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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI FERMO
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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«Si suddivide fra: la località marinara Marina di Altidona, caratterizzata da spiagge ghiaiose e lungomare con pista ciclopedonabile e il borgo storico, posto su di un'amena collina che domina dall'alto la porta d' ingresso alla Valle dell'Aso. Il territorio di Altidona risulta abitato fin dal paleolitico. In età romana vi sorgevano numerose villae con vista sul mare come quella di Barbula, noto produttore di vino palmense. Nell’alto Medioevo i monaci Farfensi e Benedettini di Monte Cassino vi fondano chiese e castelli. Nel XII sec. gli insediamenti sparsi vengono abbandonati e gli abitanti danno vita ad un nuovo castello intorno alla pieve di Santa Maria e San Ciriaco, trasferita sul colle dell’attuale paese. Fin dalle origini risulta sottoposta a Fermo come castello di seconda classe».
http://www.valdasomarche.it/comuni/1/altidona.aspx
Amandola (porta San Giacomo, casa torre)
«Porta San Giacomo.
Ricostruita nel 1863, ha la facciata posteriore,originale, ad arco a sesto
acuto con merli. La parte anteriore, verso la piazza, é, invece,barocca e
solo dal XVIII sec. Vi è stato trasferito l’orologio.
Casa Torre La Palombara. è
una casa colonica del ‘400, elevata di un altro piano, con una torre coperta
di coppi e, in cima, dei buchi come rifugio per i palombi. Si ha notizia di
un assalto che “la Palombara” di C. Manardi subì nel 1571».
http://www.sibillini.net/IL_PARCO/cultura_territorio/castelli/Amandola.htm
«Torrione del Podestà.
Di origine trecentesca, fu costruita accanto al Palazzo del Podestà e
restaurata nel 1547. Ha struttura a pianta quadrata e conserva l’orologio
che si trovava nel campanile della chiesa di S. Francesco, qui trasferito
nel ‘700.
Torrione di Cinta Muraria. Di origine trecentesca, fu costruita
accanto al Palazzo del Podestà e restaurata nel 1547. Ha struttura a pianta
quadrata e conserva l’orologio che si trovava nel campanile della chiesa di
S. Francesco, qui trasferito nel ‘700.Si tratta di resti di un torrione
merlato, con beccatelli, innalzato sopra la Porta del Pozzo nel 1436.
Torrione ex Artesi. è
l’unica torre della cinta muraria rimasta in piedi. Fu costruita nel 1462
dal Maestro Martino di Mariano da Milano e si possono ancora osservare i
merli e i parapetti a difesa che lo caratterizzavano».
http://www.sibillini.net/IL_PARCO/cultura_territorio/castelli/Amandola.htm
Belmonte Piceno (castello, torre di San Simone)
«Belmonte Piceno è collocato su una dorsale collinare a cavallo tra il fiume Ete Vivo e il Tenna. Le sue origini sono attribuibili alla popolazione preistorica dei Piceni; nel territorio belmontese sono infatti state trovate circa trecento tombe datate attorno al secolo VIII a.c., contenenti numerosi e preziosi ritrovamenti, come monili, vasellame in ceramica, armi e oggetti in ambra, per la cui produzione Belmonte era un centro notevole. Nel 269 il territorio, crocevia dei traffici, aveva raggiunto un elevato grado di prosperità e fu conquistato con le armi dai Romani, i quali vi stabilirono una colonia di cui restano le tracce nei ruderi e in un'epigrafe su marmo bianco incastonata nella facciata della chiesa romanica di Santa Maria in Muris. La chiesa, denominata anche di San Simone, fu costruita dai monaci farfensi, tra il 936 e il 962, sulle rovine romane; in essa è evidente che la torre quadrangolare, facciata della struttura, sia un torrione di vedetta facente parte della cinta fortificata romana che correva lungo la dorsale collinare. Il dominio farfense è testimoniato da un registro del secolo XI e furono essi a dare l’attuale nome al castello feudale presente sulla vicina altura risalente anch’esso ai secoli X e XI. Nel XIV secolo Belmonte fu un notevole centro del commercio fermano,proteggendo con le mura esterne, il centro urbano, mentre nel territorio si diffondevano le case rurali e le chiese di campagna. Il centro storico nel suo aspetto attuale complessivamente è di origine sette-ottocentesca, tranne la presenza di alcune mura di cinta datate attorno al XV secolo. Nella piazza principale si trovano il Palazzo Mandolesi-Ferrini, quello Nobili e la chiesa parrocchiale di San Salvatore, nella quale è conservata una statua lignea del XV secolo, una croce stazionale in argento sbalzato del sec. XVII ed un prezioso reliquiario della Santa Croce».
http://www.provincia.fermo.it/comuni/belmonte-piceno
Bucchiano (resti del castello)
«Per spiegare l'origine del nome di questo comune [Monte Rinaldo] si ricorre ad un racconto dal sapore leggendario: tre fratelli, Pietro, Elpidio e Rinaldo, avrebbero fondato i castelli di Monsampietro Morico, S. Elpidio Morico e Monte Rinaldo. Questa storia è forse riconducibile al dominio feudale di epoca franca e ad ulteriore conferma del legame esistente c'è il fatto che il Patrono di Monte Rinaldo, San Leonardo, proveniva da una nobile famiglia franca, vassalla del re Clodoveo. Una spiegazione autoctona, non confermata, attribuisce la sua fondazione a un Rinaldo Morico, figlio illegittimo di Rinaldo di Monte Verde, quest'ultimo realmente esistito e signore di Fermo negli anni 1376-1379. Anche in questo caso potrebbe essere il riflesso di un evento storico: nei dintorni esisteva il castello di Bucchiano, che tra il XII e XIV secolo rivestiva grande importanza ed era oggetto di contesa tra le vicine Montelparo e S. Vittoria. La sua distribuzione nel 1378, da parte del Rettore della Marca, viene riportata come un provvedimento contro Rinaldo di Monte Verde».
http://www.galpiceno.it/scheda_comune.php?id=15
«Intorno alla metà del XIV secolo vengono costruite le mura castellane, ancora visibili e ristrutturate più volte nel corso dei secoli. All’interno delle mura possiamo ammirare edifici e vicoli di stile medioevale, il teatro costruito subito dopo la fine della I guerra mondiale è tutt’ora funzionante. Il borgo, di forma affusolata, sorge lungo una via principale in cui si affacciano i principali edifici alle cui spalle si apre un labirinto di vicoli, a tratti coperti da volte a botte e a crociera e che, di tanto in tanto, lasciano intravedere la bellezza del panorama che lo circonda. ... Porta da Bora: ricostruita in epoca rinascimentale, fin dall'inizio, insieme a quella detta "da Sole", ha svolto la funzione di sbarramento lungo l'antica arteria viaria romana. Porta Marina: ottenuta sfondando il torrione situato nella punta orientale del vecchio abitato, costituisce oggi l’ingresso principale del centro storico di Campofilone. Porta da Sole: verso la fine del XIX secolo non si sentiva più l'esigenza di difendersi dai Saraceni o eserciti stranieri e le opere di fortificazione avevano perduto la loro importanza. Purtroppo in questo periodo, per ottenere uno spiazzo più ampio e un'entrata più comoda, è stata abbattuta la porta detta "Da Sole" con il suo sistema difensivo che l'ha resa imprendibile per diversi secoli».
http://www.valdasomarche.it/comuni/2/campofilone.aspx
«La Castagna: struttura muraria a pianta quadrata e a forma di torre, d’incerta origine, utilizzata sicuramente come ritrovo di caccia nel XVI sec. Attualmente Campofilone conserva, oltre ai tratti di mura merlate, due torrioni poligonali situati a est ed ovest del centro murato; il primo è stato trasformato nella porta detta Marina e l'altro è situato nella punta occidentale del cosiddetto "Orto Abbaziale"; essi avevano la funzione di difesa contro assalitori, soprattutto Saraceni che per secoli hanno depredato le nostre coste e l'immediato entroterra razziando e depredando beni e persone che venivano vendute poi sui mercati della costa africana. Poiché le mura e i torrioni sono stati costruiti dai Fermani agli inizi del XIV sec. e poiché questi in tale periodo parteggiavano per l'imperatore, i merli sulla sommità sono pertanto ghibellini, cioè formati a coda di rondine».
http://www.valdasomarche.it/comuni/2/campofilone.aspx
Falerone (borgo fortificato, Loggia dei Mercanti)
«...Furono quasi sicuramente i Saraceni a costringere gli abitanti di Falerio Picenus ad abbandonare la cittadina in seguito agli incidenti e ai delitti dei predoni che avevano la loro base d’appoggio nel territorio compreso tra Tivoli e Pescara. Gli scampati furono costretti a rifugiarsi sul colle sovrastante il Tenna e la vita comunitaria riprese vigore. Dall’anno Mille al Rinascimento, la storia del nuovo centro urbano si identifica con quella dei vari signori che governarono Falerone, dal conte Mainardo a Gilberto I, a Esmidone, a Ruggero detto Fallerone I, a Baligano, a Fallerone II, via via fino a Pietro III e Fabrizio Emiliano. Furono anni in cui Falerone poteva contare su possedimenti molto estesi, da Montefortino a Caldarola, da Comunanza a Grottazzolina, da Force a Massa Fermana. A Falerone apparteneva l’attuale “Castel Manardo”, ricco, nel suo versante verso Amandola, di pascoli per le numerosi greggi, di boschi di castagno e faggio» - «Costruita nel 1478, [la Loggia dei Mercanti] è costituita da due ordini di arcate in laterizio con ghiere anch'esse in laterizio. La Loggia fu restaurata nel 1571».
http://www.comunefalerone.it/?p=278 - http://sirpac.cultura.marche.it/web/Ricerca.aspx?ids=66255
«Il centro storico di Fermo è delimitato da una cinta muraria quattrocentesca, di epoca sforzesca, in parte ancora visibile, munita di torri rompitratta e porte di accesso; le porte della cinta storica dedicate a Sant'Antonio, Santa Caterina e San Giuliano sono ancora presenti, mentre gli ingressi alla città corrispondenti a Porta San Francesco (detta anche "Porta marina") e Porta San Marco sono state eliminate nell'Ottocento a seguito dell'intervento urbanistico di Giovanni Battista Carducci che ha realizzato la nuova Porta San Francesco a pochi metri di distanza dalla vecchia e Porta Santa Lucia. Il castello di Fermo, invece, è stato abbattuto alla fine del Quattrocento dalla furia popolare che lo vedeva strumento di potere degli Sforza, poi cacciati dalla città. Il Castello sorgeva sulla cima del Colla Sabulo, ove oggi c'è la spianata del Girfalco, che ospita un parco pubblico accanto alla Cattedrale».
http://it.wikipedia.org/wiki/Fermo#Architetture_militari
«Il Palazzo dei Priori è uno tra i più antichi edifici pubblici di Fermo. Si trova in Piazza del Popolo e nasce dall’unificazione di due palazzi già esistenti: un palazzo privato, nella parte nord, e l’antichissima Chiesa di San Martino, che un tempo dava il nome alla piazza, nella parte sud. Il prospetto attuale è rialzato di tre metri rispetto agli edifici originali, per un progetto del XVII sec. che gli ha dato la singolare apertura a ventaglio. Il palazzo fu iniziato ne 1296 e terminato nel 1590 e nell’insieme ha una struttura rinascimentale. La facciata,bellissima, si apre a ventaglio sulla piazza con due ordini di finestre incorniciate da mostre di travertino e una doppia scalinata centrale. Questa è sormontata dalla statua in bronzo di papa Sisto V, eseguita da Accursio Baldi detto il Sansovino nel 1588, e voluta dai Fermani per amore del corregionale Felice Peretti. All’interno il palazzo ospita la Pinacoteca Civica con una raccolta che va dal medioevo al XIX sec. e il Museo Archeologico, con la collezione permanente “Dai Villanoviani ai Piceni”. Inoltre nel palazzo si possono visitare la “Sala dei Ritratti” (così chiamata perché ospita ritratti di personalità illustri), un tempo chiamata Sala delle Commedie perché fino al Settecento veniva usata come struttura teatrale, la Sala Consiliare, la Sala Rossa, la Sala dei Costumi e la Sala del Mappamondo, così chiamata perché contiene il grande globo terracqueo realizzato nel 1713 dal grande cartografo Amanzio Maroncelli. La Sala del Mappamondo, risalente al 1688, contiene numerosi volumi appartenenti alla Biblioteca Civica ed è interamente rivestita in legno con scaffalature in noce e soffitto a cassettoni».
http://www.fermomia.it/fermo/fermo/palazzo-dei-priori-fermo.html
«La torre risale ai secoli XII e XIII. Nel secolo XV la torre risulta dal catasto del 1480 essere proprietà della potente corporazione laico-religiosa della Fraternita, insediatasi nella contrada di san Bartolomeo nel 1341. Nel secolo XVI la torre probabilmente apparteneva alla famiglia Matteucci, che nella contrada di san Bartolomeo possedeva beni, come attesterebbe lo stemma cinquecentesco della famiglia apposto sulla torre. Stato di conservazione (intero bene): mediocre».
http://sirpac.cultura.marche.it/web/Ricerca.aspx?ids=65938
«La Villa Vinci a Fermo si affaccia, a ponente, sul piazzale del Girfalco ( o Girone) di fronte al Duomo, in pieno centro urbano alla sommità del colle (il Monte Sabulo) su cui si distende la città. è un raro esempio, almeno per le Marche, di villa urbana e non rurale, che quindi non insiste su una proprietà agricola o sul contado circostante. Si trova sul terreno occupato, nei tempi antichi, dall’acropoli, e, nel Medio Evo, dalla possente rocca, da ultimo occupata dagli Sforza e demolita a furor di popolo nel 1446. Fu un antenato degli attuali proprietari, Buongiovanni Vinci, figlio di Vanne, a guidare i fermani per scacciare dalla Rocca del Girone Alessandro Sforza e a consegnare le chiavi della Città di Fermo al cardinal Ludovico Scarampi, Patriarca di Aquileia, legato del Pontefice Eugenio IV. Successivamente, dal 1593 agli inizi dell’Ottocento, ospitò un luogo cappuccino (il convento di San Lorenzo, con annessi chiesa, orto e selva): nel 1810, a seguito dell’occupazione napoleonica del 1808 e dell’annessione delle Marche al Regno italico, venne decretata la soppressione di tutte le corporazioni religiose e, conseguentemente, anche l’Ordine dei Cappuccini fu costretto ad abbandonare il posto dove si era insediato per poco più di due secoli. Il convento fu quindi acquisito dal demanio e venduto all’asta pubblica. Acquirente fu il conte Francesco Paccaroni il quale, essendo tesoriere del Dipartimento del Tronto, ricorse per l’aggiudicazione ad una persona di sua fiducia, entrando in definitivo possesso dell’edificio nel 1811. Il nuovo proprietario fece modificare la forma originaria dell’edificio che venne trasformato in residenza gentilizia utilizzando prevalentemente materiali provenienti dalla demolizione del convento, mentre l’orto e la selva furono adattati a giardino e parco. Alcuni decenni più tardi, la Villa Paccaroni subì radicali modifiche su disegno dell’architetto Giambattista Carducci che realizzò, tra l’altro, la la facciata in stile neoclassico ed uno scenografico salone il cui soffitto è ornato da pitture decorative classicheggianti degli artisti fermani Nunzi, Morettini e Maranesi. La Villa giunse successivamente al conte Giovanni Battista Giammarini, figlio di una Paccaroni, dal quale venne acquistata il 20 aprile 1891 - per concordato con il suocero, stipulato in occasione delle proprie nozze con Donna Maria dei principi Falconieri Gabrielli di Carpegna - dal conte Guglielmo Vinci, appartenente ad una antica famiglia fermana, nonno e bisnonno degli attuali proprietari. Dal 1914 il bene è sottoposto a vincolo delle Belle Arti».
http://www.provinciadelfermano.it/villavincigilucci.htm
Francavilla d’Ete (castello e borgo)
«Francavilla d’Ete sorge sulla cima di un colle, tra le valli dei fiumi Fusa e Ete morto. Il nucleo urbano originale è lo stesso che si conserva oggi, con la piazza principale che ha sostituito la struttura dell'antico castello. Il territorio collinare che circonda Francavilla degrada verso il mare ad est e cede il passo alla catena montuosa dei Sibillini ad ovest. Le origini del primo agglomerato urbano si fanno risalire, secondo le fonti, all'anno 1140, quando le servitù padronali dei Conti di Gualdrama e Montirone fuggirono per nascondersi sul monte Tiziano, dove ora sorge Francavilla, e dare origine ad un agglomerato libero da servitù, per l'appunto "franco", da cui probabilmente il nome Francavilla. Il castello di Francavilla d’Ete sarebbe quindi sorto, secondo la tradizione, per iniziativa di due servi sfuggiti ai loro padroni, ma il nome è tipico dei borghi che godevano di particolari esenzioni o franchigie in ragione della loro posizione strategica. Il castello risulta menzionato come possedimento vescovile nel 1157 e nel 1385 viene riscattato da Fermo dopo la conquista da parte del capitano di ventura Averardo della Campana. Il centro si sviluppò intorno alla chiesa di S. Ruffino, oggi scomparsa, con un impianto poligonale dotato di sei torrioni merlati e di una sola porta a sud; il borgo esterno si è sviluppato intorno al XVI sec. ... Il Palazzo Comunale, situato in Piazza Vittorio Emanuele II, risale ad epoca lontanissima. Nel lato sud-ovest ha incastonato uno dei sei torrioni del Castello risalente al 1140. Nei sotterranei si potevano ammirare ardite volte reali. Subì forti danni dal terremoto del 1943, con il crollo di tutto il tetto e di parte delle murature perimetrali ed interne. L'Orologio Comunale si trova attualmente in un vano sopra la porta a sud della piazza principale sormontata da una incastellatura di ferro che sorregge le due campane delle ore e dei quarti. C’è da ritenere che l’orologio sia stato trasferito nel 1786 nella torre del Palazzo Priorale e che poi in epoca seguente sia stato riportato nella vecchia sede».
http://www.dariocingolani.it/ifermo/francavilladete.html
Grottazzolina (castello o residenza fortificata Azzolino)
«Il castello fu eretto dai monaci Farfensi nella prima metà del X secolo: subito dopo passò sotto i canonici di Fermo, che cambiarono il nome in `Grotta dei Canonici” (Crypta Canonicorum). Nel 1217 papa Onorio III concesse la marca ad Azzo VII (Azzolino), che diede al castello l'attuale nome di `Grotta Azzolina”. Dal XIV secolo Grottazzolina fu sotto il dominio della città di Fermo. Nel 1407, circa 1000 fanti e 1500 cavalieri, agli ordini di Benedetto da Montefeltro, occuparono la contea di Fermo e presero d'assalto Grottazzolina, saccheggiandola e incendiandola. In seguito il castello fu saccheggiato più volte: nel 1413 da Carlo Malatesta da Cesena; nel 1422 dai mercenari di Braccio Perugino; nel 1444 da Niccolò Piccinino. Nel 1465, dopo un periodo di relativa calma, per futili motivi si scatenò una discordia con gli abitanti di Ponzano e Montegiberto, con reciproche rappresaglie, dispute ed uccisioni. Un documento di un autore anonimo, Notizie del Castello di Grottazzolina, scritto ed esibito nel 1782, permette di avere un'idea di come doveva, a quell'epoca, presentarsi il Castello di Grottazzolina: “Resta egli edificato in un terrapieno di considerabile profondità, con tre torrioni e due baluardi, uno dei quali ridotto in pubblica chiesa, che porta il titolo di 'S. Monica' e due anche di presente superstiti, tuttoché ceduti a comodo degli edifici contigui... Questi ridotti in effettive abitazioni private. La porta del pubblico ingresso, che ora guarda l'Ovest, sappiamo era posta all'Est, né poteva transitarsi se non col beneficio di un ponte levatoio, sovrapposto ad un scavo fossato non indifferente...”. Per la costruzione del Castello, la collina su cui sorge oggi Grottazzolina venne scavata ai lati e spianata alla sommità in modo da ottenere una superficie piana. Per il rivestimento delle pareti si usarono pietre di fiume, legate tra loro con un impasto di argilla. Intorno al castello si scavò il fossato, nel quale si posero pietre e pali appuntiti. Un ponte levatoio permetteva l'entrata al castello. Il castello di Grottazzolina aveva soltanto un'entrata, che era posta sotto il mastio. Successivamente, per motivi di sicurezza, le case, prima sistemate vicino alla Chiesa (attuale San Giovanni), vennero spostate all'interno del castello. Il Castello di Grottazzolina conserva ancora la sua struttura medievale, con la cinta muraria che fu consolidata alla fine del `700) anche se vi sono porzioni originarie delle mura medievali) ed una forma quadrangolare allungata con, originariamente, quattro torrioni agli angoli, uno dei quali era visibile nella sua struttura originaria prima del crollo del 1964. Attualmente l'amministrazione Comunale ha avviato interventi di recupero e di rivitalizzazione del centro storico, con particolare riguardo al nucleo del Castello».
http://digilander.libero.it/lucia89/Il%20%20%20Castello%20di%20Grottazzolina.htm
Lapedona (castello, palazzo Comunale)
«Il più antico codice dell’Archivio di Fermo, il Liber Jurium Episcopatus Firmi, noto come “Codice 1030”, contiene documenti che ci danno notizie sui due castelli di San Martino e di Saltareccio. La prima volta che compare il nome di Lapedona è in un documento del 1148: il vescovo di Fermo, Liberato (1128-1150), conferma all’eremo di Santa Croce di Fonte Avellana (PU) il possesso di chiese e beni nella diocesi fermana, tra cui la chiesa di San Quirico intra castellum qui dicitur Lapidona. Non si hanno documenti che attestino il periodo di fondazione dell’attuale centro abitato. Tuttavia, nessuna delle chiese presenti all’interno dell’attuale paese risulta negli elenchi delle decime prima del 1299; solo nel 1302 si ha notizia della chiesa di San Giacomo e una lapide, ricordata nelle relazioni di visita pastorale del 1728 e del 1842, attestava che la costruzione della chiesa di San Giacomo era stata ultimata nel 1321. Alcuni studiosi ipotizzano che l’originario castello di Lapedona inglobasse la chiesa di San Quirico e che, agli inizi del Trecento sorse l’attuale centro storico, con il fenomeno dell’incastellamento e il trasferimento dei titoli rurali delle chiese. Il castrum Lapidone figura nell’elenco dei castelli che Aldobrandino d’Este, marchese di Ancona, assegna alla città di Fermo il 10 giugno 1214 “cum hominibus in dictis castellis habitantibus et eorum podiis et villis”, ma l’effettiva dipendenza di Lapedona (e dei castelli vicini) da Fermo è da riferirsi piuttosto la 1238 quando il vescovo-conte di Fermo Filippo II affida al comune tutte le proprietà della chiesa, dal fiume Potenza al Tronto. Da quell’anno Lapedona diviene castello della città di Fermo e ne segue le alterne vicende» (da L. Rossi - G. Crocetti, Lapedona. Storia e Arte, Fermo 1998) - «L'ingresso al castello avviene attraverso le due porte: Porta Marina, a sud-est, con arco gotico e merlature ghibelline aggiunte recentemente e Porta del Sole, a sud, che immette nella principale Piazza Leopardi. Salotto naturale, sul quale si affaccia a sud il Palazzo del Comune con loggiato ultimato nell’anno 1589, a nord la facciata con timpano rialzato e portale lavorato in pietra della Chiesa di San Nicolò con al centro una bella fontana costruita nel 1900, all'inaugurazione dell'acquedotto, che portò l'acqua nelle abitazioni del paese. La sistemazione della Piazza risale al XVI secolo, epoca del Palazzo Comunale, il cui loggiato è costituito da due archi di eguale misura e da un terzo con una luce più ampia, sotto al quale è stato collocato il cippo funerario romano di "Tito Accavo Filadelfo", un liberto dell'imperatore Tito».
http://www.comunedilapedona.it/c044025/zf/index.php/storia-comune - http://www.valdasomarche.it/comuni/5/lapedona.aspx
«Mura. Si è portati a pensare, studiando il tracciato murario tardomedievale di Lapedona, che esso sia di epoca posteriore rispetto ad altri incastellamenti limitrofi, tanto da sostenere che l'incasato sia stato costituito tra il XIII ed il XIV secolo. Di forma vagamente ellissoidale, la cinta segue le naturali pendenze del terreno ed era interrotta da torrette quadrate, alcune tuttora visibili. Interessante è l'angolo delle mura a ovest dove rimangono buona parte delle scarpature ed i resti della base di un probabile torrione; ad est invece svettava la rocca, oggi demolita, della quale rimane la base della torre principale, oggi adibita a campanile della chiesa di San Lorenzo. ... Porta Marina. In realtà si tratta di una controporta costruita a pochi metri dal vero ingresso al borgo, sulla rampa d'accesso, che serviva principalmente per smorzare la foga delle cariche degli assedianti. Dell'originale, demolita nei primi del'900, rimane solo la decorazione in cotto dell'arco installato sopra l'attuale fornice. Di gradevole impatto scenico, si addossa ai resti delle mura civiche orientali e la merlatura risulta aggiunta in epoca recente. Una feritoia completa le difesa della struttura, mentre nello spessore murario è stata ricavata un'edicola votiva nei pressi della quale vi è murata una pietra in arenaria raffigurante una sirena e due pavoni che si abbeverano ad una fonte. Più avanti è presente una strettoia che immette nel tessuto viario del borgo: qui sorgeva l'antica porta Marina, visibile in qualche foto d'epoca. ... Porta del Sole. Si erge alla fine di una stretta e tortuosa rampa che sale, fuori le mura, dalla base del palazzo comunale fino ai portici, che si aprono sulla piazza principale del paese. Una torre di pianta quadrata, probabilmente più elevata e fornita di difese aggettanti, controllava il ripido passaggio rendendolo difficilmente espugnabile, aiutato probabilmente da altre opere difensive site dirimpetto alla porta. Tramite una piccola porta è possibile accedere alla casamatta sopra la volta, dove prendevano posto i difensori. Nel corso dei tempi la porta è stata inglobata al palazzo comunale ed è possibile riconoscere, su una delle pareti, delle feritoie murate».
http://www.habitualtourist.com/cinta_muraria(lapedona) - ...porta_marina(lapedona) - ...porta_da_sole(lapedona)
Magliano di Tenna (castello e Torre da Bora)
a cura di Fabio Mariano
«Vi si arriva con l'ultimo tratto della Montapponese. Si conferma uno dei centri più rilevanti per la produzione dei cappelli; anche se la tradizionale paglia viene sempre più ampiamente sostituita dalla tela, dal feltro e dalla lana. Superato il bivio per Mogliano, si risale il Borgo sette-ottocentesco e si raggiunge via Cavour, che segue il perimetro del Castello medievale, costruito quasi a custodia dell'alta valle. Nel secolo XI era sotto la giurisdizione dei vescovi di Fermo; poi fu feudo della potente famiglia dei Brunforte. Oltre l'ufficio postale, sempre in via Cavour, c'è spazio per parcheggiare. L'orizzonte, da Ovest a Sud, è chiuso dallo scenario imponente del gruppo dei Sibillini fino al Vettore, cui seguono il Gruppo della Laga ed, in fondo, il Gran Sasso d'Italia. Dalle falde montuose digrada la serie collinare, punteggiata di centri urbani: in lontananza San Ginesio, il più popoloso, poi Loro Piceno e Sant'Angelo in Pontano, tutti in provincia di Macerata, fino ai più vicini Falerone, Monte Vidon Corrado, e Montappone. Ripercorso in senso inverso il tratto di via Cavour, il visitatore si trova di fronte al lato meridionale dell'antico castello, Porta Sant'Antonio .... Riguadagnato il borgo, si prende la provinciale per Mogliano e si scende in frazione Madonnetta. Da qui si raggiunge, sulle pendici di Monte Stallo - la cui sommità, nel secolo scorso era "coronata da vasta ed antica selva" - il convento di san Francesco, pregevole manufatto del secolo XIV, ormai in avanzato degrado».
http://www.lemarche.com/it/destinazioni/fermo/massa-fermana.html
Massa Fermana (resti del castello dei Brunforte, porta di Sant'Antonio)
«Antico e glorioso castello medievale appartenente alla famiglia dei Brunforte, che cominciò a perdere di fama e ricchezza nel XIV secolo per le continue discordie tra i discendenti della famiglia stessa. Nel 1327 si sottomise a Fermo, che aiutò il popolo massetano a costituirsi in libero Comune. Massa Fermana può vantare opere d'arte di rarissimo valore, come un Crivelli, certamente la più antica opera del pittore veneziano nelle Marche. Porta Sant'Antonio è una singolare testimonianza del Castello trecentesco dei Brunfonte. è aperta alla base di una torre con piombatoi e merli ghibellini; la fiancheggiano due doppie logge a quattro arcate, quella di destra, e a tre (in parte occluse) quelle di sinistra».
http://www.lemarche.com/it/destinazioni/fermo/massa-fermana.html
Monsampietro Mòrico (castello)
«Il castello merlato al centro del paese risale al 1061, mentre la chiesa romanica di San Paolo, nel cimitero, è del XIII secolo. Questo castello fu completamente rifatto nel Quattrocento. Dell'antica struttura difensiva è interessante la torre, edificata in pietra con conci perfettamente squadrati. Essa è posizionata a difesa della porta romanica sottostante. Era circondata sulla sommità da un aggetto che favoriva il tiro piombante».
http://it.wikipedia.org/wiki/Monsampietro_Morico#Monumenti_e_luoghi_d.27interesse
Montappone (borgo e resti del castello)
«I primi documenti scritti riferiti a Montappone risalgono a non oltre il secolo XIII. La famiglia Nobili vi dominò fin dall’origine, legata in parentela con quella dei Brunforte, signora di molte cittadine confinanti. Nel 1055 Montappone risulta sotto il dominio dei vescovi di Fermo. All’inizio del secolo XIII due fratelli, Folco e Ricciardo, signori di Massa e di Montappone, si divisero i possedimenti, l’uno ebbe Massa, il secondo Montappone. A questi Signori fu assegnato il titolo di Marchesi da Nicolò IV, nel 1291. All’inizio del secolo XIV Montappone venne soggiogato da Monteverde e più tardi assediato e quasi distrutto da Gentile da Mogliano. Nel 1331, come Fermo, Montappone fu di nuovo oppresso dal potente Signore mercenario di Monteverde. A causa dei soprusi e delle vessazioni che opprimevano i loro vassalli, gli uomini di Montappone si consegnarono alla città di Fermo. Nel 1371 venne ricostruito Montappone, su licenza del Cardinale Pietro d’Estaing e con la clausola di rimanere sotto il dominio di Fermo. In un solo anno venne ripristinato il castello. Nel 1446, successivamente alle conquiste del guelfo Carlo Malatesta nel 1413 ed ai 15 anni di governo di Francesco Sforza, tutto il territorio tornò all’obbedienza del papa. Nel 1538, papa Paolo III incaricò a governare lo Stato Fermano il cardinale Ranuccio Farnese. Come tutti gli altri Castelli sotto il dominio di Fermo, anche Montappone era governato da un vicario, che rappresentava la più alta carica del Comune».
http://www.galpiceno.it/scheda_comune.php?id=9#
Monte Giberto (borgo e resti del castello)
«Posto sopra un colle sulla media valle dell’Ete Vivo, verso la metà del XI secolo fu presidio fortificato dei Farfensi, i monaci Benedettini provenienti dall’Abbazia laziale di Farfa. Nel secolo XII da villa divenne castello ed assorbì i castelli di Casale e del Podio, situati nello stesso territorio. Il Castello di Casale, segnalato già in un documento del 1059, si trovava a sud dell'attuale centro urbano di Monte Giberto, nella zona detta ancora oggi "Campo Casale" e si configurava come il tipico castello medievale: era, infatti, munito di porte, con un'entrata e un'uscita, di un fossato di cinta (carbonaria) e di altre difese strutturali (aedifitia), oltre che naturali con le ripe a nord ovest. Accoglieva dentro le mura una chiesa dedicata a Giovanni Battista. Gli abitanti erano liberi da ogni sudditanza rispetto al signore (dominus) Longino di Suppone e costituivano una corte (curtis), che estendeva le sue terre all'intorno. Il Castello dei Podio, è segnalato dal Regesto di Farfa nel 1070 come antica proprietà farfense, usurpata dai vescovi fermani Errnanno (1047-1055) e Ulderico (1057 - l073). Viene detto: Castrum quod Podium vocatur. Da vari e concreti indizi si evince che esso sorgeva nella contrada detta oggi "Castelletta", di fronte a Grottazzolina. Aveva una chiesa dedicata a S. Martino e un'altra a S. Nicolò di Bari. Estendeva le sue consistenti "pertinenze" con i "corsi d'acqua" presso il fiume Ete e il torrente Rio. Fin dal 1356 troviamo incluso Monte Giberto, il cui nome pare derivare da un suo omonimo castellano (pare che già prima del 1166 fosse possedimento del feudatario Giberto - sposo di Cecilia e padre di Trasmondo), nell’importante elenco trecentesco dei castelli fermani (la Descriptio Marchiae Anconitanae, redatta al tempo del cardinale Egidio Albornoz) che suddivideva i fortilizi in tre ripartizioni: esso rientrava in quelli “verso il monte”, di fatto un avamposto verso ovest, che perciò fu rafforzato mediante una cinta muraria con quattro torrioni, due dei quali esistenti e restaurati. Seguì in tutto le vicende di Fermo. Nel 1407 subì l’assedio di Braccio da Montone e dei suoi alleati. La sua struttura urbana si snoda secondo una caratteristica pianta compatta, semplice ma armonica ed elegante, che fa convergere l’abitato sulla piazza della Vittoria, così denominata dal 1918, forse l’antica corte del castello originario, piazza da cui si diramano vie e viuzze».
http://castelliere.blogspot.it/2012/03/il-castello-di-giovedi-15-marzo.html
Monte Giberto (casa Millevolte)
«Incastonata tra le mura cittadine, che un tempo proteggevano il paese e che ora accolgono amichevolmente i visitatori, Casa Millevolte si presenta in un edificio a tre piani che si estende sopra un antico arco medievale (collegato con ripide scale alla 'porta da sole ", forse antica porta di accesso sul lato sud del castello). La costruzione originaria risale al XII secolo, quella successiva al '600. Completamente ristrutturata nel 2000, la casa mantiene inalterate le caratteristiche delle case della campagna marchigiana e con esse la stessa atmosfera. La sua posizione, nel centro storico e nei pressi della piazza del Castello, principale piazza del paese ...».
http://www.casamillevolte.it/ita/casamillevolte_ita.htm
Monte San Pietrangeli (torre Civica)
«Quando nel 1536 i Fermani rasero al suolo l'intero abitato, risparmiarono soltanto la parte inferiore della trecentesca Torre civica, in cui al tempo era probabilmente ubicata la Cappella dei Priori. La porzione superiore del manufatto è stata ricostruita nel XVII secolo e innalzata fino a raggiungere i 31 metri di altezza. La struttura è dotata di un elegante portale di gusto trecentesco, alla cui sommità è visibile lo stemma comunale adottato nel XIV secolo: tre bulbi d'aglio intrecciati, disposti al di sopra di tre monti. In quanto posto a dislivello, l'arco d'ingresso è raggiungibile solo per mezzo di una scalinata; siamo di fronte ad uno dei pochi elementi architettonici medioevali ancora esistenti in paese, di sicuro il più interessante e significativo tra quelli scampati al devastante episodio bellico della prima metà del Cinquecento. A ridosso della porzione secentesca sono collocati un orologio e una meridiana, mentre un secondo orologio è orientato verso Piazza Umberto I. La più grande tra le due campane ospitate nella torre (rifusa nel 1746), è ornata dalle immagini a rilievo dei santi patroni del paese. Il manufatto culmina in un cupolino di forma ottagonale sormontato da una croce. Superato il portale facciamo ingresso nella già citata cappellina, in cui si sono conservati alcuni squarci di affresco risalenti all'inizio del '500. Dai pochi lacerti, emergono una "Vergine Annunziata" (sopra la porta) e la figura di "Maria che prega leggendo, mentre San Giuseppe le fa luce". Anticamente la base del fabbricato era adibita a prigione, unico ambiente ristretto e umido, nascosto dalla scalinata e illuminato da una sola feritoia: una vera e propria "gattabuia"! La torre civica s'addossa all'edificio che ospita il Cine-Teatro "Sala Europa", ristrutturato nel 1996 e capace di 132 posti a sedere. In età medioevale, probabilmente sorgeva al suo posto il Palazzo dei Priori, che dal 1727 al 1763 sarà anche sede comunale».
Monte Urano (castello, centro storico)
«...Nel XII secolo assieme ad altri castelli si schierò contro Fermo con Marcovaldo di Annwiler, creato nel 1195 marchese della Marca di Ancona, che tentava di sottomettere la città e l'episcopio fermano. Nel 1202 il castello di Monte Urano compare invece assieme ai comuni schieratisi con Fermo che muove guerra ad Ancona ed a quanti si sono affiancati a quest'ultima, come Sant'Elpidio che, dopo la sconfitta subita e l'accordo di pace firmato a Polverigi, dovrà riedificare parte delle mura del Castello di Monte Urano che aveva distrutte. Le mura della città risalivano infatti alla metà del XII secolo ed in seguito, durante il periodo del dominio di Federico di Svevia, per ordine di Onorio III tutte le località marchigiane iniziarono a fabbricarne. Il termine Castello indica un insediamento fortificato attorno al quale si stabilisce e va a risiedere, incastellandosi per necessità difensive, una popolazione di coloni e piccoli proprietari terrieri. A quest'epoca risale il nucleo compatto e densamente edificato sulla parte più alta del colle, dove sono ancora visibili resti delle antiche mura ed il torrione esagonale (XIII-XIV secolo) inglobato in una chiesa. Al castello si accedeva attraverso la Porta da Sole, unico accesso, aperto a sud. Nel 1252 stipulando patti con il podestà di Fermo Raniero Zeno, doge di Venezia successivamente, Monte Urano si sottopone alla sua legislazione, conservando i propri diritti e statuti. Infatti Raniero Zeno "ampliò il predominio di Fermo sul territorio circostante favorendo l'inurbamento delle famiglie feudali dei castelli con un'abile manovra politica che mirava ad assicurare, con la sottomissione del contado, il rifornimento del grano e di olio necessario a Venezia". Fermo infine acquisterà in enfiteusi Monte Urano, assieme ad altri castelli, dal capitolo metropolitano. Con l'intervento del cardinale Egidio Albornoz teso a riportare sotto il controllo della Santa Sede il suo territorio, riorganizzando lo Stato della Chiesa, anche Monte Urano, assieme ai castelli dipendenti da Fermo, fu convocato a prestare giuramento di fedeltà. "Il cardinale ridefinì tutta la legislazione del rapporto tra città e territorio circostante e rafforzò i legami dei centri minori con le città, riconoscendo tutti i patti di sottomissione dei castra ai centri più importanti come Fermo". I Castelli indicati dall'Albornoz si mantennero, tranne pochi cambiamenti con le stesse caratteristiche per alcuni secoli sino all'avvio della legislazione napoleonica quando, nell'ambito dell'organizzazione in dipartimenti, furono indicati come Comuni. Negli statuti di Fermo i vari castelli furono divisi, secondo le capacità contributive, in Maiores, Mediocres, Minores: tra quest'ultimi era annoverato anche Monte Urano. Nei secoli successivi l'antico abitato si è esteso con l'ampliamento dei borghi connessi alle tre chiese esterne al perimetro della cinta muraria e uniti all'originario nucleo del castello nel secolo scorso: essendo ormai dimensionalmente insufficiente l'antica chiesa parrocchiale, si decise la riedificazione della chiesa di San Michele Arcangelo, elaborata su disegno dell'architetto Giovan Battista Carducci e modificata dal celebre architetto Giuseppe Sacconi, al quale fu affidato il proseguimento dei lavori. La nuova chiesa e la piazza antistante, attuale centro della città, determinarono il raccordo con il vecchio nucleo castellano al quale è possibile accedere, su questo lato, dalla Porta Nova (XVIII secolo)».
http://www.comune.monteurano.fm.it/index.php?id_sezione=60
Monte Vidon Combatte (castello, porte)
«Per la nuova rampa di ingresso laterale ci addentriamo nel castello. All'interno dell'androne della porta-torre (singolare testimonianza di architettura fortificata) si notano nella parete ovest le tracce di un affresco cui oggi è stata aggiunta in posizione sottostante la riproduzione ceramica di una Madonna crivellesca. Attraverso il primo fornice, alquanto suggestivo si accede al vecchio incasato; superato il secondo, per un altro arco, si arriva al centro storico, interessante per la Chiesa Parrocchiale di San Biagio, progettata dall’architetto ticinese Pietro Maggi sul finire del secolo XVIII, dotata di un possente campanile recentemente restaurato. La chiesa, molto bella anche internamente, custodisce la statua di San Biagio, portata a spalla dai fedeli nel giorno della festa patronale. La torre campanaria della chiesa parrocchiale si fonda sui resti di una torre quadrata del perimetro castellano di chiara matrice militare: ne fanno fede diverse feritoie per bombardiere. Visitato il castello è il caso, per la prima volta, di prendere un mezzo di trasporto per dirigersi prima con una breve sosta presso l’antico Mulino e/o Maglio, ora abbandonato, e poi verso la frazione di Collina Nuova sorta come progetto nel 1930. Poco dopo gli stessi abitanti del vecchio castello di Collina iniziarono i lavori, disponendosi intorno alla chiesa, secondo l’antica consuetudine. Il 1937 può essere indicato come data ufficiale dell’insediamento, perché in quell’anno furono celebrate le prime cerimonie religiose» - «Da visitare Palazzo Pelagallo: nei pressi dell’edificio comunale, si può ammirare la parte esterna con la torre rompitratta, le tracce del ponte levatoio sull’antica porta di ingresso al castello, tracce di merlature e beccatelli, la porta a doppio fornice, gli archi gotici, il loggiato a cinque archi incorporato nel palazzo».
http://www.montevidoncombatte.eu/index.php?... - http://www.valdasomarche.it/comuni/9/monte_vidon_combatte.aspx
Monte Vidon Corrado (castello e torrione)
«...il nome deriva dal medievale “Castello di Guidone”, ed in seguito “Corrado”, uno dei figli di Fallerone I, signore di Falerone. Corrado è da ricordare insieme al fratello Guidone, come i due consanguinei che passeranno alla storia per aver dato i loro nomi a due castelli: Monte Vidon Corrado e Monte Vidon Combatte, ambedue comuni del territorio fermano. Monte Vidon Corrado appare per la prima volta in un documento del 1229 quando Fermo cercò la coalizione con i castelli vicini per arginare la volontà d’espansione di Rinaldo, duca di Spoleto. Nei secoli successivi la sua storia seguì le vicende di Fermo, prima, ed in seguito quelle di Montegiorgio. In posizione strategica sull'asse di comunicazione Tenna-Chienti, in uno sperone panoramico che domina il territorio dai Sibillini al mare, le testimonianze del suo passato medioevale ce le dà il centro storico: l'incasato più antico chiuso da resti di mura castellane del XXIII-XIV secolo oltre a conservare l'impianto urbanistico medievale e rinascimentale, custodisce un tempietto pagano, dove ora sorge la Chiesa della Madonna del Carmine, eleganti case civili con decorazioni in cotto del XV secolo e avanzi di fortificazioni dei secoli XIV-XV tra i quali il castello con il torrione del XIV secolo. Passeggiando nelle stradine tra le antiche mura in cotto, tra balconi fioriti e costruzioni più tarde, a dominare è la facciata settecentesca della Chiesa parrocchiale di San Vito Martire che conserva opere d’arte risalenti al Quattrocento. Su via Piave si affacciano il Palazzo comunale e subito dopo un palazzotto rinascimentale a tre ordini, con decorazioni in cotto e arco ogivale-senese in basso. Passando davanti al palazzotto quattrocentesco si giunge alla piazzetta del Comune, su cui si affaccia la dimora del grande artista del ‘900 Osvaldo Licini: una casa patronale settecentesca, strutturata su tre livelli, dove il pittore e fotografo visse dal 1926 insieme alla moglie Nanny».
Montefalcone Appennino (rocca)
«Tutto il centro abitato di Montefalcone Appennino era racchiuso da mura castellane, di cui attualmente rimangono dei brandelli con qualche rudere di bastione. Le mura avrebbero dovuto avere una merlatura guelfa. Partono poco sotto l’odierna chiesa di S. Michele Arcangelo, dove si apriva la porta sud o “Porta Penna”, a partire dalla quale un sentiero collegava il Castello con il Contado, sentiero che oggi può essere meta di una stupenda passeggiata. Verso nord invece le mura si ricongiungevano al Castello protetto da due bastioni, uno dei quali, quello alto, è ancora esistente. Il Castello o Rocca è l’emblema, insieme al falco, di Montefalcone Appennino. È il documento più importante che la storia ha lasciato al paese. Costruito senza dubbio dai Farfensi come torre di guardia per tutto il loro Presidiato, fu fortificato nel XIII secolo dai Fermani che ne fecero un punto di forza del loro Stato. Accessibile solo da un lato, esso rappresentava una difesa inespugnabile contro qualsiasi tipo di attacco. Della rocca oggi rimane solo una slanciata torre quadrangolare detta “Torrione”».
http://www.sibilliniaperti.it/IT/territorio/siti-storici/montefalcone-appennino-castello.php
«In Località Tre Ponti si trovano tre case coloniche con sopraelevazione a forma di torre : sono costruzioni cinquecentesche, a pianta quadrata, tetto a padiglione, pietra bianca e/o mattoni, unico accesso al piano terra. In una é rilevabile la data - 1504 - e il caratteristico rosone. Questi manufatti rurali hanno una struttura a 3 piani: stalla, abitazione, colombaia e una scala interna fissa in legno. L’ultimo piano, definito dal cordolo posatoio e dagli alveoli che circondano la parte alta e che consentivano il passaggio dei volatili, é detto appunto “colombaia”. In alcuni casi il cordolo é realizzato con un’elegante decorazione ad archetti pensili e cornici aggettanti; chiamate “colombaie”.La posizione di queste “case torri” all’imbocco di tre valli fa però supporre che fossero utilizzate anche come “vedetta”, torri di guardia o di segnalazione. La loro proprietà è privata. Altre strutture simili, sempre di proprietà privata, si trovano: a Vetice, in località Colle della Rossa, dove si incontra la “casa torre” detta “Roccaccia” in località Tenna e in località Peschiera».
http://www.sibillini.net/il_parco/cultura_territorio/castelli/Montefortino.htm
Montefortino (mura castellane, porte)
«Sin dal sec. XV la maggior parte delle mura urbiche sono inglobate nelle civili abitazioni e sono state oggetto di molteplici superfetazioni. è da notare che le merlature non erano innestate su di un apparato a sporgere e quindi non disponevano di un sistema piombante (caditoie). Dal 1084 inizia per Montefortino un periodo di benessere e floridezza tale da muovere l'invidia dei paesi vicini che sfocia quasi sempre in guerre. La prima avviene contro i Vissani presso il fiume Tenna. La Porta di S. Lucia o di Levante, posta sul lato est delle mura a cavallo della rampa d'accesso al centro storico, risale al XIV sec. è un arco ogivale gotico in pietra arenaria e laterizio fiancheggiato da un corpo turrito con scarpa (rivellino). La Porta di S. Biagio o Portarella, posta a sud del paese sulla rampa d'accesso al nucleo abitativo, risale al XIV sec. è un arco a tutto sesto e rampa con struttura di pietrame e laterizio. Ha subito varie trasformazioni nei secoli, attualmente è inserita in un'abitazione. La Porta di Valle, situata lungo la circonvallazione a sud, risale al sec. XIV ed è composta da un corpo laterale merlato guelfo ed arcata d'ingresso in muratura di pietrame e laterizio. Il giorno 26 settembre 1997 è iniziata una serie di scosse sismiche che provoca all'intero bene notevoli danni. La costruzione si può far risalire all'anno 1084 quando Montefortino si erige a libero comune ed invita vari cittadini a fissare il proprio domicilio entro le mura. Facendo il giro da Porta S. Lucia nella parte sottosante, sono ancora ben visibili in alcuni tratti i merli a coda di rondine, testimonianza di epoca ghibellina. Montefortino è inserito nella centuriazione augustea del 15 a.C., attualmente l'edificazione dentro le mura è costituita da case a schiera allineate lungo vie con sviluppo concentrico che seguono l'andamento delle curve di livello, digradanti dalla sommità di un colle dove un tempo sorgeva la rocca fortificata, distrutta negli anni 1442-1444, di cui oggi rimangono, nell'attuale chiesa di S. Francesco o S. Maria del Girone, alcune monofore incastonate nella parete sud. Da aprile a novembre del 1998, un intervento di tipo conservativo e consolidamento statico ha riguardato le tre porte urbiche e tratti di muratura. ... Stato di conservazione (intero bene): buono».
http://sirpac.cultura.marche.it/web/Ricerca.aspx?ids=68914
Montegiorgio (cinta muraria, porte)
«Il centro di Montegiorgio si posiziona su un rilievo collinare. La cinta muraria ingloba tutto il centro storico che mantiene alcune delle caratteristiche vie medievali. Resti di mura castellane con portale di accesso provvisto ancora di porta in legno in contrada San Nicolò, alcuni vicoli stretti a misura d'uomo e le tracce preziose dei secoli sulle pietre delle chiese e dei palazzi, conferiscono alla cittadina un'atmosfera di raccolta eleganza. Seguendo un tracciato quasi triangolare del circuito fortificato, le porte d'accesso al centro storico sono dislocate secondo i quattro punti cardinali, e precisamente: Porta San Giovanni a Nord, Porta Sant'Andrea a Sud, Porta San Nicolò ad Ovest e Porta Santa Maria a Est».
http://www.comune.montegiorgio.ap.it/index.php?action=index&p=80
Monteleone di Fermo (castello, torre campanaria esagonale)
«Ubicato sopra uno sperone a cavallo tra la valle dell'Ete ed il Lubrico, suo affluente, dirimpetto al comune di S. Vittoria in Matenano, Monteleone fu costruito su preesistenze romane dai Benedettini di Farfa. Nel 410 circa iniziarono, con la decadenza dell'Impero Romano, le massicce invasioni dei Visigoti, dei Goti, degli Unni e verso il 570 giunsero nel Piceno i Longobardi che assediarono la comunità locale. Sembra che esistessero due aggregazioni riunite in un unico municipio: il primo detto Mons Leohun, in zona Poggio Castello (il colle è ora in contrada Madonna di Loreto), il quale sarebbe caduto sotto i Longobardi; ed il secondo insediamento detto Torre di Casole (attuale paese) che per 12 anni sostenne l'assedio per merito di un condottiero chiamato Leone. Dal nome del suo difensore sarebbe derivato Monteleone, sebbene alcuni precedenti documenti scrivano chiaramente Mons Leonis (monte del leone). Le carte dei frati farfensi sono le più antiche testimonianze scritte su Monteleone, almeno fino al XIII secolo, vale a dire per il periodo nel quale la corte rimase possesso dei monaci farfensi. Nell'anno 705 ci fu una donazione dei Longobardi della possessione o della corte di San Maroto (Curtis San Marotis) all'abbazia dei benedettini di Farfa, a seguito della conversione della loro regina Teodolinda. Nel 967 l'imperatore Ottone I confermava le antiche proprietà all'abbazia di Farfa. L'abate farfense Berardo III (1099-1119) costruì una torre esagonale irregolare con la caratteristica forma a punta: essa servì come magazzino in alto, quando si temevano incursioni, da vano cimiteriale in basso e da campanile. Diversi documenti del XIII secolo dimostrano che la torre costruita dall'abate non è quella attuale. Infatti, fu distrutta nel 1252 durante l’assedio dei Fermani ai castelli di "Casigliano, Torre di Casuale e Monte Leone"; quindi fu ricostruita nel XIV secolo sulla pianta o sul troncone di quella precedente. Nel 1269 il nobile Ruggiero Suppi, podestà di Fermo, prese le difese della comunità di persone che un tempo avevano abitato Torre di Casole. Dopo la morte di Federico II a Palermo, la successione imperiale diede occasioni a ribellioni e Monteleone rientrava nei possessi strategici di Fermo, mentre l'abbazia di Farfa appariva schierata con la parte imperiale. Nel XIV secolo la storia di questo paese fu legata alle vicissitudini delle signorie di Fermo; mentre il secolo successivo vide il passaggio non solo di ricorrenti epidemie, ma anche di truppe mercenarie al comando di capitani di ventura. Poche e frammentarie sono le notizie riguardanti i secoli XVII-XVIII, tuttavia il paese è sempre stato l'influenza della città di Fermo. La torre ad esagono irregolare è ciò che resta dell'antico Castello di Torre Casole insieme alla corte del X-XI secolo di S. Maroto, oggi nella chiesa parrocchiale dedicata a S. Marone, e ad alcuni resti di mura. La torre fu in seguito utilizzata come campanile della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista».
http://castelliere.blogspot.it/2012/08/il-castello-di-venerdi-3-agosto.html
Montèlparo (castello, torre cilindrica)
«Il nome del paese sembra derivare da quello di Elprando o Eliprando, un condottiero longobardo che nell'alto medioevo costruì un castello con una prima cerchia muraria tra il VII e l'XI secolo. Seguì un lungo e florido periodo sotto l'ala protettrice dei Farfensi della vicina Santa Vittoria in Matenano. I monaci costruirono sul colle anche un monastero e la chiesa di San Michele Arcangelo, oltre a una seconda cerchia muraria risalente ai secoli XII-XIV: a questa cinta appartiene il bastione cilindrico della torre civica nell'edificio del municipio (secoli XIV-XV). I resti degli altri bastioni di difesa mostrano come sia stato privilegiato un disegno ripetutamente cilindrico. Il paese divenne talmente importante da meritare l’appellativo di Magnifica Communitas. Già nel tredicesimo secolo Montelparo si era costituita in Libero Comune, regolato da propri Statuti: nel 1257 venne esentato da fra Leonardo, procuratore dell’abate di Farfa Giacomo, dal pagamento del censo annuo di 50 monete dovuto all’Abbazia, mentre nel 1290 papa Niccolò IV riconobbe alla comunità montelparese il privilegio di eleggere il podestà. Negli anni successivi Montelparo ottenne dai vari pontefici altre concessioni e indulgenze, che vennero ampiamente confermate prima da papa Urbano VI nel 1379, con un documento nel quale si affermava che il castello di Montelparo non doveva mai essere assoggettato o dato in feudo, e poi da un decreto del cardinale di Aquileia del 1445. Proprio in tale anno il centro riacquistò la propria libertà dopo che era stato occupato, insieme agli altri territori del Presidiato Farfense, dalle truppe del conte Francesco Sforza di Milano. In questo periodo, quando venne tra l’altro iniziata la costruzione della terza cerchia di mura, la popolazione di Montelparo raggiunse i 5.000 abitanti, con il paese che disponeva di un ospedale, di un monte di pietà e di un monte frumentario. I privilegi e l’importanza acquisiti vennero meno a partire dal 1587, quando papa Sisto V creò il Presidiato di Montalto, entità politica destinata a sopravvivere fino al dominio napoleonico del quale Montelparo entrò a far parte. La decadenza di questo illustre centro venne sancita da alcuni drammatici eventi naturali: nel 1683 iniziarono degli smottamenti del terreno che provocarono i primi danni; altri fenomeni tellurici si susseguirono negli anni successivi, fino al devastante terremoto del 2 febbraio 1703, durante il quale tutta la parte centrale del paese, compreso il vecchio Palazzo comunale, sprofondò in un’immensa voragine».
http://castelliere.blogspot.it/2012/12/il-castello-di-lunedi-10-dicembre.html
«La prima cinta muraria costruita a Montelparo intorno all'anno Mille si colloca nei pressi della sommità della collina, precisamente poco al di sotto della chiesa principale di San Michele Arcangelo (guarda caso, patrono dei Longobardi). Oggigiorno di queste mura è rimasto ben poco, praticamente nulla in quanto molte strutture difensive e architettoniche sono sprofondate con il terremoto del 1703. Con il passare dei secoli, questa cinta proteggeva l'antica sede comunale, quando Montelparo ebbe un proprio statuto a partire dal 1215, che risiedeva dove ora si trova il piazzale di fronte a San Michele Arcangelo. La via dove anticamente si trovavano tali mura, in commemorazione del fenomeno dell'incastellamento, prende il nome di Via Castello, dove tutt'ora, come unica superstite di un'epoca già trascorsa, vi è una casa risalente al XIV secolo. ...».
http://archeologiamontelparo.blogspot.it/2010_05_01_archive.html
Monterubbiano (mura castellane, porte)
«Nella parte sud del paese, sulla strada che anticamente scendeva verso la vallata dell'Aso, si apre Porta San Basso o "Porta Vecchia". Ciò che resta di questo antico accesso al paese è una zona di avamposto con arco che introduceva alla porta vera e propria caratterizzata da un torrione (probabilmente molto più alto dell'attuale e culminante con merlatura), all'interno del quale era situato il portone in ferro che dall'alto scorreva lungo una risega della muratura tuttora visibile. Altri due accessi, Porta del Pero (o della Valle) a nord, sulla strada per Fermo e Porta S. Andrea ad ovest, in direzione Petritoli, costituiscono, insieme ad alcuni tratti di mura, i resti dell'antica cerchia muraria che proteggeva il paese. Fu Francesco Sforza che tra il 1433 ed il 1446 rinforzò, ampliò (portandole ad una lunghezza di due chilometri) e fornì di baluardi le fortificazioni già esistenti, edificate su ordine di Onorio III nel XIII sec. nell'attuazione del suo piano di difesa dei comuni marchigiani dalle incursioni saracene. Alla fine del 1896 il circuito della mura risultava essere di metri 1553, con la presenza di 11 torrioni, così come risultava da un rilievo effettuato da Luigi Centanni, Mircoli Giovanni di Nicola e Marmili Aristide. Dell'intero circuito murario recentemente (1995) sono state oggetto di restauro e consolidamento le due porte di S. Basso e del Pero. La cinta muraria realizzata da Francesco Sforza era dotata di tre fortilizi non più esistenti: il Cassero, l'unico di cui restano alcune tracce nelle fondamenta e nella zona basamentale esterna dell'attuale Palazzo Secreti, il Girone sito nel tratto di cinta che andava da Porta del Pero a Porta S. Andrea ed infine la Rocca Coccaro dove è l'attuale Parco Pubblico "S. Rocco". Era dotata inoltre degli accessi costituiti dalle porte di S. Basso, Porta Coccaro in prossimità dell'antica Rocca Coccaro e Porta del Pero. In seguito le porte divennero cinque, in quanto nel 1622 venne aperta la Porta Pia in onore del cardinale Pio Emanuele di Savoia in visita a Monterubbiano (attualmente inesistente) e nel 1757 la Porta S. Andrea».
http://www.galpiceno.it/scheda_monumento.php?id=99&id_comune=16
Monterubbiano (palazzo Calzecchi Onesti)
«Il Palazzo Onesti fu fatto edificare da ser Orfeo Onesti nel 1553, data incisa su un mattone sito a destra del portone di ingresso, fra le due finestre, a circa due metri di altezza da terra, ed il 1562 inciso su di un altro mattone. è probabile che sia stato edificato sulle basi di un edificio preesistente di cui, nella zona sottostante, ci sono tracce di un camminamento. Il palazzo è del più puro stile rinascimentale con finestroni ed arco a tutto sesto incorniciati da pietra arenaria. Sotto la grondaia, in tempi più remoti, era issato lo stemma gentilizio: un leone rampante in campo azzurro sbarrato in oro, al centro di tre monti (gli stessi presenti nello stemma di Monterubbaino) e reggente nelle branche una pigna d'oro. Sul cimiero un elmo a visiera calata e, sotto, la iscrizione: "Ex Longobardorum Regia progenie et Ducum Ravennae ac de Comitibus Saxi". In questo palazzo è vissuto il fisico Temistocle Calzecchi Onesti che nel 1876 inventò il Coherer, strumento usato da Guglielmo Marconi nelle sue prime esperienze della telegrafia senza fili».
http://www.galpiceno.it/scheda_monumento.php?id=104&id_comune=16
Monterubbiano (palazzo Comunale)
«Il Palazzo Comunale, una struttura dalle linee romanico-gotiche costruita nel XIV secolo. Il Palazzo Comunale è stato sempre sede del Comune. Monterubbiano è diventato comune nel 1100 e quindi prima della costruzione del palazzo, le riunioni si svolgevano all’interno della chiesa romanica S. Maria in Piazza (oggi Santa Maria de' letterati) nei periodi freddi, mentre in quelli caldi direttamente in piazza. L'ingresso è costituito da un portico con tre archi sorretti da due possenti colonne cilindriche e dalla torre dell’orologio alta 29,5 metri ornata con merlature ghibelline non originarie. Negli anni 1934-1939, durante il periodo fascista, l'architetto Carlo Calzecchi Onesti si occupò della ristrutturazione dello stabile, aggiungendo nel lato che si affaccia sulla piazza un balcone sorretto da un arco realizzato con blocchi di travertino bianchi. Al suo interno il Palazzo comunale ospita la sala consiliare, illuminata da sei bifore con vetri policromi. Il soffitto è caratterizzato da cassettoni in legno dipinti con i colori dello stendardo comunale(bianco-rosso). Le pareti sono decorate da quadri risalenti al XVI- XVII secolo, tra i quali "La donna che allatta", opera del XVI secolo del pittore forlivese Francesco Menzocchi. Tra gli arredi originali di notevole interesse è un bauletto quattrocentesco che presenta sul fondo una decorazione con animali araldici, intrecci vegetali, lo stemma comunale e i due santi protettori del paese, i martiri S. Stefano e S. Vincenzo».
http://www.comune.monterubbiano.fm.it/it/luoghi-da-visitare/palazzo-comunale.html
Monterubbiano (palazzo Secreti)
«Il Palazzo Secreti è un edificio di interesse particolarmente importante in quanto notevole costruzione risalente ai sec. XVII-XVIII eretto sulle rovine del Cassero del castello sforzesco, esistente già nel primo decennio del sec. XIII. Esso è costituito da diversi corpi di fabbrica che in alcuni tratti inglobano la struttura delle mura sforzesche e all'interno presentano ambienti voltati. Il Palazzo Secreti, in parte ancora abitato dall'omonima famiglia, è accessibile al pubblico esclusivamente nel periodo dal 12 al 24 settembre di ogni anno».
http://www.comune.monterubbiano.fm.it/it/luoghi-da-visitare/mura-castellane-e-palazzo-secreti.html
Montottone (castello, cinta muraria)
«Montottone è uno tra i più importanti castelli fondato intorno al 1000 da un certo Attone, si trova nella marca fermana di cui per un decennio ne fu la capitale. Fino al secolo XV ebbe la denominazione di Mons Actonis (Monte di Attone), sostituita poi con quella odierna di Montottone. Nel 1191 papa Celestino III investì i monaci Benedettini del dominio temporale e spirituale su Montottone; nel 1221 il patriarca di Aquileia cedette a Pietro IV, vescovo fermano, il castello di Montottone in feudo. Nel 1397 i Montottonesi si ribellarono contro il Comune di Fermo; nel 1405 passarono sotto il dominio di Ludovico Migliorati da Sulmona e nel 1415 vennero assediati dal Malatesta di Cesena. Dopo la morte del Migliorati si assoggettarono al Rettore della Chiesa della Marca e nel 1433 il dominio passò a Francesco Sforza. Nel 1537 Pier Luigi Farnese, tolto il governo a Fermo, costituì a Montottone lo Stato Ecclesiastico in Agro Piceno sotto il governo del cardinale Raduccio Famese. In esso si riunirono tutti i Castelli soggetti a Fermo e il paese, per ben dieci anni, fu residenza dei vari governatori che si susseguirono. La supremazia su tutti i castelli vicini diede a Montottone lustro e benessere. Testimoni dell'importante passato sono i resti delle poderose mura castellane entro le quali il paese è rimasto pressoché immutato. Il centro storico è caratterizzato dall'essere chiuso da mura disposte a ferro di cavallo attorno ad uno spazio centrale, Piazza Marconi, nota ai montottonesi con il nome di Piazza Castello».
http://cultura.fermo.net/public/musei/DB7000002/LayoutP/main.asp?cc=49&cl=I&nco=rp-montottone&mode=...
Montottone (torrione Porta Marina, torrione San Giovanni)
«Torrione Porta Marina, il principale accesso al paese che lo connetteva alla città di Fermo attraverso la via Grande è chiamato Porta Marina conservatasi integra nella sua configurazione medievale fino a tutto il secolo XVIII». Fuori le mura è invece il torrione San Giovanni.
http://www.provincia.fermo.it/comuni/montottone
«Il piccolo castello di Moregnano nel corso della sua storia non ha subito situazione belliche devastanti se non in alcuni casi. Nel 1415, durante la Signoria dei Migliorati di Fermo, fu occupato dall’esercito dei Malatesta anche se in maniera meno cruenta del vicino castello di Torchiaro. Di quest’assalto svolto con l’ausilio dell’artiglieria, in anni in cui non erano ancora state costruite le scarpe ai muri di cinta, rimane una palla di bombarda in calcare del diametro di circa 20 centimetri ritrovata a Moregnano durante una ristrutturazione. Subita la sconfitta dal Malatesta, dovuta a Braccio di Montone, presso Assisi, i castelli del fermano secondo le cronache d’Anton di Nicolò ritornarono tutti all’obbedienza di Fermo, Moregnano lo fece il 17 luglio del 1417. ... L’aspetto architettonico odierno poco ha conservato dell’architettura originale essendo stata praticata una massiccia sostituzione dell’edilizia nel XVIII secolo. L’orientamento dell’antico castello che sfrutta l’andamento di crinale, e in direzione est-ovest, di forma allungata ma poco profonda così che diviso il suo interno in sole tre vie convergenti verso la piazza, queste non presentano nessun collegamento trasversale. Il circuito murario è ancora leggibile anche se trasformato in case muro, con porzioni di torri rompitratta alcune delle quali munite di feritoie a lama con svasatura interna e collegamenti sotterranei paralleli alle mura di cinta. La parte più alta dell’abitato dalla seconda metà del ‘600 alla seconda metà del ‘700 è stata ampiamente rimaneggiata con l’inserimento sul lato sud della piazza di due palazzi di campagna che i possedenti terrieri, originari di Fermo, usavano come residenza saltuaria e luogo di stoccaggio temporaneo dei loro prodotti agricoli, in un periodo storico in cui l’istituzione del porto franco di Ancona nel 1731 produsse un incremento del reddito agrario. Su questo lato della piazza vi è collocato il palazzo comunale dello stesso periodo. ... Nonostante queste notevoli trasformazioni, l’impianto dell’antico castello di Moregnano si è però mantenuto, soprattutto per l’assenza d’agglomerati edilizi e costruzioni recenti in prossimità del centro storico la cui valenza paesaggistica ne accentua l’idea di borgo fortificato».
http://www.moregnano.it/storia.htm
«Il nome di Moresco compare per la prima volta nel 1083, in una pergamena conservata a Fermo. Col diffondersi in età feudale del sistema dei castelli, il borgo viene dotato di fortificazioni; la rocca è parte dei domini di Fermo. In età comunale il castello di Moresco riveste un importante ruolo strategico nella guerra condotta da Fermo contro Ascoli e i suoi alleati: il colle è posto infatti a controllo delle vie che dalla sottostante valle dell’Aso, dalla città di Fermo e dal mare si incrociano e si raccordano per dirigersi verso Monterubbiano e le regioni interne e verso Montefiore e il meridione. Affrancati gli abitanti dai vincoli feudali, Moresco diventa comune ed è retto da un consiglio di Massari e da un vicario nominato da Fermo. Nel Cinquecento, che è il periodo del suo massimo splendore, si arricchisce di begli edifici e di opere d’arte. Nel 1586 papa Sisto V, di origini marchigiane, crea il Presidiato di Montalto, che fa dipendere direttamente dalla Santa Sede; a tale Presidiato viene aggregato anche Moresco. Il borgo diviene comune autonomo nel 1848, ma nel 1869 è nuovamente annesso a Monterubbiano. Il 25 giugno 1910, infine, ottiene definitivamente l’indipendenza. Moresco è un borgo medioevale pressoché intatto; recentemente è stato classificato fra “i borghi più belli d’Italia”. Completamente cinto di mura, il castello ha una pianta vagamente ellittica, che presenta al vertice un imponente torrione eptagonale. Un’altra torre minore, detta dell’Orologio, sovrasta la porta di accesso al paese; un’ulteriore porta pedonale è stata aperta in tempi successivi sul lato sud-ovest delle mura. All’esterno della cinta, a sud, si sono sviluppati due piccoli borghi. All’interno della cinta muraria tre vie parallele convergono sulla piazzetta dell’antico castrum, definendo una serie di isolati costituiti da case in cotto di modeste dimensioni, ornate da bei portali. La piazza, luogo di grande suggestione, è stata ampliata nel secolo scorso abbattendo un gruppo di abitazioni e la vecchia chiesa parrocchiale, intitolata a Santa Maria e della quale oggi rimane solo la navata sinistra. Questa si presenta come un elegante portico gotico, abbellito da una Madonna con Bambino di Vincenzo Pagani (1490-1568), l’artista originario di Monterubbiano che lasciò nelle Marche numerose opere di pregio. Sulla piazza prospetta anche il palazzo Municipale: nella Sala Consiliare, una delle più belle della zona, ha sede una piccola pinacoteca che custodisce dipinti di diversa provenienza tra i quali spicca una grande pala d’altare di Vincenzo Pagani realizzata per la chiesa di Santa Maria dell’Olmo, che sorge fuori le mura».
http://www.fondoambiente.it/upload/oggetti/Borgo_di_Moresco.pdf
«La Torre dell'Orologio oltre a scandire il tempo nel borgo è la guardiana del castello eretta a difesa dell'antico accesso, anche se oggi nessuno vi chiederà, dalla grata del posto di guardia, di pagare il pedaggio. Grazie al restauro è ora visitabile; al suo interno è costituita una mostra permanente delle antiche foto di Moresco» - «Di epoca medioevale, la porta costituiva la via d'accesso al borgo. Oltrepassando i due archi a sesto acuto, notiamo sulla parte destra un vano dotato di un'apertura con inferriata, utilizzato in passato con funzione di guardiola. Il lato di meridione della torre, che si innalza compatto e omogeneo, è animato da una finestrella arcuata e da un orologio postovi di recente. La battagliera, dove sono collocate due campane risalenti al 1825 al 1906, è sormontata da una corona merlata aggiunta nei primi decenni del novecento».
http://www.galpiceno.it/scheda_monumento.php?id=67&id_comune=19# - http://www.habitualtourist.com/torre_dell'orologio
«Grazie ai suoi 25 metri d'altezza, la turris magna del borgo di Moresco è divenuta nel tempo l'emblema più rappresentativo della comunità. Edificata sul lato ovest del castrum, nella parte più elevata del colle su cui è sorto il paese, esibisce orgogliosa le sue sette facce, che unitamente alle dimensioni ragguardevoli ne fanno una costruzione dal notevole impatto visivo. è ascrivibile al XIV secolo, anche se al suo interno è inserito il basamento di una torre a pianta quadrata, di probabili origini duecentesche. La struttura costituiva il punto nevralgico dell'intero circuito fortificato: il luogo da cui organizzare la difesa del castello in caso d'assedio. Disponeva di un ingresso a dislivello, il primo tra gli accorgimenti utilizzati a quell'epoca per respingere gli ospiti indesiderati. La muratura vanta uno spessore massimo di tre metri e mezzo alla base e di un metro e venti alla sommità, per un totale di svariate decine di migliaia di mattoni. A partire almeno dal MI [?] secolo, l'edificio ha assunto la funzione di torre civica ed è stato rimaneggiato dall'apertura di grandi monofore. Nel 1918, in occasione del restauro che ha visto l'aggiunta della merlatura alla ghibellina, queste sono state ridotte a feritoie; il manufatto ha così riacquistato l'aspetto di una possente architettura medievale. La torre ha dunque subito vari restauri, nel corso del più recente, al suo interno sono stati realizzati tre solai lignei caratterizzati da un'ampia apertura centrale. Sulla battagliera, è collocato un campanone decorato con immagini sacre in rilievo, risalente al 1583. L'ultimo livello presenta anche una sorta di terrazzo panoramico, da cui la vista spazia per decine di chilometri: oltre il centro storico di Fermo fino al Monte Conero (nord), verso le vette più alte dei Monti Sibillini (ovest) e la massiccia mole del Gran Sasso (sud). Seguendo il rigoglioso percorso del fiume Aso, lo sguardo giunge infine all'abitato di Pedaso e al litorale adriatico (sud/est). Da qualche anno, la struttura è sede di mostre ed esposizioni».
http://www.comune.moresco.fm.it/index2.htm
Ortezzano (resti del castello, porta del Sole, torre pentagonale)
«Suggestivo borgo, sorge in cima ad un pendio collinare che domina la sponda sinistra del fiume Aso, situato nella media valle. Fiero e ricco di suggestioni storiche, si erge a 301 mt. slm. La concentrazione di monumenti di interessi storico-artistico nel centro, in rapporto all’estensione territorritoriale, fa di Ortezzano un vero e proprio museo a cielo aperto. Vede le sue origini perdersi indietro nel tempo, sino all’epoca dei Piceni (IX-III sec. a.C.) La fertilità del territorio, già in età romana, ha favorito l’impiantarsi di ville rustiche, una delle quali è stata individuata presso contrada San Massimo, dove è venuto alla luce un pregevole mosaico pavimentale raffigurante le Quattro stagioni. Dall’VIII sec. il territorio entra nel novero dei possedimenti farfensi testimoniati oggi da: il monastero di San Silvestro, la curtis Sanctae Marinae vel Mariae in Ortatiano, e la curtis di Sancti Gregorii de Ortezzano. Al periodo alto medievale risale anche il castrum di Ortezzano, un nucleo fortificato in cima al pendio collinare che si estende ed amplia nel XIV sec. A quest’epoca risale il torrione a base pentagonale a merlatura ghibellina, che rappresenta oggi la testimonianza più imponente dell’antico castello e divenuto simbolo della città insieme alla “Porta da Sole”, l'unica delle quattro porte di accesso conservatasi. Un secondo ampliamento del castello si ha nel XVII sec., epoca in cui il borgo si stende verso ovest con lotti di case schiera intervallati dalle vie e ancora oggi ben conservatesi e visibili».
http://www.valdasomarche.it/comuni/11/ortezzano.aspx
Pedaso (resti del castello, borgo)
«...Il toponimo Pedaso affiora di nuovo da alcuni documenti risalenti agli inizi del Trecento: è una carta nautica di questo periodo, detta anche Atlante o Luxoro, a garantirci l’esistenza di un porto o approdo nella spiaggia di Pedaso e, di conseguenza, lo sviluppo di una certa attività commerciale fra il mare e la terraferma. Nel Basso Medioevo Pedaso si sviluppò con il proprio castello su di un’altura, in prossimità di un dirupo chiamato La Cupa, di proprietà del vescovo di Fermo. Nonostante le scarse informazioni a nostra disposizione è possibile ricostruire, a partire dal 1290 fino alla metà del secolo scorso, numerosi spostamenti della sede parrocchiale e del centro abitato, i quali rivelano, a fronte della precaria situazione del territorio, un forte attaccamento della popolazione alle proprie radici. Il più rilevante di questi spostamenti è quello avvenuto a seguito della rovinosa frana del 1792, la quale ha trascinato con sé in mare parte dell’abitato superiore e l’intera chiesa, mietendo numerose vittime. Crollata la rocca, di cui non è rimasta traccia se non per alcuni ambienti ipogei di incerta datazione, il simbolo di Pedaso è diventato il faro bianco costruito nel 1877, bombardato durante la seconda guerra mondiale e ricostruito nell’immediato dopoguerra. In seguito alla frana l’assetto urbano, progettato dall’arch. Augustoni nel XVIII secolo, si è via via sviluppato lungo l’antica via Lauretana-Aprutina ...».
http://www.comunedipedaso.it/index.php?action=index&p=102
Petritoli (castello, mura, porte)
«L'odierno abitato si venne formando nell'Alto Medioevo, quando, dopo la caduta dell'Impero Romano, tutta la penisola fu percorsa dalle varie scorrerie delle popolazioni barbariche. Quindi, come accadde in altri centri italiani, i nostri antenati decisero di stabilirsi sul colle per rendere più arduo l'assalto nemico. Inizialmente si formarono alcuni villaggi, precisamente tre: Petrosa, Petrania, Petrollavia. Questi villaggi circondavano un centro monastico (chiesa e monastero) sito nell'odierna Piazza Rocca. Gli studi del Mannocchi [Luigi Mannocchi, studioso locale, 1855-1936] hanno permesso di rintracciare le notizie più antiche nel X secolo, quando in tale centro, nominato Castel Rodolfo, erano presenti i monaci Farfensi. Negli ultimi anni, proseguendo le ricerche iniziate dal Mannocchi, alcuni petritolesi studiosi di storia locale, hanno individuato nei documenti, la presenza di vari ordini monastici prima del X secolo. Quindi non possiamo ancora stabilire quando questo centro monastico sia stato fondato, ma siamo certi che nel trascorrere dei secoli diversi ordini monastici, tra cui i Farfensi, si avvicendarono per motivi di carattere politico e religioso. Questa presenza monastica, ad un certo punto ritenne indispensabile unificare i tre villaggi al centro, sempre per motivi difensivi. A partire dal secolo XI i documenti parlano di un castello chiamato Petritoli, il quale, come ci racconta il Mannocchi, godette di un'ampia autonomia amministrativa su un vasto territorio circostante, sotto la tutela diretta della Santa Sede. Durante l'XI secolo gli ordini monastici vennero spesso sostituiti dai vescovadi nella gestione del territorio. Così anche Petritoli, come gran parte dei centri limitrofi, entrò nella sfera di controllo della Chiesa fermana. In realtà, come ci racconta ancora il Mannocchi, il controllo del vescovo di Fermo fu contrastato continuamente dalle spinte autonomistiche dei petritolesi. Questi ultimi chiesero, talvolta, anche l'appoggio del Sommo Pontefice, ma l?episcopato di Fermo era uno dei più importanti e potenti dello Stato Pontificio. Inoltre il Vescovo poteva contare su validi alleati che lo affiancarono lungo i secoli nella difesa del suo potere. Così dal secolo XI in poi le sorti di Petritoli furono strettamente legate a quelle della Chiesa fermana. Nel trascorrere dei secoli fu costretto a difendersi anche dagli assalti di vari eserciti stranieri interessati alla conquista dello Stato Pontificio. Ma in varie occasioni i petritolesi dimostrarono il loro valore nella difesa del loro territorio riuscendo spesso a mettere in fuga l'esercito nemico ...
Incastonati tra due bastioni del XV secolo, i Tre Archi furono costruiti nel 1872 abbattendo l'antica porta Petrania. Realizzati in stile neogotico, i Tre Archi hanno una funzione eminentemente decorativa e celebrativa. Recentemente restaurati e dotati di una suggestiva illuminazione. Porta Petrosa e le mura di difesa. Molte porte di ingresso al castello di Petritoli, tra cui la Porta Petrosa, furono demolite nel Novecento per agevolare il passaggio dei primi autoveicoli. Le uniche sopravvissute sono, oltre ai già citati Tre Archi, l'arretrato arco ogivale in largo Tre Archi e la porta quattrocentesca all'inizio del Borgo Vecchio. Oltre a queste porte di ingresso, si sono conservate estese porzioni delle mura di difesa, costruite nel XV secolo e riconsolidate nel tempo. In un itinerario lungo via del Teatro, via dei Muraglioni e lungo la strada detta "sotto ripa" è possibile ancora ammirarle in tutto il loro splendore. Inoltre questa passeggiata è impreziosita verso sud da un suggestivo scorcio sulla Valdaso, verso nord da una stupenda e invidiabile vista panoramica, da dove è possibile ammirare il fermano e parte del maceratese, movendo lo sguardo dai monti Sibillini al monte Conero verso le acque dell'Adriatico».
http://www.comune.petritoli.fm.it/index.php?option=com_content&task=view&id=31&Itemid=64 - 24&Itemid=54 (a c. del dott. Pierluigi Vitellozzi)
Petritoli (palazzo Pubblico, torre Civica)
«Situato in Piazza Mazzini, il Cinquecentesco Palazzo Pubblico (oggi residenza della famiglia Fabiani), venne riconsolidato grazie all'aiuto economico di papa Paolo III. Con l'Unità d'Italia la sede comunale fu spostata nei raffinati locali dell'attuale Biblioteca Comunale. Negli anni '20 del Novecento gli uffici furono trasferiti nell'ex convento delle clarisse, dove si trovano tuttora. ... Nell'elegante contesto di Piazza Rocca domina maestosa con i suoi oltre quaranta metri di altezza la Torre Civica, dalla quale è possibile ammirare un panorama da mozzare il fiato. La torre venne eretta nel 1831 abbattendo alcuni edifici, probabilmente ciò che rimaneva dell'antico centro monastico. Recentemente restaurata, è possibile accederci nei giorni di apertura».
http://www.comune.petritoli.fm.it/index.php?option=com_content&task=view&id=24&Itemid=54 (a cura del dott. Pierluigi Vitellozzi)
«Nel 1214 Ponzano esisteva già organizzato come Castello di una certa importanza perché proprio in quell’anno il marchese Aldovrandino, figlio di Azzo d’Este, glielo conferma insieme ai castelli di S. Martino in Plumbarano, Longiano (nel territorio di Fermo al confine con quello di Ponzano), Montone, S. Cipriano. I territori di questi Castelli col passar degli anni furono annessi alla Città di Fermo, mentre il Castello di Ponzano conservò sempre territorio e comunità distinti, non tanto perché favorito da un impianto di miglior difesa naturale, quanto perché vivificato da una realtà che gli altri non avevano: la Pieve di S. Maria Mater Domini. La costruzione del Torrione con la porta d’ingresso che oggi ammiriamo, ci portano al sec. XV. La sua erezione si è resa necessaria dopo le distruzioni ed i saccheggi del 1415 e del 1443. è il classico Torrione di vedetta e di difesa eretto sull’entrata principale del Castello, con fornici a sesto acuto e con merli di parte ghibellina. Attraverso un basso loggiato si accede all’interno di quello che fu l’insediamento urbano dell’antico “castrum”. Nonostante le ristrutturazioni dei secoli successivi al XV, è ancora riconoscibile la struttura architettonica che doveva avere cinque secoli fa, con piccoli vicoli a destra ed a sinistra, la piazzetta e la via in ripida china che divideva in due l’agglomerato delle case. ... Il Torrione, con fornici a sesto acuto e con merli di parte ghibellina, è eretto sull’entrata principale del Castello».
http://www.provinciafermana.it/index.php?option=com_content&task=view&id=15&Itemid=31
Porto San Giorgio (rocca Tiepolo)
«La Rocca Tiepolo, edificata nel 1267 per volere dell'omonimo governatore di Fermo, rappresenta un caratteristico fortilizio posto a difesa dei porti del litorale marchigiano. Il suo stato di conservazione, come quello delle altre rocche del litorale, appare precario sia a causa di riadattamenti probabilmente subiti per il mutamento dei mezzi difensivi determinato dall'impiego del'artiglieria, sia per la scarsa manutenzione. Essa, che assurse a centro di difesa della zona costiera in virtù della sua posizione elevata, assume una configurazione vicina ai tipi del recinto fortificato, con un mastio che occupa la posizione canonica degli impianti castellani. Le prime mura che circondavano la Rocca erano attrezzate con comodi ballatoi parapettati, attraverso i quali si poteva accedere alle torri. Mentre non è confermata la notizia secondo la quale i turchi riuscirono a penetrare una volta all'interno della fortezza, nel XIV secolo, è certo che il Priore ed il Vessillifero della Giustizia della Città di Fermo estraevano a sorte un cittadino ogni sei mesi che veniva delegato alla custodia della Rocca. Divenne poi via via possesso di castellani e di uomini d'armi che vi fecero edificare nuove costruzioni, come il fabbricato ad uso abitazione, i cui resti si scorgono ancora sul lato a levante. I muraglioni a scarpata furono edificati nei primi del XVI secolo, al tempo della signoria del duca di Valenza, a sostegno del promontorio artificiale che tendeva a franare. Conclusosi il periodo delle invasioni barbariche, turche e piratesche, la Rocca divenne sede di detenzione. Nel 1566, in occasione degli scontri contro gli spagnoli, Gian Filippo Mancini e Ottaviano Matteucci ottennero di avere in custodia la Rocca del Porto.
Nei secoli successivi, l'assenza di scontri di un certo rilievo non consente alla Rocca di emergere come scenario privilegiato dalle cronache sangiorgesi, e solo nel XIX secolo tornerà a far parlare di sé per essere smantellata o in parte utilizzata per una nuova destinazione d'uso. Con decreto del 14-12-1811 vennero appaltati una serie di interventi di restauro alla caserma del Forte (con questo nome si identificava la Rocca) che vennero eseguiti tra il 1813 ed il '16, e che segnarono l'inizio di una numerosa serie di riparazioni che travagliarono la fortezza per tutto il XIX secolo. Attraverso i reclami avanzati da Amico Magistrelli, nel corso dei mesi di settembre ed ottobre del 1817 si può venire a conoscenza che in questa data venne abbattuto il torrione del sistema difensivo a monte, ubicato all'altezza dell'incrocio tra le attuali via Collina e Costa San Paolo, anche per costruire argini più potenti al fosso Rivo utilizzando materiale recuperato dalla demolizione. Un fatto ancor più curioso ci viene narrato da Lorenzo Mandolini il quale, in un suo esposto all'Ufficio Comunale del 18 maggio 1820, affermava di aver osservato alcuni operai che, per conto del nobile Trevisani, "diroccavano le mura castellane" per ricavare materiale da costruzione. Forse allarmata da questo crescente disinteresse, la delegazione apostolica di Fermo ed Ascoli Piceno il 20 giugno del 1826 chiese lumi al Comune in merito "all'attuale" utilizzo del complesso che, si apprende dalla risposta, era destinato a caserma di transito oltre che a carcere civile. Nel dicembre dello stesso anno, intanto, dovette essere risarcito "il secondo pilone delle mura di Cinta di questo forte dalla Parte di Ponente" in quanto minacciava rovina. Il 7 febbraio 1832 il comune di Porto San Giorgio, che di fatto dall'inizio del secolo si curava delle riparazioni alla fortezza, propose l'atterramento del mastio centrale, proposta contro la quale insorse la Reverenda Camera Apostolica, "legittima" proprietaria dell'immobile, che ne ordinò la conservazione ed una periodica manutenzione. La difficoltà d'identificare il legittimo proprietario ebbe conseguenze nefaste per la Rocca, in quanto nessuno si occupò in maniera approfondita della sua periodica manutenzione: cosa del resto che, come denuncia l'Amici, non avvenne neppure quando, dopo il 1860, essa passò di proprietà demaniale e quindi comunale. Ciò nonostante abbiamo notizia ancora di due restauri: uno della primavera del 1889, d'ingenti proporzioni, ed uno "parziale" effettuato nel 1925. Tutt'oggi è in corso un radicale intervento di restauro».
http://www.portosangiorgio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5&Itemid=8
Porto Sant’Elpidio (torre dell'Orologio)
«I primi documenti che riguardano la Torre dell'Orologio, risalgono al 1355, quando un Rettore della Marca di Ancona impone a Gerardino di Sallopidio, incaricato di costruire una torre difensiva al fine di rendere meno fragile l'insediamento costiero, la sospensione dei lavori per non aver rispettato le norme costruttive previste. Successivamente nel 1560, il papa Pio IV scrive ai cittadini di Sant'Elpidio per dare il suo assenso all'edificazione della torre sul litorale: questa deve essere portata a termine per contrastare l'intensificarsi delle incursioni "dei Turchi, dei pirati e dei predoni". Ancora più importante diventa la sua funzione con la costruzione della nuova dogana, che avviene a partire dal 1786, in modo da fornire il nucleo costiero di strutture adeguate all'aumentato volume dei traffici. Dopo varie vicissitudini la Torre, nel 1980 viene acquistata dal comune dagli eredi Del Vivo di Civitanova: lo stato del manufatto era a dir poco disastroso, resisteva soltanto la facciata e parte della copertura. Nel 1986 vennero così iniziati i lavori di ristrutturazione (inerenti in modo particolare il risanamento delle fondamenta, della muratura esterna, il rifacimento totale del tetto e degli interni), che terminarono nel 1997. Si può dire che la Torre dell'Orologio è, a oggi, uno dei pochi simboli rimasti della memoria di Porto Sant'Elpidio. Oggi al fine di attribuirle una funzione "attiva", vivibile e fruibile dai cittadini, ospita gli uffici comunali del settore turismo e commercio, lo sportello IAT-Informazione e accoglienza turistica».
Rapagnano (castello, torri, porte)
«Ritornando verso il paese di Magliano di Tenna e continuando la Provinciale arriviamo a Rapagnano, dove tratti di cinta muraria e torrione (XIV sec.) testimoniano la sua origine medievale. Il Palazzo Comunale (XVII sec.) e la Chiesa di San Giovanni Battista (inizio XIX sec.), che ospita il Museo Parrocchiale, sono progetti attribuiti all'architetto Virginio Bracci. La presenza di insediamenti preromani e romani è testimoniata da reperti rinvenuti nel 1880 in contrada San Tiburzio. Si tratta di vasi in terracotta e in bronzo, di spade, lance, anfore, scudi. Nel centro storico troviamo la cinta muraria, che ha una forma ovoidale, con tre torri rompitratta; entrando in Piazza attraverso la Porta della Pesa del XIV sec. ammiriamo il Palazzo Comunale e la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista che ha al suo interno tre "Madonne col Bambino Santo" dipinte su tela da Claudio Ridolfi. La Chiesa custodisce inoltre, in una teca, la reliquia del braccio destro che si vuole attribuire a Giovanni il Battista. ... Passeggiando per i vicoli scopriamo diversi palazzi gentilizi, laddove un tempo erano le mura di difesa. Altre chiese da visitare sono quelle di San Tiburzio e di Santa Colomba. Per uscire dall'incasato attraversiamo la Porta da Bora un tempo l'unico ingresso al castello».
«Per una visita al Paese si consiglia il seguente itinerario. Partendo da Viale Europa, il bel viale alberato di circa 300 m., che il Podestà Angelo Coccia ha reso più bello nel 1925, con doppie file, in entrambi i lati, di platani e ippocastani, si arriva al Paese. Sulla sinistra si vede il primo torrione, ben conservato. Più avanti altri due torrioni, il primo ben conservato, ma mancante della parte beccatelli e merlatura, il secondo attualmente trascurato, verrà presto restaurato in seguito all’acquisto del Palazzo Picchi. Proseguendo si arriva ad un crocevia: alla destra si vede la Porta da Bora o Porta Marina, ricostruita, nella forma attuale, nel 1707, che un tempo costituiva l’unico accesso al castello, mentre alla sinistra la strada porta all’antica Fonte della Ripa, dell’epoca Romana. Più avanti, alla sinistra, il bel Parco Pubblico ed il nuovo Teatro, entrambi di recente costruzione, mentre alla destra si incontra un tratto delle antiche mura di forma ovoidale e i maestosi Palazzi Passamonti e Comunale, separati dalla Porta Principale del Paese (Porta da Sole), anch’essa ricostruita verso il 1790».
http://www.novenove.eu/it/localita/altre-localita/25-rapagnano.html - http://www.comune.rapagnano.ap.it/index.php?action=index&p=65
San Marco alle Paludi (torre Matteucci alle Paludi)
«Su una delle ultime colline prima del mare, c'è una torre da salvare. L'ultima fortificazione rimasta di questo genere. Senza di essa, il paesaggio non sarebbe più lo stesso. Ci troviamo nella provincia e nel comune di Fermo. Siamo alla fine della località detta Bore di Tenna. Scendendo da questa collina ci troviamo, dopo neanche cinquecento metri, nella frazione di San Marco alle Paludi, con la sua splendida chiesa dell'XI secolo. Il profilo della torre che si staglia sulla sommità di questa collina è inconfondibile. Anche se non si hanno molte notizie sulla sua storia, negli antichi documenti qualcosa è stato trovato. Sembra sia stata fondata a scopi militari intorno al XIV secolo. Sorge, come ho già detto, in cima alla collina che sovrasta la chiesa (ex-monastero) di San Marco alle Paludi. La leggenda vuole che il monastero e questa torre fossero unite da una galleria sotterranea da utilizzare come via di fuga. In origine era una delle tante torri di avvistamento che la città di Fermo si preoccupò di far costruire nel suo circondario per scrutare in lontananza tutti quelli che mostravano ostilità contro il Comune: poche comunicazioni per mezzo di segnali ottici (fumate, fuochi, riflessi luminosi) e tutti i cittadini fermani in grado di reggere la balestra o l'archibugio si riversavano sulle mura turrite e merlate pronti a battersi all'ultimo sangue, se necessario, contro popoli conosciuti e sconosciuti. La difesa della “turris Speculatrix”, oggi detta Torre Matteucci alle Paludi, veniva normalmente affidata a un piccolo contingente di soldati ben armati, vettovagliati e approvvigionati: le 8 feritoie da moschetto otturate e in parte trasformate in piccole luci e il coronamento di merli e piombatoi primitivo (da non confondere con quello attuale), garantiscono che una quindicina di uomini erano più che sufficienti ad esercitare una rigorosa sorveglianza. La torre, comunque, in caso di necessità, riusciva forzatamente ad alloggiare un centinaio di persone insediate nei dintorni, monaci di San Marco alle Paludi inclusi. Per molto tempo si pensò che l'appellativo “Matteucci” fosse, insieme ad altre torri presenti nel fermano con lo stesso epiteto, dovuto al nome della famiglia che volle la sua realizzazione. In realtà, successivamente, si affermò sempre più la tesi che la torre assunse tale denominazione solo dopo essere divenuto un possedimento di tale potente e nobile famiglia.
è la sola torre pervenutaci tra gli esempi fermani del tardo Medioevo, dal momento che ha resistito alle invasioni del mondo occidentale e ha trionfato sulle insidie degli Stati limitrofi. Presenta una pianta quadra con merlatura alla ghibellina (a coda di rondine) e misura 5,69 x 5,69 metri in larghezza, e 13,4 metri in altezza (all'interno le volte sono arco a tutto sesto). Libero finalmente il “mare nostro” dall'incubo delle incursioni turche e terminati gli stati questi endemici di agitazione e di guerriglie che comportavano costanti e severe vigilanze, i militari svanirono dalla “turris Speculatrix” per lasciare il posto ad un pugno di coloni che organizzarono la loro esistenza intorno alla torre. Questo evitò il formarsi dei segni della decadenza ma contribuì sostanzialmente ad alterare l'aspetto originale. Giovanni Cicconi in proposito testimonia: “... non sfuggì interamente al vandalismo neppure essa la torre Matteucci alle Paludi, giacché, non si sa quando, venne decapitata abbattendosene la merlatura e prima che passasse agli attuali proprietari (i Conti Vitali) fu adibita a colombaia e poi servì persino da comodo e indisturbato nido di falchi; ma tanto poté evitare la sorte delle altre torri di avvistamento del fermano, diroccate dalle fondamenta; e non fu poco!”. Nel tempo tutte le feritoie che consentivano l'uso delle armi da corda e da fuoco vennero trasformate in piccole luci e nicchie utilitarie, mentre la porticina che permetteva, per mezzo di scale, l'accesso alla torre accrebbe in larghezza per comunicare comodamente con l'edificio colonico che venne ad interessarla. Anche la merlatura venne ricostruita interamente agli inizi del novecento sulle tracce di quella vecchia. Oggi, più che mai, la Torre Matteucci alle Paludi ha bisogno di essere salvata. ...».
http://soleinfaccia.blogspot.it/2012/08/una-torre-da-salvare.html
Sant’Elpidio a Mare (castello, mura, porte)
«La prima notizia di Sant'Elpidio a Mare (a quel tempo Maiore) risale al 1011. L'insediamento era costituito da un piccolo castello fortificato, di forma pentagonale, ubicato ad ovest, mentre a sud-est, nella zona dell'attuale piazza, vi era un altro insediamento attorno alla pieve di Sant'Elpidio Maiore. Dopo il 1202 (Pace di Polverigi) Sant'Elpidio inizia una azione autonoma contro Fermo. Nel 1386 si decide di fortificare la città (saccheggiata nel 1328 e nel 1377). Il 27 dicembre 1393 i Priori e il Podestà decidono il tracciato delle mura.; intero bene - costruzione, fase preponderante - secolo XIV-XIV. Secondo alcuni autori vi sarebbero tratti di mura risalenti al sec. XII. Secondo altri la cerchia muraria fu iniziata a costruire nella seconda metà del sec. XIII. All'inizio del sec. XIV vi erano sette porte (Girone, Canale, Cerreto, Castello, San Bartolomeo, Fontanelle, Murate); intero bene - costruzione originaria - secolo XII-XIV».
http://www.europeana.eu/portal/record/07602/8D8163918B576B8FFB7B6003B4FD9B677112EFDB.html
Sant’Elpidio a Mare (palazzo Comunale)
«Costruito sul finire del XIV sec., e rifatto alla prima metà del '500 su disegno dell'architetto bolognese Pellegrino Pellegrini, detto il Tibaldi, con successive ristrutturazioni di Ireneo Aleandri. Nella sala consiliare si ammirano due polittici di Vittore Crivelli: L'Inconorazione della Vergine con Santi della fine del '400 (18 pannelli) e il trittico con Crocifissione e Santi».
http://cst.comune.fermo.it/default.aspx?menuid=1855
Sant’Elpidio a Mare (torre Gerosolimitana o dei Cavalieri di Malta)
«La "superba torre" (Medaglia, 1692), portata a termine nel XIV sec. con il contributo dei Cavalieri Gerosolimitani, altrimenti noti come Cavalieri di Malta, rappresenta per alcuni aspetti il più enigmatico esemplare tra le opere fortificate delle Marche, dal momento che ancor oggi sono molte le ipotesi sul suo significato simbolico e sulla sua effettiva utilità. La torre, eretta nel punto più alto della città, si eleva per circa 28 metri con 8,20 metri di lato. La pianta quadrata è determinata esternamente dalle spesse mura perimetrali (1,60 metri), costituite da una meticolosa tessitura laterizia uniforme per l'intera superficie, con cantonali in conci di calcare bianco su tutta l'altezza dei quattro spigoli (escluso il parapetto superiore). Alla linearità del perimetro esterno si contrappone l'articolata spazialità interna, caratterizzata dalla struttura scalare che proietta quattro piloni angolari sui quali si innestano gli archi rampanti: il risultato è una composizione planimetrica regolata da una simmetria centrale con pianta a croce greca. Al riguardo, è interessante notare che, tracciando le diagonali passanti per il centro della base, si disegna una virtuale Croce di Malta: non è possibile sapere se tale coincidenza fosse stata prevista nel progetto originario della torre, occorre però considerare che l'architettura medioevale, in particolar modo quella afferente agli ambienti più colti e ricchi, come era appunto quello dei Cavalieri di Malta, è sempre stata caratterizzata da forti implicazioni simboliche e proporzionali. Alla torre si accede attraverso un portone situato al livello del terreno, contrariamente a tipologie più comuni d'ingressi a forte dislivello (pusterle); il varco a tutto sesto, con centinatura in laterizio levigato, è stato poi modificato con l'inserimento della lunetta scolpita.
Sulla fronte interna è visibile una doppia ghiera di mattoni levigati che decora il fornice archiacuto dell'ingresso; l'impiego di ghiere a mattoni levigati contrassegna anche tutte le monofore della parte bassa della torre. All'ingresso si trovano, inoltre, una feritoia alta sulla parte ovest, successivamente tamponata, e una botola sul pavimento, che rivela la presenza di un piano sotterraneo voltato a botte nel quale, in fase di ripulitura, sono stati rinvenuti resti di ossa umane. A destra dell'ingresso ha inizio la scala generata da un corpo unico strutturale, un arco rampante che, ruotato di 90° e alzato di circa 140 cm, in assenza completa di piani, aggiunti solo in epoca moderna per posizionare l'orologio e il serbatoio poi smantellato, conduce senza interruzioni dal piano terreno alla battagliera. La salita avviene tra il muro perimetrale e un alto parapetto, peraltro oggi in parte demolito (diverse file di mattoni sono state divelte) e tale da consentire l'affaccio sul vuoto interno, diversamente dal disegno originario. Con ogni probabilità, infatti, il percorso senza vie di fuga per l'occhio umano doveva rappresentare una sorta di mistica ascesa verso Dio con la sola guida della luce proveniente dalle scarse feritoie, orientate per illuminare le rampe dall'alto e agevolare unicamente l'avanzamento; di contro, la discesa doveva risultare alquanto disagevole dal momento che la luce si riceveva da tergo. ... In epoca più recente è stata inserita sopra il portone d'ingresso una lunetta di chiara origine preromanica proveniente, seconda una tradizione non verificabile, dall'Abbazia Imperiale di Santa Croce al Chienti (zona Casette d'Ete) e simboleggiante il "Christus Triumphans", posto sulla croce che poggia sulla groppa di un animale accosciato, incluso in una folta ornamentazione a ramages. ...».
http://soleinfaccia.blogspot.it/2010/08/santelpidio-mare-e-i-cavalieri-di-malta.html
Sant’Elpidio a Mare (torri e puntoni delle mura urbiche)
«L'insediamento originario di Sant'Elpidio a Mare, all'inizio del sec. XI, era costituito da un piccolo castello fortificato, di forma pentagonale, ubicato ad ovest e da un insediamento a sud-est, nella zona dell'attuale piazza, attorno alla pieve di Sant'Elpidio Maiore. Le mura sarebbero state costruite a partire dal sec. XII, ma la fase predominante si ebbe dopo il 27 dicembre 1393.; complesso di appartenenza - costruzione - secolo XI - XIV; In questa zona era ubicato il Castello di Sant'Elpidio citato in un documento del 1062. Impossibile dire se la struttura sia stata costruita su un precedente manufatto difensivo.; intero bene - area di sedime - secolo XI - XI; Il puntone fu costruito dopo il 27 dicembre 1393.; intero bene - costruzione - secolo XIV - XIV. La parte superiore del puntone fu demolita e trasformata in terrazzo probabilmente tra il XIX e il XX sec..; intero bene - demolizione merlatura - secolo XIX - XX» - «Il Torrione, a difesa della vicina Porta Canale, fu costruito nel 1527. Sembrerebbe che la parte ovest del torrione, probabilmente tra la fine del sec. XIX e l'inizio del sec. XX, sia stata demolita. Alla fine del sec. XX il torrione fu restaurato. Stato di conservazione (intero bene): buono».
http://www.europeana.eu/portal - ...AFEC2.html - http://sirpac.cultura.marche.it/web/Ricerca.aspx?ids=78180 ss.
Sant’Elpidio a Mare (villa "Il Castellano")
«La villa “Il Castellano” si trova nel Comune di Porto Sant’Elpidio, in provincia di Fermo. Tra i fiumi Chienti ed Ete Morto, verso il mare, sorge sul sito di un avamposto romano e di un successivo castello medioevale appartenente all’arcidiocesi fermana nei cui resti, nel XVI secolo, si sarebbe trasferito Giorgio Araniti Comneo, proveniente da Bisanzio con al moglie, la principessa Colonna di Corsica. Nel 1625 Annibale Maggiori Colonna di Leca Guerrieri, figlio della marchesa maceratese Cecilia Ricci, costruì il corpo centrale della villa, comprendente una panoramica torre di guardia. A partire dal 1767, la famiglia Maggiori, che da poco aveva ottenuto il titolo nobiliare ed era entrata a far parte del patriziato fermano e, molto probabilmente, diventata unica proprietaria della villa, fece costruire la cappella con le tombe di famiglia e le due ali che chiudono il complesso. Dopo essere stata dimora di campagna delle più influenti Casate del Fermano, i Guerrieri prima, i Maggiori poi, la villa, che a lungo ha coniugato funzione residenziale estiva con quella di centro di organizzazione economico-produttiva della grande proprietà agricola della famiglia, oggi appartiene agli Scoccini che, di recente ha acquisito e riunificato l’intera proprietà. Per la notorietà dei suoi proprietari, nella villa dimorarono il re di Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia, Gioacchino Murat, Gerolamo Bonaparte e altri esponenti dell’aristocrazia capitolina. La sua tipologia edilizia, caratterizzata da un massiccio corpo di fabbrica quadrangolare sormontato da un’altana, si riscontra in pochi altri esempi di residenze di campagna risalenti ai primi decenni del XVII secolo: la Villa del Cardinale Decio Azzolino a Grottammare e la Villa Alvitreti a Folignano. L’edificio padronale si distingue dagli altri che costellano la campagna circostante, oltre che per le notevoli dimensioni, anche per una maggiore e più accurata qualità architettonica. L’intero complesso, sviluppatosi nel tempo, è costituito da un blocco centrale adibito a residenza e da depandances, poste lateralmente, usate come rimessaggio. Completano la struttura gli edifici rurali, utilizzati un tempo come magazzini e la cappella privata che, in altezza, non supera i corpi di fabbrica longitudinali. ...».
http://dimorestoricheitaliane.it/vacanze-location/villa-castellano/
Sant'Elpidio Mòrico (torrione)
«A tre chilometri dal capoluogo [Monsampietro Morico], c’è la frazione Sant’Elpidio Morico, che si avvista da lontano grazie ai due campanili che sovrastano la facciata della sue monumentale chiesa “presso le mura”. ... Secondo la tradizione i castelli di Monsampietro Morico e di Sant’Elpidio Morico, unitamente a quello di Monte Rinaldo (Morico), sarebbero stati fondati da Malugero Melo, figlio di Dragone d’Altavilla, conte normanno delle Puglie. Dopo la morte del padre, nel 1051, Malugero Melo sarebbe fuggito con la madre Porzia e sarebbe giunto nel Fermano. Sempre secondo la tradizione, aveva sposato una certa “Morica” dalla quale avrebbe avuto tre figli: Pietro, Elpidio e Rinaldo, per i quali avrebbe eretto, intorno al 1061, i tre castelli nominati Monsampietro Morico, Sant’Elpidio Morico e Monte Rinaldo Morico. I primi documenti ufficiali sulla storia dei nostri diversi castelli risalgono ai primi anni del Trecento, quando il castello di Sant’Elpidio Morico cadde sotto la giurisdizione di Fermo, seguito poco dopo dal castello di Monsampietro Morico. Da quel periodo i “nostri” castelli seguirono le sorti della città di Fermo fino al periodo della dominazione napoleonica, quando Sant’Elpidio Morico fu aggregato a Monteleone di Fermo, perdendo per la prima volta la sua autonomia (che riconquistò nel 1815). Qualche anno dopo l’unità d’Italia Sant’Elpidio perse nuovamente il rango di comune e, dopo una breve parentesi d’annessione a Monteleone di Fermo, nel 1893 venne definitivamente aggregato al comune di Monsampietro Morico, avviando un sodalizio ormai più che secolare. Gli studi più approfonditi hanno modificato in parte questa tradizione (ad esempio, quanto all’aggettivo Morico, esso deriverebbe dalla pianta urbica a forma di cuneo, non già da una presunta consorte “Morica”). Da vedere: ... Chiesa di San Michele Arcangelo, risalente al XVII sec. si trova nella frazione di Sant’Elpidio Morico ed è caratterizzata da due torri. ... Chiesa di San Paolo (romanica), risalente al XIII sec., situata a Sant’Elpidio Morico, conserva i resti di un torrione del XIV sec.».
http://www.provincia.fermo.it/comuni/monsampietro-morico
Santa Vittoria in Matenano (torre Civica o dell'abate Oderisio)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«La Torre Civica o Torre di Palazzo è il monumento che caratterizza questa storica cittadina. Alla base misura m.4,50 ed è alta m.27.50. La Torre e le mura di cinta furono costruite dall'abate Odorisio (1235-1238), quando rivesti la carica di Podestà, per elezione del Consiglio del libero Comune. Lo stesso abate comprò una casa a fianco della Torre - ora Teatro Comunale - che trasformò in "Palatium Communis". Sono visibili i segni nell'arco gotico sormontato dal leone rampante. La corona con merli a coda di rondine, di tipo ghibellino, è un rifacimento piuttosto fazioso che risale agli inizi del secolo scorso. In origine infatti la Torre aveva gli spalti e coronamento piano, del tipo guelfo, in quanto il Comune di Santa Vittoria fu sempre fedele alla Chiesa».
«Dopo gli insediamenti storici piceni, ebbe nome romano da un proprietario rurale della stirpe dei Servili. Nel medioevo, attorno all'anno 1000, una consociazione di famiglie eresse sulla collina più alta, ora Paese Vecchio, un castello dipendente dal comitato di Fermo, con il nome di Castel S. Marco. Nella seconda metà del secolo XVIII, il castello cominciò a cedere per infiltrazioni di acqua finché, per istanza dei concittadini, il nuovo pontefice Clemente XIV (1769-1774) ne stabilì la ricostruzione, su progetto di Virginio Bracci, in pianura, vicino al convento francescano dove, fin dal secolo XIV, si svolgeva una importante fiera. Il nuovo paese, "Castel Clementino", fu iniziato nel 1773 e completato da Pio VI. L'impianto edilizio è singolare, per la struttura unitaria e razionale, programmata ed eseguita in un quadrilatero, costituito da case a schiera, con tre porte di ingresso. Il centro storico è caratterizzato dalla particolare struttura urbanistica a forma di quadrilatero con tre porte di accesso, frutto della cultura illuministica del '700».
http://www.galpiceno.it/scheda_comune.php?id=25
Smerillo (resti del castello, porta Nord)
«Non si sa con sicurezza l’origine del Castello di Smerillo, alcuni pensano che sia nato al tempo dei romani in quanto nel suo territorio sono state trovate numerose monete romane. Ma i primi documenti scritti arrivati fino a noi sono datati intorno al 1100 e riguardano soprattutto le vicende del casato che governò il castello. I signori di Smerillo discendevano dal conte Alberto (il più antico rappresentante del casato dei signori di Smerillo di cui si ha notizia) che alla fine del 1100 risulta livellario dell’abbazia sabina di Santa Maria di Farfa di Santa Vittoria in Matenano per cui pagava ai monaci un canone annuo per il Castello di Smerillo. I signori di Smerillo erano imparentati con il casato che dominava il castello di Montepassillo (Comunanza), inoltre possedevano la giurisdizione su un ampio territorio diviso attualmente tra i comuni di Comunanza, Amandola, Monte Monaco, Monte Fortino. Alla fine del 1200 la crisi economica che aveva colpito i signori di Smerillo, costrinse a vendere le loro quote del territorio al Comune di Fermo, in cambio dell’esenzione al pagamento delle imposte sui beni personali. Il Comune di Fermo si assicurò così la giurisdizione del castello di Smerillo e nel 1298 impose a Smerillo le istituzioni comunali dandogli la libertà e la cittadinanza fermana. Smerillo, come gli altri comuni soggetti a Fermo, fu abbastanza autonomo in quanto il Comune di Fermo interveniva solo negli affari di maggiore importanza. Alla fine del 1300 due smerillesi che custodivano la rocca per conto del comune, si ribellarono a Fermo e consegnarono Smerillo ai Duchi di Camerino che volevano estendere il loro dominio nella vallata del Tenna e Smerillo godeva di una posizione strategica per il loro scopo, Fermo però riuscì a riprendere il controllo del castello. Intanto Smerillo e il territorio circostante furono annessi allo Stato della Chiesa prima e al regno d’Italia poi. Dal punto di vista architettonico Smerillo si doveva presentare con due strutture urbanistiche distinte ma complementari tra loro: la prima (l’attuale “rocca”) dove si trovavano le abitazioni dei signori e la seconda dove si trovavano le case del popolo. Lo spazio riservato ai signori era protetto su tre lati da una cinta muraria con delle torri, mentre il quarto lato era privo di fortificazioni in quanto era affacciato sulla rupe. Il borgo dove si trovavano le case dei contadini era privo di fortificazioni e le case erano disposte lungo la via principale che portava alla dimora dei signori (struttura architettonica ancora attuale). Successivamente fu costruita una cinta muraria anche intorno al borgo con due porte di ingresso ancora oggi ben visibili. Attualmente Smerillo si presenta con un abitato piccolo, dalle forme urbane semplici e pulite, in gran parte in pietra. Sulla piazza vi è la Chiesa Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, mentre nella via principale, verso la parte alta del paese, si trova la Chiesa di S. Caterina (XIV sec.) in stile romanico. Resti dell’antico cassero del castello sorgono in vetta al paese. Lembi di mura medioevali si ergono ancora lungo la strada d’accesso ed in altre zone del paese, dove è ancora visibile la Porta Nord».
http://www.smerillo.com/storia.asp
«Torchiaro nel 1300 era uno dei castelli di Fermo. Il Castrum Torchiarii era di piccole dimensioni. La parte più antica del XIV sec. è ancora documentata da un porta a sesto acuto, con rifacimenti ancora visibili del secolo successivo. Il suo territorio era attraversato da un diverticolo della Via Salaria che si distaccava da Ascoli, risaliva a Petritoli e scendeva, da un lato verso il fiume Ete Vivo, dall´altro attraversando il fosso detto Rio, sottostante l´attuale abitato, risaliva nei pressi della chiesa di S. Marco di Ponzano. ... Il 3 e 4 aprile 1415 il Castello di Torchiaro subisce il saccheggio e l´incendio da parte delle truppe del Malatesta. Lo stesso avviene il 30 settembre 1443 al passaggio delle milizie dello Sforza».
http://www.ponzanodifermo.org/comune/il-paese/territorio-group1/cenni-storici
Torre di Palme (borgo fortificato o castello)
«Il suggestivo centro di Torre di Palme è un fantastico balcone panoramico sulla cima di un colle in posizione dominante la costa ed il mare Adriatico. Il borgo appartiene alla cerchia dei castelli fermani suddivisi, a seconda della loro collocazione, in marini, di mezzo e montani: quelli marini sorgono sulla sommità dei colli e in genere presentano un impianto urbano ellissoidale (con asse est-ovest) circondato da mura che si aprono con porte “da Sole” o “da Bora”. L’abitato sorse nel Medio Evo come protezione fortificata dell’antico scalo marittimo della città romana di Palma allo scopo di difenderlo dalle frequenti incursioni dei pirati. La zona costiera tra i fiumi Tesino e Chienti, denominata nelle antiche carte geografiche come “Agro Palmense”, aveva il suo porto nell’antica Palma in Agro Piceno, citata da Plinio il Vecchio per la produzione del pregiato vino Palmense. Fiero castello medievale munito di un saldo sistema difensivo, Torre di Palme deve al movimento religioso agostiniano la costruzione di gran parte del nucleo più antico. Orgoglioso della propria indipendenza, il paese entrò spesso in contrasto con il comune di Fermo; perse la sua autonomia nel 1861 quando divenne frazione di Porto San Giorgio, per passare poi definitivamente, dal 1878, sotto l’amministrazione di Fermo. Torre di Palme si distingue per la conservazione del suo ambiente e per l’uniformità stilistica degli edifici medievali e rinascimentali, elementi che ne fanno, nonostante le piccole dimensioni, uno dei centri storici più interessanti della regione. Il borgo è tagliato da ovest a est da via Piave che, oltre ad ospitare gli edifici più significativi dell’antico abitato, consente di ammirare scorci urbani incomparabili in cui le strette vie, caratterizzate dalle facciate in cotto fiorite di gerani, inquadrano ampie vedute del mare e delle colline circostanti. ...».
Torre di Palme (palazzo dei Priori)
«Il Palazzo Priorale fu edificato nella prima metà del Trecento ed inizialmente era indicato come Palazzo della Sacra Congregazione, poiché il borgo era gestito dalla comunità religiosa che ivi aveva sede ed il cui Priore era Commendatario per conto del Pontefice. Solo dal tardo ‘500 fu denominato Palazzo dei Priori o del Comune, perché da quel momento in poi il potere politico non fu più gestito dall’ordine religioso ma dagli organi comunali veri e propri che in esso ebbero sede fino al 1877, anno in cui il libero comune fu annesso a quello di Fermo al quale da allora è soggetto. La facciata originaria non comprendeva la vela campanaria che fu aggiunta soltanto nel ‘700, così come anche la scala lignea che conduce alla sala degli ingranaggi del pubblico orologio. Attualmente il portale d’ingresso è inserito nella muratura ma in origine si trovava sotto la loggetta, oggi chiusa da un muro di riempimento, che era stata decorata ad affresco dal Presutti di Fano. Nella sala dell’orologio resta un residuo di quest’affresco rappresentante la Madonna col Bambino».
http://www.torredipalme.com/index_file/Page781.htm
Torre San Patrizio (porta del Sole, palazzo Comunale)
«Comune delle Marche in provincia di Ascoli Piceno situato a 224 m. d'altezza con 2132 abitanti. La cittadina conserva tuttora l'impronta medioevale. Mura tre-quattrocentesche circondano il vecchio incasato, con elementi di pregevole fattura. Il primo insediamento, forse pagus del vicino vicus di Rapagnano, sorse vicino alla Turris patritia, databile intorno al VI sec. ed oggi scomparsa, che solo in periodo carolingio cominciò ad assumere il nome di San Patrizio. Elevata alla dignità di comune, intorno al 1258 fu ceduto a Fermo da Manfredi e nel 1301 cercò inutilmente di costituirsi come comune libero. In epoca rinascimentale, fu sottomessa al duca Valentino, figlio di papa Alessandro Borgia. Nel 1443, schieratosi con Francesco Sforza, fu distrutto dalle milizie pontificie. Fu ricostruito due anni dopo a spese del comune di Fermo. Conobbe alterne vicende storiche, purtroppo insanguinate da distruzioni, cercando sempre di conservarsi a libero comune. Le mura di fortificazione sono del sec. XV. Sul lato sud è la Porta da Sole ed addossato alla cinta muraria è situato il Palazzo Comunale».
http://www.bellemarche.it/italy/torresanpatrizio/
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