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CAROVIGNO, TORRE GUACETO
a cura di Domenico Basile, direttore de La lanterna del popolo
Torre Guaceto.
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Epoca: primo impianto nella seconda metà del secolo XIII.
Conservazione: ottimale.
Come arrivarci: con la strada statale 379 Bari-Brindisi, uscita Serranova al km 35.
Torre Guaceto è collocata su un basso promontorio a circa 15 Km a Nord di Brindisi, e sovrasta una rilevante zona paludosa, che oggi costituisce una delle riserve naturali dello
Stato italiano più famose, infatti la Riserva Naturale di Torre Guaceto ha un'estensione di 240 ettari, di cui 164 ettari appartenenti al comune di Carovigno e 76 ettari appartenenti al comune di Brindisi.
La denominazione Guaceto deriva dall'arabo Gawsit ("acqua dolce"); infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo di piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente, che attraversa l’intera zona umida fino ad inoltrarsi nell’entroterra.
La veridicità dell'origine araba del nome è confermata anche dal fatto che una delle prime testimonianze topografiche della zona risalgono ad una mappa araba del XIII secolo, dove la zona viene indicata come
Gaucito.
Vasellame, ceramiche ed urne cinerarie risalenti all'età del bronzo ci fanno capire che la zona era abitata già in epoca preistorica da popoli dediti alla caccia ed alla pastorizia, capaci di modellare la creta, materiale di cui la zona abbonda.
Successivamente vi si insediarono i Messapi e quindi la rada fu particolarmente utilizzata dai Romani, come testimoniato dal rinvenimento di marre di ancore in piombo.
Alla caduta di Roma perse la sua importanza per riacquistarla con i Saraceni, che si servirono del suo porto come base di scorrerie per mare e per terra e per il commercio di vino ed olio.
Nell'838 una flotta araba fu segnalata al largo delle coste brindisine, la zona di Guaceto fu occupata, ed immediatamente indicata col nome di
Saracinopoli. Fu costituito subito un campo trincerato denominato ribat che doveva servire come base di scorrerie per mare e per terra; di esso si scorgevano ancora le rovine fra il XVI ed il XVII secolo.
Nell'871 con la caduta dell'emirato di Bari, e con il successivo tentativo bizantino nell'886 di ricostruire Brindisi, si concluse la fortuna di
Guaceto.
La torre fu costruita nella seconda metà del secolo XIII ad opera di Carlo I
d’Angiò, che provvide in quel periodo a fortificare l’intero territorio, per contrastare gli sbarchi dei saraceni.
Nel 1343 la regina Giovanna I d'Angiò concesse l'utilizzazione dello scalo ai mercanti di Mesagne.
Qualche anno dopo, nel 1362, il principe di Taranto Roberto d’Angiò fece in modo che del porto di Guaceto, che pare
rivestiva un ruolo importante nel commercio dell’epoca, potesse usufruirne la sola città di Mesagne.
I mesagnesi, erano gli unici ad avere il diritto di riscuotere denaro a titolo di tassa da chi esportava o importava merce utilizzando quel porto come scalo.
Ai brindisini ed ai carovignesi era perfino preclusa la possibilità di poter smerciare olio, vino ed altri prodotti attraverso lo scalo di Porto Guaceto.
Nel 1482 accadde che il Duca di Ferrara decise di attaccare per mare l’alto Salento sbarcando a Torre Guaceto, da qui si diresse verso Carovigno, saccheggiandola, poi
tentò di attaccare anche Brindisi, ma fu respinto.
Nel 1484 una flotta di veneziani, forte di 56 vele, salpata da Corfù sotto il comando di Giacomo Marcello, vi si ancorò sbarcando truppe poi sconfitte, sotto le mura di Brindisi, dalle locali milizie capitanate da Pompeo Azzolina ed inseguite sino alla loro base di Guaceto.
Già nel 1531 il marchese Ferdinando d'Aragona volle che la rada, ad evitare un suo utilizzo da parte dei turchi, fosse guardata da una torre, e nel 1563, il governo aragonese, decise di rinforzare il reggimento di torri di avvistamento che difendevano le coste a sud dell’Adriatico, fra cui anche Torre
Guaceto. Frequentato da Veneziani e poi dagli Spagnoli, lo scalo ritrovò un'effimera ripresa dei traffici mercantili nel XVIII secolo.
I motivi per cui questa torre fa parte del territorio di Carovigno e non di Mesagne come lo era nel
Medioevo, risale ad una serie di controversie giudiziarie, fra Brindisi, Carovigno e San Vito degli Schiavoni (oggi
San Vito dei Normanni). Infatti nel 1718 queste tre città rivendicarono il possesso del porto ai danni della dominatrice Mesagne.
La controversia dibattuta di fronte alla Regia Curia vide vincitori i Carovignesi, i quali riuscirono a dimostrare, tramite antichi documenti, che la costa carovignese si estendeva da Lamaforca (a nord di Santa Sabina) fino a Guaceto, che risultò essere per metà carovignese (la parte nord) e per metà brindisina (la parte sud).
Il quadro mutò radicalmente e definitivamente nel XIX secolo, anche in concomitanza con l'abbandono della Via Appia Traiana
(SS n° 379), per la nuova via consolare borbonica (SS n° 16) che collegava Brindisi a Monopoli, attraverso Carovigno, Ostuni e
Fasano. Fu allora che Guaceto divenne un porto deserto, piccolo e mal sicuro, adatto solo ai contrabbandieri.
Nel 1881, fu poi Ernesto Dentice di Frasso, proprietario della zona, a modificare definitivamente la località con la costruzione di un grande canale di bonifica e con la messa a coltura di circa 100 ettari di macchia mediterranea e 30 ettari di palude, con l'asportazione di sabbia che serviva al costruendo porto di Brindisi: l'area umida veniva quindi definita nei limiti attuali.
Oggi l’antico edificio, tenuto in perfetto stato, è una delle tante sedi del WWF ed ospita i volontari che sorvegliano l’incantevole riserva marina che gli si pone dinanzi, inoltre una delle due sale che la compongono ospita una mostra permanente, un laboratorio chimico e pannelli per la conoscenza delle specie marine e faunistiche del luogo.
Sito di riferimento: Torre Guaceto
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