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SAN BENEDETTO PO, BORGO
a cura di Stefano Favero
Sopra: ingresso al borgo di San Benedetto Po dal lato occidentale. In basso: la poderosa abbazia di San Benedetto Po.
In basso, a sinistra: un lato del chiostro con una porta per l’interno; a destra: le campate del chiostro.
Epoca: nel 1007 fu fondato da Tedaldo di Canossa il monastero benedettino intorno al quale si sviluppò il borgo di San Benedetto in Polirone (dal 1867 San Benedetto Po).
Posizione geografica: San Benedetto Po dista 21 chilometri da Mantova. Il territorio ricade nell'ambito del coordinamento sistema Po-Matilde.
Conservazione: ottimo.
Come arrivarci: si parcheggia l'auto nell'area esterna al borgo e si visita a piedi. Al borgo si accede dall'ingresso del monastero, giusto superando i cardini dell'antico portale. Immediatamente ci si trova nella piazza, immutata rispetto alle dimensioni dell'epoca medievale. Per informazioni è disponibile l'ufficio IAT dell'Oltrepò mantovano.
Situata tra i fiumi Lirone e Po, l'isola di Polirone possedeva un insediamento civile già in epoca romana. Qui, nell'anno 1070, il nonno della contessa Matilde di Canossa, Tedaldo, fece costruire il monastero. Al tempo esisteva già una chiesa, sulla quale confluivano le poche decine di abitanti della zona, ma fu la realizzazione del monastero a dare impulso alla crescita demografica del posto. Nel 1077 la contessa Matilde fece dono dell'abbazia a Gregorio VII, il quale la volle unire al monastero di Cluny (Borgogna). In tal modo l'abate del cenobio francese poteva nominare il responsabile di quello di Polirone. L'effetto immediato fu l'aumento delle attività di miniatura e l'edificazione di chiese e chiostri un tutta la zona. Non a caso San Benedetto Po veniva allora indicata come la “Cluny dell'Italia settentrionale”, assurgendo a riferimento per la riforma della chiesa.
Guido Gonzaga, prima abate commendatario e successivamente a capo della prepositura, fece entrare l'abbazia nella neonata congregazione di Santa Giustina da Padova. Correva il 1420.
L'operazione consentì al monastero di rinnovarsi architettonicamente, fino ad assumere la forma che ancor oggi si vede. Sempre nel corso del quindicesimo secolo i monaci daranno avvio ad una serie di riforme, tra cui quella agraria, e metteranno in atto opere di bonifica del territorio. Obbligheranno i coloni a consegnare loro un terzo del raccolto annuale. A partire dal 1510, l’imposizione provocò, forti tensioni fra i religiosi e gli agricoltori. All'inizio del sedicesimo secolo, la località creatasi intorno al monastero costituisce un attivissimo centro di cultura frequentato da intellettuali, teologi e filosofi di prima grandezza. È in questi anni che Gregorio Cortese commissiona al Correggio un'opera per la mensa dei monaci. A Giulio Romano affida invece il restauro e l'ingrandimento della chiesa della basilica. Decorazioni di stile classico, a tratti grottesche, vanno a dare nuova forma all'abbazia. È questo il momento di massimo splendore del luogo. Qui convergeranno Martin Lutero, il Palladio, Torquato Tasso e Giorgio Vasari.
Nel 1609 il Po rompe gli argini e devasta il territorio. Analoga distruzione si ripeterà nel 1629, questa volta per mano degli eserciti stranieri che invadono San Benedetto e le aree limitrofe. Era il tempo in cui le truppe imperiali andavano alla conquista del ducato di Mantova, scegliendo come base strategica il monastero soggiornandovi per circa due anni. Lasciarono successivamente il posto ai Francesi. La loro presenza accentuò l'opera di impoverimento del luogo.
Nel 1630, nel pieno dell'epidemia di peste, tentando di fermare la crisi economica, i monaci decisero di vendere il corpo della contessa Matilde di Canossa e di parte della ricca biblioteca. Una lieve ripresa ebbe luogo dal diciottesimo secolo, allorché il monastero venne controllato da Francesi ed Austriaci. Fu in particolare l'opera di due figure storiche del tempo a dare nuovo slancio alla zona: Maria Teresa andò incontro alle richieste dei coloni mettendo fine alle lotte fra monaci ed agricoltori, mentre l'abate Mauro Mauri, nel tentativo di contrastare il rischio di soppressione dell'abbazia, promosse importanti interventi tra il 1790 ed il 1796. Da ricordare la sistemazione di archivio e biblioteca e l'arricchimento della pinacoteca.
Nel marzo 1797
arrivarono a San Benedetto Po le truppe di Napoleone Bonaparte che
soppressero il monastero. Quasi tutto il patrimonio artistico in esso
contenuto fu disperso. Si salvò quello custodito nella chiesa dell'abbazia
ed i manoscritti oggi conservati alla biblioteca di Mantova.
La basilica
abbaziale
Tra il 1540 ed il 1545 Giulio Romano riedificò la basilica senza toccare le
preesistenti strutture romane e gotiche. Di epoca romana sono le colonne
murate ed il deambulatorio. Gotici le volte ed il tiburio. 32 statue
rappresentanti altrettanti santi, ad arredo delle navate e degli ingressi,
verranno realizzate fra il 1542 ed il 1559 dall'artista modenese Antonio
Begarelli. La sacrestia è costituita da armadi intagliati creati nel 1561 da
Giovanni Maria Piantavigna. La tomba di Matilde di Canossa è ubicata nello
spazio fra il transetto e la sacrestia. Trattasi di un sarcofago in
alabastro sorretto da quattro leoni di marmo rosso. Il corpo della santa fu
traslato nel 1633 da qui alla basilica di San Pietro a Roma. L'oratorio di
Santa Maria, all'interno della basilica, è databile tra la fine
dell'undicesimo secolo e la metà del dodicesimo.
Nel chiostro dei
secolari venivano accolti i pellegrini e tutti i forestieri di passaggio.
Esso fu costituito in tre diversi periodi: una prima fase anteriore al
quindicesimo secolo, la seconda datata 1475 e l'ultima risalente al 1674,
quando venne realizzato lo scalone da Giovambattista Barberini. Salendovi si
giunge al museo civico.
Il museo civico
polironiano
È stato nel 1977 ed è tra i più importanti musei etnografici d'Italia,
Conserva infatti più di diecimila oggetti, principalmente legati alla vita,
alla devozione popolare ed ai lavori che si svolgevano lungo gli argini del
Po. Qui trovano spazio originali collezioni di marionette e burattini, oltre
a numerose opere di Antonio Ruggero Giorgi e di altri artisti locali. Nel
2009 il museo è stato sottoposto ad una profonda opera di restauro
conservativo.
Il chiostro di
san Simeone
Quattrocentesco. Realizzato in stile tardogotico. Sul chiostro, la cui
costruzione sembra abbia avuto luogo tra il 1460 ed il 1480, si affaccia la
sala del capitolo, ove si tenevano le assise della congregazione di Cassino.
Recenti lavori di restauro hanno riportato alla luce otto sepolcri
cinquecenteschi, dove erano sepolti altrettanti abati con tracce della sala
romanica, probabile nucleo originario del monastero. Altre fondazioni di età
romana e resti di muri di età tardo-antica fanno ipotizzare una presenza
benedettina nel luogo già in questi tempi.
La piazza del
borgo, il refettorio monastico e l’infermeria nuova
La piazza è intitolata a Matilde di Canossa. Su di essa si affaccia il
refettorio monastico costruito nel 1478. Trattasi di un salone diviso in
quattro campate coperte da volte a crociera. L'umanista Gregorio Cortese da
Modena, nel 1510, ne decorò l'intera parete occidentale conferendo
l'incarico al veronese Girolamo Bonsignori (“L'ultima cena”, oggi conservata
nel museo civico di Badia Polesine) e ad Antonio Allegri, detto il
Correggio, che affrescò l'architettura tra il 1513 ed il 1514.
Perpendicolarmente al
refettorio monastico vi è l'”Infermeria Nuova”, realizzata nei primi anni
del sedicesimo secolo. Con molta probabilità costituiva il lato occidentale
del quarto chiostro di cui oggi mancano due ali.
©2011 Stefano Favero. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.