TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DELLA PROVINCIA DI MONZA E DELLA BRIANZA
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
Fermando il puntatore del mouse sulla miniatura di ogni foto, si legge in bassa risoluzione (tooltip) il sito da cui la foto è tratta e, se noto, il nome del suo autore: a loro va riferito il copyright delle immagini.
= click image to enlarge / clicca sull'immagine per ingrandirla.
= click also image to enter / puoi entrare nella pagina anche cliccando
sull'immagine.
= click image to castelliere.blogspot / clicca sull'immagine per
castelliere.blogspot.
= click image to wikipedia / clicca sull'immagine per wikipedia.
Agrate Brianza (villa Schira Corneliani)
«L'edificio ha una pianta a corte con aggiunto una corpo di fabbrica prospiciente a via Ferrario. Il corpo principale dell'edificio è articolato da volumi di diversa altezza, tutti comunque costituiti da un pianto terra e un primo piano. Le coperture sono a falde ed evidenziano le diversità di altezza dei corpi di fabbrica. Epoca di costruzione: sec. XVI-sec. XVII. Villa Schira Corneliani sorge nella parte orientale del comune di Agrate Brianza, e conserva ancora l'originaria destinazione residenziale, limitatamente alla parte settentrionale dell'edificio, intorno alla corte principale.
La corte meridionale e gli edifici circostanti sono stati acquistati dal Comune di Agrate, che li ha destinati a biblioteca civica. La villa, di età tardo barocca, si affaccia su strada con un portone privo di particolari decorazioni e con un prospetto lineare che segue pedissequamente il profilo stradale; unica eccezione il lieve aggetto della fascia marcapiano, che crea un leggero dinamismo. La cornice alla sommità della facciata, con una sporgenza discontinua, riequilibria l'andamento della facciata. Tutto l'edificio è improntato alla più omogenea sobrietà decorativa, animata soltanto da un balconcino barocchetto in ferro battuto, all'estremità nord della facciata, caratterizzato da balaustrini curvi molto fitti e un rigonfiamento molto pronunciato nella parte inferiore. Il difficile accesso al cortile residenziale non consente di rilevare eventuali varianti rispetto alla documentazione fotografica raccolta negli anni Novanta, dalla quale si rilevava la presenza di una decorazione geometrica a rosoncini sull'intonaco esterno di uno dei bracci di residenza e una struttura porticata perpendicolare, caratterizzata da colonne a fusto liscio e capitello dorico cui si sovrappone un'architravatura. Dalla bibliografia esistente, si rileva la presenza di un giardino privato rettangolare recintato, che si sviluppa in modo regolare in asse con il lato porticato dell'edificio residenziale. Al centro di questo si trova un pozzo. Nella corte rustica svetta per imponenza un antico gelso, che testimonia la tradizionale attività di allevamento di bachi da seta, cui la villa era dedicata. Si possono anche individuare i resti di una antica fontana, forse risalente alla fine del Seicento, destinata allo spurgo dei bozzoli. Sotto l'ala di fabbricato che divide la corte rustica dal giardino, si estende un'ampia cantina.
L'edificio, data la sua destinazione abitativa pressoché continuata e l'appartenenza sempre alla stessa famiglia, non ha subito particolari interventi di modifica. Probabilmente sorge su una preesistente villa cinquecentesca. Gli antichi proprietari, presumibilmente per questioni politiche ed economiche, vollero realizzare un edificio poco appariscente, differenziando il complesso dalle altre ville di delizia presenti sul territorio comunale (Villa Tivulzio e Villa De Capitani). Come ha giustamente osservato Francesco Süss, l'edificio non determinò mai modificazioni della struttura urbana, testimoniando la "modesta rilevanza storica della villa". Il progettista, dunque, decise di attestare pedissequamente la struttura dei volumi architettonici della villa alla maglia urbana esistente, che ha imposto una facciata non perfettamente rettilinea. Elemento otticamente mitigato dalla presenza del cornicione sommitale ad aggetto discontinuo, segno di una certa finezza progettuale e costruttiva delle maestranze che lavorarono in cantiere. Alla fine degli anni Novanta, la parte meridionale della villa, corrispondente alla corte delle scuderie, è stata acquisita dal Comune di Agrate Brianza per essere destinata a biblioteca civica, adattandone i volumi alla nuova destinazione d'uso. La ristrutturazione ha mantenuto pressoché inalterato l'aspetto generale della corte. Sono stati tamponati alcuni archi per chiudere un corridoio a portico, creando così ulteriori spazi coperti utili alle nuove finalità. L'edificio, di proprietà Arbona fino al Settecento e passato successivamente alla famiglia Schira, viene indicato nelle cronache di Pietro Verri come fabbricato collocato su antiche fondazioni romane, evidenziate dal ritrovamento di un'iscrizione dedicata a Giove. La notizia, riportata per tradizione orale, è di difficile verifica, poiché gli Arbona possedevano molte dimore in Agrate e non vi sono indicazioni specifiche che il ritrovamento dell'iscrizione citata dal Verri sia avvenuto proprio negli scavi di Villa Schira Corneliani».
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-00205/
Aicurzio (Castel Negrino e Commenda dei Cavalieri di Malta)
«...Non si sa tuttora con certezza, quando a Castel Negrino nella seconda metà del XII secolo, [i Templari] riscontrarono la necessità di costituire una mansione lungo tale strada dato il maggior numero di pellegrini, mercanti e viaggiatori che la percorreva. A quel tempo, lungo il lato ovest della mansione scorreva uno dei numerosi torrenti che andavano poi a confluire nel corso dell'Adda; date le dimensioni dell'alveo del torrente, tutt'oggi visibili, esso era probabilmente navigabile. Come la maggior parte degli insediamenti monastico-cavallereschi, anche a Castel Negrino era annessa una cappella o un oratorio la cui gestione poteva essere affidata all'Ordine, o che l'Ordine stesso edificava ed utilizzava per le proprie esigenze spirituali; in certi casi le chiese del Tempio venivano elevate anche al rango di parrocchia, oppure vi si celebravano funzioni religiose per gli abitanti del territorio circostante e per i pellegrini ospitati o di passaggio nella mansione. Le prime notizie che si sono potute attualmente rintracciare sull'Oratorio di Castel Negrino risalgono al 1445, in cui risulta intitolato a S. Giacomo. Il documento è posteriore alla soppressione dell'Ordine e non fornisce quindi dati certi sul titolo originario della chiesa templare; è da rilevare però che la dedicazione al santo apostolo, riferimento spirituale principale per l'Occidente cristiano nella riconquista della penisola iberica, risulta essere una prerogativa di maggior consuetudine presso le mansioni templari del nord e del centro della penisola, mentre non ve n'è traccia in tutta la provincia di Lombardia e nella Marca di Genova, fra le mansioni giovannite. Negli Atti della Visita Pastorale alla terra di Aicurzio, pieve di Vimercate, eseguita da Mons. Ottaviano de Foresiis, il 9 giugno 1581, troviamo scritto che la chiesa di S. Giacomo Castri Negrini, diventata sub-parrocchiale di S. Andrea in Aicurzio, è cadente e che da diversi anni giace in rovina. L'oratorio verrà completamente ricostruito ed intitolato a S. Carlo, nel 1621.
Attualmente non è rimasto molto
delle strutture medievali della mansione, ad eccezione forse del corpo di
fabbrica centrale, a due piani, suddiviso in tanti piccoli alloggi
affacciati sulla corte maggiore, con l'originaria funzione di ospitare i
pellegrini e, nei secoli successivi, i pigionanti impiegati nella conduzione
delle proprietà agricole, e dei due edifici a torre, uno posto lungo il lato
ovest e l'altro nell'angolo sud-est, che controllavano rispettivamente le
due vie di comunicazione: il torrente e la strada. Ciò che più rappresenta
le origini medievali della mansione è però la sua planimetria e
l'organizzazione spaziale dell'intero complesso. L'insediamento è infatti
suddiviso in due distinte zone, organizzate secondo il modulo a corte, una
adibita alla vita conventuale dei monaci e l'altra a funzioni di tipo civile
e rurale. Nella corte civile, posta a sud, si trova attualmente il pozzo e,
lungo il lato nord, l'edificio anticamente adibito ad ospizio. La corte
conventuale è ora aperta nell'angolo a sud-est, frutto di qualche
demolizione avvenuta nel XIX secolo, periodo in cui fu edificata l'attuale
casa padronale. Adiacente all'ingresso che univa le due corti, si trova
ancora il piccolo campanile anch'esso edificato nei primi anni
dell'Ottocento. Sul lato nord della corte padronale si trova l'ingresso
principale dell'intero complesso, che è in linea con l'accesso tra le due
corti e con l'ingresso originario della corte rurale. Il giardino si
sviluppa invece lungo tutto il lato ovest dell'ex mansione, fino alla chiesa
che è orientata, con forma a capanna, a navata unica e abside quadrata, con
una piccola sacrestia addossata alla parete sud. ...».
http://fc.retecivica.milano.it/... (a cura
di Fabio Ombrelli)
«Villa padronale seicentesca
appartenuta alla famiglia dei Conti Paravicini di Milano. La semplice
struttura a blocco su tre piani è caratterizzata dagli elementi decorativi
barocchi delle facciate, quali le cornici delle finestre, le mensole
reggigronda, i balconi in ferro battuto. Acquisita dal Comune nel 1976, è
sede della Biblioteca civica e del Piccolo Museo degli usi e dei costumi
della gente di Aicurzio».
http://www.monzaebrianzainrete.it/itemById.do?id=3000
«Costruito nel 1467 da Martino
da Corte, si tratta di un fortilizio tardomedievale con un`ampia corte
interna, che ai caratteri tipologici di un castello unisce molti aspetti di
un palazzo fortificato. Di elevato valore storico-monumentale e tutelato
dalla Sopraintendenza per i Beni e le Attività Artistiche di Milano dal
1928, conserva le tracce della struttura della torre centrale e di un ponte
levatoio. Parte delle antiche sale di rappresentanza al piano terra dell’ala
nord sono state restaurate tra cui l`interessante sala della Fama
interamente affrescata con gli stemmi araldici dei da Corte e motivi
decorativi a grottesca, insieme a parte del corpo scala nord ovest e del
passaggi attiguo. Il Castello ospita ancora abitazioni private che il Comune
sta progressivamente acquistando per poter avere la completa disponibilità e
gestione del bene».
http://www.eds.dpa.polimi.it/web/guest/scheda-luogo?id_elemento=12288
Carate Brianza (villa Beldosso)
«Posta su un colle ai confini
settentrionali del Comune di Carate Brianza, la villa del Beldosso fu
concepita fin dal Cinquecento, caso raro in Brianza, come “villa di
delizie”. Preceduta da un lungo viale alberato e circondata da un vasto
parco che occupa l’intera collina, la villa subì diversi cambi di proprietà,
finché alla fine dell’Ottocento le fu dato l’aspetto attuale dal conte
Andrea Sola, che volle riportarla alle sue fattezze seicentesche. Un ampio
scalone con elaborate balaustre caratterizza la facciata sud, mentre quella
nord, più austera, è movimentata dall’aggiunta di alcuni edifici di
servizio. La villa è completata da un oratorio neoclassico eretto nel 1821».
http://www.m3000.it/brigatti2007/TEMA3/MADE-IN-ITALY/_private/Beldosso.htm
Carate Brianza (villa Cusani Confalonieri)
«Dopo il secolo X il borgo era
difeso da un castello, eretto da una nobile famiglia dei "De Carate",
nell'attuale area di Villa Cusani Confalonieri, così come Costa Lambro era
munita del castello "de Aia" dei Confalonieri, a loro volta feudatari di
Agliate. ... Villa fatta costruire da Valerio Confalonieri nel XVII secolo
su una residenza già esistente. Nella Villa residenza di campagna per la
nobile famiglia milanese dei Confalonieri, vi dimorò a lungo Teresa Casati
moglie del patriota risorgimentale Federico Confalonieri. Antico possesso
dei "Del Bene" che fecero erigere una cappella dedicata a Santa Maria
Maddalena che fu ampliata e resa l'attuale "Gesolo" grazie al lascito di
fra' Gabriele Del Bene, monaco gerosolimitano priore della Domus
milanese di Santa Croce e Santa Maria del Tempio. Possiede un ampio parco
affacciato sulla valle del Lambro, di cui è parte uno splendido giardino
all'italiana prossimo alla torre della villa; è stata acquisita
dall'Amministrazione Comunale e aperta al pubblico nel 1976. Una parte della
villa oggi ospita la biblioteca pubblica intitolata allo storico Germano
Nobili».
http://it.wikipedia.org/wiki/Carate_Brianza
Cavenago di Brianza (palazzo Rasini)
«Questa costruzione a corte del
XVI secolo, con due torri laterali, sorge nel centro del paese. L'aspetto
attuale è dovuto alla trasformazione operata nel XVIII secolo
dall'architetto Simone Cantoni. Il palazzo è poi stato ristrutturato nella
seconda metà degli anni Ottanta, mentre nel 1997 sono stati restaurati gli
affreschi. Al piano terra si possono ammirare quelli di Carlo Antonio
Procaccini, nella galleria del primo piano invece è presente una decorazione
di Giovanni Stefano Montalto. Nel salone di Apollo, l'affresco centrale
denominato "Il carro del Sole" è opera di Mattia Bortoloni, allievo del
Tiepolo. Nella sala di Giove si possono osservare gli stemmi delle famiglie
con cui i Rasini erano imparentati: Visconti, Borromeo e Cusani».
http://www.monzaebrianzainrete.it/itemById.do?id=1859
Cesano Maderno (palazzo Arese Borromeo)
«L'attuale Palazzo Arese Borromeo sorge per volontà di Bartolomeo III Arese (1610-1674) che proseguì, concretizzandolo, il progetto del padre Giulio I. Questi sentì l'esigenza di sancire l'importanza degli Arese con la costruzione di un edificio degno del potere e della ricchezza della famiglia e, nel 1626, iniziarono i lavori con l'abbattimento di una precedente costruzione. Bartolomeo III, oltre ad essere personaggio chiave della politica lombarda del Seicento, in quanto fu il maggior interlocutore degli Asburgo e riuscì in pochi anni a ricoprire diverse cariche molto importanti, fu anche uomo di grande cultura: questo aspetto non solo lasciò un'impronta sulle personali scelte di vita, ma influenzò anche le decisioni che dovette prendere per la costruzione del Palazzo Arese Borromeo. ... Dopo la Prima Guerra Mondiale, durante la quale il Palazzo offrì ospitalità a famiglie di profughi veneziani, iniziò sotto l'egida del Conte Guido un periodo di regolare manutenzione del complesso che, tra l'altro, permise la ricostruzione delle case coloniche, la sistemazione della piazza, la piantumazione e una nuova organizzazione viaria, l'arredo del cortile e di parte degli interni. Fu durante gli ultimi anni di vita del Conte Renato (figlio del Conte Guido), che prese corpo l'idea di cedere definitivamente al Comune di Cesano Maderno il Palazzo, che nel frattempo era stato di nuovo abbandonato. Nel dicembre 1987 venne raggiunto un accordo tra gli eredi della casata ed il Comune: fu sottoscritto l'atto di acquisto e il Palazzo Arese Borromeo divenne di proprietà pubblica. L'edificio versava in uno stato di quasi totale degrado e abbandono e, quindi, l'Amministrazione Comunale decise di attivarsi subito per assicurare la conservazione, la valorizzazione e lo sviluppo del patrimonio storico, con l'obiettivo di riutilizzare il Palazzo per finalità sociali e culturali e per trasformarlo nel principale centro culturale cittadino. I primi interventi furono eseguiti tra il 1993 ed il 1995, e due anni dopo venne stipulata una convenzione con l'Ateneo "Vita e salute San Raffaele" per ospitare la Facoltà di Filosofia. ... Gli elementi che la caratterizzano sono: il bel portale in bugnato, sovrastato da uno splendido balcone in ferro battuto con ampio disegno tipicamente Barocco, lo zoccolo in mattoni (probabilmente a ricordare la costruzione a castellana precedente) che nel lato a nord presenta invece conci in pietra (poiché questa parte dell'edificio risale al Cinquecento). Nessuna cornice in rilievo contorna le finestre rettangolari, come quelle del mezzanino, ridotte nelle dimensioni e di forma ovale, con asse orizzontale. L'andamento del tetto è articolato a più livelli determinando, con la presenza della torre, un effetto geometrico non statico. ...».
http://www.comune.cesano-maderno.mb.it/home.jsp?idrub=6192 e ss.
Cesano Maderno (Torrazzo, Palazzina)
«Torrazzo. Questa costruzione documenta il periodo medievale della Città, come la base della torre campanaria dell'antica Chiesa parrocchiale di Santo Stefano e di quella di Palazzo Arese Borromeo. Probabilmente il Torrazzo nasce come parte del sistema difensivo della Città, il cui elemento principale erano le mura che correvano parallele al Seveso, ulteriore protezione naturale. La diversa stratificazione dei materiali di costruzione fa ipotizzare che ci siano stati successivi interventi di potenziamento della struttura. La Palazzina è un edificio Quattrocentesco in mattoni e pietre miste ed è la più antica casa d'abitazione di Cesano, per alcuni versi emblema stesso della Città. Palazzina. Sorge sull'odierna via Garibaldi, di fronte al cancello d'uscita sud del giardino di Palazzo Arese Borromeo, in prossimità del parcheggio. Acquistata nel 2002 dall'Amministrazione Comunale, è stata restaurata negli anni successivi. La struttura ha conservato all'esterno le antiche fattezze, con la presenza di un ordine di finestrelle rettangolari collocate nel sottogronda del tetto sul lato nord. La base presenta un muro a scarpa e alcuni peducci decorativi nella parte alta del lato d'ingresso. Dal 2004 è sede dell'Agenzia per il Turismo e la Cultura di Cesano Maderno».
http://www.comune.cesano-maderno.mb.it/home.jsp?idrub=6209 - http://www.comune.cesano-maderno.mb.it/home.jsp?idrub=6211
Limbiate (villa Pusterla o palazzo Crivelli)
«è la più importante villa di Limbiate sia sotto l´aspetto storico sia sotto quello artistico. Palazzo Crivelli, più conosciuto come Villa Pusterla-Crivelli, è una delle maggiori testimonianze dell´architettura lombarda del Settecento. L´attuale struttura è stata realizzata dall´architetto Francesco Croce su incarico del conte Stefano Gaetano Crivelli e risale probabilmente al 1754. In realtà, le origini dell´edificio sono molto più antiche e giungono al periodo dell´alto medioevo. Giacomo Antonio Carcano, appartenente alla nobile e antichissima famiglia milanese, lascia alla sua morte, avvenuta nel 1543, come eredi delle sue proprietà i nipoti Arconati, figli di sua sorella Elena e di Giovanni Gaspare. Di questa eredità anche Mombello, con i suoi molti terreni e le case da nobili. Al tempo in cui i Carcano cedono il palazzo agli Arconati, la struttura dell´edificio non è ancora quella che poi sarebbe diventata negli anni successivi. Un perimetro quadrato con edifici che occupavano i quattro lati dava luogo a una corte chiusa con torrette regolari. Questa architettura è molto antica e risale probabilmente al periodo altomedievale.
L´ingegner Quarantini nel 1719
effettuò, per conto della famiglia Crivelli, una descrizione dei lavori
fatti alla Villa prima del ‘500. Egli riconobbe come antichi alcuni locali
del palazzo (come la cucina, la dispensa, la cantina), mentre attribuì alla
famiglia Arconati la più moderna struttura del palazzo nobiliare. Tra i
lavori effettuati dalla famiglia Arconati vanno messi in rilievo quelli
voluti da Giovanni Battista tra il 1560 e il 1564: modifiche alla struttura
preesistente che crearono un contrasto tra la parte antica e quella nuova,
dando luogo a una forma di coesistenza poco armonica. Successivamente, fu
Anna Visconti, nuora di Giovanni Battista Arconati, a far eseguire nel
palazzo lavori di una certa imponenza come il porticato aperto sulla
facciata ad ovest del palazzo. Nel 1718, la Villa fu venduta dagli Arconati
al senatore Giuseppe Angelo Crivelli, che la trasformò in un importante
crocevia politico e provvide ad una ulteriore sistemazione del palazzo e dei
giardini di Mombello. In essa, infatti, furono ospitati Ferdinando IV, re
delle Due Sicilie, nonché Napoleone Bonaparte. Napoleone fu l´ospite più
famoso di Mombello e trattò a Villa Crivelli importanti questioni
riguardanti la sorte di milioni di persone. Si discusse della nascita della
Repubblica Cisalpina, l´estinzione della Repubblica di Venezia, la caduta di
Genova, e furono gettate le basi del trattato di Campoformio. Mombello
ospitò anche il pittore Antonio Giovanni Gros, autore del primo grande
ritratto di Napoleone Bonaparte. A Mombello risiedevano la madre di
Napoleone, Maria Letizia, e le tre sorelle Carolina, Elisa e Paolina. Il 14
giugno del 1797, Paolina Bonaparte si sposò con il generale Leclerc presso
l´oratorio dei Crivelli. Villa Crivelli si trova in località Mombello,
all´interno dell´area occupata dall´Istituto agrario».
http://www.comune.limbiate.mi.it/pubblicazioni/Informazioni/Informazioni.asp?ID_M=172
«Non si hanno notizie certe e
documentate sull'esatta datazione dell'edificazione e sul progettista della
villa. Si è propensi ad accettarne una origine cinquecentesca, ipotesi che
sembra confermata da alcuni elementi strutturali ed estetici, nonché dalla
struttura porta-campana a forma di timpano posta sul tetto della villa,
tipicamente cinquecentesca. Per una datazione più precisa occorrerebbe
sottoporre l'intero complesso ad indagini chimico-fisiche sulle murature e
tipologiche sulle fondamenta. L'edificio è a due ordini: il piano terra, con
quattro sale più gruppo servizi e vano scala, e il piano primo, con otto
locali più vano scala. Le sale del piano basso hanno pareti con cicli di
grandi affreschi databili tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo
e da soffitti con boiseries a cassettoni, con legno intarsiato e dipinto.
Gli affreschi interni, probabilmente attribuibili a Giovanni Ghisolfi di
scuola veneziana che lavorò similmente anche a Palazzo Arese Borromeo a
Cesano Maderno, mostrano scenografie architettoniche di colonne marmoree
dipinte, che creano una sorprendente illusione ottica di reggere
apparentemente le travi dei soffitti. Vi sono portali con festoni e putti,
che inquadrano paesaggi di edifici classici e ruderi e una sala della
Marina. L'edificio è vincolato dalla Sovrintendenza, visto il notevole
valore storico-artistico e documentario delle decorazioni artistiche».
http://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Reati
«L'Arengario è un edificio
storico situato nel centro di Monza; si trova in piazza Roma: da qui si
dipartono tutte le vie principali di Monza. L'Arengario è l'antico Palazzo
Comunale di Monza e risale al XIII secolo. Costruito a margine del Pratum
magnum, cioè della storica piazza del mercato, è il più importante
edificio civile della città ed è il simbolo dell'autonomia comunale. La sua
tipologia a porticato inferiore (usato in antico per il mercato) che
sostiene la vasta sala superiore, un tempo usata per i consigli comunale e
per le assemblee dei mercanti, si richiama direttamente all'esempio poco
anteriore del Palazzo della Ragione (1228) (detto anche Broletto Nuovo) di
Piazza Mercanti a Milano. Sulla facciata a sud, a capanna, è una loggetta in
pietra, aggiunta nel 1330, detta in dialetto la Parléra, da cui venivano
letti i decreti del Comune. L'antico accesso alla sala superiore avveniva
lungo il fianco orientale tramite due scale esterne alla porta di cui sono
tuttora visibili le tracce; nel XIV secolo sulla facciata nord fu costruita
la torre campanaria, con merlatura ghibellina, che contiene la scala attuale
(1904). Nel porticato erano custodite le unità per le misure medievali ad
uso dei commercianti (oggi sistemate all'ingresso della biblioteca civica).
La grande sala superiore, a capriate di legno poggianti su mensole di
pietra, è adibita a sala d'esposizione per mostre d'arte e rassegne
culturali».
http://it.wikipedia.org/wiki/Arengario_di_Monza
«Il Castello Visconteo di Monza non esiste più da tempo. Ne sono rimaste descrizioni di cronachisti e soprattutto immagini di vari artisti. La fortezza sorgeva tra l'odierno largo Mazzini e il fiume Lambro; aveva una pianta quadrilatera ed era circondata da un profondo fossato di difesa. La sua prima costruzione risale all0anno 1325 per volere di Galeazzo I Visconti che, dopo aver conquistato la città, intendeva rafforzarne così le difese, deviando anche il corso del fiume Lambro. Per completarne la costruzione fu necessario demolire anche una chiesa adiacente. Il castello fu poi ingrandito e protetto da un fossato da Galeazzo II. Il castello era tristemente famoso soprattutto per il suo mastio: la sua alta torre principale infatti ospitava la terribile prigione detta dei Forni, poiché i condannati erano calati in celle a volta. Ma anche l'edificio stesso fu usato come luogo di prigionia. Lo stesso Galeazzo I, costruttore del castello, vi è stato prigioniero nel 1327 per volere dell’imperatore Lodovico IV il Bavaro. Nel 1333 vi furono rinchiusi i partecipanti alla congiura contro Azzone Visconti. Altra prigioniera famosa nel Castello è stata Caterina Visconti, duchessa di Milano, che vi morì nel 1404.
Molti furono gli assedi
sostenuti in varie vicende dal castello monzese: il più noto è forse quello
che vide Estorre Visconti sostenere quello posto dal Carmagnola nel 1412.
Nel 1527 una mina, posta dalla popolazione in odio a quel triste luogo di
sofferenze, fa parzialmente crollare la torre. Incisioni del XVIII secolo
ritraggono il rudere coperto di vegetazione. Il castello abbandonato, anche
per l'evoluzione delle tecnologie militari, decadde sempre più. Con
l'avvento delle idee della rivoluzione francese i castelli italiani sono
considerati simboli del dispotismo; si pensa così di demolire quello di
Milano, salvato per fortuna in un secondo tempo. Quello di Monza non sfugge
invece a questo pregiudizio e viene completamente abbattuto nel 1807. Oggi
non ne rimane che una delle torri minori, sulla riva destra del fiume Lambro.
Sul luogo su cui sorgeva il Castello, nel 1885 è stato costruito il Palazzo
Frette».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Monza
«A breve distanza dal centro storico sorge la Villa Reale, vero gioiello di stile neoclassico. La residenza reale, costruita tra il 1777 e il 1780, nacque come simbolo del prestigio della corte asburgica. L'imperatrice Maria Teresa d'Austria, interessata a tutto quanto potesse accrescere il lustro della corte imperiale, ne decise l'edificazione proprio nel momento in cui stabilì di assegnare al figlio Ferdinando l'incarico di Governatore Generale della Lombardia Austriaca. Maria Teresa autorizzò l'avvio della costruzione della Villa il 17 aprile 1777 sotto le direttive dall’imperiale regio architetto Giuseppe Piermarini. La Villa Reale in seguito divenne residenza vicereale con Eugenio de Beauharnais, viceré di Napoleone Bonaparte. Notevoli sono il salone d’onore, unica sala della Villa che ha un'altezza pari a due piani di cui Piermarini stesso disegnò gli elementi decorativi ed introdusse nei lati bervi dell'ordine superiore - sottolineato da un ballatoio che corre lungo tutto il perimetro della stanza - un'esedra dipinta nel tentativo di aumentarne illusionisticamente lo spazio. Gli appartamenti di Umberto I e Margherita di Savoia (attualmente in restauro) vennero ripetutamente restaurati su volere del re dall'architetto Achille Majnoni il quale rispettando scrupolosamente gli interventi originali del Piermarini, cercò di riproporre nel rinnovamento decorativo i fasti d'oro delle grandi monarchie europee e delle grandi dimore reali del XVIII secolo. ...».
http://www.promonza.it/Pages/Content.aspx?id=201
«Casa Torre dei Gualtieri è una
costruzione medievale sita in piazza Carducci a Monza. L'edificio risale
alla seconda metà del XIII secolo: una torre lo affianca e quasi con esso si
confonde poiché ha la stessa altezza della casa stessa, ma è ben
riconoscibile sul lato destro del complesso. Le finestrature della torre
sono ad un livello più alto di quelle originarie della casa. Nel XVIII
secolo sono state aperte nuove finestrature. La base della torre era
rivestita di pietre di serizzo, affini a quelle del vicino Arengario. Dalle
Cronache di Bonincontro Morigia sappiamo che la casa, nel XIV secolo,
apparteneva alla importante famiglia guelfa della città».
http://it.wikipedia.org/wiki/Casa_Torre_dei_Gualtieri
Monza (torre longobarda o di Teodolinda)
«La Torre longobarda è l'unico
edificio longobardo tuttora esistente nella città di Monza. Alta 18 metri,
la torre è l’edificio più antico del complesso monumentale del duomo di
Monza e rappresenta uno dei pochissimi reperti architettonici longobardi in
Lombardia, risalente al VI secolo e alto originariamente oltre venti metri.
Venne costruita probabilmente come elemento di difesa del Palazzo Reale di
Teodolinda, già eretto nelle vicinanze della prima basilica intitolata a San
Giovanni Battista e voluta dalla stessa regina intorno al 595. La torre
venne riadattata a campanile dopo il IX secolo e fu poi inglobata
nell'abside dell'attuale Basilica gotica. Venne in seguito ridotta per far
posto, alla fine del XIV secolo, alla Cappella di Teodolinda degli Zavattari.
L'edificio è stato oggetto di un accurato restauro nella metà degli anni
novanta del XX secolo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_longobarda_%28Monza%29
«Edificio duecentesco in origine parte della struttura difensiva della città murata medioevale, successivamente utilizzato come porta per transito delle merci dal fiume Lambro alle piazze centrali. L'edificio pur avendo subito successive modificazioni manifesta ancora chiaramente le sue origini medioevali».
http://www.comune.monza.it/portale/monzadascoprire/altri_luoghi/edifici_storici/torre_lambro.html
«Fra la prima metà del Trecento e la seconda del Quattrocento Monza fu dominata dai Visconti, i quali fecero erigere delle mura difensive con castello e torre. Le fondamenta di questa fortezza vennero gettate nel 1325 mentre un notevole ampliamento venne effettuato nel 1357. Le mura ed il castello lambiti dal fiume Lambro vennero abbattuti nel 1809, l'unica parte architettonica di questo complesso che è rimasta pressocchè indenne è la Torre. Si trattava di un enorme quadrilatero edificato sul fiume che all'epoca della sua costruzione e fino alla seconda metà del settecento era stato usato come carcere. La tipologia delle sue celle carcerarie l'ha tristemente resa famosa col nome di "Forni". Una descrizione del 1767 rende molto bene l'idea: "...el centro più sostanziale della rocca conteneva alcuni ripiani e di sotto cupe prigioni, una fra le altre chiamata per l'orrore il forno, dove si calavano i rei per una buca, che tuttora esiste nel piano al primo ingresso...". Primo sperimentatore di queste carceri fu proprio il suo costruttore Galeazzo Visconti che venne rinchiuso assieme ai suoi fratelli e ai suoi figli per nove mesi ad opera del suo ex alleato Ludovico il Bavaro. Nella torre sono visibili le feritoie del ponte levatoio, una bifora gotica ed un stemma in pietra di Carlo II di Spagna».
http://www.comune.monza.it/portale/monzadascoprire/altri_luoghi/edifici_storici/torre_viscontea.html
«La Torretta Viscontea è una delle architetture che si trovano all'interno del Parco di Monza. L'edificio, progettato dal Canonica in forme neogotiche, si sviluppa su due piani con un portico laterale; caratteristica l'adiacente torre con belvedere alla sua sommità. I muri perimetrali sono in laterizio e in pietra; i solai in legno, mentre le volte del piano interrato e del portico sono in muratura. Il solaio del belvedere è in pietra e la copertura del corpo ovest è a due falde in ceppi con laterizio, sorretta da una travatura su muri. Sul lato est dell'edificio è collocata una lapide di forma rettangolare, recante centralmente lo stemma degli Asburgo; è inoltre sovrastata da decorazioni vegetali, accompagnate da due volute nella sua parte inferiore. L'edificio sorge all'interno dei Giardini Reali, ed è idealmente contrapposto alla Cascina San Fedele, che pur sorgendo al di fuori del perimetro di questi domina il paesaggio circostante essendo posta rialzata su un pendio naturale. L'edificio è adibito ad abitazione al primo piano e a bar al piano terra» - «Planimetria. Pianta rettangolare con torretta a pianta circolare. Misure. Superficie coperta mq 139. Analisi stilistica. Neomedievale, eclettico. Uso attuale. L'edificio è adibito a punto di ristoro dei Giardini Reali. Premessa storico-descrittiva. L'edificio in stile medioevale, edificato all'interno dei Giardini Reali dall'architetto Luigi Canonica con materiali di recupero, presenta un apparato decorativo assegnabile al gusto delle rovine e alla moda del revival gotico. Il fabbricato, a pianta rettangolare e sviluppato su due piani, è completato da una torre alta 30 metri con un belvedere superiore. La torretta, che vanta una certa fortuna iconografica nelle stampe e nelle fotografie storiche, presenta gli stemmi dei Visconti e un bassorilievo in cotto con scene di caccia».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torretta_Viscontea - http://www.reggiadimonza.it/TORRETTA/125
«La proprietà apparteneva già
nel Cinquecento ai Principi Trivulzio, famiglia della grande nobiltà
lombarda, ed abbracciava allora l'intero borgo e le terre circostanti. Nei
primi anni del Settecento Antonio Tolomeo Trivulzio affidò il progetto di
ristrutturazione della Villa al noto architetto Giovanni Ruggeri. Il suo
sapiente contributo portò ad una nuova definizione degli spazi interni e ad
un riadattamento delle strutture preesistenti seguendo i canoni
architettonici dell’epoca. Marc’Antonio Dal Re illustra nelle sue celebri
incisioni del 1726 la particolare bellezza della Villa e dei giardini nel
contesto delle “Ville di Delizia” lombarde. Alla fine dell'Ottocento,
Giangiacomo Trivulzio commissionò all'architetto Majnoni una
ristrutturazione che apportò alla Villa ulteriori modifiche tra cui la
realizzazione del portico di collegamento tra le due ali dell'edificio con
il sovrastante terrazzo panoramico. In epoca contemporanea, l'anno 2000 ha
visto la conclusione di un'importante opera di restauro realizzata dagli
attuali proprietari. La Villa, il monumentale giardino all'italiana e il
parco secolare hanno riacquistato così la loro originaria bellezza. ...».
http://www.villatrivulzio.it/it/nozze-in-villa-brianza.asp
OrENo (casino di caccia Borromeo)
«La corte faceva parte di un
complesso tardo medioevale di proprietà dei Della Padella: esiste ancora
l'atto di vendita del 1544 a favore di Erasmo D'Adda da parte di Paolo della
Padella.(il cui stemma si può notare negli affreschi). Nel 1612 Isabella
D'Adda nipote di Erasmo porta in dote i possedimenti di Oreno nel matrimonio
con Carlo Borromeo. è la
stessa Isabella che darà il nome all'isola sul lago maggiore (Isabella/isola
bella). Nel 1927 Giancarlo Borromeo nel corso di lavori di ristrutturazione
scopre gli affreschi sotto uno strato di calce (nel 600 si usava disinfettare
le stanze con la calce durante la peste per paura del contagio) e restaura
tutta la corte con l'aiuto di Peppino Bagatti Valsecchi, appassionato
cultore di architettura, cosi come la vediamo ora. Da quella data fino al
1970 la corte pur restaurata conserva la sua funzione agricola originaria:
le stalle con le mucche, la torretta con la colombaia, l'ampio portico come
fienile. Dopo la trasformazione dell'azienda agricola tradizionale in
azienda florovivaistica molti degli spazi vengono adibiti a magazzini fino
al recupero ed alla nuova funzione ricettiva a partire dal 1985».
http://www.corterusticaborromeo.it/totale.htm
«La villa si presenta con una
struttura a blocco, sormontata dalla piccola torretta con loggia panoramica
alla sommità. Venne edificata nel XVI secolo, risistemata tra il Sei e il
Settecento e ripresa ancora durante l'Ottocento con integrazioni e modifiche
eclettiche in stile neorococò. All' interno sono presenti raffinati
ambienti, con decorazioni e arredi del XVIII e del XIX secolo. L'edificio è
inserito in uno splendido giardino, che sommato al contiguo parco della
Villa Gallarati Scotti crea una vasta zona a verde nel cuore di Oreno.
L'originario impianto all'italiana del giardino, con parterre geometrici e
viali prospettici, è stato per buona parte trasformato nell'Ottocento,
quando il giardino venne riprogettato secondo un disegno paesaggistico
all'inglese».
http://www.milanoggi.it/vimercate/vimercate.htm
Seregno (torre di Federico Barbarossa)
«I primi anni del secolo XI
l'Italia Settentrionale, per diverse evenienze, fu scossa da particolari
avvenimenti, talvolta tumultuosi, legati a guerriglie e rivolte insorte in
seno alla popolazione brianzola desiderosa di salvaguardare la propria
autonomia ed incolumità sotto le pressioni del nemico. In ogni città,
dunque, venne esposto un elenco contemplante le diverse tipologie di
pericoli incombenti e di pubbliche urgenze. La tradizione vuole che, al
suono del Campanone presente sul campanile d'ogni borgo, tutti
abbandonassero le proprie abitazioni e, opportunamente vestiti di ferro ed
armati di roncole, tridenti e simili, corressero nella piazza principale,
così da poter ascoltare i comizi e, qualora si rivelasse opportuno, per
correre in difesa della patria. Al fine di garantire una veloce propagazione
del messaggio di pericolo in tutto il territorio brianzolo, ci si serviva
delle principali torri campanarie, ubicate nei luoghi maggiormente
significativi. Probabilmente, la torre di Montevecchia, collocata in alto e,
dunque, con ampia visuale, riceveva i rintocchi dal campanile di Vimercate;
quindi inoltrava il messaggio sonoro alla torre di Erba e, quest'ultima, a
quella di Montorfano. Quindi, i rintocchi proseguivano verso il campanile di
Cantù il quale, poi, li tramandava a Mariano Comense, quindi alla torre del
Barbarossa di Seregno ed, infine, al campanile di Desio e di Vedano al
Lambro, per poi chiudere il circuito del segnale al campanile di Vimercate,
quale ricevuta d'un messaggio inviato in tutto il territorio brianzolo. I
campanili citati, poi, avevano il compito di diffondere i rintocchi anche ai
più piccoli campanili presenti in seno ad ogni borgata. L'espressione
Campanone della Brianza, probabilmente, si riferisce al quasi contemporaneo
suono dei campanoni delle principali torri campanarie della Brianza, quasi a
creare un'unica suggestiva campana segnalante il pericolo. La torre del
Barbarossa, originariamente, in virtù di quanto appena esposto, presentava
un'altezza superiore di quella odierna; solo in seguito, quando l'Autorità
decise di adibirla a campanile, la torre venne abbassata, anche in relazione
all'aumento del numero di campane ospitate, passate dalle quattro si San
Vittore alle attuali nove, per ovviare a problemi statici.
La torre del Barbarossa rappresenta il simbolo di Seregno ed è
caratterizzata da uno stile guelfo, molto raro nell'architettura coeva; si
pensa che, più di mille anni or sono, appartenesse ad un maniero della zona.
Una tesi, invece, l'accredita come torre campanaria della chiesa di San
Vittore, poi in gran parte demolita e di cui restano poche traccia. La
leggenda vuole che l'imperatore Federico I del Sacro Romano Impero, detto il
Barbarossa se ne servisse al fine di vedere per tempo le truppe nemiche
giungere da Milano e potere così schierare l'esercito. In seguito, con
l'edificazione della chiesa di San Vittore, venne usata quale torre
campanaria per ospitarvi i quattro bronzi di San Vittore. La leggenda del
Barbarossa si fonde con il computo ben più probabile ed attendibile svolto
dalla torre ed esternato nel precedente paragrafo. Attualmente la torre è di
proprietà del Comune, il quale, a partire dal 1990, ha provveduto ad un
restauro tecnico e conservativo della medesima. ...».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_del_Barbarossa_%28Seregno%29
«La costruzione della casa da nobile risale al XIII-XIV secolo e nella sua forma originaria risultava essere costituita da una torre-colombera con casetta annessa; recenti rilevamenti hanno inoltre evidenziato come essa sia stata edificata su delle preesistenti fondamenta romane. I documenti dei passato giunti sino a noi non indicano però chi fece costruire l'edificio che, considerata l'epoca, era senz'altro signorile. Si sa che alla fine dei XV secolo la casa era di proprietà degli Scaccabarozzi, ricca famiglia dei sulbiatese. Alla morte di Bernardo, ultimo rappresentante maschile del casato, la parte di eredità che comprendeva la casa passò nelle mani della figlia Ponzella, che la portò in dote nel 1573 a Tiberio Arcimboldi, il figlio naturale di Niccolò, allora proprietario dei castello di Sulbiate. Noto in tutto il milanese per i servizi militari che prestava ai signori di Savoia, Tiberio abitava per gran parte dell'anno nella casa da nobile, che cominciò cosi ad essere denominata "Villa Arcimboldi". Nel 1607 la villa passava in eredità a Francesco, suo fratello, ed era valutata ben cinquemila lire.
Nei due secoli successivi, sempre sotto la proprietà Arcimboldi, la casa venne concessa in affitto a diversi sulbiatesi: nel periodo tra il 1623 e il 1658 era inquilino Antonio Olgiati, che vi aveva aperto un'ostería. Nel 1727, con la morte dei marchese Guidantonio, si estingueva la famiglia Arcimboldi e ogni eredità passava al Luogo Pio della Stella di Milano; tuttavia Ambrogio Sala continuava a tenere in affitto l'abitazione pagando un canone annuo di cento lire imperiali, per proseguire la sua attività di oste. Verso la metà dei XVIII secolo la dimora veniva affittata da Giovanni Antonio Vismara che nel 1759 vi iniziava un commercio di seta, legname e grano, proseguito poi da Giuseppe Parma nel 1775. Sul finire dei XIX secolo, la ricca famiglia Rocchi acquistava le proprietà dal Luogo Pio della Stella, ma all'inizio dei nostro secolo, sommersa dai debiti, fu costretta a vendere tutto all'incanto. Cosi nel 1905 ne diventava proprietario il notaio Giulio Cesare Cremonesi, i cui discendenti sono ancora in possesso dell'edificio».
http://www.comune.sulbiate.mb.it/index.php?p=casa-da-nobile
Sulbiate (castello Lampugnani Cremonese)
«Nel corso dei XV secolo il
villaggio di Sulbiate era per gran parte di proprietà della famiglia Foppa,
che era presente nei luogo da oltre cent'anni. Ma la prima metà dei '500
vedeva il declino economico di questa famiglia, che fu costretta a vendere i
fondi a vantaggio della nuova borghesia, in questo caso rappresentata da
Paolo Lampugnani. Costui era un mercante milanese di oro ed argento e già
nel 1449 era in buoni rapporti con alcune importanti famiglie della zona
sulbiatese. In pochi anni diventava padrone di più della metà delle terre
del villaggio e, nel 1452, otteneva dal duca Francesco Sforza il privilegio
di costruirvi un castello, completato nel 1455. Pochi anni dopo, alla sua
morte, tutti i beni passavano alla figlia Susanna, che sposando un altro
Lampugnani, Prospero, faceva in modo che il castello rimanesse nelle mani
dei casato milanese. Nel 1481 erano ultimati gli interni dei fortilizio
previo il consenso dell'autorità ducale, nonostante i rapporti tra
Lampugnani e Sforza non fossero stati sempre di stima e cordialità. Nel
1467, infatti, una congiura organizzata da Giovanni Andrea Lampugnani,
Girolamo Olgiati e Carlo Visconti portava alla morte dei duca Galeazzo Maria
Sforza. Naturalmente i congiurati pagarono con la vita il loro gesto, ma
anche i loro casati dovettero subirne le conseguenze. E così veniva mozzata
una delle due torri angolari del castello di Sulbiate, quella dei lato
sud-est, e molto probabilmente ci fu anche qualche confisca di beni.
Tuttavia il castello rimaneva nelle mani di Prospero e Susanna Lampugnani e,
quando la figlia Chiara nel 1486 sposava Niccolò Arcimboldi, tutte le
proprietà terriere e immobiliari di Sulbiate, valutate oltre sedicimila
lire, passavano a quest'altra famiglia, originaria di Parma. Nel 1524 Chiara
Lampugnani, vedova già dal 1513, stabiliva nel testamento un vincolo su
tutti i beni immobili di Sulbiate, che perciò non potevano essere venduti e
neppure obbligati dai suoi tre figli. Gli Arcimboldi ne rimanevano cosi
proprietari fino al 1727, anno in cui si spegneva Guidantonio, ultimo
rappresentante della famiglia, che nominava erede universale il Luogo Pio
della Stella di Milano. Da qui l'intera possessione passava verso il 1854 ai
Rocchi, famiglia arricchitasi grazie al commercio della seta. La fortuna
della famiglia si incrementò poi anche grazie a matrimoni estremamente
convenienti come quello tra Cesare e la contessa Teresa Cocastelli, marchesa
di Montiglio. In seguito, peró, il tenore di vita troppo alto, provocó un
declino irreversibile dei Rocchi, che furono costretti a vendere tutti i
possedimenti all'asta. Questi, nel 1905, passavano alla famiglia di Giulio
Cesare Cremonesi, attuale proprietaria».
http://www.comune.sulbiate.mb.it/index.php?p=castello-lampugnani
«Ubicata accanto all'antica
piazza comunale ed alla chiesina di S. Pietro Apostolo, con le case
contadine accanto ad essa e costruite con lo stesso stile, la villa era il
simbolo del potere fondiario delle famiglie che l'abitavano ed era il perno
attorno a cui ruotava l'attività della comunità agricola di Sulbiate
Superiore. Edificata dai Figini, il cui stemma è tuttora visibile al centro
dell'arco del portone d'ingresso, il complesso architettonico è costituito
da una corte circondata su tre lati da magazzini, portici, laboratori e
dalla villa propriamente detta, alle spalle della quale si estende l'ampio
giardino cintato. Della dimora sì parla per la prima volta in un
"inventario" del 1564 allorché si afferma che il signor Niccolò Figini
possiede "un casamento da gentilhomo" con annessi un torchio e un giardino.
La famiglia Figini si estingueva dopo il 1729 con suor Laura Giovanna, al
secolo Gerolama, spentasi nel convento milanese di S. Marcellina. La villa
di Sulbiate e tutti i possedimenti annessi passavano così per lascito
testamentario alla fabbrica di S. Sebastiano di Milano e da questa, dopo
essere stati messi all'asta nel 1750, venivano acquistati dalla famiglia
Biffi. Al 1778, epoca in cui avveniva una divisione di proprietà tra i figli
dei fratelli Giacomo Antonio e Carlo Francesco Biffi, risale una descrizione
particolareggiata del palazzo; in particolare si desume l'esistenza di una
"peschiera", di "fornelli... ad uso della Filanda" ubicati sotto i portici
del corpo di fabbrica ai lati del cortile e di un "forno". Della villa in sé
si evidenziano il porticato centrale "...con quattro pilastri di pietra
molera finiti con sua base, e capitello, e sue lesene simili" e diversi
locali, dotati di camino, adibiti a studio, salotto e cosi via. Il valore
dell'intero complesso era stimato in lire 12.749, soldi 7 e denari 2,
cospicuo se si pensa che i caseggiati abitati dai contadini erano valutati
dalle 600 alle 2.000 lire al massimo. La famiglia Biffì si estingueva con la
morte del cav. Carlo Francesco (1879) e la sua salma era tumulata nel
sepolcreto eretto sul limitare del sagrato della chiesa parrocchiale. Nel
suo testamento del 1877 aveva nominato eredi universali i cugini ing.
Giovanni e rag. Francesco, fratelli Beretta, di Tregolo (Costa Masnaga). La
villa sulbiatese rimaneva nelle loro mani sino al 1935. Nel 1936 veniva
acquistata dal signor Mario Baraggia i cui discendenti ne sono ancora in
possesso».
http://www.comune.sulbiate.mb.it/index.php?p=villa-baraggia
«Canonica è posta sulla sponda
sinistra del Lambro, in essa fa spicco uno dei più antichi palazzi nobiliari
del Milanese: "Villa Taverna". Immersa in un grande parco, prima di essere
trasformato in villa (XVI sec.), era molto probabilmente un antico
fortilizio. L'edificio, dopo aver subito ampliamenti ed adattamenti
successivi su progetto di Pellegrino Tibaldi, assunse definitivamente pianta
a "U", schema tradizionale delle ville patrizie lombarde del XVI secolo.
Agli inizi del XVII sec. la villa divenne tristemente famosa per aver
ospitato Giampaolo Osio, omicida, e conosciuto dai più come Egidio, l'amante
della Monaca di Monza (personaggi manzoniani). L'Osio, braccato dalle
autorità, trovò rifugio presso la villa, venne in seguito arrestato e fatto
sopprimere negli scantinati della villa stessa. Oggi all'interno della
Villa, indenne da modifiche, è possibile ancora ammirare il giardino
all'italiana che conserva l'originario schema compositivo cinquecentesco, le
notevoli sale a volta ed un monumentale scalone che conduce al piano
superiore. ...».
http://it.wikipedia.org/wiki/Triuggio
Vimercate (casa-torre medievale)
«In Via Crispi è presente una
parete in possenti pietre lavorate sporgenti dal muro, che viene per
tradizione attribuita alla cinta muraria del castello medioevale di
Vimercate. L'edificio venne nel corso dei secoli adibito a sede del Vicario
della Martesana, del Tribunale, della Pretura, delle Carceri mandamentali.
Sul lato destro della parete è presente una pietra con incisa la data 1799:
molto probabilmente si riferisce all'epoca in cui l'edificio fu sede delle
carceri».
http://www.italiamappe.it/arte_cultura/monumenti_luoghi_storici/31175_Casa-Torre-Medioevale
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il complesso del ponte di San Rocco, forse il più noto di Vimercate, è interessante per la duplice funzione svolta di ponte sul torrente Molgora e contemporaneamente di porta del borgo medioevale. Si fonda su un ponte romano del III secolo d.C., cui soltanto nel XII secolo venne sovrapposta una porta difensiva, quella occidentale, citata per la prima volta nel 1153 come Porta de Moriano, più bassa della struttura attuale. Nel XIV secolo fu eretta la porta orientale e sopraelevata quella verso il borgo, portando il complesso vicino all'aspetto attuale. Nel corso dell'Ottocento venne interrata l'ultima arcata orientale, mentre il ponte divenne soggetto prescelto per stampe e illustrazioni, grazie al diffondersi del gusto neogotico della cultura romantica; da questo periodo la sua immagine sarà il simbolo dell'identità cittadina di Vimercate. La torre occidentale, quella verso il centro cittadino, è di pianta trapezoidale e deriva dalla somma di due diversi interventi. Il più antico è la più bassa porta-torre della fine del XII secolo, con portale concluso da due archi, uno in pietra e l'altro in mattoni, le cui strutture sono ancora perfettamente conservate e visibili nella parte inferiore, dove su tutti e tre i lati si notano i merli alla guelfa, in laterizio, della Porta de Moriano. Sull'arco in pietra è scolpita una piccola protome umana ad occhi sbarrati, della fine del XII secolo. Questa prima porta venne sopraelevata nella seconda metà del Trecento per svolgere un ruolo difensivo, garantito dai due ordini di feritoie e dagli archi pensili sulla sommità, dai quali era possibile calare liquidi bollenti addosso agli eserciti attaccanti. La torre orientale, a pianta rettangolare, venne eretta nella seconda metà del XIV secolo. Le forme attuali della parete centrale, in mattoni e completamente prive di aperture, derivano da interventi del tardo Cinquecento. Le due pareti laterali invece presentano la stessa muratura della parte alta dell'altra torre, vale a dire corsi di mattoni alternati a ciottoli di fiume, sulle quali sono presenti quattro feritoie. Il Ponte di San Rocco, unico esempio lombardo di ponte fortificato medioevale, ha acquistato nel tempo una forte valenza simbolica e storica, come provato dal fatto che si tratta dell'unica porta d'accesso al borgo, a differenza delle altre, non abbattuta nell'Ottocento».
http://www.museomust.it/drupal/itinerari/luoghi/ponte-di-san-rocco
©2012