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PORTOFERRAIO, VOLTERRAIO
a cura di Fernando Giaffreda
Veduta dei resti della fortezza.
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Conservazione: in rovina.
Ubicazione. Nel comune di Portoferraio (LI), al vertice di un colle irto e roccioso a forma di cono, che domina la "chiocciola" del principale porto dell'Isola d'Elba. Piccolo, ma evidentissimo ad est del capoluogo elbano (11.000 abitanti, in estate molti di più).
Come arrivarci: Con un'ora di traghetto da Piombino (LI), lasciando la "nuova" Aurelia Grosseto-Livorno all'altezza di S. Vincenzo.
Come visitarlo: a piedi, in salita. Il castello è più di una rocca abbandonata, e perciò la visita è assolutamente personale, trascurata ed emotiva (come il Medioevo), cioè senza orario né biglietto d'ingresso.
Impossibile che nessuno sia rimasto colpito dalla visione medievale del Volterraio, quando dal ponte del traghetto per le vacanze elbane ha avvistato questa rocca, che appare come un dente che morde il cielo. A questo "nessuno", l'occhio gli profonde un'improvvisa quanto autentica sensazione retrograda, una voglia di andarci, una promessa vacanziera di scalare il forte, che a occhio non è difficile. E subito gli subentra il senso (originalmente medievale) dell'abbandono: com'è possibile - si domanda - che quella costruzione lì, sia lasciata così? In quell'attimo, costui non s'accorge di aver percepito il Medioevo.
Diamo mano alla ricostruzione. L'abbandono che si riscontra nell'osservarlo, dalla nave o da terra, è dovuto al fatto che il Volterraio, nello stato attuale, è diroccato e semidemolito, anche se accessibile. Ma non è certamente colpa del tempo che scorre come nelle fiabe (quello che ci separa dall'epoca lontana del suo impiego quale avamposto per il controllo e l'avvistamento della navi sospette), se lo vediamo malmesso e però attraente. Sono state le due fasi dei bombardamenti tedeschi e americani dell'ultima guerra mondiale a ridurlo così com'è, per poi esser relegato dagli attuali posteri come il tema fisso delle cartoline illustrate. è evidente che le belle "bombette" dei tedeschi e degli americani si sono unite in questo luogo come a segnalarci la sua notevole importanza economico-militare. Portoferraio, l'Isola d'Elba e Piombino producevano ferro e rame per l'industria pesante, come nell'antichità già facevano gli etruschi, i pisani, i Medici e il fascismo, tutti legati dalla metallurgia bellica, con le dovute differenze. Ogni attività economica richiede la guardia di un presidio militare, una garanzia per l'ordine e lo svolgimento della produzione.
La costruzione del castello risale esattamente al 1281, ed è opera progettata dall'architetto volterrano Vanni di Gherardo Rau, che ricevette dai signori di Pisa, gli Appiani, l'incarico e i fondi per costruirlo. Probabilmente quest'operaio «castrorum et forte itiarum et aliorum in insula Ilbe» ha dato l'impronta agli altri castelli di protezione elbana: la torre di Marciana marina e la Fortezza di Marciana alta. Sul posto preesisteva una mastio etrusco, rimaneggiato da un presidio fortificato di epoca romana. Agli Etruschi il picco naturalmente serviva per il "dialogo" dall'isola con Populonia, Baratti e Cecina (Kaikna), punti essenziali per la produzione e la distribuzione interna dei manufatti in metallo. Ai Romani invece, dominatori di terra più che di mare, interessava lo sfruttamento delle coste dell'isola meno che la posizione nel territorio.
L'origine del nome non è sicura, ma lavorando sulle variazioni e i legami del fonema si possono fare diverse ipotesi, e ognuno può scegliersela, pure fondendole tutte, come si fa con il suono della lingua: Monte Veltrajo, Vanni Rau (costruttore), Volterra (città natale del costruttore, e la più originaria di questa regione etrusca).
La Repubblica marinara di Pisa volle costruire il Volterraio per inserirlo nel sistema difensivo dell'arcipelago tosco-tirrenico, dove ondate frequenti di incursioni piratesche facevano razzie di uomini e bambini da schiavizzare, e di donne per infoltire gli harem. Impresso nella memoria e nella psicologia dell'isola è il saccheggio del pirata Adriadeno Barbarossa nel 1534: piombò su Marciana Marina dove c'era la prima zecca pisana, fondata da Alfonso IV degli Appiani, che coniava anche monete d'oro; il bucaniere fece razzia e stipò le sue galere di soldi e schiavi, ripartendo per Tunisi; Carlo V imperatore intervenne dopo qualche mese e rimpatriò molto più tardi i prigionieri.
Nel 1298 i pisani cominciarono a preoccuparsi della forte migrazione dall'isola, la quale fra vita grama e deportazioni rischiava veramente di rimanere deserta. Inviò a protezione di quel posto di mare un forte contingente militare comandato da due capitani di guerra, e dal Vanni Rau come addetto alle fortificazioni. Le milizie stanziavano proprio nel castello e ci vivevano tutto l'anno. Per le devozioni religiose fu costruita una cappella votata a San Leonardo, ubicata proprio all'inizio della salita per la fortezza. Un documento del 1696 ci fornisce alcune notizie e misure più precise sul fortilizio rimaneggiato: «fu fatta una cappella al Volterraio (all'interno), che è lunga braccia 11 (6,30 metri) e larga braccia 4 (2,40 metri), con un'altra stanza della medesima grandezza, ambedue a volta, e servono anche per la piattaforma, e vi alloggia sopra l'Artiglieria; vi fu poi fatta un'altra muraglia di braccia 30 (18 metri) e braccia 3 e tre quarti alta (2 metri), servendo per coprire la batteria da monti per la scoperta con uno casino per la sentinella».
La giurisdizione sul castello insulare emanava da Piombino, dove l'istituzione (1248) di tre Consoli sovrani da parte di Pisa soppiantò la precedente autorità religiosa del feudatario Abate del Monastero, protettore dei fedeles rappresentanti del popolo piombinese. La costruzione del primo porto a Piombino gettò le basi della dominazione commerciale sull'Elba, Pianosa, Montecristo, e la creazione dell'area della futura signoria autonoma di Piombino, comprendente le terre di Scarlino, Populonia, Buriano e Suvereto. In seguito i tre Consoli elessero Signore della città Gherardo Appiani, figlio di Alfonso I signore di Pisa, dando vita a un "distaccamento" sovrano della repubblica pisana, che si protrasse autonomo fino alla seconda metà del '500. Durante questi tre secoli il Volterraio stava a guardia della tranquillità di quel pezzo di mare, ma non poterono essere evitate le incursioni e i saccheggi dei capitani saraceni, turchi, tunisini ecc., tanto che l'Elba si è trovata sempre pressappoco divisa in due zone d'influenza: pisana a nord-est, turca, spagnola, insomma "straniera" a sud-ovest. E in questo periodo si verificavano frequenti voltafaccia eseguiti con "colpi di stato", "negoziati", "compravendite" e "passaggi": Gherardo Appiani addirittura vendette ai Visconti di Milano il potere politico su Piombino, preparando così l'arrivo delle potenze straniere (Francia, Spagna).
Il principato degli Appiani terminò con l'infante Jacopo VI, posto sotto la tutela della madre Elena Salviati, alla cui morte Cosimo de' Medici riuscì ad annettere tutta la zona (Piombino, l'Elba ecc.) al Granducato. Con Cosimo, il Volterraio perde la sua importanza e il primato di primo castello difensivo del mare elbano, ma rimane intatto, attivo e funzionante fino alla Rivoluzione Francese e al periodo della sovranità esiliata di Napoleone. Cambia il contesto politico-economico in cui era originariamente collocato. I Medici fanno di Portoferraio e del suo attracco la capitale dell'isola, tutta dedita alla produzione "metallurgica" sul livello raggiunto. Costruiscono nuove fortezze al porto. Il Volterraio scende alla funzione di uno fra i presidi militari nel nuovo stato di cose.
Il colonnello di Sua Maestà Imperiale Granduca di Toscana, Odward Warren, nominato nel 1745 direttore generale delle fortificazioni della Toscana, inserisce il Volterraio nella "Raccolta" delle 52 fortificazioni granducali che devono essere mantenute in esercizio e in funzione per gli obiettivi della politica del Regno subimperiale. Il Volterraio vi compare fra le prime 15 di "prim'ordine", degno d'ospitare vettovagliati 480 soldati per la guardia, che adesso è posta alle dipendenze della piazzaforte principale di Portoferraio. In quel documento di toponomastica militare, il castello merita di essere paragonato, per strategia e caratteristiche, al Forte Belvedere e alla Fortezza da Basso di Firenze. Gli episodi stagionali delle scaramucce e degli scontri navali per questioni commerciali dipendono adesso dalla presenza degli Spagnoli, naviganti scomodi col loro Stato dei Presidi (Argentario, Talamone, ecc.), ma anche dei Francesi.
L'originario gioco metallico e metallaro, tutto elbano prima, poi pisano, poi toscano, diventa europeo e internazionale; e il nostro castello del Volterraio continua a vivacchiare disintegro ma imperterrito, seduto e guardingo sul colle omonimo, che sembra un mucchio di rottami. Ha visto passare milioni di facce che lo rimirano, turchi, saraceni, spagnoli, francesi, fiorentini, pisani, Nelson, Napoleone… Ma l'attende la semidemolizione del 1943-44 e il successivo abbandono.
Anche la prossima estate il Volterraio continuerà ad offrirsi ancora alle facce dei turisti traghettati per le vacanze marine. Lo interrogheranno curiosi e in silenzio, alcuni lo avvicineranno, altri ancora gli dedicheranno forse una gradevole e solitaria scalata, con vis(i)ta memorabile. Quando gli capiterà l'interesse di qualcuno col serio intento medievale di ripristinarlo alla sua funzione originale: guardia umana per l'arrivo di doviziose flotte straniere pronte a espugnarlo?
L'immagine di copertina è tratta dal sito www.aisoladelba.it; le ultime 7 foto dal sito: www.elbasun.com
©2002 Fernando Giaffreda. I video (inseriti nel 2013) non sono stati realizzati dall'autore della scheda.