghi quanto è quella di dentro'"...».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede-complete/LO310-00037


Somaglia (castello Cavazzi)

Dal sito www.lodionline.it   Dal sito www.comune.somaglia.lo.it

«L'imponente complesso edilizio che domina la campagna circostante è costituito da un volume architettonico in cui sono chiaramente riconoscibili le varie modifiche avvenute nei secoli. Fu certo ricostruito nel XIV secolo su fondamenti e sotterranei che potrebbero risalire al 1000: il suo antico portone portava una lamiera di ferro con l'anno 1116; tale portone fu sostituito nel 1780. La parte trecentesca opera di Barnabò Visconti è riconoscibile perché in mattoni a vista e conserva nella parte alta "merli guelfi" ad aperture archiacute ora chiuse ed inglobate nella muratura. La parte intonacata è l'ampliamento o meglio la modifica seicentesca voluta dai conti e baroni Cavazzi, sull'onda della moda del tempo, che trasformava contenitori di epoca medioevale in villa-palazzo. I due corpi sono uniti da una torre rettangolare leggermente più alta rispetto agli altri corpi di fabbrica scandita da aperture a ogni livello. La torre ha perso l'aspetto difensivo tipico di questi elementi architettonici ed è oggi adibita a ingresso principale, funzione in passato espletata dall'apertura ad arco acuto posta immediatamente alla sua sinistra. All'interno una piccola corte; su di essa si apre un portico a "serliana" e un portichetto con colonna singola che permette l'accesso all'imponente scalone un tempo decorato da dipinti raffiguranti i ritratti dei nobili Cavazzi e di Barnabò Visconti. Purtroppo l'interno, a causa delle varie vicende storiche e dall'abbandono del complesso, non conserva nessuna traccia dell'antico splendore, solo qualche affresco nella sala detta "d'armi" in quanto custodiva armi da fuoco, lance ed alabarde fino alla meta del XX secolo. Tale complesso durante la seconda guerra mondiale fu adibito a dimora per famiglie prive di abitazione e verso la metà degli anni settanta fu completamente abbandonato. Fortunatamente nel 1980 l'ultima contessa e baronessa Guendalina Cavazzi della Somaglia lo donava al Comune il quale con ingenti sforzi economici e pazienti restauri lo ha restituito alla comunità ed è oggi destinato ad ospitare istituzioni e manifestazioni culturali. Particolarmente significativa è la parte antistante il castello, un tempo adibita a scuderie, che delimitano un ampio spazio denominato "Piazza del Re" a ricordo degli antichi fasti. Nel periodo visconteo il castello era munito di ponte levatoio che collegava l'edifico alla piazza antistante. Nel 1525 va ricordato che, a difesa del maniero e della gente, fu cinto da Ludovico Vistarini da bastioni in parte tutt'oggi visibili (mura di Via IV Novembre e Piazza 28 Aprile)».

http://www.comune.somaglia.lo.it/notizia.asp?Id=187


Turano Lodigiano (palazzo Calderari)

Dal sito www.claudiocolombo.net   Dal sito www.palazzocalderari.it

«Splendida dimora del 1600 immersa in un giardino di 3300 mq, con annesso giardino mobile di 650 mq. La sala centrale del palazzo situata a piano terra si affaccia da un lato sullo splendido patio del maestoso cortile interno e dall'altro direttamente sul giardino nobile. Arricchita di splendidi affreschi recentemente recuperati nel rispetto dello spirito originario, questa sala rappresenta il cuore di Palazzo Calderari e si pone al centro di una serie di sale laterali in grado di ospitare complessivamente 300 persone. Al primo piano del palazzo è situata un'altra sala detta "Salone delle Feste" anch'essa riportata al suo antico splendore grazie al recupero degli affreschi. La storia e l'arte di cui le sale ed il cortile del palazzo sono splendidi esempi si sposano con la silenziosa natura circostante, dando vita ad una scenografia unica per ogni tipo di evento».

http://www.turanolodigiano.com/


Zorlesco (villa Bianciardi o "castello")

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.castellieville.it

«Villa Biancardi venne fatta costruire da Serafino Biancardi, sull'area occupata da un preesistente castello ed é per questo conosciuta anche col nome di "castello di Zorlesco". I lavori di costruzione ebbero inizio nel 1911 ed il progetto fu molto probabilmente affidato a Gino Coppedè. Villa Biancardi è in stile Liberty Eclettico, con evidenti riferimenti al Medioevo, al Gotico ed al Rinascimento ed é caratterizzata, come molte costruzioni coeve, dalla presenza di un'alta ed elegante torre terminante con un elegante belvedere. Le pareti esterne della villa sono intonacate e, nella parte corrispondente al piano terra, la decorazione pittorica a graffiti riprende il motivo del bugnato, presente nella torre d'angolo, mentre la fascia sottotetto è dipinta con riquadri in finto marmo. Le grandi finestre sono incorniciate da raffinate decorazioni a formelle in cotto, prodotte dalla locale fornace. La facciata principale della villa è caratterizzata da un ampio portico a sette arcate a tutto sesto. All'interno gli spazi sono razionalmente distribuiti e l'ambito privato, rappresentativo e di servizio sono ben separati fra loro.

Al piano terra le stanze sono intercomunicabili, mentre al piano superiore, pur rimanendo comunicanti, possiedono un accesso anche verso il corridoio centrale. Il motivo conduttore della decorazione interna della casa, che cambia da stanza a stanza, è dato dalla fascia dipinta sulla parte superiore della parete: un invito ad ammirare i soffitti a cassettoni. La sala della caccia in origine era la sala da pranzo ed è una delle stanze meglio conservate della villa. Deve il suo nome all'importante fascia dipinta con scene di caccia, opera attribuita ad Angelo Prada, pittore di Casalpusterlengo. La sala del biliardo, era quasi interamente occupata dal tavolo da gioco. Sulla parete a sinistra si é conservata la rastrelliera per le stecche, completa della tabella segnapunti. Nella parte superiore delle pareti la fascia pittorica presenta una decorazione molto curiosa, degna di essere guardata con attenzione. Uno degli ambienti più suggestivi della villa è quello che comprende la grande scala d'onore, a tre rampe in legno di rovere, interamente realizzato senza sostegni. Le formelle in ferro battuto della ringhiera presentano opulenti mazzi di fiori tutti diversi fra loro, legati da nastri svolazzanti. La leggerezza della fattura e l'accuratezza dell'esecuzione fanno pensare che siano opera del grande battiferro lodigiano Alessandro Mazzucotelli. La stanza del primo piano con la decorazione più importante é quella della camera da letto del signor Biancardi: un grande tondo racchiude un affresco, anch'esso attribuito ad Angelo Prada, che raffigura una maternità, quasi una natività laica».

http://www.turismo.provincia.lodi.it/TPL_artestoria_NOTIZIA_1.asp?IDCategoria=615&IDNotizia=150


  
     

      

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