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TORREMAGGIORE, CASTELLO DUCALE
a cura di Antonio Di Cesare
Il castello ducale di Torremaggiore. In basso, a sinistra: il castello in una cartolina degli anni '70; a destra: il fossato.
Posizione geografica: nel centro città di Torremaggiore.
Conservazione: ottima.
Come arrivarci: in auto: da nord, autostrada A14 Bologna-Pesaro-Ancona-Pescara, dopo Termoli uscire al casello di San Severo e da qui prendere la strada provinciale per Torremaggiore; da sud, autostrada A16 Napoli-Canosa uscita Candela, direzione Foggia, immissione SS 16 direzione Pescara, uscita Torremaggiore; treno: sino alla stazione di San Severo quindi proseguire in autobus (Ferrovie del Gargano o S.I.T.A) o taxi; aereo: aeroporti vicini, Foggia 43 Km, Bari 150 km, Pescara 140 km; info voli da e per la Puglia: www.aeroportidipuglia.it/index.asp
Come visitarlo:
si
consiglia di comunicare in anticipo telefonicamente la data della visita e
il numero di visitatori previsti, in quanto nel castello sono in consegna i
lavori di adeguamento e ripristino biblioteca comunale, nonché
l’allestimento del museo dei reperti provenienti da Fiorentino. Per visitare
il castello contattare:
• Ufficio Cultura del comune di Torremaggiore: tel.
0882-383468, e-mail dirigente.cultura@comune.torremaggiore.fg.it, il
gabinetto del sindaco tel. 0882-391781, referente sign. Ciro Panzone.
• Le associazioni “Sbandieratori Florentinum”: e-mail:
info@sbandieratoritorremaggiore.it, responsabile:
antonio.dicesare@libero.it, tel. 3495620892.
• Centro Attività Culturali "Don Tommaso Leccisotti",
tel. 3293174508, e-mail
centroleccisotti@corteostorico.it.
Visita virtuale: www.comune.torremaggiore.fg.it/castelloducale.
Il castello di Torremaggiore (foto 1) è una imponente struttura edificata su un colle che ad ovest balcona sul canale Ferrante, piccolo corso d’acqua torrentizio, ad est domina la città in direzione San Severo, a Nord confina con la strada per San Paolo Civitate, a Sud “controlla” la piana del Tavoliere, essendo ben visibili le città di Lucera, Foggia e i ruderi dell'antica Fiorentino.
L’epoca della costruzione del castello non è riscontrabile in nessuna documentazione antica, né gli studiosi e gli storici locali si sono espressi, tuttavia Ciro Panzone nel suo lavoro del 1993 testualmente riporta: «il castello di Torremaggiore, che nasce, dunque, come tenimento fortificato normanno, si inserisce nell’ottica della strategia dei nuovi conquistatori, che fanno sorgere in gran numero piccoli castra sul tipo di quelli dell’Italia centrale, all’estremità della Civitas e della Terra».
In effetti i restauri effettuati qualche decennio addietro, e quelli terminati da qualche anno, hanno convinto gli addetti della Soprintendenza ai Monumenti per la Puglia che il castello risale all’epoca normanna, costituito inizialmente da una sola torre di avvistamento abbastanza imponente, e un recinto murario, tipico di altre fortificazioni presenti in Capitanata, con funzioni classiche di avvistamento e di controllo del territorio.
Il castello, costruito a non meno di due km dal potente monastero di San Pietro di Terra Maggiore, tuttavia non ha alcun collegamento giuridico territoriale con lo stesso, tanto che all’abbazia benedettina è annesso un casale ante monasterium, per cui si ritrovano in epoca sveva due distinti siti: i territori di Terra Maggiore, tenuto dai monaci benedettini, e quello di Torre Maggiore (che prende il nome dalla torre elevata sul colle), tenimentum erariale dell’imperatore Federico II di Svevia, richiamato nello scadenziere federiciano come Regio Demanio.
La dominazione sveva non ha apportato modifiche al castello, per un fatto strategico-militare non si è ritenuto utile ampliare e utilizzare la fortezza, tanto da non aver traccia documentale e architettonica sulla stessa, preferendo, l’imperatore, la costruzione di nuove residenze di caccia, secondo canoni moderni, ridisegnando la rete castellare, a difesa sia delle coste, che dell’entroterra.
La morte di Federico II, e le successive rappresaglie delle truppe di papa Alessandro IV (1254-1261) nei confronti delle città fedeli allo Svevo, quali Dragonara e Fiorentino, portarono gli abitanti supersititi di queste località a rifugiarsi in terra abbaziale, sotto la protezione dell’abate Leone, costituendo un nucleo abitato che, come sostiene lo storico locale Mario A. Fiore, «si sviluppò dapprima come castrum e poi come terra, organizzata in università, all’ombra della torre dalla quale trasse il nome, contemporaneamente all’irreversibile declino di Fiorentino».
Nel primo periodo angioino, il territorio di Torre Maggiore, annesso a quello del monasterium S. Petri, passò in sequenza ai Templari (1295), all’Ordine dei Cavalieri dell’Ospedale di Malta, alla regina Sancia di Maiorca (1312), a Giovanna di Altamura (1337), al conte di Vico Pietro Pipino (1339?), a Filippo principe di Taranto (1343), ai Gianvilla conti di Sant’Angelo fedelissimi di Luigi d’Angiò. Proprio questi ultimi feudatari fecero ristrutturare, ampliare e potenziare il castello di Torremaggiore, comprovante testimonianza in alcuni elementi venuti fuori dalle campagne di restauro, quali delle merlature poste quasi a metà delle torri di nord-est (foto 2), e la presenza di feritoie basse (foto 3), ma soprattutto appartiene loro lo stemma lapideo (foto 4) posto sulla torre di nord-est, che rimaneggiato dai successivi feudatari De Sangro riporta:
IAMVILLA COMES SANTI ANGELI AC CIVITATIS LAVELLI DOMINVS |
Sempre nella torre di nord-est vi è una apertura inferriata della prigione (foto 5).
I Gianvilla perdono il feudo a favore di Niccolò De Sangro (1383), i De Sangro vengono privati del feudo in seguito alle lotte tra Ladislao di Durazzo e Luigi II d’Angiò, e successivamente troviamo nella prima metà del XV secolo il feudatario Francesco Sforza, duca di Milano; con la fine degli Angioini e la conquista del regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona il feudo di Torremaggiore, ed altri territori tra cui Fiorentino, vengono assegnati a Paolo de Sangro che fa costruire il castello nella disabitata Dragonara, e fa iniziare i lavori di riconversione e ampliamento del castello di Torremaggiore, affidandogli la doppia funzione, difensiva e residenziale; i lavori residenziali interessano l’ala sud del castello, come è testimoniato da una bifora gotica di epoca aragonese, venuta alla luce nei restauri già citati (foto 6).
Nel 1497 il feudo di Torremaggiore è concesso a Consalvo Fernandez de Cordova, perché Carlo de Sangro (figlio di Paolo) è privato per fellonia nei confronti di re Ferrandino. Nel 1508 il feudo ritorna ai de Sangro in seguito alla vittoria dei Francesi sugli Aragonesi, e venne intestato a Paolo, figlio di Giovanfrancesco, sposo di donna Violanta de Sangro, la Duchessa, benemerita donna di casa de Sangro, che ha voluto la costruzione di un nuovo edificio, di fronte al castello, dapprima adibita a taverna, e successivamente a teatro. Ci conferma la data di costruzione e l’uso dei locali una incisione lapidea (foto 7) posta sull’architrave d’ingresso della stalla:
SIC VOS VT PROSVM ME DECORETIS EQUI |
MCCCCCXXI |
Paolo II de Sangro, come testimonia l'iscrizione (foto 8) posta sul primo balcone di sinistra, PAULUS II DE SANGRO, continua a effettuare lavori sul castello, ma anche il figlio Giovanfrancesco, decorato a duca di Torremaggiore nel 1572 e primo principe di San Severo, fa sopraelevare tutta l’ala nord; viene edificata la Sala del Trono ducale, e il castello si collega al Teatro con una passerella sopraelevata, che si appoggia sull’arco che chiudeva l’abitato a nord, con relativo ingresso riservato. Il castello assume però l’aspetto odierno con Paolo de Sangro titolare del feudo dal 1588, che conclude l’opera di modifica architettonica della struttura, e fa realizzare nei sotterranei delle cisterne di raccolta delle acque, collegate a gallerie in muratura dove convogliavano le acque sorgive, di cui il sottosuolo circostante il castello era ricco; anche su questo abbiamo una testimonianza in una incisione sulla torre quadra centrale: PAVL III SS PR 1592
Il 1626 a Paolo succede il figlio Giovanfrancesco, che si trova fronteggiare le terribili conseguenze del sisma che interessa Torremaggiore il pomeriggio del 30 luglio 1627, allorquando con furia devastante la cittadina venne rasa al suolo. Il Lucchino nella sua Del terremoto che addì 30 luglio 1627 ruinò la città di Sansevero e terre convicine ci informa sui danni subiti e, soprattutto, sul castello dice: «…la maggiore Torre Quadrata, ch’era nel mezzo di esso, di dove prese il nome di terra, si spaccò per mezzo dal capo sino quasi a’ piedi, e rovinò tutta la metà verso settentrione».
Ecco che il Lucchino in queste poche frasi, ci consolida la tesi che il castello di Torremaggiore si sia sviluppato intorno alla Torre Quadra, primo baluardo presente sul colle, da cui prese il nome Torremaggiore, che però in seguito al terremoto non fu possibile ripristinare nella sua parte superiore; il castello tuttavia nel complesso ha resistito alla forza devastatrice del terremoto, non subendo oltre alla torre altri rimaneggiamenti.
A Giovanfrancesco succede Paolo, che a soli 27 anni muore lasciando i feudi al figlio Giovanni Francesco, che a sua volta nel 1683 investì dei feudi il figlio Paolo. Fu con molta probabilità questo il periodo in cui gli interni del castello, nello specifico la Sala del Trono e la sala detta Delle Udienze, adiacente alla Cappella Palatina, vengono affrescate lungo la parte superiore, con una fascia perimetrale raffigurante scene mitologiche che vedono protagonisti putti impegnati nella vendemmia, circondati da scene gioconde di altri putti intenti al divertimento.
A Paolo subentra il figlio Antonio, personaggio sanguinario, protagonista di soprusi, estorsioni e omicidi, perpetrati in Torremaggiore e San Severo, dal quale nasce il grande Raimondo Maria de Sangro, settimo principe di Sansevero (foto 9), celebre scienziato, alchimista, esperto di arti militari ecc., che nasce proprio nel castello di Torremaggiore il 30 gennaio 1710 (foto 10). In quegli anni il castello non subisce altre modifiche, con la titolarità del feudo da parte di Vincenzo de Sangro però, lui e la sua sposa Maria Gaetana Mirelli dei principi di Teora, preferiscono abitare nel castello di Torremaggiore, piuttosto che nel celebre Palazzo Sansevero a Napoli, e oltre a far ristrutturare il castello di Dragonara, intervengono anche su quello di casa ducale, eliminando il ponte levatoio, sostituendolo con quello fisso lastricato in pietra (foto 11).
A Vincenzo de Sangro succede il figlio Michele Raimondo, nono principe di Sansevero ed ultimo feudatario di Torremaggiore, che senza colpe proprie, si ritrova una situazione economica di casa De Sangro disastrosa, conseguenza delle spese esose, fatte dal nonno Raimondo, per ristrutturare e abbellire con vere opere d’arte la Cappella Sansevero; si aggiunge anche il fatto che Vincenzo si trova spogliato di quei secolari diritti e poteri feudali, che la legge dell’eversione della feudalità del 1806 ha bruscamente interrotto. Il Teatro Ducale viene spogliato delle scene e i portici sottostanti vengono murati ed adibiti ad abitazioni (foto 12), l’arco denominato Porta del Principe nel 1834 viene incautamente e frettolosamente abbattuto, perché pericolante (foto 13, che mostra la zona di appoggio dell'arco sul teatro; foto 14).
Il castello ducale dopo la morte dell’ultimo feudatario vive una stagione di degrado e di lento abbandono, conseguenza della frantumazione della proprietà dello stesso, per effetto del volere testamentario della principessa Teresa Carafa, moglie di Michele Raimondo, che divide i beni tra la figlia Gaetana, ed il nipote Michele, figlio del predefunto Gerardo. La proprietà si divide ulteriormente tra i figli di Gaetana, sposa Revertera duca di Salandra, cioè ai figli di questa Giovan Vincenzo Revertera (che sposa Francesca Caracciolo), e Maria Teresa Revertera (maritata conte Roberto Taeggi Piscicelli); la Caracciolo duchessa della Salandra, rimasta vedova, divide ulteriormente la proprietà del castello, tra sua figlia Anna Revertera e i suoi nipoti Maresca Donnorso Correale dei duchi di Serracapriola.
L’ultimo Sansevero Michele de Sangro, dopo una parentesi trascorsa a Parigi, tra il 1870 e 1871 si trasferisce definitivamente nel castello di Torremaggiore, ricavando la sua “parte” abitativa nella parte sud dell’area castrale, di due piani, che si affaccia su un ricco giardino, fuori dal vecchio muro di cinta del castello; anche il fossato, sempre nella parte sud, viene interessato da lavori di adeguamento, in quanto viene impiantato un frantoio, ricavato chiudendo gli ambienti sotto la loggia (foto 15, foto 16). Sono le ultime modifiche strutturali che hanno interessato il castello di Torremaggiore, che dopo la morte dell’ ultimo De Sangro, per effetto del legato Croghan (compagna ed erede De Sangro) è per un terzo di proprietà del comune di Torremaggiore.
Dichiarato Monumento Nazionale dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti nel 1902, è acquisito interamente a patrimonio comunale nel 1934, per atto di compravendita fatta dal Comune di Torremaggiore per le due terze parti di proprietà del cav. Ettore Buccino (che ha acquisito la quota Revertera e quella Piscicelli tra il 1919 e il 1921).
•
Ciro Panzone: L'eredità del Castello Ducale di Torremaggiore, Foggia
1993.
• Tommaso D. Leccisotti, Il “Monasterium Terrae Maioris”,
Montecassino 1942, rist. a c. del Comune di Torremaggiore Napoli 1983.
• Emanuele Jacovelli, Cenni storici su Torremaggiore, San Severo
1911, rist. Bologna 2000.
• Mario A. Fiore, I De' Sangro feudatari in Capitanata:
nel secondo centenario della morte del principe Raimondo De' Sangro,
vol. II: Da Raimondo all'estinzione del ramo dei Principi di Sansevero,
Torremaggiore 1971.
• Mario A. Fiore, Demani ed usi civici nel Regno di Napoli, a c. del
Comune di Torremaggiore, Torremaggiore2007.
• Raffaele Licinio, Castelli medievali. Puglia e Basilicata dai Normanni
a Federico II e Carlo I d'Angiò, presentaz. di G. Musca, Bari 1994,
nuova ediz. Bari 2010.
©2011 Antonio Di Cesare.