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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI MASSA CARRARA
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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«Lungo la strada che conduce da Fivizzano fino a Licciana Nardi, tra la valle del Taverone e del Rosaro, sopra il piccolo paese di Agnino, troviamo le rovine dell’omonimo Castello. Della fortezza medievale, che apparteneva al ramo dei Malaspina di Verrucola, sono rimaste alcune rovine nella cima della rupe, da cui si può godere di un ampio panorama della vallata. Non lontano da qui, troviamo la chiesa, menzionata, per la prima volta, all'inizio del quattordicesimo secolo. Vicino al castello si sviluppa l’aggregato urbano, ormai disabitato da alcuni decenni. L’antico borgo è costituito da case rurali tipiche della zona Luniginanense, e costituisce uno dei borghi più suggestivi della zona, non fosse altro per l’impagabile vista di cui si può godere delle Alpi Apuane. Fra non molto questo luogo, purtroppo dimenticato da tempo, prenderà di nuovo vita. ... Del castello di Agnino, posto in sito elevato, sopra una delle propaggini del contrafforte appenninico che divide la Valle del Tavarone da quella del Rosaro, non si hanno memorie pre-malaspiniane, ma, da tarde notizie, sembra che esso appartenesse ai Bosi della Verrucola. Quando vi abbiano acquistato diritti i Malaspina, che non noveravano questo luogo fra i possessi loro riconosciuti dai privilegi imperiali più antichi, è ignoto. Certo, nel 1275, nella tante volte ricordata divisione fra i condomini di Filattiera, fra le assegnazioni fatte a Francesco d'Olivola, fu compreso ciò che la famiglia possedeva in Castro Agnini. Tuttavia, poco dopo, Agnino appare possesso e titolo di un altro Malaspina di ramo collaterale: Azzone, figlio forse naturale di Isnardo I antenato dei marchesi della Verrucola. Tolto il castello a questo signore; nei primi del secolo XIV, dal comune di Lucca, ne fu investito Alberto di Guglielmo da Verrucola, cittadino lucchese, forse un discendente degli antichi Bosi innanzi ricordati».
http://www.agnino.it/index.htm - http://www.agnino.it/index_file/Page391.htm
«Aiola si trova sulla sinistra del torrente Lucido ed era anticamente sede di un castello. Fu feudo dei marchesi Malaspina sino al secolo XV e quindi della Repubblica Fiorentina con Fivizzano. Nel 1686 i Medici vi tentarono aprire una miniera di rame. Sopra uno sprone del Pizzo d'Uccello, fu edificato nel XVII secolo un eremo dedicato a San Giorgio, abitato fino alla fine del secolo XVIII».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgoaiola.php
«Albiano Magra sorge sulla sponda destra del fiume Magra, presso il confine con la Liguria. La prima notizia certa dell'esistenza di Albiano si ha nel Codice Pelavicino, in data 22 agosto 1256, ove è riportato "sub prticu ecclesiae Sancti Martini de Albiano" (sotto il portico della chiesa di San Martino di Albiano), me è chiaro che il nome della località esisteva già in precedenza. Sempre nel Codice Pelavicino, in data 15 luglio 1266, il Vescovo Guglielmo di Luni autorizza gli abitanti di Belvedere, paese di cui nulla è rimasto, rappresentati da Ferro di Cordola, a trasferirsi in una zona più comoda e bassa, chiamata Groppo e "ivi fortificarsi il nuovo castello chiamarsi Albiano". In quel periodo il paese era assoggettato al potere del Vescovo Conte di Luni e governato da Consoli, Consiglieri e da un parlamento di uomini comuni, che si radunavano presso la canonica. ... Nell'anno 846, Adalberto I, marchese di Tuscia, fonda un'Abbazia situata nei pressi del castello detto "l'Aulla" (la futura Aulla), cha aveva costruito in precedenza. Tra le dotazioni dell'Aulla compare una non meglio identificata "Villa Abbia", identificata con lo stesso Albiano. Il territorio di Albiano, con il castello di Belvedere, assoggettato agli Obertenghi, passerà poi agli Estensi ed infine ai Malaspina che, dopo la contesa coi Vescovi-Conti di Luni, risolta nella Pace di Sarzana (in cui Dante Alighieri fu procuratore dei Malaspina) lo governeranno dalla fine del Duecento al 1404. Per quanto riguarda l'aspetto religioso, pare che la cappella di Albiano dipendesse dall'Abbazia di San Venanzio di Ceparana».
http://it.wikipedia.org/wiki/Albiano_di_Magra
«La costruzione della torre è dovuta alla sua posizione dominante in corrispondenza visiva a quelle di Varano e con la Torre Nocciola posta sull’altra sponda del Taverone. Venne modificata nei secoli per i continui rifacimenti dovuti ai danni causati dai fulmini e per la sopraelevazione realizzata per ricavare una cella campanaria. Il tessuto murario della fascia basamentale è attribuibile al XIII-XIV secolo».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/torreapella.php
Aulla (fortezza della Brunella)
«La Fortezza della Brunella, così chiamata per il colore della roccia su cui è edificata, occupa una posizione difensiva formidabile a dominio di Aulla, della confluenza del torrente Aulella con il fiume Magra, e dei sentieri che si immettevano sulla via Francigena in un punto chiave del suo tracciato: tra la costa lunense ed i valichi appenninici. Il nucleo originario risale probabilmente al XIII secolo, ma diverse sono le ipotesi riguardanti la data delle modifiche apportate alla struttura primitiva ed i committenti dell’opera: la prima vedrebbe far risalire il restauro alla fine del ‘400 per mano dell’allora signore di Aulla Jacopo Ambrogio Malaspina, la seconda riferisce della modifica della fortezza ad opera di Giovanni delle Bande Nere, stabilitosi ad Aulla nel primo quarto del XVI secolo, il quale avrebbe affidato il progetto ad Antonio da Sangallo il Vecchio. Una terza ipotesi individuerebbe invece il committente in Adamo Centurione, uomo d’affari genovese che divenne proprietario del feudo di Aulla nel 1543. Il complesso fortificato, eccezionale e compatto connubio difensivo tra strutture edificate e lo sperone di roccia su queste sorgono, costituisce la più efficiente struttura militare eretta sul territorio lunigianese. La possente costruzione quadrangolare è infatti caratterizzata da scelte architettoniche prettamente militari tipiche del XV secolo quando, in funzione delle nuove esigenze difensive, si intendeva trasformare i castelli, le fortezze e le mura urbane in funzione dell'offesa che le artiglierie d'assedio erano in grado di portare alle ridotte ed inadeguate antiche difese. Una poderosa cinta muraria esterna caratterizzata da un’ampia scarpa e da grossi puntoni angolari circonda il compatto mastio centrale. Il ponte levatoio, oggi passaggio fisso in mattoni, conduce attraverso uno stretto e lungo corridoio all'interno di un cortile che divide diametralmente l'edificio. Il pianterreno è articolato in una serie di saloni coperti da volte di differente grandezza e conservano grandi caminetti in pietra. Tra il XVII ed il XVIII secolo la fortezza di Aulla subì l’assedio dei gallo-ispani che portò alla sua occupazione per quattro anni dopo i quali tornò ai marchesi di Podenzana. Attorno al 1860, la fortezza fu venduta alla famiglia Waterfield che operò alcune modifiche per adibirla a residenza e dopo l’acquisizione della proprietà da parte dello Stato la fortezza venne nuovamente ristrutturata. Oggi la fortezza della Brunella è circondata da un parco botanico di grande interesse ed ospita il Museo di Storia Naturale della Lunigiana».
http://www.lunigiana.com/castelli/fortezza-della-brunella.asp
«La nascita del borgo di Avenza affonda le radici nella notte dei tempi. Alcuni reperti d’epoca romana trovati in diverse epoche la fanno risalire a quel tempo, come “mansio” sulla via consolare Aemilia Scauri da Pisa alla vicina Luni. Certamente nel medioevo assunse una funzione importante sul territorio. L’antica città di Luni (sotto la guida dei Vescovi Conti) si andava estinguendo, e la città di Carrara prendeva vigore con la ripresa dell’estrazione del marmo. Avenza veniva a trovarsi in un crocicchio delle strade che scendevano dalle cave allo scalo marittimo e l’antica via Romana. Quest’ultima si modificava nel tempo tagliando fuori la defunta Luni per dirigersi nettamente verso Sarzana rimanendo tuttavia una delle arterie più importanti dell’Italia Medievale come via Romea, Francigena o Francesca, vera “autostrada del medioevo”. Per questi motivi, malgrado le cattive condizione della piana malarica che avevano contribuito all’abbandono dell’antica Luni, il borgo di Avenza resistette in quanto centro strategico, per cui fu incastellato e munito di fortezza, e commerciale in quanto emporio delle merci imbarcate e sbarcate (non solo marmo) ed in transito sulla Romea . Qui si riscuoteva la gabella, come ancora testimonia il vecchio nome di via Farini. Qui si effettuava il cambio dei cavalli della stazione di posta (alla “scuderia”). Le origini del commercio nel borgo sono quindi collegate intimamente al concetto di Avenza figlia della strada ( o meglio delle strade)».
Avenza (fortezza o torre di Castruccio Castracani)
«Il grande torrione superstite della fortezza è attribuito tradizionalmente a Castruccio Castracani, in realtà è il frutto di una serie di rifacimenti ed aggiunte all'antica rocca operati nel corso del 15°,16° e 17° secolo, per adeguarla all'uso delle armi da fuoco. Osservando la parte sbrecciata si possono osservare cornicioni marmorei a tortiglione quattrocenteschi inglobati in murature posteriori nonché chiari segni di una sopraelevazione con una corona di troniere avvenuta verosimilmente alla fine del '600. Il fortilizio, dopo l'Unità d'Italia, fu venduto dallo Stato Italiano a privati come cava di pietre e nel 1883 è stato salvato dalla totale distruzione solo grazie alll'intervento dello storico tedesco Theodor Mommsen. Prima del suo saccheggio scientifico era formato da tre torrioni rotondi ed uno a pianta quadrangolare. Già nel 1859 l'apertura di una strada lo aveva separato dal resto del complesso castellano costituito dal cinquecentesco 'casino del principe' con torre d'angolo che sorgeva sull'angolo opposto della cinta muraria cittadina, tuttora esistente sebbene profondamente alterato: sulla facciata reca una lapide secentesca proveniente dalla cappella della fortezza. Altri resti castellani: la porta a monte del borgo incastellato e vari frammenti della cinta muraria cittadina».
http://eccolatoascana.myblog.it/archive/2013/05/28/carrara-la-fortezza-di-avenza.html
«Il borgo di Bagnone conserva tutt'oggi l'originaria struttura medioevale che si sviluppa lungo anelli degradanti verso il fondovalle. Sulla sommità si erge il nucleo più antico del paese, dominato da un torrone cilindrico in pietra con beccatelli, arciere e bucature contornate da cornici. Questa torre è tutto quello che rimane dell'antico castello cittadino, oggi scomparso perché inglobato in edifici che compongono la villa dei conti Ruschi-Noceti. La residenza venne costruita nel XVI secolo ma la struttura originaria venne stravolta tre secoli più tardi da interventi che portarono, tra l'altro, alla costruzione di un ampio porticato. Il borgo antico costituisce il cuore vero della città, tanto che la parte che a fondovalle si sviluppa lungo il corso d'acqua risalente al XIV secolo viene chiamato, a seconda delle tradizioni, Votula o Notula. Anche in questa parte della città, si possono ammirare scorci notevoli. Tra le altre costruzioni, sono da segnalare il mercato e il porticato che fiancheggia via della Repubblica, iniziato nel XV e finito tre secoli più tardi, che presenta differenti stili architettonici. La zona di Bagnone si può definire come la terra dei castelli, in tutto il territorio, infatti, i crinali dei monti accolgono numerose torri che vennero costruite secoli addietro dai Malaspina».
http://www.valdimagra.com/HTML/cultura/culbagn.htm
«Se visitate Bagnone non potete non rimanere affascinati dai castelli. Il primo che però non è visitabile all’interno è il Castello di Bagnone, centro urbano attorno al quale sorgeranno i centri abitati. Il Castello è costituito da una grande torre cilindrica in pietra, e ricco di cornici. La torre è ciò che resta del Castello, oggi del tutto scomparso e annesso ad edifici minori della Villa dei Conti Ruschi-Noceti. Il Castello infatti dal 1596 è stato proprietà dei Conti Noceti. L’ultimo Conte ebbe due figlie Elisa e Maria. Quest’ultima andò in sposa al nobile Ruschi Pavesi di Pisa. Tutta l’eredità passa all’unico figlio di Maria e alla sua morte, il Castello viene assegnato alla figlia Maria Luisa Noceti Ruschi. Il Castello ha subito varie trasformazioni tra cui nell’Ottocento ed è infatti costituito da un imponente porticato che risale ia primi anni del nostro secolo. Immerso nella natura caratteristica del posto, rappresentava a suo tempo un luogo da cui era possibile vedere la viabilità del borgo».
http://www.bagnonemia.it/castelli/
«Il castello di Bastia sorge nel piccolo borgo omonimo, sopra un colle che si trova sopra l'abitato di Licciana Nardi. Da questa posizione strategica era facile controllare la strada per il passo del Lagastrello, punto di passaggio privilegiato per spostarsi da Liguria e Toscana verso l'Emilia. Il toponimo deriva dal francese "bastir", che significa costruire velocemente. A conferma, pare che il castello fu costruito rapidamente, nel secolo XIII, e all'epoca era noto come fortezza di Santa Caterina. Come i numerosi castelli presenti nella zona, anche Bastia era una delle tante piazzeforti edificate dai numerosi rami della famglia Malaspina, i quali fortificarono tutta la zona per beneficiare dei vantaggi derivati dall'importanza delle vie di comunicazione che transitavano in queste valli, primo fra tutti la riscossione di gabelle. Il castello aveva la fama, attribuitagli da Ludovico Ariosto, di essere invulnerabile, ma in verità fu espugnato varie volte. Si ricorda, ad esempio, la conquista con un colpo di mano nel 1524 da parte di Giovanni dalle Bande Nere che si avvalse di un infiltrato. Nel seolo XV il castello fu completamente ristrutturato assumendo l'aspetto che vediamo ancora oggi. La massiccia fortificazione presenta quattro robuste torri cilindriche ed una torre centrale più alta con la funzione di mastio. Nel secolo XVII il signore di Bastia era Carlo Malaspina che governava il feudo in modo dissennato, tanto da provocare una sommossa popolare. Per sedare la rivolta giunse in suo aiuto il fratello Nestore. Il malcapitato non riuscì nell'intento e rimase ucciso nei tumulti. Nel Settecento nel castello visse la Marchesa Anna Malaspina, che le cronache ricordano come una donna molto avvenente ricordata per le sue doti fisiche, ma anche per la spiccata intelligenza. Grazie ai suoi rapporti con il marchese Du Tillot, primo ministro francese nel 1759, e con l'intercessione dei gesuiti, pare che la nobildonna fu introdotta alla corte di luigi XV con lo scopo di spodestare la potente Madame de Pompadour, favorita del Re e avversa all'ordine dei gesuiti. Le cronache dell'epoca riportano che riuscì nell'intento, ma il Re era ormai in uno stato tale da non poter approfittare delle grazie della marchesa. Il feudo rimase indipendente fino al 1783, quando per mancanza di eredi passò a Claudio Malaspina del vicino castello di Pontebosio. Il castello oggi si presenta in ottimo stato di conservazione, anche se l'interno non è facilmente vistabile in quanto tutt'ora è abitato. la struttura è imponente e sorge in mezzo al piccolo borgo con la sua forma quadrangolare con quattro torri cilindriche agli angoli. Il mastio centrale, sempre circolare presenta ancora i beccatelli che dovevano sorreggere l'apparato a sporgere. Interessante la presenza di feritoie probabilmente praticate nelle mura nel XVI secolo per il tiro con armi da fuoco. L'ingresso originario, unico accesso al mastio e al cortile interno, è stato sostituito da una scalinata in pietra sotto la quale però si possono ancora notare gli scalini originali. Nel borgo si trova la piccola chiesa dedicata a San Jacopo Apostolo, a testimonianza del legame di Bastia con Santiago de Compostela tipico».
http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=bastia
«Nel Medioevo il borgo è nominato nei documenti del Codice Pelavicino a partire dal 1198 con nomi diversi: "Beduzano", "Biduzano", "Bidizano"; nel 1240 vi è anche l'attestazione come "villa de Beduzano", luogo dove venne effettuato un atto del vescovo Guglielmo con il quale esenta un certo Martino di Montecchio dal servizio villanatico. L'origine dell'insediamento è probabilmente romano poiché il paese era molto vicino alle cave antiche di Belgia e del Bacchiotto; il territorio era adatto alle attività agricole necessarie alla sopravvivenza dei cavatori che lavoravano nelle cave limitrofe. Nella valle scavata dal Carrione, a fianco di esso vi era la strada tagliata nella roccia dai Romani per il passaggio dei carri che trasportavano il marmo. Con la ripresa dell'attività marmifera tra il 1200 e il 1300 nella valle di Carrara arrivarono numerosi forestieri che lavoravano nel settore marmifero e molti di questi si trasferirono a Bedizzano che, tra le "vicinanze", era la più popolata. Nel XIV secolo il borgo venne fortificato con una cerchia di mura merlate che si possono vedere assieme alla torre e ad una rocca nel disegno ad inchiostro del 1640 conservato all'Archivio di Stato di Massa. Alla fine del XV secolo cinque "magistri" di Bedizzano risultavano iscritti alla Corporazione dell'Ars Marmoris e vi furono alcune famiglie del luogo che si arricchirono con i guadagni ricavati dall'escavazione. Nel 1490 Bedizzano ebbe un mulino con frantoio e questa struttura fu molto importante per l'economia del borgo perché le "vicinanze" che ne erano sprovviste, come per esempio Colonnata, dovevano necessariamente rivolgersi alla vicina. La vicinanza si arricchì, possedeva beni anche lontano da essa, in località Bonascola e forniva diciotto "canne" di sassi all'anno per la costruzione delle mura albericiane, un quantitativo maggiore rispetto agli altri borghi. Il principe Alberico I Cybo Malaspina verso il 1580, durante l'estate stabilì la sua residenza nel paese e nella lettera del 1602 al napoletano Duca della Tripolda diceva che questo luogo era posto in bellissima posizione, circondato da boschi di castagno con numerose fontane e giardini. Bedizzano si trasformò in una minuscola città e furono effettuati interventi di edilizia costruendo nuove abitazioni, piazze e il palazzo del principe. Alcune famiglie importanti di Carrara seguirono l'esempio di Alberico e trasferirono la loro residenza estiva nel borgo, costruirono edifici signorili che migliorarono l'aspetto e la qualità di vita del paese. Visitando il borgo si può ancora notare nella struttura di alcuni edifici l'eleganza degli ingressi tipici del 1500 con portali a volta, lavorati in massello di marmo bianco».
http://icastellidelmarmo.it/Bedizzano.html
Bibola (resti della fortezza, borgo)
«Il castello di Bibola domina la Valle del Magra, racchiusa in una magnifica conca, formata a nord-ovest dall'Appennino settentrionale e a est dalla catena delle Alpi Apuane ed alle spalle dall'Appennino Tosco-ligure. Alto sul colle a 378 m s.l.m. emergono i ruderi, nascosti tra il caseggiato del borgo e da uno sfondo di folta vegetazione. Il borgo di Bibola, sottostante l'antico e semidiroccato maniero é formato da antiche case accatastate attorno alla parrocchiale di San Bartolomeo. ... Oggi una strada asfaltata ci permette di raggiungere la sommità del colle in prossimità del castello. Passando dalla porta principale è possibile senza molta fatica, entrare nel borgo, ed attraversalo a piedi, con il piacere di incontrare e scoprire le gallerie, le volte, i portali, una colonna di reimpiego arrivata fino a qui chissà come, alcuni austeri palazzi decaduti. Il castello di Bibola, come tutti i castelli di Lunigiana, cambiano nei secoli sovente di controllo e proprietà. La loro storia, segue quella dei vescovi di Luni, dei marchesi Malaspina, degli Estensi e così via sino al 1659 che risulta ancora funzionante. Il borgo risale al XII-XIII secolo mentre molti edifici, che ancora oggi vediamo, sono posteriori. Solo nel XIV-XV secolo, sono state costruite le fortificazioni di difesa, consistenti nelle mura che circondano il borgo. Queste opere si sono ridotte nel tempo ed hanno assunto una funzione di sostegno e di contenimento. Particolare interesse riveste la struttura del borgo in prossimità della porta, che presenta ancor oggi, elementi difensivi con feritoie. Questi patrimoni storici, di enorme interesse collettivo, che pullulano in Lunigiana, e che continuano a degradarsi e a sparire per sempre, finiranno se non ci saranno programmati e precisi interventi a risolvere i problemi. Il territorio di Bibola, per la particolarissima posizione geografica, con il pendio scabroso che le crea una difficile accessibilità, quasi da ogni lato, fu abitato dall'uomo forse fino da epoche remote. ... Il maniero di Bibola si presenta in un grave stato di degrado. Dell'antica fortezza sono rimasti infatti solo pochi ruderi. Ciò non incide comunque sul grande fascino suscitato da questi resti, in grado di comunicare ancora suggestioni ed emozioni. Dai ruderi del castello di Bibola si può godere di una vista di gran parte della Lunigiana lungo la valle del Magra e le valli dell'Aulella, ed a tutta la catena Appenninica Tosco-ligure-emiliana. Il suo ultimo utilizzo è come cava di materiali».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Bibola/Castello%20di%20Bibola.htm
Bigliolo (ruderi del castello)
«Il castello di Bigliolo fu una delle fortificazioni che tutelarono la gran corte vescovile della Lunigiana avente a capo Soliera. Bigliolo fu proprietà dei Marchesi di Filattiera con Bernabò Malaspina. Nel 1275, questi lo lasciò al figlio Francesco, capostipite della linea di Olivola. Nel 1412, dopo l'eccidio dell'Apella, in cui il capitano Rossi di Varano uccise i due marchesi di Olivola, s'estinse la dinastia di Francesco Malaspina e Bigliolo si affidò ai Marchesi Leonardo e Galeotto del Castello dell'Aquilaa Gragnola. Nel 1418, Bigliolo passò insieme ai castelli del feudo dell'Aquila, sotto il dominio di Firenze, quale pena inflitta ai feudatari del Castello dell'Aquila per la strage dei Marchesi della Verrucola di Fivizzano. Nel 1428, Bigliolo tornò sotto il dominio dei Marchesi di Gragnola, fino al 1466, quando alla morte del Marchese Galeotto, senza figli maschi, si estinse il ramo dei Marchesi dell'Aquila. Nel 1467 passò al marchese Malaspina Gabriele di Fosdinovo, fino al 1510, quando alla sua morte il figlio Lazzaro I, diede inizio alla seconda dinastia dei Marchesi di Olivola. Nel 1523, Giovanni de' Medici detto dalle Bande Nere, acquistò il feudo di Aulla, senza la conferma dell'Imperatore, e cercò di formare un feudo in Lunigiana, assalendo vari castelli. Bigliolo fu tra quelli che resistettero al Medici e dove le Bande Nere commisero stragi. Da quel momento si evidenziò la decadenza del castello di Bigliolo. Nel 1568, i figli di Lazzaro I divisero il marchesato in due parti, una comprendente Pallerone con Canova assegnata a Spinetta e a Carlo e l'altra comprendente Olivola con Bigliolo assegnata a Camillo e a Troilo. I due Marchesi padroni si alternavano annualmente al governo dei rispettivi feudi, ma nel 1572 Camillo, Carlo e Troilo, scapoli, cedettero le loro parti a Spinetta, l'unico ad essersi ammogliato. Oggi di questo storico castello restano i ruderi, immersi nella vegetazione, di tutto il tratto nord della fortificazione con una torre cilindrica e la torre est».
http://eccolatoscana.myblog.it/archive/2012/03/05/bigliolo-ms-i-ruderi-del-castello.html (a cura di Mono Bezzi)
CANEVARA (cinta muraria di Buita)
«Il sito di Buita si trovava lungo una delle principali vie di transumanza transappenniniche che risalendo trasversalmente la costa si inoltravano nella vallata interna del Frigido sin dall’epoca preistorica, quando Buita era sede di un castelliere ligure-apuano. Testimonianza della via armentizia la troviamo ancora nel 1189 in un conflitto tra uomini di Buita e quelli di Forno a proposito del diritto di compascuo a Vinca. L’importanza che questo sito e la sua chiesa dovevano avere nel panorama storico medievale è testimoniata dai numerosi documenti che li riguardano a partire dal sec. IX d.C. sino al secolo XVI inoltrato. ... Del tutto abbandonato per secoli, il sito è stato negli ultimi anni oggetto di ricerche che hanno permesso di verificare l’assetto della parte sommitale in cui emergono ancora delle strutture murarie. Lo sviluppo del sito abbraccia un arco di tempo assai lungo, tra X-XIV secolo. Nella parte più alta si trovava la chiesa, con un campanile affiancato sul lato nord-orientale. La struttura era difesa da una cinta muraria che circondava la parte più alta. In un secondo tempo, presumibilmente tra XIV-XV secolo, si realizzò una seconda cinta muraria che inglobava anche alcuni edifici in muratura edificati nel frattempo sul lato sud-occidentale dell’acrocoro. A questa difesa, si aggiungeva sul lato settentrionale un vallo che divideva l’acrocoro dal resto del colle. Sul lato sud del sito si trovavano tracce di estrazione, una cava a cielo aperto da cui furono estratti i materiali in pietra silicea usati per costruire il sito. Da Buita sono ancora oggi percorribili i sentieri che portano al monte Rocchetta e a Casette-Forno, una serie di tracciati che anche nei tempi più antichi permetteva agli abitanti della zona di potersi muovere con facilità tra un centro abitato e l’altro. Intorno a Buita esisteva infatti una frammentazione di abitati sparsi i cui abitanti erano soprattutto dediti all’agricoltura, favorita dalla presenza di numerosi pianori, dall’ottima esposizione e dalla ricchezza di acqua».
http://geoweb.comune.massa.ms.it/node/10
«Nella frazione di Caniparola, ai piedi della salita che porta a Fosdinovo e al suo castello, si trova la villa Malaspina. Venne costruita nel 1724 dal marchese Gabriele Malaspina, dove sorgeva un'antica torre eretta al tempo dei vescovi di Luni e una casa di proprietà della famiglia dove morì Carlo Francesco Agostino Malaspina. Nel 1758 la villa passò a Carlo Emanuele, che venne però spogliato del feudo da Napoleone. I beni allodiali passarono al nipote Giuseppe Malaspina, quindi al marchese Alfonso e al nipote Alessandro Torrigiani Malaspina. In seguito la villa passò alla famiglia Zuccarino di Carrara. La villa si struttura su tre piani. Il basamento ha con un motivo a scarpa, simile a una fortificazione, in origine la facciata principale controllava il ponte sul torrente Isolone. Il piano nobile si raggiunge con una scala a due rampe che porta al vasto salone affrescato da Antonio Contestabile di Piacenza, particolarmente attivo anche a Pontremoli, così come l'altro salone affrescato nel 1728 da Francesco Natali. È circondata da un esteso parco e da un signorile giardino all'italiana».
http://www.terredilunigiana.com/ville/villacaniparola.php
Caprigliola (torre cilindrica)
«Le origini di Caprigliola non hanno una datazione precisa. Gli storici fanno risalire il primo insediamento al secolo X, epoca nella quale il casato degli Oberetenghi incastellò molti borghi della valle. Il borgo era posto a controllo della Via Francigena esercitando dogana presso una località a valle, Bettolla, come riportato nel Codice Pelavicino nel quale si trovano anche le tariffe esercitate. Di questi anni ci restano le memorie di alcuni pellegrini che si trovavano a passare da questo importante snodo viario, nel loro percorso dal Nord Europa verso Roma, come quella del 1154 di Nikulas di Muntkathvera, abate islandese in viaggio verso Roma. Nel medioevo fu dominio dei vescovi-conti di Luni, come ci ricorda un editto del 1185 a firma di Federico Barbarossa. I vescovi lo usavano come rifugio in caso di pericolo, vista la posizione molto arroccata e ben difendibile. Il burrascoso periodo medioevale vede passare Caprigliola ai lucchesi, all'onnipresente Castruccio Castracani, per finire poi nel 1404 sotto il dominio di Firenze sotto il quale è rimasto fino all'Unità d'italia. A partire dal 1558, secondo criteri d'avanguardia che consentivano di far fronte ai nuovi progressi in campo militare, Cosimo I dei Medici fede fortificare Caprigliola con una cinta muraria. Oggi la struttura del paese si presenta ben conservata. Sono ben visibili le poderose mura medicee che racchiudono interamente l'abitato, costituito da stradine e scale che convergono verso l'alto. Alla sommità del paese ecco svettare la torre cilindrica, da secoli riadattata a campanile. Nella piazza c'è anche la chiesa nuova, dedicata a San Niccolò, di epoca settecentesca, costruita utilizzando elementi della vecchia chiesa rovinata. All'interno vi è un'immagine del santo, datata 1740, che lo rappresenta nelle vesti di vescovo con ai piedi un barile di fanciulli che lo implorano, in ricordo di una leggenda. A poca distanza possiamo scorgere i resti del cassero medioevale, di forma rettangolare».
http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=caprigliola
«Le Case-Torri della valle del Caprio, in parte restaurate, e comunque ancora utilizzate, sono tutte archeologicamente databili al secolo XIV, o agli inizi del XV. Nella parte bassa della valle del Caprio sono presenti, nelle frazioni di Caprio e di Ponticello, diverse case-torri, caratteristiche abitazioni fortificate e tipicamente usate nei siti pianeggianti. Si tratta di robusti edifici quadrati, con una base di circa 7 x 7 m, costituiti da un piano terreno privo di porte e finestre, accessibile solo dall’interno, e munito di feritoie: un primo piano con la porta principale, alla quale si accedeva originariamente con una scala di legno movibile; due piani superiori con piccole finestre e scale interne. Questo tipo non arroccato di abitazione fortificata era, in genere, usato nel medioevo da famiglie con precise funzioni delegate dal potere amministrativo, comunale, o signorile, per il controllo degli abitati e, soprattutto, delle strade. Il crinale della sponda destra del Caprio è stato, per lungo tempo, il confine fra il feudo di Filattiera e il Comune di Pontremoli».
http://www.camminideuropa.eu/default.asp?s=140&o=846&c=0
a c. di Renato Vita
«Piazza del Duomo al centro della città storica. Chiamata anche Piazza "Drent" (ossia dentro la prima cerchia di mura), ha forma trapezoidale ed è contornata da edifici di impianto medioevale che furono più volte ristrutturati ed ampliati in epoca cinque-seicentesca come l'elegante e decorato (internamente ed esternamente) palazzo barocco dei conti Sarteschi sul lato ovest, la vecchia canonica sul lato sud (ancora in stile gotico al piano terra), la casa dove dimorò Michelangelo Buonarroti sul lato nord quasi a continuazione del fianco sud del Duomo in stile romanico-gotico. Tra la casa "Buonarroti" e l'abside del duomo si intravvede la "nuova" canonica cinquecentesca con muri affrescati ed il campanile, costituito da una torre a pianta quadrata con struttura marmorea, sormontato da una cuspide ottagonale il cui modello si rinviene quasi identico in campanili che sono disseminati lungo l'antico percorso dei costruttori (maestri cum-machinis, ossia maestri comacinis) di cattedrali che scendeva dal nord della Francia, attraversava la Savoia superando gli storici passi delle Alpi Occidentali (Lanslebourg, Aosta) toccando la Liguria (Lavagna, Genova) fino ad arrivare a Carrara, luogo storico di escavazione e lavorazione della pietra. ... Palazzo dei conti Pisani: severo edificio seicentesco su via del Carmine angolo piazza Alberica il cui retro, esposto a meridione, si affacciava su un grande giardino all'italiana addossato alle mure cinquecentesche della città (ancora presenti). nel 1885 l'edificio con i relativi cortili interni venne adattato dall'ingegnere Leandro Caselli, capo dell'Ufficio tecnico, quale sede degli uffici comunali. Il grande giardino era abbellito da fontane, statue e cariatidi in marmo; quest'ultime, a seguito della ristrutturazione e la creazione della sala polifunzionale (teatro delle marionette poi Banca), furono trasferite lungo via del Carmine, dove sono tuttora. Palazzo del Medico: imponente ed elegante edificio barocco costruito nella prima metà del secolo XVIII, su progetto dell'architetto carrarese Alessandro Bergamini, sul lato lungo occidentale della Piazza Alberica, gli interni sono ricchi di stucchi e bassorilievi marmorei. Palazzo Diana: armonico e sobrio edificio cinque/seicentesco, fu eretto alla fine del Cinquecento su progetto di Giorgio Vasari a cui subentrò l'architetto Alfonso Parigi, che lo portò a termine nel secolo successivo. L'edificio con ampio loggiato al Piano terra occupa metà del lato lungo orientale della Piazza Alberica. Purtroppo le sistemazioni ed i decori interni, a causa delle diverse destinazioni e trasformazioni subite nel tempo, sono andati perduti. L'edificio ricorda quello delle Logge progettato dallo stesso architetto per Arezzo nel 1573 ma le logge di quest'ultimo edificio poggiano su pilastri murari anziché su colonne di marmo bianco come invece quello in Piazza Alberica a Carrara».
http://it.wikipedia.org/wiki/Carrara#Architetture_civili
«Il borgo di Casola conserva ancora intatto l'aspetto che raggiunse durante il XV secolo, con la caratteristica forma a ventaglio che parte dal vertice della torre per poi allargarsi verso il basso. Le porte Soprana e Sottana segnano il limite della cinta delle mura mentre la torre, oltre che fulcro dello sviluppo urbanistico, rappresenta anche il simbolo del comune. Costruita nel Medioevo faceva parte di un fortilizio militare e aveva funzione difensiva, in seguito, nel 1745 venne trasformata in campanile. Il centro storico, oltre che alle insidie del tempo, è resistito anche al forte sisma del 1920 e le abitazioni più recenti sono distribuite ben oltre la cinta muraria. Nel borgo troviamo anche il palazzo Lombardelli, elegante palazzo rinascimentale, costruito nel 1544 dalla famiglia Lombardelli, una delle più ricche e influenti della zona. Le innumerevoli testimonianze culturali di Casola coprono oltre quarantamila anni di storia e sono tutte raccolte presso il museo cittadino. Inoltre, a poca distanza dal centro abitato si trova il Parco delle statue-stele, misteriose costruzioni in pietra risalenti ai primi insediamenti nell'area della Val di Magra».
http://www.valdimagra.com/HTML/cultura/culcaso.htm
«All’interno del borgo murato di Casola in Lunigiana, si trova la torre cilindrica, segno di una probabile fortificazione del periodo lucchese attorno al XIV secolo. La torre faceva parte di un sistema di protezione composto da una cinta muraria, a cui si affiancarono poi una seconda ed una terza cinta. Le mura erano aperte da due porte verso Lucca e la Lunigiana. Finita la sua funzione militare, la torre divenne il campanile della chiesa di Santa Felicita. Nel corso del 1700 si tentò di abbellirla con un artifizio che consisteva nel costruirvi sopra una nuova torre ottagonale, con guglie ardite in testa. Le condizioni già precarie della torre, si accentuarono ulteriormente con questo nuovo peso, causando in parte il crollo a seguito del terremoto del 1920. La torre venne allora abbassata anche oltre il punto di inizio del vecchio campanile ottagonale e nel 1939 venne ricostruita così come oggi la vediamo, con una aggiunta: una coroncina a luci a croce come chiusura superiore».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/casolatorre.php
Castagnetoli (palazzo-castello Malaspina)
«Immerso nel verde al confine con Pontremoli, Castagnetoli si riconosce da lontano per l’imponente palazzo marchionale dei Malaspina, nella piazza del paese. Una visita curiosa porta alla scoperta di un paese ben tenuto, con case in sasso affacciate su strette vie, portali scolpiti, la chiesa parrocchiale dei Santi Simone e Giuda e la chiesa dei Santi Lorenzo e Donnino. Possedimento malaspiniano fino al XVI secolo, passò poi ai Corsini fino alla fine del feudalesimo. Forse la maggiore particolarità è legata al “testo”, tipico strumenti di cucina lunigianese. Di Castagnetoli erano infatti i migliori produttori e riparatori».
http://www.mulazzo.org/castagnetoli.php
«Antico borgo millenario, frazione del Comune di Carrara da cui dista solo 7 Km sotto la Provincia di Massa-Carrara. Situato in posizione panoramica, 550 m. sul livello del mare, domina la piana di Luni, è circondato da boschi pascoli e terrazzamenti. Il suo comprensorio confina con i comuni di Fivizzano a nord, di Fosdinonvo a nord-ovest e di Ortonovo a ovest. Ha origini antiche, legate a Luni (nell'antichità erano famosi i formaggi con il marchio della luna), e nei primi anni del millennio fece parte di un sistema difensivo curtense di cui ancora oggi si possono vedere alcuni ruderi, probabilmente fu un "castrum" bizantino a difesa proprio di Luni contro l'espansionismo dei longobardi. Ha una storia secolare, tanto che è l'unico paese del carrarese ad essere stato nominato comune, come risulta da antichi documenti del Duecento. Anticamente fu via di transito per i pellegrini che viaggiavano verso la Lunigiana ed i valichi Appenninici, per questo fu sede dell'Hospitale» - «A dominare la valle che sfocia verso Carrara, all'interno della parte più vecchia del Borgo ancora oggi chiamata "Castello", si trova uno degli storici edifici facente parte dell'antico "Castrum": la torre di fiancheggiamento. L'edificio difensivo, che probabilmente ha perso la sua altezza originaria adesso è adibito ad uso privato. Per alcuni risalirebbe al XIV-XV secolo ma altri, come in nostro beneamato Angelo Ricci, sostengono che la costruzione della parte inferiore, in particolare lo stile dei sassi lavorati che sono alla base sia attribuibile al secolo XII».
http://www.amicideiborghi.it/borghi_italia/castelpoggio/ - http://castelpoggio.typepad.com/il_mio_weblog/2008/05/la-torre-di-fia.html
Castevoli (castello Malaspina)
a c. di Elisa Delgrosso
Castiglione del Terziere (borgo)
«Il nucleo originario [del borgo] sorge nel punto più alto del colle lungo la direttrice di accesso al fortilizio. Gia sotto il dominio dei Corbellari una prima cerchia muraria racchiudeva le unità residenziali, ma è con i Malaspina che Castiglione diventa feudo autonomo e acquista la sua definitiva fisionomia, sviluppandosi lungo le altre direttrici che risalendo il colle portano al castello. Alla metà del 1300 tutto l'insediamento è cinto da mura e dotato di due porte, quella detta 'alla Colla' in basso verso nord-est e quella detta 'in cima Piagna' lungo il crinale superiore. Sotto il dominio Fiorentino vengono portati avanti interventi di riassetto del borgo, la via principale di crinale viene impreziosita da bei palazzetti rinascimentali [purtroppo oggi alcuni incredibilmente abbandonati e in stato di forte degrado], come la casa dei Mercanti di grano detta 'del Simonino', quella 'dei Torriani o Turriani' di Milano e 'dei Corbellari' e altre, la sede della Cancelleria e una nuova porta 'monumentale' dotata di corpo di guardia autonomo viene eretta nel punto d'incontro dei due assi urbani».
http://www.castellitoscani.com/italian/terziere.htm
Castiglione del Terziere (castello)
«Castiglione [dal 1275 secolo 'del Terziere' in quanto compreso nella terza parte di eredità paterna assegnata al marchese Alberto del ramo di Filattiera] sorge sul sito di un antichissimo (6/7° secolo) insediamento fortificato Bizantino posto a remota difesa di Luni. Gran parte dell'aspetto attuale del borgo, dominato dal castello, risale al Medioevo, quando Castiglione, dal 10° al 12° secolo, fu feudo dei Corbellari [signori anche del vicino castello di Virgoletta] che nel 1202 lo cedettero ai potenti Malaspina. Il suo periodo di massima importanza e sviluppo coincide con la dominazione di Castruccio Castracani degli Alteminelli, condottiero e signore di Lucca, che stabili qui una roccaforte nell'ambito del progetto di riunire la Lunigiana, Garfagnana, Lucchesia e Versilia in un unico grande stato. Fallito il progetto il castello tornò a rivestire una certa importanza dal 1451 quando divenne sede del capitanato di giustizia Fiorentino in Lunigiana grazie alla posizione di controllo che esercitava su importanti vie di comunicazione montane. Castiglione fu il principale presidio strategico lungo due rami della via Francigena, quello di fondovalle proveniente da Lucca e quello che attraversava il Passo di Tea, che qui si incrociavano. Il nucleo originale, altomedievale, del castello è identificabile nel mastio centrale, circondato da ciò che resta della cortina muraria. Un'alta quadrata torre di guardia lo fiancheggia sul fronte sud-est. Questa torre, risalente al 12° secolo, difendeva il fianco più esposto del complesso ed è da considerarsi un manufatto dalle caratteristiche costruttive e qualitative fra le più avanzate dell'epoca. Queste strutture avevano la funzione principale di controllo del territorio ed erano collegate a vista con le altre torri della zona. Oggi il mastio non è facilmente identificabile dall'esterno in quanto parzialmente inglobato in costruzioni successive. Con l'arrivo dei Malaspina il castello fu ampliato e rinforzato. Fu Franceschino Malaspina, alla metà del 14° secolo, a costruire l'ala residenziale inglobando il primitivo mastio e la grande torre circolare dotata di forte scarpatura e chiamata 'Torrione di Franceschino il soldato', a difesa dell'ingresso principale posto al centro del fronte di nord-ovest. Durante i tre secoli di controllo Fiorentino il castello fu progressivamente adattato alla sua nuova funzione di residenza per i magistrati e funzionari della Signoria. In particolare merita di essere nominato il salone delle udienze, impreziosito da un grande camino rinascimentale. Dopo un lungo periodo di degrado dal 1969 il castello appartiene a Loris Jacopo Bononi, che ne ha curato il restauro, e ospita il 'Centro di Studi Umanistici Niccolò V' dotato di una ricchissima biblioteca storica».
http://www.castellitoscani.com/italian/terziere.htm
«La casa Mori è senza dubbio alcuno la più imponente del comune di Zeri. Nei documenti di famiglia, che partono dalla metà del 1500, molto precisi pe ogni questione patrimoniale, non vi è alcuna notizia circa la sua costruzione e si deve perciò concludere che già vi fosse prima del 1500. Essa è un tipico esempio di casa padronale della Lunigiana e il corpo principale, di progettazione unitaria, copre circa 600 mq con una cubatura di oltre 15.000 mc. Ad esso, nel corso dei secoli, si erano aggiunte altre costruzioni, unite l'una all'altra, che formavano un unico blocco di edifici compreso tra i due viottoli che scendono verso la zona detta il Matallo. Con essi la cubatura complessiva era di almeno 25.000 mc. su 800 mq di superficie. In questa parte erano alloggiati alcuni dei mezzadri. La parte principale segue l'andamento del terreno, saldamente piantata sulla roccia calcarea che forma il cocuzzolo di Castoglio. Perciò la casa verso strada presenta due piani con un fronte di 30 metri, mentre verso sud è di tre piani. La zona destinata ad abitazione è di circa 360 mq per ognuno dei due piani. Il numero di vani complessivo, comprese cantine, tutte a volto, e bugigattoli vari, è di una cinquantina. La casa aveva subito danni a seguito del terremoto di Fivizzano del 1920 ed è stata restaurata e rinforzata nel 1927, anche con gli appositi contributi dello Stato per i terremotati. Da segnalare che nel 1827 a Fivizzano vi era stato un analogo forte terremoto. Un forte terremotro era seguito il 14 febbraio 1834. Un tempo, come tutte le case di Rossano, essa aveva il tetto ricoperto di lastroni di arenaria (piagne). Anche i pavimenti interni erano di lastre di arenaria rettangolari (piagnoni), salvo alcune stanze con piastrelle quadrate di mattone. Quella che oggi è la loggia superiore era chiusa da pareti e formava una stanza. All'interno della casa, vicino all'ingresso, vi è un locale con un grande forno. Ove ora vi è il giardino vi era una stalla-fienile. Oltre di esso il terreno precipitava molto scosceso fino ai dirupi posti alcune centinaia di metri più in basso, e da essi fino al torrente. Dopo il 1927 sono stati costruiti due grandi muri di sostegno creando l'attuale giardino e l'orto sottostante».
http://www.earmi.it/castoglio/casamori.htm
«Ceserano si trova tra i torrenti Aulella e Bardine, in una zona di produzione, insieme a San Terenzo Monti e Moncigoli, del tipico vino di Fivizzano. Il borgo si sviluppa sul crinale della collina, con le case disposte ai lati della strada principale e la parte più antica raccolta intorno alla chiesa di San Bartolomeo, in posizione più elevata. Probabilmente qua si trovava l'antico castello, oggi scomparso, come potrebbe indicare la conformazione del poggio su cui si trova. Il castello forse corrispondeva alla corte di Cesare, che il marchese Alberto Rufo donò nel 1085 al vescovi di Luni. Passò poi ai Malaspina e venne rivendicato nel 1269 dal vescovo Guglielmo. Tornato sotto i Malsapina di Gragnola, Ceserano si diede quindi a Firenze. Dal borgo passava la Via Regia Militare di Fivizzano che da Caniparola e Fosdinovo passava il torrente Bardine, Ceserano, Sassalbo e Camporaghena» - «Niente rimane dell’antico castello di Ceserano, posto accanto alla chiesa tra l’Aulella e il Bardine. Appartenne ai Malaspina e forse corrispondeva alla corte che il marchese Alberto Rufo donò ai vescovi di Luni nel 1085, e da loro rivendicata nel 1269 in seguito al suo ritorno ai Malaspina».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/ceserano.php - http://www.terredilunigiana.com/castelli/castelloceserano.php
CODIPONTE (ruderi del castello)
«Sulla sommità del colle, all'apice estremo del borgo di Codiponte, imponenti rovine indicano la presenza del castello che un tempo dominava il passaggio delle vie di comunicazione verso il litorale di Luni, la montagna e Fivizzano, all'incrocio con il torrente Aulella. La struttura dell'edificio, a pianta quadrangolare, è articolata in diversi corpi interni quasi totalmente coperti dalle macerie e dai rovi che circondano il complesso. Nella parte ovest sono ancora visibili la porta di ingresso ad arco e alcune bucature architravate risalenti al XIV-XV secolo. La data di nascita del castello, o del suo radicale rifacimento, è riconducibile all'ultima fase di utilizzo da parte dei feudatari del ramo di Castel dell'Aquila, subentrati nel 1393 ai Malaspina della Verrucola che l'avevano in possesso dalla fine del XIII secolo».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/castellocodiponte.php
«Il paese, formato da diverse borgate, trovasi a 6 Km da Bagnone lungo la strada provinciale della Val d'Enza, che collega la media valle del Magra con il passo del Lagastrello, è di origini antiche, perché la parrocchia figura nominata nei registri vaticani delle "decime" già nel 1287 tra quelle alle dipendenze della pieve dei Santissimi Ippolito e Cassiano (attuale Pieve di Bagnone). Luogo di passaggio per coloro che dal bagnonese intendevano raggiungere l'alto parmense (la cosidetta Lombardia) già dopo il 1100 figurava in possesso dei marchesi Malaspina i quali fortificarono il punto più avanzato del paese, l'attuale borgata Castello, ed istituirono un corpo di guardia tra Collesino e l'Apella (marchesato di Varano in val Taverone) al fine di riscuotere il pedaggio a coloro che oltrepassavano il confine del marchesato. Quando nel nel 1348 si formò il feudo autonomo di Bagnone, Collesino con Compione, Mochignano e Pastina venne a fare parte del marchesato e per un certo periodo fu anche sede del marchese, tanto che ancora oggi la ex casa marchionale è chiamata "la cà del marches". Da allora ha sempre seguito le sorti di Bagnone, fino all'unità d'Italia. Nel 1557 la parrocchia fu visitata dal Vescovo Lomellini il quale lasciò scritto che "propter paupertam loci" non veniva conservato il Santissimo Sacramento nella cappella chiesa del paese, allora posta in località Castello, quasi attigua all'ex casa dei marchesi Malaspina. L'attuale chiesa parrocchiale risale al 1600 ma dal 1926 al 1928 venne completamente ristrutturata (parroco don Quinto Barbieri) così come si presenta attualmente, attraverso due anni di lavoro gratuito messo a disposizione dai parrocchiani. La torre campanaria risale al 1500 ed è stata completamente restaurata ultimamente (parroco don Eugenio Borrini) riportandola allo stato primitivo di muratura faccia a vista. ...».
http://www.lunigiana.net/bagnone/dintorni/dintorni01.htm
Comano (ruderi del castello Malaspina)
«Comano si trova nell'alta valle del fiume Taverone, alle pendici dell'Alpe di Camporaghena, ai confini con le province di Parma e Reggio Emilia. Il suo antico castello fungeva da estremo baluardo ai due importanti passi appenninici dell'Ospedelaccio e del Cerreto. Il primo documento nel quale viene citato l’antico borgo risale all'824 quando viene donato al nascente monastero di Aulla il “locus di Comano” (abitato già in epoca romana) di cui faceva parte anche il suo castello che aveva la funzione di proteggere la comunità locale. In epoca medioevale il territorio di Comano fu sottoposto in un primo tempo all'egemonia degli Estensi ai quali succedettero solo nella seconda metà del XII secolo i Malaspina, prima indirettamente tramite la famiglia vassalla dei Dallo, poi, con l’assassinio di Manuele Dallo ad opera dei fratelli nella prima metà del XIV secolo, il borgo venne attaccato e conquistato da Spinetta Malaspina che uccise e decapitò gli assassini ed annesse il borgo al feudo della Verrucola di Fivizzano. Nel 1478 Comano passò sotto la dominazione della repubblica di Firenze. Nella struttura del castello svetta la grossa torre a base circolare racchiusa da un’ampia cinta muraria dotata di torri di fiancheggiamento. La torre, o dongione, dovrebbe risalire al XIII secolo, mentre le mura che la circondano sembrano essere successive, si pensa del XV secolo. Sono presenti anche le rovine di un palazzo che sembra essere di epoca posteriore, forse moderna. La sommità del dongione è caratterizzata dalla presenza di una merlatura guelfa e delle scale esterne in muratura che consentono l’accesso all'interno della torre. L'ingresso all'interno della torre avveniva originariamente attraverso un piano rialzato costituito da strutture lignee retrattili. Oggi dell’antico castello rimangono solo ruderi, ma l’amministrazione comunale, proprietaria del complesso fortificato, mira ad un recupero della struttura simbolo del glorioso passato del territorio».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-di-comano.asp
«Di fronte alla chiesa di San Pietro Apostolo, esiste oggi una costruzione di tipo patrizio, chiamata il palazzo. Nel 1523 fu ultimato il restauro del castello di Corlaga e il marchese Leonardo Malaspina ricevette giuramento di fedeltà dal paese. Le angherie subite nel corso degli anni provocarono la ribellione dei Corlaghesi, che liberatisi di Leonardo, assalirono il castello facendo strage degli eredi, e lo distrussero completamente. Gli eredi scampati alla carneficina presero nuovamente possesso dei beni fondiari di loro proprietà per diritto di allodio e vennero ad abitare nell'antico castello, che fu ristrutturato in villa fortificata. Di proprietà privata, non è visitabile».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/castellocorlaga.php
«Il paese di Corvarola sorge su una collinetta o poggio sottostante la Pieve, alla cui valle scorre il torrente Civiglia, a 305 metri sul livello del mare, anch'esso su una deviazione rispetto alla strada provinciale che collega Bagnone a Monti di Licciana. In dialetto bagnonese: Karvaróla. Fu un antico castello dei Malaspina, avamposto di difesa, era circondato da sette torri, di cui oggi esistono solo poche vestigia. Sono collegate a Corvarola anche le località Croce, in dialetto Krósa, da incrocio, crocivio; la Ghiaia, in dialetto la Giara; e l'Oratorio di S. Rocco ubicato sulla vecchia strada che da Corvarola porta a Vallescura o a Merizzo. È certo però che la torre occupava la posizione più importante del Borgo, perché proprio sotto di loro confluivano le vie o strade che, praticate da pellegrini (Via Francigena) da viandanti e commercianti (Via del sale), dalla Lombardia attraverso i valichi appenninici, portavano alla Toscana, al mare. Don Euclide Rapalli che fu parroco ci ha lasciato un suo volumetto, Corvarola, nel quale cerca di ricostruirne la fortificazione e la posizione delle sette torri. Sulla prima torre, ancora riconoscibile, fu costruita in parte la parete sinistra della Chiesa. Sulla seconda torre, molto riconoscibile, vi é la cucina della casa di proprietà di Ravera Ernesto. Sulla terza torre, che ancor oggi mantiene la sua forma, è stata costruita la casa, attualmente abitata da Ghelfi Valentino; questa casa si chiama tuttora "La Torre ". A pochi metri dalla casa di Ghelfi vi è una porta in pietra lavorata, che chiudeva l'antico castello malaspiniano. Su di una quarta torre, ancora in buono stato stata costruita in parte la casa, abitata da Fraschini Pietro. La quinta torre doveva trovarsi all'inizio della strada comunale che porta a Tracastello, sotto la Chiesa. La sesta doveva trovarsi al principio della strada, che dalla Cola porta alla Chiesa. La settima si trovava nella località Tracastello, di rimpetto alla Chiesa, esistono ancora i ruderi. Dalla toponimia si desume che Corvarola deriva da fortificazione militare. Le più antiche vicende del castello di Corvarola, secondo lo storico Ubaldo Formentini, sono oscure, ma sicuramente dopo il 1351, data della spartizione del retaggio malaspiniano, fece parte del Feudo di Castiglione del Terziere. ...».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Corvarola/Castello_corvarola.htm
«Ficola deve il suo toponimo al latino "Ficetum". Si tratta di un antico borgo e colonia romana al tempo di Luni, come Moneta, Gragnana e Vezzala. Del castello, rimangono oggi poche tracce, come volte a crociera, una torre inglobata in un fabbricato residenziale, una botola che porta a locali sotterranei sotto la fortificazione esterna. Il castello di Ficola è documentato nel Codice Pelavicino nel 1233».
http://www.terredilunigiana.com/riviera-apuana/castelloficola.php
«Di origine bizantina, il borgo di Filattiera era stato preceduto, nella sua fondazione, dal villaggio sorto nel fondovalle sottostante in epoca imperiale romana, nella zona ove poi era stato fondato - nel VI secolo - l'edificio dell'antichissima pieve di Sorano. Sul colle dove, a partire dal X-XI secolo, si era sviluppato il borgo, all'epoca dei Malaspina, esisteva già una fortificazione, il castello di San Giorgio, eretto in epoca altomedievale, dalle caratteristiche puramente difensive e che non si prestava certo ad essere anche residenza marchionale. Il Malaspina, erede del feudo di Filattiera, pone così mano alla costruzione del nuovo castello, quello che ancora oggi si incontra sul versante nord-occidentale all'ingresso dell'abitato, completamente circondato da mura e trasformato nel tempo sempre più in residenza signorile. Anche il feudo di Filattiera, che raggruppava nei propri territori tutta la Lunigiana orientale, era stato ben presto smembrato tra gli eredi maschi della famiglia Malaspina. Già nel 1275 infatti si formano i feudi di Verrucola e Olivola e, alla metà del XIV secolo, quelli di Treschietto, Castiglione del Terziere, Malgrate e Bagnone. Il dominio malaspiniano su Filattiera termina alla metà del XVI secolo: nel 1549 infatti Manfredi Malaspina, per sottrarsi alla conquista da parte della Spagna, cede il feudo a Firenze con un atto che tuttavia, per l'opposizione imperiale, sarà riconosciuto solo nel 1614 all'epoca di Cosimo II de' Medici che lascia numerosi privilegi al figlio di Manfredi, Bernabò. Il castello di Filattiera è la testimonianza indiretta del dominio bizantino in Lunigiana. Purtroppo dell'antico castello non rimangono che poche tracce. ...
Il feudo dei Malaspina di Filattiera, si diversifica dagli altri, perché è il risultato di precedenti domini : romanico, bizantino, longobardo, che nel tempo si sono succeduti ed hanno prodotto forme diverse di guerriglia e di difesa che hanno dovuto, per forza maggiore, far cambiare anche le strutture difensive dei vari castelli. Così succede ad un maniero che da epoche remote rimane sempre nello stesso posto; obbligatoriamente per ragioni di adeguamento all'arte bellica o alle necessità di alloggio, agli adeguamenti dovuti alla moda del tempo, ai piaceri dei residenti, ecc.; ogni rinnovazione distrugge la realtà precedente. A Filattiera invece, e specialmente nella valle del Caprio, i siti di difesa sono stati più volte cambiati nell'arco di un millennio, con il risultato che i ruderi sono ancora accessibili e visibili, ed sono ancora quelli delle antiche infrastrutture, tali come sono state concepite all'epoca, senza aver subito trasformazioni. Il grave inconveniente é quello che gli antichi capisaldi o fortezze nel tempo sono state oggetto di raccolta di materiali impiegati in altre opere, e quello che oggi rimane non sono che i ruderi diventati qualche cosa perché invasi dalla vegetazione, o semplici affossamenti o valloni. In quel di Filattiera si possono distinguere due tipi di protezioni strategiche: una, quella bassa del borgo principale, sorge su uno sperone preappenninico, in posizione elevata, molto vicina alla pianura, nella quale scorre il fiume Magra; l'altra invece é nella valle stessa del torrente Caprio, affluente del Magra. La prima protezione era a tutela della viabilità che, lungo il Magra, portava nel genovese, nel piacentino e nel parmense o scendendo conduceva al mare, quindi a Roma; trattasi in fine della via Francigena. Di questo gruppo sono tutt'oggi visibili i castelli d'epoche diverse, che si sono succeduti e che si trovano a breve distanza l'uno dall'altro: il Castelvecchio, il Castel di San Giorgio e il Castel del borgo di Filattiera. La seconda protezione invece, nella valle del Caprio, sono tutti di epoche differenti, in successione l'uno all'altro. Nell'alta valle a quota m. 800 s.l.m. a controllo e difesa della strada che portava nel parmense, la via del sale, si incontrano i ruderi di Monte Castello, insediamento del VII secolo. Nella parte bassa, nella zona pianeggiante di Caprio e di Ponticello sono visibili diverse case-torri, caratteristiche delle abitazioni fortificate, tipicamente usate nei siti agricoli di fondovalle».
http://www.comune.filattiera.ms.it/root/citta/storia.asp
Filattiera (castello Malaspina)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il castello di Filattiera è la testimonianza indiretta del dominio bizantino in Lunigiana. Purtroppo dell'antico castello non rimangono che poche tracce. L'edificio attuale visibile nella foto è stato ristrutturato nel XV secolo. Con la divisione del feudo paterno nel 1221, Obizzino e Corrado Malaspina ereditano i territori che erano stati concessi alla famiglia direttamente dall’imperatore Federico Barbarossa poco meno di sessant’anni prima; a Obizzino erano toccati quelli alla sinistra del fiume Magra (con l’eccezione di Villafranca che restava a Corrado assieme ai territori di destra) sotto il nuovo stemma dello spino fiorito. Per capitale del nuovo feudo viene scelto Filattiera, importante borgo fortificato di antica fondazione lungo il tracciato della via Francigena. Di origine bizantina, il borgo di Filattiera era stato preceduto, nella sua fondazione, dal villaggio sorto nel fondovalle sottostante in epoca imperiale romana, nella zona ove poi era stato fondato - nel VI secolo - l’edificio dell’antichissima pieve di Sorano. Sul colle dove, a partire dal X-XI secolo, si era sviluppato il borgo, all’epoca dei Malaspina esisteva già una fortificazione, il castello di San Giorgio, eretto in epoca altomedievale, dalle caratteristiche puramente difensive e che non si prestava certo ad essere anche residenza marchionale. Il Malaspina pone così mano alla costruzione del nuovo castello, quello che ancora oggi si incontra sul versante nord-occidentale all’ingresso dell’abitato, completamente circondato da mura e trasformato nel tempo sempre più in residenza signorile. Anche il feudo di Filattiera - che raggruppava nei propri territori tutta la Lunigiana orientale - era stato ben presto smembrato tra gli eredi maschi della famiglia Malaspina: già nel 1275 infatti si formano i feudi di Verrucola e Olivola e, alla metà del XIV secolo, quelli di Treschietto, Castiglione del Terziere, Malgrate e Bagnone. Il dominio malaspiniano su Filattiera termina alla metà del XVI secolo: nel 1549 infatti Manfredi Malaspina, per sottrarsi alla conquista da parte della Spagna, cede il feudo a Firenze con un atto che tuttavia, per l’opposizione imperiale, sarà riconosciuto solo nel 1614 all’epoca di Cosimo II de’ Medici che lascia numerosi privilegi al figlio di Manfredi, Bernabò. Oggi il castello, recentemente restaurato, è di proprietà della famiglia di Cesare Buglia» - «Il castello malaspiniano di Filattiera č il primo edificio che si incontra entrando nel borgo; si estende sui due lati della piazza principale (Piazza Castello) ed č circondato da un ampio giardino. Originariamente era munito di fossato; ben poco č rimasto della costruzione originaria, ristrutturata nel XV secolo; ulteriori lavori lo hanno trasformato in palazzo residenziale. Le mura esterne e le torri presentano una merlatura a “coda di rondine”, segno distintivo dei Ghibellini. Il castello era parte integrante di un complesso sistema difensivo, costituito da castelli, torri e fortificazioni sparsi per tutto il territorio e conosciuto come “sistema difensivo della valle del Caprio”. Il castello č di proprietŕ privata ed č possibile visitarlo parzialmente».
http://www.comune.filattiera.ms.it/root/VisitaLacitta/arteZoom.asp?id=2 - https://www.facebook.com/162810807112837...
«Del Castelvecchio, posto sulla collina pianeggiante che sovrasta la pieve romanica di Santo Stefano, è visibile, all'interno del bosco di robinie, un avvallamento, che divide la punta della collina dalla sua prosecuzione orientale. Tra il V e il VII secolo vi fu costruito un rifugio fortificato, costituito da due valli affiancati profondi e larghi due metri, sormontato da una palizzata. All'interno sono state trovate tracce di edifici in legno, alcuni frammenti di ceramica nuda depurata ed un piccolo frammento di vetro attribuibili all'Alto Medioevo. Ceramiche grezze foggiate a mano, anfore tirreniche e ceramiche a vernice nera quasi irriconoscibili, databili alla seconda Età del Ferro sono invece state ritrovate nell’avvallamento. Non vi sono tracce di uso posteriori al VII secolo. Potrebbe trattarsi di un'opera difensiva realizzata dai Liguri Apuani durante le guerre con i Romani, ma non sembra che i Liguri conoscessero queste tecniche militari, mentre ad essi può essere più facilmente attribuito l'approfondimento del vallo naturale che a nord collega la collina con il grande terrazzo. Castelvecchio deve essere anteriore al castello di San Giorgio, che si ritiene usato tra l'XI secolo e gli inizi del XIII. Va quindi preso in considerazione il periodo che va dalla fine dell'Impero Romano al X secolo. Opere difensive, in tale arco di tempo, possono essere giustificate dal punto di vista politico-militare sia nei secoli VI e VII, con la guerra gotico-bizantina e il limes bizantino longobardo, sia nei secoli IX e X, quando numerose fortificazioni vennero costruite in Italia settentrionale a seguito delle incursioni dei Saraceni e degli Ungari».
«Il nome Sorano dato alla Pieve di Filattiera è probabile che provenisse da un abitato sopraelevato delle sue vicinanze; probabilmente dall’antico pianoro che conserva ancora il nome di Castelvecchio, un abitato preistorico costruito alla base di un antico “castellaro” di cui vennero ritrovati i segni in seguito a scavi per l’allargamento della stazione ferroviaria nel 1921. Il primitivo abitato ai piedi del “castellaro” di Castelvecchio dovette essere assorbito dal nuovo impianto romano che ne conservò l’antico nome; in epoca romana, sull’altura soprastante, sul poggio meridionale nel periodo longobardo venne eretta la chiesa di san Giorgio ( probabilmente su un tempio pagano: ”gentilium varia hic idola fregit” dice l’epitaffio di Leodegario) e un castello protetto da mura e dotato di torre centrale a protezione della via Francigena. Questo castello conserva solo un’antica torre in pietra posta all’estremità sud-ovest del borgo murato presso la chiesa omonima risalente al XII secolo. Il luogo divenne probabile residenza del “magister militum” del periodo bizantino prima e in seguito dei presidii longobardi e franchi e venne pressoché distrutto dal terremoto del 1490. ...».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/castelvecchio.php - http://www.adrianaghollett.it/site/books/filattiera.pdf
Filattiera (torre di San Giorgio)
«Sulle ultime propaggini della collina dove si è sviluppato l’abitato di Filattiera, si conservano due interessanti monumenti medievali: la torre e la chiesa di San Giorgio. Si tratta di significative testimonianze della storia di un borgo il cui toponimo viene fatto risalire a Fulakterion, ossia luogo di presidio, fortificazione, e che ha avuto un importante ruolo nella storia lunigianese, tra l’altro quale “capitale”, a partire dal 1221, del ramo dello spino fiorito dei Malaspina. A Filattiera è rivolta da tempo l’attenzione degli studiosi medioevali anche perché, proprio nella cappella di San Giorgio, si conserva la testimonianza scritta più antica della storia lunigianese, la lapide sepolcrale di un missionario, individuata in certo Leodegar, che qui morì nell’anno 752, dopo aver lottato contro il paganesimo e l’eresia. La chiesa di San Giorgio è certo successiva a questo evento. Si presenta in forme romaniche, costruita in bozze d’arenaria ben squadrate e disposte in corsi regolari, con l’abside rivolta ad oriente, secondo l’orientamento canonico. Tre piccole monofore ed una porta ad arco si aprono nella parte meridionale, mentre alla muratura settentrionale, che appare meno regolare, si addossano i resti di una navata più stretta. Le parti più antiche della chiesa sono databili al XIII secolo, all’epoca malaspiniana dunque, mentre la facciata è riconducibile ad un intervento successivo (XIV-XV secolo). Di grande interesse appare anche la torre che si erge imponente (m.15,50) davanti alla cappella. Nella muratura si osservano tecniche diverse, risultati di interventi successivi. Uno scavo archeologico, che ha portato allo svuotamento dell’interno, ne ha consentito la datazione tra XI e XII secolo ed i materiali recuperati hanno evidenziato come inizialmente essa abbia costituito la residenza della famiglia signorile che qui dominava».
http://www.comune.filattiera.ms.it/root/VisitaLacitta/arteZoom.asp?id=5
«Il borgo murato di Filetto, singolare ed importantissimo impianto fortificato di fondovalle, rappresenta una struttura anomala nel panorama lunigianese, essenzialmente punteggiato di borghi arroccati in altura. Le ragioni della sua nascita sono legate all'aspra lotta che nel corso del VI-VII secolo divampò in Lunigiana tra l'esercito bizantino e le orde dei longobardi invasori. In quel periodo venne organizzata una linea difensiva a ridosso dell'Appennino per proteggere i porti dell'alto Tirreno, Luni in particolare, dalle milizie barbariche presenti oltre le montagne fin dal 590. E Filetto fu parte essenziale di questa imponente linea di difesa. All'interno di quello che è il borgo attuale è possibile isolare un settore "matrice", una sorta di quadrilatero di circa sessanta metri di lato ed un unico accesso. Nel corso degli anni oscuri che seguono la caduta dell'impero d'oriente in Italia le strutture del "castrum" furono riadattate a residenza di popolazione che cercava protezione. L'impianto urbanistico originario si dilatò in età medioevale con la costruzione di un settore dalla parte di ponente. Questa nuova "addizione" prosegue l'originario impianto mantenendone le caratteristiche quadrilatere e limitandosi a spostare l'accesso verso la Magra. Alla vasta area sgombra della piazza, si agganciarono così le strette vie interne di impianto medioevale: i cosidetti borghi voltati, caratteristica costante dei centri storici lunigianesi. Nel corso del XVI secolo la cinta muraria venne prolungata verso oriente e il borgo, che prima si estendeva a lato della strada tra Villafranca e Bagnone, giunse ad inglobare la strada stessa. Nel 1568 vennero erette due porte monumentali e dopo pochi anni i marchesi Ariberti di Cremona subentrarono come nuovi feudatari ai Malaspina costretti a vendere il feudo di Filetto per debiti contratti con l'imperatore. La definitiva opera di ristrutturazione fu completata con la costruzione prima del palazzo Ariberti e poi del convento dei frati Ospitalieri di San Giovanni di Dio».
http://www.lunigiana.net/villafranca/visita/visita.htm
Fivizzano (fortilizio del Marchese o palazzo Civico)
«Il palazzo civico come si presenta oggi è la risultanza dei rifacimenti e restauri eseguiti dopo il terremoto del settembre 1920. Anche se rimaneggiato l'edificio si presenta ancora maestoso anche se, prima dell'evento sismico, era ancora più imponente. Era infatti più alto di un piano ed ornato dalla torre civica con la campana, adorno, all'uso toscano, di tantissimi stemmi e lapidi di Capitani e Governatori della Lunigiana. Il palazzo fu sempre “luogo di governo”. Fino dai tempi dei Malaspina ed era chiamato “Fortilizio del Marchese” e, dopo il passaggio di Fivizzano alla Repubblica Fiorentina, sede dei Capitani e dei Governatori inviati da Firenze nelle città di Fivizzano, nonchè dei Priori della Comunità Fivizzanese. Attualmente il palazzo si presenta sobrio ed elegante nelle sue forme essenziali con splendide riquadrature in pietra alle finestre ed ai portali e con gli stemmi salvatisi dal terremoto. (Fra questi ricordiamo l'arme del Governatore Lelio Buzzi, che realizzò l'acquedotto civico e quello del fiorentino Giuliano Capponi che ampliò il trecentesco "Spedalino" facendo costruire nel 1725 l'Ospedale "nuovo"). Sul portone d'ingresso al palazzo spicca lo stemma, in pietra arenaria, del Comune di Fivizzano, che rappresenta "un zampa d'orso che afferra una falce di luna". è opera di Gio. Lorenzo Cristelli di Carrara e dalle "Filze dell'Archivio pubblico", in data 24 febbraio 1663, si rileva che "l'arme della Comunità sopra la porta della Resistenza de' Sig. Priori importa Piastre 5 fra il macigno e fattura dello scultore Gio. Lorenzo Cristelli di Carr.". Al piano terra del palazzo erano, nel sec. XVIII, ubicate le carceri le cui finestre si affacciavano davanti all'Oratorio di S. Carlo fatto costruire dal governatore Carlo Vieri (1706), proprio perché i detenuti potessero assistere alla S. Messa. Per questo motivo il suddetto Oratorio, ancora oggi, viene chiamato "chiesina delle carceri"».
http://www.e-toscana.com/menhir/italia/lunigiana/comuni/fivizzano/civico.htm (a cura di Roberto Pandiani)
«Le mura fatte costruire da Cosimo I nel 1540, in sostituzione di quelle malaspiniane troppo malandate per servire alla difesa della Terra e del Capitanato, assolsero bene la loro funzione di salvaguardia, finché le nuove strategie militari ne decretarono la superfluità. Così nel 1835, senza tener conto del valore storico ed architettonico delle fortificazioni, si dette inizio alla demolizione. Inutile l'appello di Michele Angeli che, nel suo Aronte Lunese, scriveva: "Chi colla scusa che fanno ombra alle case vicine, cosa per altro assurda, poiché le mura giungono appena al primo piano, fra le mura e le case v'è da per tutto una spaziosa strada e di quando in quando vi si trovano degli ameni giardini; chi col pretesto di fare qualche soldo, tutti tendono a distruggerle". E concludeva: "Io vi prego pria di rovinarle a rimirar meglio la bellezza e l'utilità che recano al paese"».
http://www.lunigiana.net/fivizzano/visita/visita.htm
«...Oltrepassata la Porta Modenese, lungo Via Labindo incontriamo prima il Palazzo Benedetti-Chigi, costruito nei primi decenni del XVII secolo probabilmente intorno al 1625. Al Palazzo si accede da Via Labindo, attraverso un atrio con soffitto a volta composta sorretto da una colonna centrale. Oltrepassando il giardino, si accede all'interno del palazzo grazie ad un piccolo portico e due fornici a tutto sesto sorretti da una colonna centrale che si ripetono simmetricamente nella loggia sovrastante. Uscendo da Palazzo Benedetti-Chigi, ci imbattiamo sulla destra di Via Labindo, su un altro Palazzo di notevole importanza, Palazzo Fantoni della Corona. Fu edificato dal Dottor Terenzio Fantoni tra il 1644 e il 1677 su disegno dell'Architetto Carlo Bergamini, autore anche del Palazzo Ducale di Massa. Il Palazzo Fantoni presenta una facciata resa monumentale dall'immenso portale sovrastato da un balcone e dai finestrali del primo piano, del piano nobile e del mezzanino, in pietra serena e che presentano un motivo a ghiera. Uscendo dal Palazzo Fantoni, proseguiamo ancora per Via Labindo fino alla Piazza principale: la Piazza Medicea. Da sempre luogo di mercato, di incontro e ambiente di parate militari per i presidi locali, ancora oggi è teatro di celebri manifestazioni pubbliche e cuore della città. Al centro della Piazza troviamo la splendida Fontana Medicea, la cui costruzione si ritiene appartenga alla prima metà del XVII secolo ossia ai tempi del Granduca Ferdinando II. Sulla Piazza Medicea si affacciano numerosi edifici di notevole importanza tra i quali: la Chiesa Prepositurale dei SS. Jacopo e Antonio, il Palazzo del Grande Prelato Agostino Molari, la Casa Borni, il Palazzo della Cancelleria Amministrativa e il Palazzo Gargiolli sede della Cinquecentesca Accademia degli Imperfetti».
http://www.informationway.it/comuni_desc.asp?id=108&desc=2
Fivizzano (torre Superiore, poi campanile della chiesa Prepositurale)
«La chiesa Prepositurale di Fivizzano fu fondata il 30 luglio 1377, essendo vescovo di Luni Bernabò, sotto il pontificato di Gregorio XI. Subì notevoli e significativi rimaneggiamenti, nonché un notevole ampliamento nel 1576. Infatti in tale periodo fu invertito l'orientamento e l'edificio fu profondamente modificato. In questa operazione venne inglobata anche la "Torre Superiore" che divenne il campanile della chiesa. L'edificio come si presenta oggi è frutto degli ultimi interventi effettuati dopo i lavori eseguiti a seguito del terremoto del 1920. ...».
http://www.lunigiana.net/fivizzano/visita/visita02.htm (a cura di Roberto Pandiani)
«Seguendo da Villafranca Lunigiana la statale 62 della Cisa in direzione sud si incontra, deviando a sinistra, il paese di Fornoli, ubicato in una vasta e fertile area collinare, riparata dai venti e ben esposta a levante, tenuta a pascolo e coltivata a cereali, viti, e frutteti. Sono ancora visibili tracce dell'antico borgo e castello, purtroppo in abbandono, e del suggestivo ponte in bozze di pietra squadrata che attraversa il torrente Carpena. ... Al territorio di Fornoli appartiene la chiesa di S. Maria Assunta di Groppofosco che sorge solitaria tra i prati e la macchia della vegetazione sulla sponda sinistra della Magra. La chiesa, edificata sull'itinerario principale della Francigena, conserva nel paramento murario in bozze squadrate e nell'abside decorata a fornici caratteri stilistici e costruttivi del romanico. Vicino alla chiesa, oggi ridotto a edificio rurale l'hospitale per l'accoglienza e il ricovero dei pellegrini attesta l'importanza dell'insediamento religioso a vigilanza dell'importante guado sulla Magra che portava verso la val di Vara e il Genovesato».
http://www.comunevillafrancainlunigiana.it/index.php?pagina=pagine&id=15
«Fosdinovo è un borgo della bassa Val di Magra, in provincia di Massa Carrara. Posto a 550 metri di altitudine s.l.m., ha una popolazione di 3500 abitanti. La sua storia è profondamente legata alla famiglia Malaspina, che è ancora proprietaria del castello. Il borgo nasce probabilmente già nell'Alto Medioevo, con la precisa funzione di presidiare la via di comunicazione che collega la valle con la zona costiera ed i commerci in direzione della Pianura Padana. È un'epoca, quella, nella quale vengono costruiti numerosi tracciati che attraversano il suo territorio collegando il mare all'entroterra toscano e la Val di Magra con i valichi verso il nord. In principio Fosdinovo è posto sotto il controllo del potente vescovado di Luni, che lo assoggetta nel XII secolo al termine di un lungo braccio di ferro con la consorteria di nobili che lo amministrava in precedenza. Successivamente, nel 1306, il borgo ospita Dante Alighieri, che vi giunge in veste di diplomatico per porre fine ai conflitti tra vescovo e signori locali. Fosdinovo, grazie all'intercessione del celebre autore della Divina Commedia, viene allora rilevato da Castruccio Castracani e passa poi sotto il dominio dei Malaspina, la cui presenza ne segnerà indelebilmente la storia. Il casato governerà il territorio per cinquecento anni, lasciando in eredità numerose costruzioni (la ristrutturazione del castello, il Sepolcrio di Galeotto nella chiesa) tuttora visitabili nella città. Il centro passa quasi indenne attraverso le turbolenze degli ultimi secoli medievali e del Cinquecento toscano. Mentre in altri luoghi dominano le guerre tra fazioni o le contese tra Spagnoli e Fiorentini, a Fosdinovo si vivono periodi di pace e benessere. Il borgo si arricchisce talmente tanto che nel 1666 è addirittura autorizzato dall'impero a coniare proprie monete. Nell'area solo Massa e Tresana possiedono un simile privilegio. Al termine dell'occupazione francese della Toscana, voluta da Napoleone nei primi anni dell'Ottocento, Fosdinovo viene strappata ai Malaspina e posta dal Congresso di Vienna (1814) sotto l'autorità del Ducato di Modena, governato allora dagli Estensi. La famiglia ferrarese fa subito del comune la capitale della Lunigiana ducale. Nel 1859 il comune entra a far parte del Regno d'Italia».
http://www.toscanaviva.com/Fosdinovo/
Fosdinovo (castello Malaspina)
«Nessun castello più di quello di Fosdinovo dà l’idea che, nel nostro immaginario, ci siamo fatti di un castello. I merli, le torri altissime, la collocazione visibile da ogni dove, le sue stanze e perfino il fantasma. Nella storia, quella vera, è stato uno dei castelli Malaspina più importanti, sulla piana di Luni e sulla via che da Luni portava a Lucca. Il Castello, feudo di uno dei rami dei Malaspina del Ramo Fiorito dal XIV al XVIII secolo, ha una notevole importanza storica ed architettonica. La costruzione dell’imponente fortezza, che si fonde incredibilmente con la roccia arenaria tanto da farla sembrare scolpita nella pietra viva, ebbe inizio nella seconda metà del XII secolo. Innalzata a dominio e difesa del primitivo Castro di Fosdinovo, nel 1340 venne ufficialmente ceduta dai nobili di Fosdinovo a Spinetta Malaspina. Egli creò così il marchesato di Fosdinovo risiedendo nel Castello che il nipote Galeotto in seguito ingrandirà e abbellirà. Nel ‘500, grazie all’opera di Gabriele e poi di Lorenzo Malaspina, il Castello acquistò l’aspetto e la dimensione di corte rinascimentale, mentre nel ‘600, con Jacopo Malaspina, si ingrandì ancora di più fino a contare, nel 1636, ben ottocento “Fuochi”. Il Castello di Fosdinovo si compone di una pianta quadrangolare con quattro torri rotonde orientate, un bastione semicircolare, due cortili interni, camminamenti di ronda sopra i tetti, giardini pensili, loggiati ed un avamposto verso il Paese detto in antico lo “spuntone”, formidabile strumento difensivo - una sorta di rivellino. Protetta anticamente da un ponte levatoio, la porta d’ingresso duecentesca introduce su di un piccolo cortile in puro stile romanico dove una colonna marmorea ne sostiene i loggiati superiori.
Dal piccolo cortile dove un tempo si trovavano i cannoni difensivi partono le larghe rampe di scale che conducono al grande cortile centrale. Questo presenta un elegante porticato rinascimentale con colonne in pietra, un pozzo ed un bel portale in marmo cinquecentesco che ci introduce nella visita delle sale del Castello, arredate ed affrescate alla fine del 1800: la Sala d’ingresso, la Sala da pranzo con il grande camino settecentesco e le ceramiche da farmacia del ‘600, la Sala del trono, il grande Salone con gli attigui salotti e la camera del trabocchetto con la sottostante sala delle torture. Si racconta che proprio da questa stanza la marchesa Cristina Pallavicini, donna malvagia e lussuriosa, eliminasse i suoi amanti facendoli cadere nella botola situata ai piedi del letto. E proprio i trabocchetti erano una prerogativa del castello. Ne esistevano tre, due nel loggiato che dava sull’orto ed uno nella torre d’angolo. Alla loro base erano infissi affilati coltelli con la punta rivolta verso l’alto, di modo che il disgraziato, una volta caduto dalla botola attivata con una molla, veniva colto immediatamente dalla morte. Oltre a questi tremendi strumenti di tortura, ne esisteva un altro ancor più terribile. Si trattava di un braccio di ferro che sporgeva dal muro della torre, ad esso era applicata una carrucola ed un anello murato in terra, collegati da una corda. Il torturato veniva appeso a lasciato penzoloni sotto gli occhi di tutto il paese, finché non fosse morto. Nella più antica torre di levante si trova la “camera di Dante” dove, secondo la tradizione, dormì il sommo poeta quando fu ospitato al castello durante il periodo d’esilio. Gli affreschi presenti nel grande salone centrale raffigurano proprio l’antica amicizia di Dante con i Malaspina. La visita del Castello continua ai piani superiori fra innumerevoli altre sale arredate e lungo il camminamento di ronda, sopra i tetti, che offre uno spettacolo panoramico di incomparabile bellezza».
http://www.aptmassacarrara.it/scopri/luoghi_visitare_2/castello_malaspina_fosdinovo.aspx
«Forte Bastione si trova sull'omonimo monte nel comune di Fosdinovo, a una quota tra i 690 e i 696 metri sul livello del mare, in località la “spolverina”. ... La costruzione del Forte risale agli anni tra il 1885 e il 1889, fu realizzato per proteggere la piazza marittima di La Spezia da possibili attacchi nemici via terra, provenienti sia dalla vallata del fiume Magra che dall' Appennino. Nel 1889 vi erano collocati ben ventuno pezzi d'artiglieria che non entrarono mai in azione. Probabilmente fu disarmato durante la Prima Guerra Mondiale per dislocare i suoi cannoni sui vari fronti nei quali era impegnato l’esercito italiano. Forte Bastione fu utilizzato come prigione per i prigionieri austro-ungarici durante la prima guerra mondiale. Verso la fine del secondo conflitto mondiale, il Forte si trovò vicino alla linea del fronte, le truppe tedesche installarono al suo interno un osservatorio d'artiglieria, che trasmise in modo preciso le coordinate alle batterie d'artiglieria nazifasciste che riuscirono a rallentare momentaneamente l'avanzata delle truppe americane durante la giornata del 13 aprile 1945. In prossimità della fortificazione si svolsero diversi combattimenti tra le truppe tedesche e quelle alleate fino alla giornata del15 aprile 1945 quando il Forte Monte Bastione fu conquistato dalle truppe americane. Questo forte è molto interessante dal punto di vista architettonico, purtroppo non sono state intraprese finora iniziative destinate a valorizzare le sue caratteristiche e versa in uno stato di degrado molto accentuato.
Il Forte Monte Bastione ha una forma di poligono irregolare, con un fossato presente unicamente sulla fronte di gola, nella quale sono presenti alcune feritoie per i fucilieri a forma quadrata e circolare, mentre il resto della struttura è circondato da un muro di cinta molto alto che lo rende inaccessibile al nemico. Il forte ha una caserma difensiva posta sulla fronte di gola a forma di "punta di freccia". È un edificio di tre piani, ognuno ha sette od otto grandi cameroni e alcuni piccoli locali di servizio. Le finestre e il portale sono coronati da uno spesso bugnato lapideo. Il materiale usato per l'edificazione è principalmente la pietra locale, mentre gli archi e le volte sono stati realizzati in mattoni. Ora la caserma è una costruzione pericolante a causa dei danni subiti durante l'ultimo conflitto mondiale, ma soprattutto per la mancanza di manutenzione. Per i motivi sopra indicati si sconsiglia vivamente di entrare nell' edificio. In origine si entrava nell' opera fortificata tramite un ponte levatoio, adesso del ponte rimangono unicamente i basamenti. Attualmente vi si accede, attraversando una piccola passerella costruita in legno e in metallo. Dopo aver attraversato il corpo d'ingresso si giunge ad un primo piazzale di piccole dimensioni, superato il quale si sale tramite una comoda rampa verso il secondo spiazzo posto di fronte all'interessante traversone, dove al suo interno sono presenti alcuni piccoli locali e tre androni (il più grande posto al centro della struttura e i due piccoli collocati ai lati). Superati gli androni, si giunge al terzo piazzale dal quale si possono vedere i due fronti. Il primo era rivolto verso la bassa Val di Magra e aveva tre piazzole binate e una tripla, sulle quali erano collocati nell 'Ottocento sette cannoni di medio calibro. Il secondo fronte è posto alla medesima altezza del traversone, vi si accede da due piccoli sentieri posti ai lati della fronte. Aveva in totale due piazzole binate e una tripla, sulle quali furono installati sette cannoni di medio calibro. Sotto questo fronte di combattimento erano state realizzate diverse grosse stanze, che sono state usate fino alla prima guerra mondiale per ospitare i magazzini d'artiglieria (per contenere la polvere da sparo, le spolette, ecc.) e i locali per il caricamento dei proietti. Questo fronte risulta ben conservato, ad eccezione delle rampe di scale che collegavano i magazzini alle traverse che sono distrutte».
http://www.carraraonline.com/sentiero_forte_bastione.php
«Anche se al visitatore appare una struttura abitativa, l'edificio congloba l'antica Rocca o Castello di Gavedo nella zona di Groppoli di Mulazzo, che per la sua favorevole posizione era posto a difesa trasversale della valle, a protezione delle vallate secondarie dove scorrono gli affluenti del fiume Magra, facenti capo a tracciati alternativi al percorso più importante del passo di monte Bardone. L'inserimento del castello in un sistema difensivo di largo respiro, tra il castello di Mulazzo e quello più a sud di Castevoli, puntano a realizzare forme di difesa a sbarramenti trasversali per cui dal castello di Gavedo,si stacca una linea fortificata che scende a fondovalle lungo i declivi del torrente Geriola sviluppandosi attraverso una serie di capisaldi individuabili nella "torre del castello", nella contemporanea torre inglobata nel "palazzo" settecentesco dei Brignole-Sale, sul pianoro ai piedi del borgo, nella cosiddetta "torre del Sole" e infine nella "torretta" a ridosso del fiume. Il castello di Gavedo è d'origine Obertenga, come testimonia la torre quadrangolare sorta con funzione di guardingo. Sorge a 280 m s.l.m. sulla sponda destra del fiume Magra, tra Mulazzo e Villafranca L. ed è stato ideato per dominare la vallata del Magra. Per tutto il corso del medioevo centrale, i feudatari di ceppo obertengo attesero alla sistematica opera di incastellamento della Lunigiana centro-settentrionale, di questo imponente sforzo militare restano cospicue testimonianze di eccezionale interesse storico architettonico. Tra di esse, la torre quadrilatera del castello, che eccelle per tipologia e tessitura muraria. Originariamente "dongione" centrale all'interno di un recinto fortificato ed oggi inglobata da posteriori strutture residenziali. La torre trova i suoi presupposti tipologici e formali nelle torri di epoca altomedioevale, presenti nello stesso territorio della Lunigiana, e nelle case torre capillarmente diffuse lungo le valli del settore centro-settentrionale.
Il sistema torre-recinto sorto sul colle di Groppoli come presidio militare principale della linea fortificata che raggiunge la pianura con una serie di torri otticamente collegate, conservò sostanzialmente intatte le proprie caratteristiche fino a tutti il XIV secolo. A partire dal '400 con la caduta di interesse strategico della linea fortificata, il semplice impianto fortificato originario viene gradualmente e progressivamente trasformato in residenza castellana. Una rappresentazione cartografica degli inizi del XVI secolo individua il maniero con alte cinte murari, e un documento del 1560 fa menzione di una "sala nuova" ove si ratifica un trattato di accomandigia con il marchese di Groppoli (divenuto autonomo dal 1546) ed il Duca di Firenze. Il complesso cinquecentesco che ci appare, e che è stato attualmente restaurato, si presenta con una imponente struttura regolare a pianta quadrangolare dalla quale emerge una torre quadrata medievale pre-malaspiniana una delle innumerevoli presenti sulla riva destra del Magra, circondata da un primo recinto murario e da un involucro residenziale posteriore, risalente al XVII-XVIII secolo. Secondo i cronisti dei primi anni del ‘600 fu un castello quasi imprendibile e solo successivamente divenne una ricca dimora malaspiniana. Dopo i Malaspina di Mulazzo divengono signori di Gavedo i Malaspina di Groppoli (1546), il Granduca di Toscana (1549). I marchesi Brignole l’acquistarono dal Granduca di Toscana, e più tardi per la loro residenza estiva, si costruirono una villa sul vicino colle di Gavedo, progettata da Matteo Vinzoni. I Brignole hanno comunque sempre continuato ad interessarsi al Castello come documentano le numerose spese sostenute per la sua conservazione e per continuarne l’utilizzo. Divennero proprietari i Sale di Genova (1592), poi Brignole-Sale i quali diedero eccezionale impulso all'attività edilizia con il disegno di tutto il territorio del feudo, la costruzione di vari edifici e con la completa e definitiva ristrutturazione del Castello di Gavedo, conferendogli l'aspetto che ancor oggi conserva. Il progetto di ristrutturazione, redatto dal colonnello cartografo della Serenissima Repubblica Genovese Matteo Vinzoni, e portato a termine nel corso del XVIII secolo, dà origine a un vero e proprio palazzo, saldando in un unico blocco gli elementi originari (torre, recinto e le aggiunte del XV e XVI secolo) alle parti di nuova costruzione».
http://www.bagnonemia.com/Castelli/Castello%20di%20Gavedo/Castello%20di%20Gavedo.htm
Giovagallo (ruderi del castello)
«La storia di Giovagallo, coinvolgente e turbinosa, è, strettamente, legata al suo castello, che si erge su un’altura isolata conosciuta, localmente, col nome di “Castellaccio”. Gli imponenti ruderi sono immersi in una suggestiva solitudine, lassù in alto, tra la folta vegetazione di alberi vari, fidi custodi di quelle storiche rovine, che, seppur dimenticate, riescono ancora a suscitare forti emozioni, sensazioni insolite… ed alla mente tornano gli eterni versi di Dante, che ricordano Moroello II, marchese di Giovagallo e la bella figura di Alagia, “buona da sé”, moglie del fiero condottiero. I ruderi del castello sono raggiungibili a piedi attraverso la vecchia strada, in buona parte perduta, circondata da un folto bosco di castagni, ontani e faggi. Nel punto più alto del colle, rimane traccia della parte basamentale di un primo edificio di forma rettangolare di circa m. 15 X 13 m., realizzato in regolari filari di conci di arenaria. L’edificio sembra essere il più antico e databile al sec. XIII; esso rappresenta il nucleo attorno al quale si è sviluppato il borgo. Appare, inoltre, probabile che questa struttura sia stata frequentata da Morello Malaspina e che, forse, a lui si debba, successivamente, la costruzione della torre, a pianta rettangolare ( circa 5 m. x 6, 30 m. ), realizzata con filari di pietre sbozzate in arenaria e costruita in aderenza al primo edificio rettangolare: infatti, il lato Nord della torre corrisponde al preesistente muro, che costituisce il lato Sud della prima struttura. In essa sono visibili due ampie feritoie, forse, dimensionate per l’utilizzo di balestre e alcune mensole, sulle quali appoggiava un solaio ligneo intermedio. Nelle torri lunigianesi appare, di frequente, questa soluzione della divisione interna dello spazio verticale con intermedi solai lignei appoggiati a mensoloni in pietra.
L’edificio più antico e la torre sono racchiusi, in direzione Sud, da una cortina muraria che termina in prossimità di un fossato, che taglia, ortogonalmente, il dorso del colle, su cui si trova il castello. Rivolti verso il fossato, si trovano due piccoli avancorpi , che dotati di feritoie difendevano lateralmente e frontalmente la cinta muraria. Questa parte sembra databile al XV secolo, in quanto la tecnica impiegata, non è tipicamente medioevale, ma è propria del periodo delle armi da fuoco. Appartiene al castello anche una vasta cisterna, che non è scavata nel terreno, ma sporge con tre lati verso il dirupo in direzione est. La cisterna, secondo quanto afferma Ranieri Porrini nei suoi Appunti per la Storia di Giovagallo, era alimentata da una sorgente tramite un condotto sotterraneo visibile fino al 1921. Lungo il pendio del colle, si sviluppava la cortina muraria, al cui interno sono visibili tratti murari di contenimento del terreno e numerose tracce di fondamenta di case, che costituirono, probabilmente, il villaggio di Giovagallo e sono testimonianza di una fase di espansione civile dell’insediamento. Tuttavia, nel corso dei secoli XVI e XVII, gli abitanti del borgo lasciarono queste aree disagiate per trasferirsi in prossimità di zone coltivabili; inoltre, la lontananza del castello dalle principali vie di transito decretò l’abbandono militare della struttura. Del complesso architettonico, che si sviluppava lungo il pendio del colle, alla cui sommità sorgeva il castello medioevale, restano, oggi, solo dei ruderi, che si innalzano nel cielo come una protesta, “un vero urlo del silenzio”».
http://alighieriaulla.lunigianese.org/allegpdf/14Giovagallo2.doc1.pdf
«Gragnana è un antico borgo dell’Alta Garfagnana, situato nel Comune di Piazza al Serchio, lungo la Strada Statale n. 445 che collega la Garfagnana alla Lunigiana. Il paese è collegato al capoluogo comunale attraverso una strada medioevale che transita sopra un antico ponte che scavalca il Fosso di Gragnana: nei pressi del ponte si trova il vecchio mulino di Gragnana, ormai non più funzionante. In paese si trova la chiesa di S. Margherita, costruita nel XVII secolo: dell’omonima chiesa, assai più antica, si possono vedere i resti sopra un colle che fronteggia il borgo dall’altra parte della Statale. Nei pressi della vecchia chiesa di S. Margherita si trovano pochi ruderi dell’antico castello di Gragnana, che un tempo dominava la strada del Volto Santo, diramazione della Via Francigena, che portava i pellegrini dalla Lunigiana fino a Lucca (dove si venerava il crocifisso noto come Volto Santo) attraverso il Passo Tea, dove si trovava l’antico Ospitale di S. Nicolao».
http://www.walkingitaly.com/motori/801/801.htm
Gragnola (castello dell'Aquila)
«Il Castello dell’Aquila domina dall’alto di un colle il borgo medievale di Gragnola (nel territorio di Fivizzano, provincia di Massa Carrara, Lunigiana Toscana, Italia, EU). Le origini dell’insediamento fortificato sul colle sono da correlare al controllo sui transiti medievali che dal centro Europa raggiungevano Roma, incrociandosi in corrispondenza del nodo viario di Gragnola. Secondo alcuni storici Gragnola sarebbe Forum Clodi, località riportata nel più antico "atlante stradale europeo" che la storia ricordi, noto come Tabula Peutingeriana e risalente ai primi secoli dell’alto medioevo. Studi storici testimoniano che nel 1366 nasce, per distaccamento da Fosdinovo, il feudo indipendente che trae il proprio nome da Castel dell’Aquila. Due sono le dinastie di marchesi che prendono il nome da Castel dell’Aquila, entrambe provenienti dal ramo malaspiniano di Fosdinovo: la prima ha origine da Galeotto di Fosdinovo (1352-1367), al quale succede il figlio Leonardo I (1393-1403). Questa dinastia si estingue nella prima metà del secolo XV. La seconda ha origine con Lazzaro, figlio di Antonio Alberico marchese di Fosdinovo, la cui discendenza si estingue nella prima metà del secolo XVII. Oggi il Castello dell’Aquila, dopo l’abbandono in cui ha versato per tutto il Novecento, è stato completamente restaurato e reso agli antichi splendori per volontà dell’attuale proprietaria. Durante i lavori di restauro, il 19 febbraio 2004, è venuto alla luce un sepolcro contenente lo scheletro integro di un Cavaliere del Milletrecento, ucciso da un colpo di balestra alla gola. La scoperta è stata oggetto di studio da parte del mondo scientifico e i resoconti sono pubblicati nei siti internet di numerose Università e Istituti di Medicina Legale. Al castello si accede transitando per l’antico borgo medievale di Gragnola, il cui abitato storico ha conservato in gran parte integre case e palazzi dal caratteristico aspetto rurale».
http://www.castellodellaquila.it/castelloaquila/route.jsp?page=ilcastello.jsp
Grondola (ruderi del castello, torre)
«II paese e il castello di Grondola hanno avuto una storia travagliata: nel XII e XIII secolo fu al centro di un'aspra lotta tra i Marchesi Malaspina, Pontremolì, Piacenza e Parma. Il motivo era la posizione strategica del suo castello, che ancora oggi sorveglia minaccioso la vallata del Verde dall'alto di un colle a strapiombo. Il suo possesso significava controllare le due vie che scendevano dall'Appennino, la via del Borgallo e del Brattello. I Malaspina fecero di Grondola un punto strategico della difesa contro l'espandersi del dominio dei comuni vicini, primo fra tutti Pontremoli. La fortificazione non era limitata al solo castello, ma comprendeva gran parte del territorio circostante, trovandosi proprio sul crinale che separa le due vallate del Verde e del Magra. I ruderi rimasti sono probabilmente appartenuti alla torre ricostruita nel 1271 dai pontremolesi, dopo la distruzione della fortificazione originaria».
http://www.casarola.com/CASTEL.htm
«Gli avanzi che anno dopo anno dirupano a valle sono quelli di un temibile castello che, nel medioevo vide signori rapaci e battaglieri insediati sul crinale strategico di passi e vie vitali per l’epoca. Destino pari a quello della vicina Abbazia dei santi Salvatore e Bartolomeo di Linari, un tempo imponente ed oggi diruta e saccheggiata, del castello che fu dei Moregnano, vassalli degli Estensi, alleati fedeli dei vescovi di Luni, ostili ai Malaspina, resta l’avanzo di un torrione quadrangolare. Divenuto in possesso dei Malaspina, vi si arroccava Obizzo di Filattiera che l’imperatore Federico II aveva spogliato dei propri beni: da qui iniziò la sua personale guerra all’impero e alla parte ghibellina, continuata dal figlio Bernabò che, vinti i ghibellini dell’alta val di Serchio fece prigioniero in battaglia Bonaccorso del Padule, podestà di Pisa e, trascinatolo a Groppo, lo scannò. Si raggiunge dalla splendida strada che, tra paesaggi indimenticabili, sale da Comano verso il passo del Lagastrello».
Groppoli (villa Brignole Sale)
«Il feudo di Groppoli si arricchì di un bel Palazzo residenziale quando fu venduto dal Granduca di Toscana ad un ricco banchiere genovese, tal Giulio Brignole Sale, che oltre al feudo comprò anche il titolo di marchese. Per la loro residenza i Brignole Sale abbandonarono il Castello per costruire, non poco distante, un'abitazione più consona alle loro esigenze. Per il progetto fu incaricato il noto cartografo Matteo Vinzoni che operò a Groppoli per la ricca famiglia nella prima metà del Settecento. Il Vinzoni riprogettò la Chiesa e ideò eleganti scenografie per il palazzo di campagna del marchese; il suo lavoro è documentato da disegni e planimetrie che riproducono il progetto del recinto e la scalinata di accesso. L'edificio è attualmente visitabile e al suo interno è stato aperto un rinomato ristorante».
http://www.toltedalcassetto.it/images/lunigiana/mulazzo_gavedo_villa_fortificata_brignole_sale.html
«Guinadi San Rocco si trova a 582 metri d’altezza e con altre località come Baselica, Monti, Cadugo, Navola, Veserada, San Lorenzo, Pian di valle, Cervara e Prà del Prete, forma la valle del Verde. Il borgo accoglie il visitatore con un cartello di benvenuto in dialetto e in altre lingue, posto nel vecchio edificio delle poste. Le vie sono tutte indicati con cartelli in italiano in dialetto, che qui sembra avere influssi genovesi, almeno nella preponderanza della vocale "u". Guinadi è diviso in tre parti: il “Castello”, gruppo di case nella parte più alta del paese; il “Piazzale” al centro del borgo con il campanile, la chiesa di San Pietro e il monumento ai caduti; la zona “in fondo alla Villa". Numerosi sono i portali scolpiti e le maestà, tra cui una curiosa posta all'inizio del "Castello", sormontata da una pietra con un teschio piratesco e ossa incrociate. Il torrente Verde che scorre nelle vicinanze, dopo Baselica verso Cervara, crea una scenografica doppia cascata».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgoguinadi.php
«...Infine c’è il Castello di Jera, in dialetto Iéra, che si trova a nord di Bagnone e di Treschietto. Sorge infatti sull’alta vallata del torrente Bagnone, proprio sotto il monte Sillara di cuo fa parte anche la frazione di Sommovalle, con poche case prima dell’inizio del paese. Del castello fa parte anche una Chiesa attestata nelle decime bonificiane del 1296, denominata di San Matteo Apostolo, Dal 1350 al 1750 circa faceva parte del feudo dei marchesi di Treschietto. L’antica Ièra era costituita dalla via mulattiera detta “strada del sale” che si ramificava in due strade. Una che seguiva la destra del torrente, una strada nota per i traffici commerciali e l’altra, attraversava il torrente Bagnone che passava dal castello. Oggi di questo castello rimane poco, restano solo alcuni muri al quale si sono affiancate delle Chiese».
http://www.bagnonemia.it/castelli
«Piccolo borgo, a nord di Villafranca in Lunigiana, si divide in Irola di Sotto, Irola di Sopra e Numbria. Il paese vero e proprio, un tempo era costituito dal borgo che oggi è detto Irola di Sotto, la villa più antica e per lungo tempo sola, con l'Oratorio dedicato alla Madonna delle Grazie, la Torre e altre case antiche dalla struttura maestosa con possenti portali in arenaria. Ad Irola di Sopra, sorta successivamente, svetta la Chiesa Parrocchiale dedicata a San Geminiano vescovo. Per Irola passava l'antica strada lombarda, chiamata anche Via del Volto Santo, che scendendo dal passo del Cirrone proseguiva per Lucca».
http://it.wikipedia.org/wiki/Villafranca_in_Lunigiana#Irola
«Otto secoli di storia impressi indelebilmente negli antichi manieri, sulle mura dei borghi, nei palazzi signorili, sui portali in arenaria, nelle chiese, ma anche nelle numerose maestà di pietra, messe a protezione dei pellegrini e sulle pale degli antichi mulini oggi a riposo. Licciana Nardi è uno dei due comuni adagiati nella vallata attraversata dal Taverone. La prima notizia documentata di Licciana è del 1255, ma la sua esistenza come posto di guardia per l’abbazia di Linari è sicuramente antecedente. è un tipico esempio di borgo sviluppatosi nel fondovalle con funzioni di sbarramento militare. Della fortificazione del paese si occuparono i Malaspina succeduti ai Maregnano. Nel 1535 Licciana, per privilegio imperiale, appare unica signoria del marchesato di Villafranca. Sulla piazza principale si affaccia il castello, trasformato nei secoli XV e XVI in palazzo fortificato e sede residenziale, oggi si presenta come un palazzo signorile di foggia cinquecentesca, collegato con un passaggio sopraelevato al matroneo della chiesa. Il borgo che risale al XIII secolo presenta portali in arenaria di buona fattura e sfocia nella piazza del Municipio dove si trova il monumento ossario di Anacarsi Nardi. Di fronte la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo che fu distrutta dal Marchese Giacomo Malaspina. La ricostruzione terminata nel 1705 presenta una pianta a croce greca al cui centro si eleva la cupola. L'origine del borgo di Licciana, situato nella stretta valle del Taverone, è da correlarsi alla presenza dell'importante direttrice di transito di fondovalle che, detta "Strata Lizane" o via di Linari, collegava i territori d'oltre Appennino alla media Val di Magra. Il borgo di Licciana inoltre era una tappa della Via Francigena, che da Canterbury portava a Roma, una via maestra percorsa in passato da migliaia di pellegrini in viaggio per Roma. Al 1255 risalgono le prime memorie scritte relative al toponimo Licciana. anteriormente al sec. XIII Licciana sarebbe stato uno dei villaggi che formavano il vico di San Valeriano, cappella dipendente dalla pieve di Venelia e documentata dalle decime degli anni 1297-1299. L'importanza del borgo in dipendenza del percorso viario portò ad un rapido sviluppo edilizio ed economico, lo stesso che spinse i Malaspina a fortificare tra i secc. XIV e XV l'intero nucleo abitato. Sembra risalire infatti al secolo XV la torre che fronteggia la strada provinciale, ultima testimonianza di una complessa e articolata cinta muraria».
http://www.castellomalaspina.com/castello_curiosita.asp
Licciana Nardi (castello del Piano)
«Nato sulla riva sinistra del Taverone per rinforzare il sistema fortificato del borgo di Licciana, il Casteldelpiano risale alla fine del XV secolo. Prima del recente restauro, il castello malaspianiano presentava solo i ruderi di una piccola cortina muraria con guardiole ottagonali settecentesche dotate di feritoie da armi da fuoco. Oggi il castello ospita un agriturismo, con ristorante nel grande salone interno con camino e camere nella parte superiore».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/casteldelpiano.php
Licciana Nardi (castello Malaspina)
«Ubicato a 207 m s.l.m., il castello siede sopra il fianco dell'Appennino di Varano, ossia dell'Alpe di Linari, sulla sponda destra del torrente Tavarone, e quasi di fronte al colle su cui s'erge il castello di Bastia, lungo la strada statale per il Lagastrello, per la quale da Aulla rimontando il torrenteTavarone si sale l'Appennino per recarsi nel parmense. Importante luogo di transito e di gabella, il castello controllava la valle del Taverone. Sorto nel sec. XIII, il castello di Licciana Nardi fu in seguito ampliato e adattato alle esigenze dei tempi fino a diventare una elegante dimora signorile. Fu Licciana un marchesato dei Malaspina di Villafranca, che costituiva insieme con Panicale un piccolo feudo. Nel 1481, cinque fratelli nati da Giovanni Spinetta, Marchese di Villafranca, si divisero il retaggio, e divennero feudatari dei marchesati di Bastia, di Licciana, di Suvero, di Podenzana e di Terrarossa. Licciana, Panicale ed altri borghi essendo toccate a Jacopo uno dei 5 figli di Giovanni Spinetta, questi nel 1549 ottenne un diploma d'investitura del suo feudo dall'Imperatore Ferdinando I. Nel 1573 successero al marchese Jacopo i di lui figli, cioè Cornelio, che non ebbe prole mascolina, e Alfonso, che lasciò il marchesato di Licciana al figlio di nome Obizzo. Della vecchia struttura medioevale rimangono una grande torre e due piccole torri angolari. L'antico castello, trasformato in forme cinquecentesche da Obizzo Malaspina, forse a conclusione di un intervento di ampliamento iniziato da Jacopo I. Si tratta di un massiccio edificio pseudocubico in pietra a vista, con resti dell'originaria muratura medievale sui fianchi est e nord, che conserva nel prospetto principale alcuni elementi architettonici più ricercati nel portale in conci di pietra lavorata, nelle finestre riquadrate da cornici, nello stemma marchionale sovrastante l'ingresso e nella loggia a due archi. Vari tentativi di lasciare il marchesato al granducato di Toscana andarono falliti, per cui negli anni successivi rimase di proprietà di Ignazio, con il quale nel 1778 subentrò ai morti fratelli nel dominio del marchesato, e con lui si estinse la linea dei Malaspina. è oggi di proprietà privata».
http://www.bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Licciana/Castello_Licciana.htm
Luscignano (borgo fortificato)
«Luscignano è un borgo sorto su un poggio a 440 m s.l.m. tra Casola e Terenzano, sicuramente una postazione di difesa, con un castello che non se ne trovano più tracce. Luscignano fu territorio dei Bianchi d’Erberia e dei Malaspina nel XIII secolo. Zona di reperti archeologici, sono state ritrovate punte di freccia paleolitiche e un villaggio bizantino del V secolo».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Luscignano/Castello_Lusignano.htm
«Il castello di Lusuolo si eleva a 170 m s.l.m. su un modesto rilievo a picco sulla sponda destra del fiume Magra, all'estremità settentrionale del borgo fortificato, sviluppato sulla linea difensiva di Canossa-Lusuolo-Barbarasco, lungo un unico asse stradale, parallelo al fiume Magra. La posizione dominante, e la struttura del borgo stanno a dimostrare l'importanza della fortificazione ubicata a controllare l'andirivieni di fondo valle, sulla via Francigena, che in prossimità del castello si restringe in una gola di facile sorveglianza. Dell'antica fortificazione malaspiniana, distrutta nel XV secolo non resta molto. L'attuale castello é d'epoca più recente e sembra sia stato riedificato per volere dal Granducato di Toscana, a controllo dell'affollata viabilità della strada di fondo valle. Il castello ha pianta rettangolare, con la corte e un massiccio torrione ancora intatto. L'edificio, attualmente in grave stato di abbandono, si articola attorno ad un cortile trapezoidale con pozzo centrale sul quale si affacciano ambienti di epoche diverse. Nacque probabilmente in epoca alto-medioevale. Anche questa fortezza-castello, nel periodo Malaspiniano, ramo Spino Secco, fa parte del gruppo di costruzioni fortificate sull'assiale Mulazzo Tresana, a difesa delle valli retrostanti. Il paese è un tipico esempio di borgo lunigianese, allungato su un'unica strada e caratterizzato dalle case con le "terrazze-aie". Una tettoia in lamiera zincata copre una parte dell'antica struttura, e seppur la protegge, usurpa nel rudere la sua antica bellezza. Oggi il Castello è di proprietà demaniale ed è stato recentemente restaurato e designato come sede del Museo regionale dell’emigrazione, a ricordo di tanti toscani che hanno lasciato la terra di origine».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Lusuolo/castello%20di%20lusuolo.htm
«Il borgo di Malgrate venne edificato in due epoche distinte. Nella prima, all’inizio del XIV secolo, venne costruito il castello da Nicolò Malaspina con la torre alta 25 metri, la parte ovest con la casa del Da Faje e i due accessi. Nella seconda, nel XVI secolo, venne costruita la porta principale ad est e la casa di Pistofilo oltre alle abitazioni del borgo erette addosso alle mura trecentesche della rocca. Nei secoli successivi, in particolare nel XVI, Malgrate mutò il suo aspetto di esemplare borgo fortificato, per assumere quello di elegante residenza signorile, pur conservando l’impronta del suo carattere originario di architettura militare. Il feudo di Malgrate venne costituito nel 1351 comprendente i borghi di Filetto, Orturano, Irola, e Mocrone. Bernabò Malaspina, figlio di Nicolò, fu il primo marchese. Nel 1469 e nel 1490 il feudo venne sconvolto da rivolte popolari contro l’esosità dei Malaspina sobillate da Firenze. Nel 1610 Cesare II l'ultimo marchese Malaspina di Malgrate, cedette il feudo alla Camera Ducale di Milano che nel 1641 lo diede alla famiglia Ariberti di Cremona. In questo periodo, venne costruita la chiesa di San Lorenzo. Nel 1671 venne meno il Marchese G. Battista Ariberti ed un nipote, il conte Anton Camillo Stanga, approfittando della giovane età del figlio del Marchese e della reggenza della moglie si impossessò del feudo. Nel 1745 Malgrate venne ereditato per via femminile dalla famiglia Freganeschi che ne rimase proprietaria fino al 1836».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgomalgrate.php
«Arroccato su un colle che ne esalta la posizione strategica di fronte al castello di Virgoletta, il castello Malaspina di Malgrate costituisce uno dei complessi medievali più scenografici della Lunigiana, con la sua caratteristica torre cilindrica alta ben 25 metri domina da secoli la valle del fiume Bagnone e le importanti vie di comunicazione appenniniche, della Garfagnana e della Cisa. Il castello di Malgrate in faceva parte della linea di difesa del territorio insieme ai castelli di Bagnone, Treschietto (quasi una sua copia), Apella, Comano, Castevoli, Verrucola, Casola, Viano e Minucciano di Garfagnana. Anche se le sue origini sono molto probabilmente anteriori, il castello si sviluppò dalla metà del XIII secolo e con la nascita del feudo indipendente nato dalla frammentazione dinastica dei marchesi Malaspina di Filattiera e divenne nel 1351 residenza del signore feudale. Si deve proprio ai Malaspina la costruzione del primo nucleo del castello costituito da una torre cilindrica affiancata da un edificio fortificato a pianta rettangolare. Successivamente vennero eseguiti lavori di fortificazione e a cavallo tra il XIV e XV secolo vennero edificate la cinta muraria trapezoidale dotata di merlatura guelfa e camminamenti di ronda, i contrafforti con gli archetti per il deposito del materiale di difesa e la nuova porta di accesso al borgo di Malgrate il cui posto di guardia fu collegato al castello (1566). Il dominio della potente famiglia terminò nel 1615, anno in cui Malgrate fu ceduto al governatore spagnolo di Pontremoli e nel 1641 ci fu un nuovo passaggio di proprietà per l’acquisto operato dai marchesi Ariberti di Cremona che nel 1642 edificarono la cappella del castello dedicata a San Celso e completarono l’opera di restauro e fortificazione iniziato dai Malaspina convertendo la fortificazione in elegante residenza signorile. Nonostante questo l'aspetto di Malgrate è rimasto quello della classica fortezza medievale con cinta muraria a forma trapezoidale dotata di merlatura guelfa e mura scarpate, feritoie, torrette sporgenti agli angoli, camminamento di ronda e torre-mastio centrale. Sul lato ovest delle mura è ancora visibile la porta di accesso all'antico borgo che immette nella piazza sulla quale si affaccia il castello con la porta principale caratterizzata da un arco a sesto acuto e dalle ancora ben visibili le tracce per l'alloggio del primitivo ponte levatoio, oggi sostituito da uno in pietra. L'intero complesso fortificato è stato recentemente sottoposto ad una eccellente opera di restauro ed in futuro il castello dovrebbe ospitare la banca dati informatizzata dei beni culturali della Lunigiana».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-di-malgrate.asp
«Le vicende evolutive del colle su cui sorge l’attuale castello Malaspina abbracciano un lungo arco di tempo a partire dalla preistoria. Ciò che oggi vediamo è però un monumentale complesso fortificato che trova le sue radici nel Medioevo, quando sul Podium Roccae la famiglia comitale degli Obertenghi decide di innalzare una fortificazione per poter controllare la sottostante viabilità pedemontana e tutta una serie di insediamenti distribuiti lungo la costa alto-tirrenica collegati a vista con il castello. Nella pianura intorno alla collina del castello e lungo al Via pubblica, che dalla Toscana si dirigeva verso al Lunigiana, si formano nel tempo piccoli agglomerati (Bagnara, Prato, Supra Rocha) che trovano nel castello un punto di riferimento. A questa più antica fase medievale si riferisce lo sviluppo della parte più alta del poggio, il Podium roccae, su cui venne impiantato intorno al Mille un primo sito fortificato, secondo l’elementare schema torre-recinto tipico dei primi castelli. Nelle pendici più prossime a questo primo sito dovevano esistere altri edifici ed una prima cappella intitolata a S. Barbara. Nel lato nord-ovest del colle, ad una quota inferiore rispetto a quella della torre con recinto, negli Anni Novanta un’indagine archeologica di superficie ha rivelato la presenza di un abitato rupestre, in parte scavato nella roccia, con vani relativi ad alcune abitazioni e ad una cisterna. Nel 1268 il castello fu devastato dalle truppe di Corradino di Svevia. Nel 1399 Castruccio Castracani Antelminelli, signore di Lucca e di Massa, provvide a realizzare una nuova cinta muraria a protezione della parte sommitale e dei nuovi edifici sorti sullo sperone sotto la torre. Si tratta di una cortina rinforzata da tre torri, protetta da merli e feritoie e da un ponte levatoio che separava questo sperone dal resto del poggio. Tra il sec. XIV-XV, in seguito le nuove esigenze difensive unite a quelle abitative, si inizia a costruire una residenza posta nello spiazzo appena sotto lo sperone cintato e collegata direttamente al ponte levatoio, in modo da consentire l’estrema fuga in caso di pericolo. Intorno a questa prima residenza in muratura esistevano poi altre strutture di servizio e le poche abitazioni degli addetti ai servizi vari interni al castello, costruzioni in legno e paglia tipiche dei castelli toscani.
Nel 1442 gli uomini della Vicaria di Massa fanno pubblico atto di sottomissione ad Antonio Alberico I Malaspina, consegnandogli la Vicaria “cum roccha et fortilizio dicte terre Masse”. Nel sec. XV quindi grandi lavori interessarono un po’ tutto il podium del castello e soprattutto la sua trasformazione da opera a carattere militare a residenza signorile. Dal 1461 il Marchese Giacomo Malaspina provvide dapprima a costruire una nuova cinta muraria volta a proteggere sia la Massa Vetere (Massa Vecchia) con la medievale chiesa di S. Jacopo, sia le nuove abitazioni che si erano venute formando sulle pendici del colle. In virtù di quanto prescritto dagli Statuti di Massa del 1438, venivano infatti concessi incentivi agli abitanti della Vicaria che volessero trasferirsi sul colle. La nuova cinta muraria abbracciava tutto il colle a mezzacosta ed era fornita da 4 porte, di cui le più imponenti furono Porta S. Jacopo, che costituiva l’accesso a settentrione, e Porta Quaranta che controllava l’ingresso a oriente. Le mura fatte costruire da Giacomo andavano ad inglobare ed in parte sostituire un circuito murario più antico di cui si ha notizia sin dal 1230 quando a donnicella Benedetta fu concesso di poter edificare una casa che doveva essere ampia al massimo dieci braccia ed appoggiare sul muro presso la porta vetera da un lato, sulla via (contrada S. Jacopo) sull’altro. Scavi archeologici negli Anni 90 hanno indagato la zona sotto l’attuale ingresso al castello, confermando l’esistenza di un rivellino e di altre strutture murarie fortificate. All’interno del castello Giacomo Malaspina mise mano ad una serie di importanti opere tra cui l’ampliamento del palazzo residenziale, nell’ala sud del poggio, che verrà così ad assumere la particolare forma ad L che tutt’oggi vediamo e il carattere di una dimora signorile piuttosto che di una tipica opera difensiva.
Nel corso del 1500 si ampliò anche il corpo orientale del palazzo, con l’aggiunta del porticato sormontato dal piano nobile finestrato e dall’attico con la dinamica sequenza delle loggette. In quest’epoca il palazzo doveva avere l‘aspetto di una dimora principesca in cui facevano bella mostra le stanze affrescate nel piano terra dell’ala sud: la Sala della Spina menzionata nel 1515 e la Camera Picta ricordata in un atto del 1517. Accanto a queste, la Cappella del castello affrescata dal pittore Bernardino del Castelletto. Il palazzo rinascimentale si sviluppava intorno ad un cortile interno, arricchito da due pozzi ornati in marmo ed un portale con cornici decorate a fregi floreali che separa la parte rinascimentale del castello dalla scala che immette nella parte medievale più antica sullo sperone. Intorno alla metà del 1500 la famiglia Malaspina acquista una casa in Borgo Bagnara, nei pressi dell’antica pieve di S. Pietro oggi Piazza Aranci, con l’intento di farne una residenza signorile alternativa a quella in castello. Nello stesso periodo Alberico, non ancora principe di Massa, decide di avviare la costruzione di una nuova città recintata da una grande cinta muraria che inglobi anche la Massa Vetere arroccata intorno al castello Malaspina. La residenza di Bagnara diviene nel tempo quella principale ed oggetto di grandi lavori di adeguamento fino ad assumere l’aspetto dell’attuale Palazzo Ducale. Nonostante la famiglia passasse molto tempo in Palazzo Ducale, il castello e la sua residenza conservavano la loro importanza difensiva in caso di attacchi nemici. Per questo nel 1570 Alberico Cybo Malaspina fece costruire un forte bastione intorno ad una più antica torre, detta Torre di Pinello, per difendere il lato sud-est del castello come recita l’epigrafe nel cartiglio marmoreo: “perché sempre si opponga alla satanica invenzione delle armi da fuoco Alberico Cybo Malaspina principe del Sacro Romano Impero e di Massa costruì questa bastionatura gigantesca, nell’anno del signore 1570. Nel 1603 fu invece innalzato il lato sud-ovest con l’aggiunta delle cannoniere, altre cannoniere furono infine aggiunte nel corso del 1600 sul lato ovest del castello, quello che guarda a mare. In diversi periodi storici, a partire dal secolo XVIII e soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale, il castello venne utilizzato come carcere. Dopo anni di incuria, negli Anni 90 è stato restaurato e restituito alla città ospitando la sede dell’Istituto Valorizzazione dei Castelli e diverse iniziative culturali durante l’anno».
http://geoweb.comune.massa.ms.it/node/2
Massa (cinta muraria di Alberico)
«Datazione: 1557. Notizie storiche. Secondo i programmi di Alberico, la costruzione della cinta muraria rientrava nel programma di riorganizzazione territoriale e fondazione di una nuova città che a ragion veduta rappresentasse un riferimento per il contado. L’opera, iniziata nel 1557, si protrasse per molti anni dimostrandosi più impegnativa del previsto. La nuova città, di chiaro stampo rinascimentale, era improntata sul modello a pianta pentagonale diffuso nel periodo. Non è noto chi fosse il progettista, anche se dagli Ordinari della Magnifica comunità di Massa appare chiaro che alla sua realizzazione lavorarono diverse maestranze specializzate di diversa provenienza. Oltre a Messer Baldassare Lanci da Urbino, che a quel tempo lavorava alle mura di Lucca e a cui Alberico chiese consulenza, si registra la presenza di diverse maestranze lombarde tra cui Stefano Borro, chiamato a sovrintendere alla costruzione e, insieme al fratello Domenico, alla costruzione di Porta S. Francesco. Il Borro lavorò molto alla corte, interessandosi anche alla costruzione di Palazzo Ducale. L’idea di Alberico era di riunire all’interno della nuova città sia la città vecchia, la Massa Vetere sorta intorno al castello, che le disparate borgate e case sparse sorte invece ai piedi del castello, tra cui Bagnara, il Groppino, la Martana. Il lavoro di costruzione fu un lavoro collettivo poiché oltre alle maestranze specializzate, la popolazione aveva obbligo di prestar manodopera cosi come di “portar sassi”. Tanto era importante questa funzione che vi era predisposto un apposito maestro dei sassi con l’obbligo di controllare le quantità e l’effettiva consegna dei materiali in cantiere. I lavori iniziarono sul lato mare, nella piattaforma che doveva corrispondere all’attuale Piazza Mercurio. Dal punto di vista tecnico, le mura vennero costruite in due fasi: dapprima si fece tutta la scarpata sopra cui si pose in opera un cordolo in calcare cavernoso; su questo venne poi innalzato il resto delle mura. Nonostante la presenza di due sovrintendenti ai lavori e la costante manodopera, nel 1612 i lavori non erano ancora terminati. Di questa imponente opera restano diverse tracce nel moderno tessuto urbano. Ben visibile, in Via S. Francesco, l’omonimo baluardo con un ampio tratto di mura che si dilunga fin dentro il Seminario vescovile e lungo via delle Mura Est. Altri importanti resti sono costituiti dalle porte, in particolare da Porta Martana già Toscana ancora visibile e ben conservata. Accanto ad essa, l’edificio che fu destinato alle Scuderie Ducali e la Piazza d’Armi dove sul perimetro delle mura (Via delle Mura Sud) furono costruite le stalle. In quest’area si possono vedere i cantonali delle Mura di Alberico ed una epigrafe che ne ricorda il Quattrocentenario della fondazione».
http://geoweb.comune.massa.ms.it/node/3
Massa (cinta muraria di Giacomo Malaspina)
«Come si raggiunge: da Piazza Mercurio, si risale Via del Forte più nota come “la Piastronata” fino alla chiesa di S. Chiara; si prosegue per via S. Chiara, nel sottopasso a lato della chiesa stessa, fino a raggiungere Porta Quaranta. Lungo questo percorso, uno dei più suggestivi affacci sulla città, si trovano i resti della cinta muraria quattrocentesca. Arrivati a Porta Quaranta, si può risalire il colle verso il castello oppure oltrepassare la porta stessa proseguendo su Via Grondini sino alla deviazione sulla sinistra che porta in località Grotta del Fratin e quindi al borgo di Rocca. Datazione: sec. XV. Notizie storiche: intorno alla seconda metà del 1400 Giacomo Malaspina, non ancora marchese di Massa, si accinge alla costruzione di una possente opera difensiva volta a proteggere il borgo medievale che si era via via sviluppato sulla collina, sotto al castello obertengo. La cinta muraria, terminata nel 1461, inglobava le numerose case sorte su quella parte del colle che guardava la marina, abitate da artigiani, famiglie nobili, gente comune tra cui molti forestieri che avevano chiesto la protezione del marchese Giacomo. Le possenti mura, in pietrame di varia pezzatura e calce, avvolgevano il colle a mezza costa ed erano fornite di numerose feritoie distribuite a regolare distanza. Vi si accedeva attraverso quattro porte difensive munite di archibugiere, precedute da un fossato e da un ponte levatoio in legno: Porta Bertesca, che controllava l’ingresso dal borgo di Rocca, Porta Portello in località il Groppino, Porta Quaranta in località Grondini sul versante lato mare e Porta S. Jacopo, la più importante, sul lato occidentale del colle a guardia della viabilità che risaliva dal sottostante borgo di Bagnara».
http://geoweb.comune.massa.ms.it/node/44
«Il Palazzo Ducale nasce da un edificio già esistente che fungeva da residenza di campagna dei Malaspina. La ristrutturazione venne iniziata per opera di Alberico Cybo nel 1557. Fu però nel ‘600 che il palazzo visse il suo massimo splendore, grazie all’opera architettonica degli architetti Bergamini. è opera dei Bergamini infatti la cappella, a cui contribuirono artisti carraresi come Ferdinando Tacca, il loggiato interno, le monumentali scale di marmo e la loggia superiore. Un notevole apporto artistico fu dato anche da Teresa Pamphili, moglie di Carlo I Cybo, che diede al palazzo l’aspetto barocco e la forma armoniosa che vediamo oggi. Di notevole interesse è anche l’importante facciata rossa, ultimata nel 1701, il cortile interno, a forma quadrangolare di grande suggestione e il Grottesco del Bergamini, esempio di grottesco barocco, costruito nel 1701, raffigurante la grotta di Nettuno. Il piano superiore a cui si accede attraverso l’imponente scala marmorea, è impreziosito da un’ampia terrazza loggiata, di rara misura ed eleganza».
http://www.vivimassa.it/monumenti/palazzo_ducale.php
«Le porte, partendo da sud in senso antiorario, sono: Porta Martana (XVI secolo) che si apre su Piazza Martana, tuttora esistente; Porta Fabbrica (XVIII secolo), scomparsa: viene aperta in direzione mare (oggi è ricordata dall'omonima strada, via Porta Fabbrica) a seguito della costruzione della Villa la Rinchiostra, casino di caccia favorito dal duca Carlo II Cybo-Malaspina. Prende il nome dalla costruzione (fabbrica) della chiesa di San Pietro. L'originaria chiesa ingombrava la parte meridionale dell'attuale Piazza Aranci e nel 1672 era crollata in gran parte: il duca la volle edificare in prossimità delle mura, ma l'opposizione della popolazione e del clero locale portarono al restauro dell'anico edificio, mentre il nuovo, seppur parzialmente costruito, rimase allo stato di rudere fino alla sua pressoché totale distruzione nel 1815; Porta del Salvatore o Portone, (XVI secolo) tuttora esistente; Porta del Rocchetto, scomparsa. In città è presente anche un'altra porta che si trova nel rione di Borgo del Ponte, questa non era inglobata nelle mura ma era a controllo del fiume Frigido».
http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Massa
«L'antico borgo medievale di Moncigoli, allungato nell'asse della via principale cui si accede da una porta, sorge in una zona abitata fin dall'epoca preromana. Nella Piana di Moncigoli infatti sono state rinvenute due statue stele femminili del tipo arcaico, conservate presso il Museo Archeologico di Firenze. Rimandano alla statua stele di Pontevecchio. Le due vie principali del paese corrono parallele tra belle case in pietra, portali in arenaria e maestà murate verso la chiesa di Santa Maria Maddalena, singolare edificio a due navate, ricostruito dopo il terremoto del 1920. Moncigoli fu per secoli tenuto dai Vescovi di Luni alleati dei Bianchi di Erberia e nel XIII secolo si organizzò in forma comunale. L'antico castello è oggi scomparso e solo rimane un torrione, forse mozzato, nei pressi della chiesa» - «Anche il castello di Moncigoli, come quello di Ceserano è totalmente scomparso. Sorgeva dove si trova ora il paese, alla destra del torrente Rosaro, su di un poggio a dominio della strada che conduceva a Modena. Fu possedimento dei Bianchi d’Erberia e si trova nominato in un documento del 10 settembre 1232. Il castello si trasformò poi in villaggio, perdendo ogni funzione difensiva. Oggi rimane a testimoniare il suo antico passato una torre inglobata nelle mura del paese, nei pressi della chiesa di Santa Maria Maddalena».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgomoncigoli.php - http://www.terredilunigiana.com/castelli/castellomoncigoli.php
a c. di Renato Vita
Monte dei Bianchi (borgo fortificato)
«Antico castellare di difesa, divenuto castello, con sottostante villa e chiesa parrocchiale consacrata a Santa Maria della Neve e San Martino, nella Comunità di Fivizzano, Diocesi di Pontremoli, già di Luni. L'antico monastero di San Michele, presente nei più remoti elenchi della diocesi di Luni, conserva soltanto tracce del periodo romanico. Allo stesso modo rimangono i segni dell'antico borgo murato e del castello che svettava sulla sommità del colle. Un primo monastero di origini antichissime esistette già dal 760 d.C., quando Ato figlio di Eugenio il Longobardo lasciò in testamento al prete Fratellus una parte dei suoi beni per la costruzione di tale monastero. Nel 1106 poi, il papa Pasquale II inviò un monaco benedettino, Bernardo degli Uberti, che incontratosi con i nipoti di Rodolfo da Casola ed i figli di Bosone, decise dopo le loro suppliche di costruire un monastero dedicato a San Michele. Il monestero fu retto dai monaci Canonici Regolari, o Monaci Bianchi o Rocchexiani; da qui il nome del paese, Monte dei Bianchi, che godette di un certo splendore fino alla scomparsa della prima famiglia tra il XIII e XVI secolo con l’inizio del dominio malaspiniano in Lunigiana. Il borgo è sorto sopra un poggio, a 408 m s.l.m., alla cui base meridionale scorre il torrente Lucido, affluente del torrente Aulella. Fu questo castello uno degli antichi feudi dei marchesi Malaspina, dai quali nel secolo XII fu dato in subfeudo insieme con altri beni ad alcuni nobili di casa Bianchi. I nobili Bianchi, come feudatari dei marchesi Malaspina, nel 1202, dovettero prestare giuramento insieme con altri vassalli di osservanza al trattato di concordia contratto fra Guglielmo Vescovo di Luni e il marchese Alberto Malaspina per sé, per Guglielmo e per Corrado, nati dal fu marchese Moroello, di lui nipoti. Nelle divisioni fra i discendenti dei marchesi prenominati, le Terre dette dei Bianchi toccarono a Gabriello figlio del fu marchese Isnardo I, che divenne autore dei marchesi di Fivizzano. Allora le Terre dei Bianchi comprendevano i castelli di Offiano, Argigliano, Codiponte, Casola, Lascignano, Alebbio, Gassano, Monte dei Bianchi, Moncone, Equi, Tenerano, e Vinca, i primi cinque dei quali spettano attualmente alla comunità di Casola, tutti gli altri sono della Comunità di Fivizzano. Nel 1458 il marchese Bartolommeo Malaspina di Spinetta, concesse in accomandigia alla Repubblica Fiorentina, la prima volta per anni dieci, i beni cui allora gli appartenevano, Monte dei Bianchi e gli altri castelli del marchesato di Fivizzano. Nel 1477 gli abitanti di Fivizzano e del suo distretto essendosi sottratti dall'obbedienza dei marchesi Malaspina, si erano dati spontaneamente al Comune di Firenze».
Monte Vignale (territ. di Licciana Nardi, torre)
«La torre rappresenta ciò che resta di un più antico Castello a pianta quadrangolare. La fortezza sorgeva lungo il crinale sulla riva destra del Taverone e controllava visivamente tutta la valle. Appartenente al feudo di Olivola non compare citato oltre il XVI secolo. Tutto intorno si estendono i terrazzamenti che dovevano costituire il “vignale” che ha dato nome alla località e al castello. Quel che resta non è che una parte della torre, i piccoli edifici vicini furono probabilmente costruiti con i materiali di risulta della struttura».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/torrevignale.php
Montecastello (resti del castello)
«Nella parte alta della valle del Caprio, ad oltre 800 metri s.l.m., si trovano i resti della fortificazione di monte Castello, costruita a controllo della strada che da Filattiera conduceva nella valle del Parma. Recenti scavi archeologici condotti dall’Istituto di Storia della Cultura Materiale di Genova (ISCUM) hanno messo in luce strutture murarie appartenenti a diverse epoche storiche. L’insediamento più antico si estende su un’area di circa 3500 mq. ed è databile in età bizantina; è costituito da un’imponente cinta muraria conservatasi per una lunghezza di 100m. circa, e da un grande edificio, interpretabile come caserma, del quale rimangono le fondazioni. La datazione con il metodo del C14 di un carbone trovato in un focolare ne indica l’uso intorno al 590 d.C. e conferma che l’abbandono del sito dovette essere conseguente all’avvenuta conquista longobarda della Lunigiana. Tra XI e XIII secolo nel punto più alto del monte fu costruito un edificio e, poco dopo una torre quadrata di cui restano ampi tratti di muratura: essa rispondeva alle esigenze di controllo del confine e riscossione dei pedaggi. Sui versanti del monte si conservano resti di costruzioni rurali postmedievali che testimoniano attività connesse alla conduzione del castagneto e allo sfruttamento dei pascoli, come nell’area chiamata “pianoro delle aie”. Nell’estate 2000, grazie all’intervento di volontari di Legambiente, si è proceduto alla ripulitura della vegetazione per rendere maggiormente visibili i ruderi e salvaguardarli dal progressivo degrado».
http://www.comune.filattiera.ms.it/root/dintorni/scheda.asp?id=30&frazione=Lusignana
Montereggio (castello Malaspina)
«Montereggio, nel comune di Mulazzo (MS), è arroccato sulla sommità di una collina nella parte alta della valle del Torrente Mangiola e sorge in prossimità del passo dei Casoni che collega Mulazzo alla Val di Vara. Le case, disposte in sequenza lungo la via principale, orientata verso nord, riflettono la tipologia propria di un borgo in cresta. La porta, che segnava una volta l’ingresso, la ritroviamo oggi a metà del paese e, nota curiosa, riposizionata al contrario, con il bugnato verso l’interno, invece che verso l’esterno. Sulla piazza, all’entrata di Montereggio, si affaccia il Palazzo dei marchesi Malaspina, una residenza feudale che si è aggiunta al più antico castello di cui rimangono le due torri inglobate nella costruzione. Al centro del paese si trova la Chiesa di Santo Apollinare con la Torre campanaria, oggi addossata alla semifacciata, un tempo probabilmente staccata dalla Chiesa. La Torre aveva un ruolo di difesa del Borgo e comunicava con altre torri non più presenti sul territorio».
«La leggenda vuole che sul sito del villaggio di Monti, nei pressi della sua Pieve sulla sponda destra del fiume Taverone, sorgesse l'antica città di Venelia, distrutta dai Longobardi durante la loro scesa in Italia alla metà del VII secolo. Proprio a fianco dell'antica pieve si trova la strada conduce alla località Monti Castello, posta sul colle che ospita il maniero medievale un tempo presidio a difesa della vicina via Francigena. L'esistenza del castello è documentata con certezza solo dal 1275 quando la zona compresa fra i torrenti Taverone e Civeglia erano sotto il dominio dei Conti di Moregnano che cedettero il possesso delle terre alla famiglia Malaspina di Villafranca nel 1355. Agli inizi del 1400 Monti divenne un feudo indipendente comandato dai marchesi Simone e Nicola Malaspina che, sconfitti dai Genovesi nel 1449, furono costretti a lasciare Monti sotto la signoria dei Campofregoso. Il castello dopo 14 anni tornò di proprietà dei Malaspina che intrapresero immediatamente opere di ampliamento e rafforzamento delle strutture difensive. Nel 1500 Monti fu incorporato nella circoscrizione del marchese Spinetta Malaspina insieme a Bastia, Licciana Nardi, Panicale, Podenzana, Suvero e Terrarossa. Dopo 24 anni di pace il castello fu conquistato dal condottiero Giovanni dalle Bande Nere per poi tornare ai Malaspina nel 1638. Alla morte di Spinetta, il feudo si smembrò e Monti divenne parte del Granducato di Toscana. Il castello presenta una struttura di rettangolo irregolare nella quale svetta il possente mastio quadrato ancora dotato dei mensoloni in pietra sui quali poggiava l'apparato difensivo visibile anche su gran parte delle cortine murarie. Gli angoli sono rinforzati da torri cilindriche di diverse dimensioni, nella più massiccia delle quali si apre la porta di accesso principale un tempo dotata di ponte levatoio. Lungo tutto il perimetro murato è chiaramente visibile la merlatura ghibellina a coda di rondine, anche se i vuoti sono stati murati per costruire l'ampio tetto a falde. Il castello è immerso in una quiete quasi irreale, circondato da un bosco di lecci secolari ed un grande prato che fu quasi certamente il cortile esterno del castello o piazza d'armi. Anche il borgo sottostante conserva tracce delle antiche fortificazioni, soprattutto la porta occidentale, con l'arco originale ancora integro e torrette angolari dotate di merlatura. Il castello di Monti appartiene ancora ai discendenti dei marchesi Malaspina che lo usano come residenza estiva. è visitabile solo esternamente, salvo particolari iniziative o occasioni».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-di-monti.asp
Montignoso (castello Aghinolfi)
«L'elemento più caratteristico del territorio è il Castello Aghinolfi, attualmente uno dei castelli più antichi dell'Italia Centrale, la cui origine può essere fatta risalire al 764 d.C. (la datazione è stata possibile grazie al ritrovamento, all'interno dell'antico mastio, dei resti di una torre quadrangolare di epoca longobarda-carolingia, una struttura rarissima nel patrimonio italiano). La lunga storia della fortezza è stata confermata, durante gli scavi che hanno portato al recupero dell'antico maniero, dal ritrovamento di più strati, oggi ancora visibili grazie ad un grande pavimento in vetro che consente di documentare materialmente i dettagli delle varie fasi costruttive. All'esterno del Castello, le mura oggi recuperate, alte circa 6 metri con una lunghezza di 450, che - nell'antichità - davano all'insediamento il carattere e le dimensioni di una piccola città. Racchiudevano infatti al loro interno circa 140 case che andavano a costituire l'agglomerato abitativo a ridosso del Castello. I lavori di restauro, completati nel 2008, hanno permesso anche la ricostruzione delle sette torri cilindriche che caratterizzavano il circuito murario, del bastione poligonale posto a guardia dell'ingresso e del baluardo rettangolare con camminamento pensile. In questo modo è stato creato uno straordinario parco interno, dominato dalla macchia mediterranea e percorribile attraverso un articolato camminamento storico: il cammino di ronda, caratterizzato da una impareggiabile veduta panoramica. Altro edificio, vanto del territorio montignosino, è Villa Schiff-Giorgini, residenza ottocentesca frequentata in passato da personaggi della cultura e della politica, tra i quali Massimo d'Azeglio. Oggi ospita gli uffici comunali ed è sede di mostre e iniziative culturali. Suggestivo il grande parco che circonda la Villa, ricco di piante secolari e opere in marmo. Altrettanto importante significato storico e culturale per Porta Beltrame, testimone del passaggio della Via Francigena, antico percorso dei pellegrini provenienti da Santiago di Compostela».
http://www.comune.montignoso.ms.it/comune/index.php?q=node/108
Mulazzo (borgo murato, palazzo Malaspina Zini)
«Il borgo murato di Mulazzo si trova nell'alto corso del Magra e si sviluppa sopra una collina ai piedi della quale scorre il torrente Mangiona. Il territorio di Mulazzo è ricco di coltivazioni, in particolare vigneti che producono annualmente vini di ottima qualità. La passione per il vino viene onorata ogni attraverso la fiera BancarelVino nella quale viene consegnato un premio alla migliore azienda produttrice e durante la stessa si possono degustare vini della zona. Possedimento dei Malaspina fino all’arrivo dell’esercito di Napoleone nel 1794, il borgo è dotato di due porte di accesso e conserva l’originale struttura caratterizzata da stretti vicoli, dove si possono ammirare gli archi dell'antico acquedotto costruito dai Malaspina. Su Piazza Dante, dove sono presenti le statue di Dante, che qui risedette nei primi anni del 1300 come ospite-ambasciatore dei Malaspina, e Carducci, si affacciano la chiesa dei Santi Niccolò e Martino e il palazzo Malaspina Zini. ... Il Palazzo Malaspina Zini appartenne ai Malaspina del cosiddetto "ramo del Castello", una delle due linee marchionali presenti nel feudo dalla metà del XVI secolo. Dopo l'estinzione di questo ramo, il palazzo passò alla famiglia Zini, che fece affrescare alcune sale dal pittore spezzino Luigi Agretti. All'interno era conservato l'Archivio Domestico dei Malaspina di Mulazzo, poi spostato nel Centro di Studi Malaspiniani. Più avanti si raggiunge la più ampia piazza Malaspina, che ospita un'altra statua dedicata al sommo poeta e Palazzo Malaspina, residenza del ramo marchionale dei Malaspina "del Palazzo". Venne costruito nel XVI secolo sui resti di parte dell'antico castello. Con la caduta del feudalesimo divenne di proprietà pubblica, fu sede del comune ed oggi ospita il Centro di Studi Malaspiniani, istituito nel 1987, dove sono conservati l'archivio domestico dei Malaspina di Mulazzo, i fondi "Ala Ponzone" e "Raimondo Ximénez", con lettere del navigatore Alessandro Malaspina, nato a Mulazzo nel 1754, e il Fondo Manfredo Giuliani, ricco di notizie di storia locale. ... Lungo le mura si può ammirare una casa Torre che si distingue per la bellissima trifora costruita in bianchissimo marmo, mentre a poca distanza si trova Palazzo Mengoli con i suoi affascinanti saloni. Il Museo Dantesco Lunigianese è stato inaugurato dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi a Mulazzo nel 2003 ed è ospitato nel piano di mezzo di una casa-torre del XIII secolo. ... Il territorio del comune è punteggiato da castelli e borghi fortificati».
http://www.sarzanaeconcentus.com/index.php?option=com_content&view=article&id=81:mulazzo&Itemid=93
«Nelle vicinanze [del Palazzo Malaspina Zini] si può vedere la torre esagonale, probabilmente di epoca precedente ai Malaspina, che raggiungeva i trenta metri d'altezza ed è chiamata torre di Dante per la supposta permanenza in essa del sommo poeta. La torre è ciò che rimane dei due castelli che si succedettero all’interno del borgo murato, il primo sorto probabilmente con la torre di Mulazzo a dominio della direttrice viaria che raggiungeva i paesi della parte destra del fiume Magra, poi abbandonato e sostituito nel XVI secolo da una nuova costruzione sviluppatasi come fortezza e dimora gentilizia nella parte opposta del borgo».
http://www.sarzanaeconcentus.com/index.php?option=com_content&view=article&id=81:mulazzo&Itemid=93
Olivola (borgo, resti del castello)
«Situato alla sommità di una collina che presenta elementi geologici e resti fossili interessanti, il borgo di Olivola si sviluppa a forma di ferro di cavallo attorno ai ruderi di un castello appartenuto a lungo ai Malaspina. Con il terremoto del 1920, l'imponente struttura caratterizzata da quattro massicci torrioni d'angolo, collassò. Nel borgo spicca la massiccia chiesa di San Michele, più antica del castello, menzionata già nel XIII secolo e con l’abside ricavata all’interno della torre. Il feudo malaspiniano ha una ricchissima storia. Ereditato dai discendenti di Bernabò I, figlio di Obizzino, fu lasciato al figlio Franceschino nel 1265, per cui divenne capostipite dei marchesi di Olivola e annessi. Il feudo comprendeva allora Aulla, Terrarossa, Bigliolo, Pallerone, Virgoletta, Monti, Licciana, Agnino, Bastia, Groppo San Pietro, Varano. La linea di Franceschino di Olivola dopo quattro generazioni si estinse nel 1412 per la scomparsa di tre fratelli, figli del Marchese Marco di Domenico, morti assassinati: Manfredi e Bernabò a Varano, e Giovanni a Olivola. Il feudo di Olivola fu così smembrato e passò ai fratelli Leonardo II e Galeotto di Gragnola. Morti senza eredi maschi, prima Leonardo e poi Galeotto, lasciarono il feudo al marchese Antonio Alberico I di Fosdinovo e a suo figlio Gabriele IV. Alla sua morte nel 1485, Olivola toccò al figlio Giovanni Battista, nel 1509, e quindi nel 1525 il nipote Lazzaro ricominciò la linea marchionale di Olivola, che durò fino al marchese Carlo, nel 1799, con l’abolizione del feudalesimo. ... Anche il castello di Olivola che dominava dall'alto di un colle tutto il sistema collinare fra Tavarone ed Aulella, già appartenuto ai Malaspina dello Spino fiorito e costituito in feudo nel secolo XIV, conserva unicamente alcune tracce della imponente costruzione che fu: rovine delle sue mura possenti e due grandi torri circolari. Nel 1920 infatti il terremoto colpì questa parte di Lunigiana».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/olivola.php - castelloolivola.php
Pallerone (castello Malaspina)
«Il primo nucleo originario dell’abitato di Pallerone è da ricavare nel luogo chiamato “Verdentro” un borgo fortificato, “castrum”, con due porte di cui una di fronte all'Aulella. Fino al 1400 Pallerone rimase sotto la dominazione dei Malaspina di Olivola, Canova, Bigliolo e Quercia. Nel 1494 il suo territorio vide infuriare la battaglia tra le truppe francesi e quelle del Marchese Malaspina. Il 1500 fu l'epoca delle fortificazioni e degli insediamenti urbani voluti da Lazzaro I Malaspina, che diede al borgo una sistemazione strutturale omogenea e solida: lo chiuse in se stesso rendendolo percorribile al suo interno mediante uno stretto interstizio chiamato "Verdentro". Le case furono costruite appoggiate le une alle altre, spalla a spalla, formando un circolo e mostrando all'esterno tante schiene come scudi. A sud Lazzaro I lo protesse con due solidi fabbricati congiunti tra loro ad angolo: la chiesa ed il castello vecchio, che si presentava come una solida e continua muraglia, per l'esigenza di una sicura ed impenetrabile difesa. L’entrata al castello si apriva nella buia arcata che immetteva nel “Verdentro” e costituiva allo stesso tempo l’entrata unica al paese e alla fortificazione che era per il capitano, per i soldati, per i tribunali, i consoli e gli altri uffici di pubblica utilità. Alla morte di Lazzaro I, la reggenza del feudo fu assunta dal fratello Alderamo Malaspina, figlio di Spinetta I, aveva seguito la carriera militare e vissuto soprattutto a Firenze. Egli scelse di abitare a Pallerone anziché ad Olivola e progettò un ampliamento urbano, con l'innesto di un quartiere edilizio con una progettazione realmente innovativa. Appoggiò il nuovo castello all'esistente, modificando la struttura d'assieme del borgo e l'orientamento della chiesa. Cinse il nuovo borgo con una cerchia muraria protetta da torri e unita alla testuggine formata dal vecchio castrum. Da questo momento a Pallerone, in qualità di sede marchionale, si svolsero tutti gli atti politici e amministrativi collegati al feudo; è qui che nel 1795, tutti i marchesi di Lunigiana, si riunirono nel “castello-palazzo” per chiedere comprensione e aiuto all'imperatore, dal quale avevano avuto l’investitura, di fronte alle nuove idee della Rivoluzione Francese, ma il marchese Carlo Malaspina assistette all’abolizione dei feudi e nel 1811 Pallerone, come tutta la Lunigiana, entrò a far parte dell’Impero napoleonico chiudendo definitivamente il lungo capitolo della storia dei Malaspina.
Delle fortificazioni erette nel XVI secolo a protezione dell'insediamento, rimangono poche tracce delle mura. Il castello nuovo, in cui spicca la grande torre quadrata, di carattere militare ma il cui aspetto è stato ingentilito con l'aggiunta di grandi finestre, è un lussuoso edificio marchionale di 3 piani in cui ogni piano presenta un “ordine” completo; la parte nord-occidentale ha un’impronta stilistica tardo-rinascimentale, il lato sud-orientale è decisamente settecentesco. Il palazzo aveva anche una cappella interna tuttora conservata. Interessante è la decorazione interna a stucco, che richiama le forme del barocchetto pontremolese. Unica è la decorazione del grande salone del palazzo costruito a doppia altezza e coperto da una grande volta a padiglione. Le pareti sono rivestite da una serie di grandi pannelli rettangolari alternati da medaglioni ellittici, i dipinti dei pannelli rettangolari rappresentano scene mitologiche, mentre i medaglioni raffigurano scene di vita campestre, contadini intenti ai loro lavori. Il giardino pensile che circonda il castello-palazzo era organizzato su due assi: uno conduceva al portale del salone e l’altro si concludeva con due nicchie laterali, contenenti fontane e statue, oggi perdute; il grande parterre era decorato con un mosaico in ciottoli colorati, all’uso ligure, il palazzo era dotato anche di un consistente complesso agricolo. Nel 1800 fu costruita la Loggia del Prete, un semicerchio a torre incuneato tra l'ala occidentale del castello e la facciata della chiesa. Nell'antica torre castellana è stato allestito dal 1935 uno dei più antichi presepi meccanici d'Italia, capolavoro di arte popolare, basato su un elaborato sistema elettromeccanico e idraulico».
http://castelliere.blogspot.it/2013/04/il-castello-di-martedi-23-aprile.html
«Il borgo di Panicale, nel comune di Licciana Nardi, è un’antica corte della dinastia Obertenga, la nobile famiglia dalla quale discesero poi i Malaspina, che ereditarono il feudo nel XII secolo. Fino al 1500 Panicale fu uno dei paesi più importanti della valle del Taverone. Il borgo si presenta ancora intatto nel suo impianto medievale, con la bella porta d’accesso che introduce alla piazza del palazzo marchionale e viuzze lastricate che si snodano tra case in pietra e bei portali in arenaria. Panicale fu sede di un castello, ormai andato distrutto. Delle vecchie fortificazioni restano infatti una delle porte dell’antico recinto murario e i ruderi di un mastio. Tra il XV e XVI secolo la rocca fu restaurata e trasformata in palazzo signorile dalla famiglia Medici».
http://www.lunaticafestival.com/luoghi_lunatica/borgo_panicale_licciana_nardi.aspx
Panicale (palazzetto dei Medici)
«Tra il XV e XVI secolo, la rocca fu trasformata in palazzo signorile dalla famiglia de' Medici, e attualmente si presenta come una residenza signorile; i discendenti della famiglia Medici hanno abitato il palazzo fino a non poco tempo fa».
http://italiadiscovery.it/news/toscana/massa_carrara/licciana_nardi/palazzo_de_medici_del_borgo... (a cura di Silvia Brunori)
Pariana (borgo, palazzetto Fazzi)
«Nel Medioevo Pariana era un fortilizio che come altri apparteneva ad un sistema di difesa della valle. Tale funzione é ricordata in alcuni toponimi: guardatoia, castiglione, torriccio, .... In vari documenti si ricordano le mura che racchiudevano completamente l´antico insediamento abitativo e l´accesso avveniva per l´unica porta esistente. Negli estimi del 1300 si parla di “cintum muri de Pariana”. Il nome di Pariana sembra essere di origine latina anche se non si può escludere quella ligure apuana. Alcuni sostengono che può derivare dal celtico Par-janua o dal latino Paries-jana (parete di Diana). Altri parlano di un “plano de Ariana” di chiara etimologia longobarda. La prima notizia scritta su Pariana risale al 25 gennaio 1174 quando il marchese di Massa giurò fedeltà a Genova con 115 uomini di cui alcuni di Pariana. Così nel 1331 quando 36 juratores della comunità parianese giurarono fedeltà al re Giovanni di Boemia. Nel 1600 il paese appariva al visitatore come un castello. Così infatti lo definisce Alberico I in una lettera al duca della Tribalda. Il nucleo centrale dell´antico paese è costituito dal palazzotto del casato Fazzi. L´edificio é imponente e armonico sia per l´altezza, per le rifiniture che per il numero e l´ampiezza dei locali. Possiede un grande portone, un ampio atrio e un imponente scalone con bella fonte e una lapide che ricorda Giò Fazzi, alfiere del duca di Modena. I piani superiori presentano finestroni in stile romanico e danno all´edificio un aspetto maestoso e nobiliare. è un palazzo che andrebbe recuperato, restaurato e riportato al suo originale splendore».
http://www.fazzidapariana.it/storia/parianastoria.htm
«Pastina è una frazione del Comune di Bagnone, in dialetto rimane Pastina; è un nome di derivazione latina "Pastinum" che significa "terreno lavorabile con la marra". Antico borgo murato, sono evidenti i resti della torre di avvistamento, sulla cima della collina retrostante Bagnone, altezza di m 476 s.l.m., dalla cui sommità si domina tutta la valle del Magra, da Villafranca a Filattiera e tutta la valle sud del torrente Bagnone. Fu abitato nel XIII secolo da una congregazione di Frati Agostiniani, con mansione di amanuensi delle leggi per conto dello Jus fiorentino di Castiglione del Terziere. ... Quando si è formato il feudo Malaspiniano di Bagnone, dopo il 1351, data di spartizione del feudo di Filattiera, la borgata di Pastina è stata fortificata nella parte attorno all’attuale torre campanaria, punto dal quale si poteva dominare tutta la valle sottostante; ruderi di antiche fortificazioni sono tuttora visibili. ...».
http://www.bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Pastina/Castello_Pastina.htm
Podenzana (castello Malaspina)
«Il colle che sovrasta Podenzana fu ritenuto nei secoli remoti una posizione strategica importante. Lo storico carrarese Rapetti documenta l'esistenza di una fortificazione già nell'884. A lungo sotto la giurisdizione vescovile essa fu contesa dai Malaspina che finirono per averne il pieno possesso. Nominato nel documento di fondazione dell'abbazia di Aulla nell'884, il castello e il borgo furono a lungo contesi tra il vescovo-conte di Luni e i marchesi Malaspina durante il XII secolo fino a quando, con l'accordo stipulato tra le parti nel 1201, i Malaspina vennero obbligati a demolire il castello entro quindici giorni col divieto di qualunque ricostruzione di opere fortificate. Passato comunque ai marchesi Malaspina nel corso del XIII secolo, solo nel 1536, dopo le ripetute occupazioni dei genovesi del 1416 e del 1449, Podenzana divenne feudo indipendente. Agli inizi del XVIII si verificarono nuovi ingenti danni alle strutture del castello, devastato dal fuoco e dalle mine delle artiglierie nemiche in occasione della guerra spagnola. Del poderoso castello fino a pochi decenni addietro restavano soltanto un ammasso di ruderi ricoperti di vegetazione. Storie di distruzioni e ricostruzioni del castello non sono tuttavia nuove per Podenzana: negli anni Sessanta del nostro secolo, un intervento privato ha fatto risorgere il fortilizio riutilizzando i materiali rinvenuti in loco e quanto restava della vetusta costruzione. Una strada tortuosa e in forte pendenza sull'altra sponda del fiume Magra porta da Aulla al comune di Podenzana, disseminato in numerose piccole frazioni dominanti da una considerevole altezza la valle e la fortezza della Brunella. L'attuale castello di Podenzana, oggi si mostra alla sommità del colle, in fondo al quale conduce a un lungo viale d'accesso fiancheggiato da lecci giganteschi. Il castello si eleva su un'area a 312 m s.l.m. non lontano dal santuario della Madonna del Gaggio o della Neve, è il frutto di una totale ricostruzione in cemento armato molto discussa e criticata nel secolo scorso. Il castello, di proprietà privata, non è aperto al pubblico».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Podenzana/Castello%20di%20Podenzana.htm
Pontebosio (castello dei Marchesi del Ponte)
«Provenendo da Terrarossa, o meglio dalla Filanda, sulla strada statale della Cisa, prima di raggiungere Licciana Nardi c'é Monti, poco oltre, una deviazione sulla destra ci conduce a Pontebosio. Il Castello sorge sulla sponda sinistra del Torrente Taverone, ed il toponimo sta a dimostrare che esisteva un ponte sin dall'antico, mentre Bosio deriva dal nome degli antichi signori della Verrucola di Fivizzano, costruttori del ponte e proprietari di quella vallata; e come Monti e Bastia, avrà una storia comune. La frazione di Pontebosio, sulla via di fondovalle, è a 149 m s.l.m. ed il Castello, sorto a difesa dell'accesso alla valle, lo si data approssimativamente a epoca tarda, intorno al 1600. Il complesso ubicato al centro della piazza principale del borgo, si presenta oggi come una massiccia costruzione residenziale, con quattro torri angolari, con muri a scarpa al piano terra e il tutto é coperto da un tetto a falde in cotto. Il maniero è stato sede di una scuola professionale, ma oggi è disabitato e si aggiunge agli altri castelli della zona che avranno una predestinata fine, quella del rudere e del ricordo».
Pontebosio (castello del Poderetto)
«Posizionato di fronte al più imponente castello di Pontebosio, sulla riva destra del Taverone, il castello di Poderetto fu fortemente voluto dai marchesi di Podenzana con l’intento di contrastare i marchesi di Pontebosio, dopo continue liti e dissidi, ma la sua costruzione non ebbe mai fine. Attualmente è adibito a residenza privata».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/castellopoderetto.php
«Il borgo medievale di Ponticello risale al XIV-XV secolo e si trova a circa 3 chilometri da Filattiera, lungo l'antico tracciato della Via Francigena. Si sviluppa interamente dietro l'oratorio dei Santi Rocco e Bernardo, fondato nel 1648. La sua facciata si trovava originariamente rivolta verso l'abitato, ma nel 1819, l'oratorio venne restaurato ed ampliato con l'aggiunta della cupola coperta di rame, mentre la facciata fu costruita verso l'esterno. Da vedere all'interno del borgo caratterizzato da archi a sesto acuto, a tutto tondo e a botte, che collegano le vie e le abitazioni, la casa torre risalente al X-XII secolo, tipica abitazione fortificata a tre locali sovrapposti con entrata situata al primo piano, a cui si accedeva con una scala a pioli retrattile, mentre attraverso alcune botole si passava agli altri vani interni dove venivano custoditi acqua e riserve alimentari».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgoponticello.php
«Pontremoli sorge lungo la strada stadale 62 della Cisa, ai piedi dell'Appennino e a 236 metri sul livello del mare circondata dalle valli della Magra, del Verde e del Gordana; ha rivestito, nel corso dei secoli, la funzione di ultima tappa prima della dura salita verso la Cisa ed è stata la chiave nelle comunicazioni tra la valle Padana e la Toscana. ... A dominare la città si erge il massiccio Castello del Piagnaro, ospitante il Museo delle Statue Stele. Discendendo si attraversa il borgo del Piagnaro, nucleo più antico della città, che si dirama nei due versanti del colle, in direzione dei fiumi Magra, ad est, e Verde, ad ovest; proseguendo lungo il versante orientale, si arriva in Via Garibaldi dove si incontra, appena finita la discesa, la chiesa di San Nicolò, ricordata già nel 1126 e avente origine monastica: è caratterizzata dall'abside attualmente orientata ad ovest, originariamente ad est, in seguito allo sviluppo delle abitazioni cittadine, e dall'interno a navata unica. Conserva il Crocifisso ligneo del "Cristo Nero" risalente al XVI sec. e la tela del pittore Bottani raffigurante il "Transito di San Francesco Saverio"; la tradizione ricorda l'apparizione della Madonna in questa chiesa nel XVII secolo. Proseguendo lungo la strada in direzione nord si giunge a porta Parma, antico portale risalente al XVII secolo, ingresso principale della città con funzione difensiva; percorrendo il borgo antico si giunge alla chiesa di San Geminiano, patrono della città, che si affaccia sull'omonima piazzetta: risale al XI secolo, anche se attualmente si trova in posizione rialzata, presenta una struttura a navata unica, conserva un tondo di arenaria raffigurante un Evangelista e la statua lignea del Cristo con la croce risalente al XVII sec. Finalmente il borgo si apre nella trecentesca piazza del Duomo dominata dalla maestosa e marmorea facciata della Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta, salvatrice della città infestata dalla peste nel XVII secolo. ...
Come separatore tra Piazza del Duomo e Piazza della Repubblica, si erge la torre fatta costruire da Castruccio Castracani nel 1322, successivamente rialzata e trasformata nell'attuale torre campanaria, denominata amichevolmente dagli abitanti: "Il Campanone". La piazza della Repubblica, circondata dal palazzo Comunale e dal Palazzo del Tribunale, era anticamente un tutt'uno con la piazza del Duomo, e successivamente divisa, a causa di dispute tra Guelfi e Ghibellini, da Castruccio Castracani. Uscendo dalla piazza, la via Ricci Armani termina formando una diramazione, che verso sinistra conduce al ponte Nuovo, recentemente denominato ponte dei quattro santi, che fu fatto realizzare alla metà del XIX secolo ad opera dei Granduchi di Toscana Asburgo-Lorena che governarono Pontremoli. Continuando il corso si giunge in Via Cavour, zona pedonale di Pontremoli, terminante con un affascinante parco denominato "Parco della Torre", accanto al quale si erge la Torre dei Seratti che assieme all'adiacente ponte formano lo stemma della città, per questo motivo il ponte viene denominato: "Ponte Stemma". Tornando indietro verso il nucleo della città, sulla destra si trova il ponte Cesare Battisti, crollato numerose volte a causa delle frequenti piene invernali del fiume Magra e più volte ricostruito. Attualmente il ponte è stato riedificato imitando l'antica struttura a "schiena d'asino" ed è stato innaugurato, il 23 aprile del 2000, da Monsignor Eugenio Binini, Vescovo della diocesi di Pontremoli-Massa. Al termine del ponte si incontra la trecentesca torre di Castelnuovo, a base quadrata dall'antica funzione difensiva, con l'annessa chiesa di Nostra Donna realizzata nel '700 in stile Barocco; costruita sulle rovine dell'oratorio della "Madonna del Ponte", presenta una struttura ellissoidale abbellita da affreschi del Gherardini raffiguranti "L'Immacolata" e "San Carlo Borromeo". Sulla sinistra è il Teatro della Rosa, risalente al XVIII secolo, al suo interno presenta 33 palchi suddivisi in due ordini accompagnati da un loggione; il teatro è stato restaurato ed inaugurato ufficialmente il 9 giugno 2001 ...».
http://www.comune.pontremoli.ms.it/ita/383/1/due-passi-nel-borgo.htm
Pontremoli (castello del Piagnaro)
«Il castello del Piagnaro si trova alla sommità del borgo di Sopra (detto anche Sommoborgo) ed insieme alle torri di Castelnuovo, Cacciaguerra e Seratti costituiva nei tempi antichi un più ampio sistema di difesa. Lo si raggiunge passando dal borgo omonimo che prende il nome dalla vicina cava di "piagne", pietre utilizzate per il rivestimento dei tetti delle case. L'ingresso originario era un tempo dotato di ponte levatoio e sulla sua sommità si trova uno stemma della famiglia de' Medici. Fu costruito attorno all'anno Mille dalla famiglia di origine longobarda degli Adalberti con funzione militare e per secoli rappresentò un luogo strategico per la difesa del borgo di Pontremoli dagli attacchi esterni. Più volte distrutto ad opera di truppe imperiali e dagli stessi pontremolesi per le discordie interne, fu sempre ricostruito per la sua posizione strategica che permetteva di dominare le strade del Bratello e della Cisa, di fondamentale importanza per i traffici commerciali medioevali. Come detto, la struttura della fortezza ha subito profonde modifiche nei secoli e nel 1329 fu distrutta da guelfi e ghibellini che si allearono contro l’odiato vicario di Ludovico di Baviera. La parte più antica che è possibile vedere oggi è il torrione semicircolare del 1400 posto a nord, mentre la parte mediana è il risultato di un rifacimento operato nei secoli XVII e XVIII. Un secondo nucleo di età posteriore posto più in basso comprende invece costruzioni con il tipico aspetto di caserma utilizzate per l'alloggio delle truppe. Il castello venne utilizzato con scopo militare fino al 1790, anno in cui il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo consegnò al Comune l'ultimo cannone per fonderne il bronzo e realizzare la campana civica. Fu successivamente utilizzato come sede di governatori militari e di nuovo come caserma fino ai primi anni del regno d'Italia, poi fu adibito ad abitazione di famiglie non abbienti e nel primo Novecento fu per questo considerato una sorta di ghetto, nel quale molti cittadini pontremolesi non misero mai piede. Dal 1975 gli ambienti della parte inferiore del Castello ospitano il Museo delle Statue Stele della Lunigiana».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-del-piagnaro.asp
Pontremoli (fortezza del Castelnuovo)
«Ritornati a San Colombano e riattraversato il fiume Verde e raggiunto la Magra passando per la piacevole via Cavour, si osserva l'antica fortezza di Castelnuovo, testa di ponte a difesa del borgo verso la strada della Cisa. Di fianco, l'antica porta a sesto acuto che stava a guardia del ponte levatoio. Contigua la chiesa o oratorio di Nostra Donna, architettura barocca di Giovanni Battista Natali con dipinti dello stesso, di Sebastiano Galeotti (1676-1746) rappresentanti i quattro profeti, del fiorentino Alberto Gherardini (1655-1723) e di Giuseppe Galeotti, figlio del precedente. Costruita nella prima metà del '700 sulle rovine dell'antico oratorio della "Madonna del Ponte", Nostra Donna rappresenta l'esempio più chiaro di tardo barocco della città. Restaurata dalla Soprintendenza per i beni architettonici di Pisa, conserva ancora all'interno un prezioso organo d'epoca e tutti i paramenti sacri del '700 che costituiscono un prezioso patrimonio. Poco distante il Teatro della Rosa del secolo XVIII».
http://www.lunigiana.net/pontremoli/visita/visita11.htm
Pontremoli (torre dei Seratti o del Casotto)
«Nell'Imoborgo, in Via Cavour, la stretta via lastricata porta fino alla Torre dei Seratti che si erge a difesa della porta di San Francescoo, dalla quale parte un ponte in pietra che passa sul torrente Verde. La torre, con il ponte, è diventata lo stemma della città, infatti il ponte è chiamato "Ponte dello Stemma". Conosciuta anche come torre del Casotto, la torre nel XIV secolo prese il nome dalla famiglia signorile dei Seratti originari di Rocca Sigillina. Poco prima si trova il ponte Cesare Battisti che immette nella parte più bassa del centro storico attraverso l'imponente torre di Castelnuovo».
http://www.settemuse.it/viaggi_italia_toscana/massa_carrara_pontremoli.htm
Pontremoli (torre di Cacciaguerra o del Campanone)
«La torre di Cacciaguerra, detta del Campanone, si trova nel nucleo storico di Pontremoli tra le piazze del Duomo e della Repubblica. Costruita nel 1322 per volere di Castruccio Castracani, faceva parte di una vera e propria fortezza che separava in due la città, lacerata dalle lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini. Fino agli inizi del XIV secolo non esistevano le due piazze attuali, ma un grande spazio aperto verso il torrente Verde e chiuso verso il Magra dall'antico palazzo del Comune. La fortezza correva dalle sponde del Verde a quelle della Magra ed era difeso da tre torri: di esse l'attuale torre Cacciaguerra era quella centrale, mentre nulla rimane di quella sul Verde al contrario di quella opposta sulla Magra. La cortina aveva una sola porta di comunicazione in corrispondenza dell'attuale passaggio tra le due piazze centrali, demolita a metà del secolo scorso. Il rialzamento e la trasformazione della torre centrale in torre campanaria risale invece alla seconda metà del Cinquecento».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/torrecaccia.php
Ponzanello (resti del castello dei vescovi di Luni)
«Ponzanello è un altro esempio
negativo dello stato di irresponsabile abbandono in cui versano molte
strutture fortificate in Toscana (e non solo). Eppure Ponzanello fu, con
grande probabilità, l’archivio, la biblioteca e la cassaforte dei
vescovi-conti di Luni, potere temporale e religioso che ha contraddistinto
il medioevo lunense, in seguito proprietà dei Malaspina di Fosdinovo, della
Verrucola e di Gragnola e per un breve periodo nel XIII secolo anche
dell'imperatore Federico II. La sua posizione altamente strategica lo rese
uno dei più importanti insediamenti lungo gli accessi al litorale
alto-tirrenico dall'entroterra. Inoltre la sua tripla struttura concentrica
lo rende un esempio molto particolare di architettura ossidionale con ancora
ben leggibili le varie fasi di costruzione (dalla difesa piombante al
primitivo fronte bastionato), le più recenti approssimativamente databili
tra Trecento e Quattrocento che rivestono in gran parte l'antico fortilizio,
menzionato fin dal 1185 (anche se alcune fonti fanno risalire la sua origine
al 963). Tutto questo rende maggiormente assurda la sua condizione, un
rudere a rischio di ulteriori crolli, invaso dalla vegetazione che ne rende
il massicio profilo sempre più confuso con quello del colle su cui sorge.
Che Ponzanello fosse un centro di assoluta importanza all'interno della
curia vescovile di Luni lo attestano molte fonti. Fu uno dei più antichi
liberi comuni della Lunigiana, almeno dal 1201 (anche se la redazione degli
'Statuta Ponzanelli', vera costituzione del comune, è datata 1234). Il
paese, posto alla base dell'altura coronata dal castello, rivela tre portali
di accesso (un quarto è andato perduto), ancora integri e ben leggibili, e
tracce delle cinte murarie, frutto di ampliamenti avvenuti in varie fasi
storiche. Le tre porte sorgono lungo la direttrice che conduce fin sotto le
mura della fortezza, ancora oggi percorso obbligato per raggiungerla, in
linea con la splendida porta che si apre verso il borgo, originario accesso
al cuore della fortificazione, probabilmente frutto della ristrutturazione
del castello voluta dal vescovo Enrico da Fucecchio (1273-1292).
Come accennato, il castello si sviluppa con tripla cerchia muraria per la
quasi totalità del suo perimetro (fatta eccezione per un tratto del fronte
nord già protetto naturalmente da uno strapiombo), di forma irregolare per
adattarsi completamente alla struttura del terreno ed occupare l'intera cima
del colle. La prima cerchia, per gran parte sommersa dalla vegetazione, è
caratterizzata dalla presenza di tre torri rotonde, le due poste all'angolo
di nord-est e sul vertice del triangolo rivolto a sud più delle rondelle in
realtà, e l'ultima a quello di nord-ovest. Questa è posta a difesa di un bel
portale con arco a tutto sesto che immette nella lizza fra la terza e la
seconda cerchia. Da qui una seconda porta (oggi non leggibile) permetteva
l'accesso al cortile interno, al centro del quale sorge la terza e ultima
cerchia, di forma triangolare. Quest'ingresso, posto al centro del fronte
nord, sostituì, probabilmente dopo le ultime ristrutturazioni di fine XIII
secolo, l'ingresso originario, ovvero il bel portale del fronte sud che
guarda il paese, anch'esso con arco a tutto sesto parzialmente ostruito e
coronato da apparato difensivo a sporgere (ne restano i beccatelli in
pietra). L'ultimo baluardo è caratterizzato da una primitiva punta
bastionata rivolta a nord e dalla presenza di due massicce torri rotonde ai
restanti angoli, una a diretto controllo del primitivo ingresso della
seconda cerchia, tutto il fronte è percorso da un redondone in pietra.
All'interno ormai scomparsi gli edifici del 'palatium magnum',
restano visibili, a causa del crollo di alcune volte, i locali interrati.
Inutile sottolineare che l'accesso all'area non è dei più agevoli causa la
folta vegetazione che l'ha ormai da tempo occupata, senza contare i pericoli
di ulteriori crolli delle muraglie o, all'interno della terza cerchia, di
camminare inavvertitamente su qualche volta non ancora crollata».
http://www.castellitoscani.com/italian/ponzanello.htm
«Pulica sorge alle spalle di Fosdinovo ed è ricordata per la prima volta in un atto dell’879, nel quale il vescovo di Lucca, con l'approvazione del duca Adalberto, permutava alcuni terreni suoi situati in Lunigiana. Il suo nome è probabilmente da collegare alla via pubblica, una strada di origine romana che univa Luni a Lucca, dismessa con l'apertura della via medievale per Fosdinovo. Nel 1343 Pulica venne distrutta parzialmente e saccheggiata da Raimondo di Monteverde, mercenario di Pisa. Seguì sempre il destino dei marchesi di Fosdinovo. Forse verso il 1600, l’antico castello, costruito dal vescovo di Luni nel 1211, venne trasformato in chiesa, dedicata a San Giovanni Battista. All’interno del paese si trova un percorso dedicato al pellegrinaggio, ornato con maestà, soprattutto immagini della Madonna e dei Santi. Interessanti anche l'oratorio di Santa Maria, risalente al XVIII secolo, con campanile a vela e la cappella di San Rocco».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgopulica.php
Regnano (borgo, ruderi del castello longobardo)
«Situato nella parte più settentrionale del territorio di Casola, sulla riva destra del torrente Aulella, Regnano conserva tracce di architetture storiche e delle tradizioni popolari. Poco fuori dal borgo, sono visibili alcune rovine del castello di Monte Fiore, costruito dal longobardo Guiterno nell'XI secolo. Nel 1185 Federico I concesse questo feudo a Pietro vescovo di Luni, finché il suo successore lo cedette ai Malaspina nel 1202. Regnano si sottomise a Firenze nel 1477 e nel 1624 il Granduca Ferdinando II lo diede in feudo al cavalier Costanzo Belencini di Modena. Alla sua morte Regnano tornò a far parte del Granducato. Nel borgo, si trova la chiesa di Santa Margherita, con portale del 1600, che mostra alcuni elementi del suo originario impianto protoromanico del XII secolo. Secondo l'usanza diffusa un tempo in Toscana, a Regnano si canta ancora il Maggio, con canti, balli e rappresentazioni che rievocano leggendari eroi. Ogni anno si celebra la sagra del pane di Regnano, pane tipico ottenuto da un impasto di farina di grano e patate lessate, fatto lievitare con levame e cotto in forno a legna. ... Pochissime sono le notizie inerenti all'antico castello di Regnano. Appare nel 1066 in un atto di donazione da parte del longobardo Guiterno di Regnano al vescovo di Luni. Nel 1185 venne concesso in feudo dall'imperatore Federico I al vescovo di Luni Pietro, per poi passare nel 1202 ai Malaspina. Oggi sono riconoscibili, poco fuori dell'abitato, solo alcune rovine vignate».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/borgoregnano.php - castelli/castelloregnano.php
Rocca Sigillina (resti del castello)
«Rocca Sigillina, più semplicemente chiamata La Rocca, è nominata nelle antiche carte «Rocha Vallis Azzolinae». Valle Azzolini era l'alta valle del torrente Caprio, dove l'abitato sorge sopra l'erto sperone di un contrafforte appenninico alla confluenza del Caprio con il rio Cuccarello. Un'antica tradizione e molti atti storici, attribuiscono ad un certo Ser Azzo o Ser Atto del XIV secolo, la primogenitura di una signoria feudale minore che, come altrove in Val di Magra, traeva origine da antichi subfeudali dei marchesi Obertenghi e che riuscirono dopo l'XI secolo ad ottenere un grado di più o meno completa indipendenza. Un primo indizio della presenza di tale signoria nell'alta Valle del Caprio si ha nella stessa denominazione di Valle Azzolina, nonché in analoghe denominazioni che ebbero i luoghi dell'antico territorio della Rocca, come il sentiero dì Azzo, la fontana di Azzo. È facile comprendere, specialmente guardando la posizione strategica della Rocca, l'importanza di questo luogo: era la chiave di accesso della via di comunicazione che saliva da Filattiera, superava l'Appennino e scendeva a Corniglio per continuare verso la Valle Padana. La cosiddetta "Via Lombarda". Fu questa la ragione per la quale la Rocca divenne oggetto di contese e di lotte tra il Comune di Pontremoli, Parma e i Malaspina. Nel 1231 i Malaspina di Filattiera tolsero la Rocca a Pontremoli, questa si alleò con Parma, che addirittura conquistò la Rocca e la mantenne per altri 80 anni. Nel 1313, forse per istigazione provocata dagli stessi Malaspina, la Rocca si ribellò a Pontremoli e ricevette come signore Ser Atto uomo molto potente, in stretta amicizia con i Malaspina e i Lucchesi. Infatti da questi ultimi Ser Atto ricevette aiuti concreti in occasione della tentata riconquista della Rocca da parte di Parma avvenuta nel 1322, impresa che finì miseramente e che vide protagonista un figlio naturale dei Marchesi di Mulazzo, tale Canigiano Malaspina. Il dominio di Ser Atto continuò anche dopo la sua morte, con il succedersi della stirpe che vide un altro Ser Atto e il fratello Ser Alioto mantenere il possesso della signoria fino alla espulsione definitiva dalla Rocca della famiglia avvenuta da parte dei Malaspina nel 1357. Gli ultimi discendenti prima si rifugiarono nella Valdantena sotto il passo del Cirone e poi a Pontremoli, dove rimasero e continuarono ad essere potenti e rispettati. Tale Ser Atto, ultimo rappresentante della stirpe, fu uomo d'armi e Cavaliere Gerosolimitano, morì nel 1523 all'età di 86 anni e fu sepolto nella chiesa di San Francesco, dove erano custodite le tombe dell'antica nobiltà pontremolese».
http://www.casarola.com/CASTEL.htm
«Nella parte più alta del paese, antica Ulmeta, sorge l’originario insediamento fortificato, risalente al XIII secolo, come riporta un documento del 1231, in cui il vescovo di Luni Guglielmo e Pietro di Bernardino della famiglia dei Bianchi d’Erberia concessero a Venanzio, abate di San Caprasio di Aulla, di fortificare l’abitato. Del castello rimane oggi solo la torre, mentre la restante struttura è stata distrutta nei secoli o inglobata negli edifici adiacenti, oggi abitazioni private. Di forma rettangolare, si trovava integrata nelle mura di difesa con il compito di proteggere uno degli accessi al borgo».
http://www.terredilunigiana.com/castelli/torrerometta.php
Soliera (mura, resti del castello, torri)
«Il borgo di Soliera si trova nella valle dell'Aulella, ai margini della Statale del Cerreto. Viene citata per la prima volta nel 998 e menzionata nel 1185, quando l'imperatore Federico I donò a Pietro, vescovo di Luni, il castello. Poco rimane della fortificazione, se non resti delle torri nella cinta muraria» - «Parimenti a Viano Soliera si svolge linearmente su di un crinale che domina una stretta gola a precipizio sull’Aulella. Castello già dei vescovi conti di Luni, anche in questo torri cilindriche in sommità del borgo murato e anche ai lati, mura poggianti su archi a tutto sesto. Sede della Pieve di S. Maria, pieve altomedievale - già segnalata in epoca tardo-romana - Soliera divenne curiosamente importante nella seconda metà dell’Ottocento poiché sede della maggiore fabbrica industriale della provincia, la Filanda serica Cojari (1861)».
http://www.ilbardellino.it/borgi_paesi.php - http://portale.provincia.ms.it/page.asp...
Sorano (pieve fortificata di Santo Stefano)
«Nell’Alto Medioevo, Sorano era considerato il capoluogo dell’alta Val di Magra e la pieve, dedicata a S. Stefano era il più importante centro religioso della zona. Il toponimo Sorano è da datare al VII sec. nella Descriptio Ortis Romani del geografo bizantino Giorgio Ciprio ed indicava un sistema militare bizantino chiamato “castello soreano” (Kastron Soreon), e che è portato alla luce dagli scavi archeologici che sono ancora in corso. La pieve si trova nel fondovalle, sulla sponda sinistra del fiume Magra ed in passato è stata importante proprio come punto di convergenza delle tre principali strade di comunicazione dell’antichità, tra le quali la Via Francigena che corrisponde all’attuale strada che fiancheggia la pieve. Un tempo comprendeva un edificio ad un solo piano, con un piccolo cortile centrale, contornato da magazzini e spazi dove ricoverare i cavalli; era un complesso modesto senza ricchezze architettoniche. Sotto le fondamenta della chiesa e nel cimitero circostante sono stati rinvenuti reperti appartenenti alla preistoria come le statue-stele; tra queste si ricorda quella detta “Sorano 1” (acefala) che si trova proprio custodita all’interno della chiesa, altri scavi compiuti nei territori circostanti la pieve, hanno portato alla luce i resti di una fattoria di epoca romana del I e III sec. d.C., con essa anche resti di capanne di legno; il tutto fu distrutto, si pensa, da un incendio. Dal 1980 sono in corso indagini archeologiche condotte dall’ Istituto di Storia della cultura materiale. L’aspetto esterno della pieve è originario; gli elementi importanti sono: i tre absidi coperti di lavagna e la torre, costruita come tutto l’edificio, con ciottoli di fiume a faccia a vista. Si pensa che la torre campanaria fosse un tempo una torre difensiva. L’interno della pieve è suddiviso in tre navate da due file di colonne, il tetto della navata centrale ha ceduto circa un secolo fa, quindi le navate sono interessate di restauri e scavi archeologici, i quali hanno messo alla luce una grossa muratura interna a quella oggi visibile, quindi si pensa alla presenza di un edificio o chiesa precedente».
http://castelloditerrarossa.blogspot.it/2007/11/pieve-di-sorano_16.html?idTappa=1
Stadano BONAPARTE (ruderi del castello)
«Stadano Bonaparte si trova lungo la statale 62 della Cisa appena prima di Caprigiola. Come indica il nome, secondo la tradizione, nel paese nacquero gli antenati di Napoleone, ma nulla si sa esattamente in merito. Oltre il fiume Magra si trova il paese nuovo. Qui, seguendo un breve sentiero verso il monte, si trovano i ruderi del castello di Stadano, forse i resti della chiesa castellana. Dall'altra parte, andando verso l'autostrada, si scorgono tra la vegetazioni i resti di un fortino, forse di epoca ottocentesca, sventrato dopo la costruzione dell'autostrada e mai più recuperato».
http://www.terredilunigiana.com/borghi/stadano.php
Tavernelle (borgo, casa-torre)
«Tavernelle sorge nel medioevo lungo l'importante strada detta "via di Linari" o "via del Sale" che conduce dal cuore della Val di Magra al valico appenninico di Linari, Borgo di Tavernelle oggi detto di Lagastrello. Sembra plausibile l'ipotesi che il borgo, forse nominato in un atto notarile risalente al 1331, abbia subito un trasferimento al piano, in prossimità della strada di fondovalle, dalla sommità di un'altura attualmente nominata Montecastello. Sul sito, alla quota di circa 480 m. s.l.m. sono visibili alcuni ruderi ed una capanna in pietra, tutti resti non ascrivibili al periodo medievale. Solo scavi archeologici potrebbero rivelare l'esistenza di antiche costruzioni. Il borgo compreso tra il Taverone ed un suo piccolo affluente si sviluppa lungo un'unica strada sulla quale si affacciano edifici prevalentemente quattrocenteschi. Un tempo vi furono soprattutto botteghe, artigiani e commercianti che vendevano i loro prodotti ai numerosi viaggiatori che a piedi o a cavallo entravano o lasciavano la Lunigiana. All'interno del borgo è ben visibile una casa torre, costruita nel 1516 da un personaggio di nome Alfonso Saffi, probabilmente un commerciante, che ordina la costruzione dell'edificio lasciando il proprio nome e la data sul portale d'ingresso alla casa torre. I caratteri residenziali si sono particolarmente sviluppati dopo la costruzione della casa torre che è stata inglobata in un ampio edificio. Interessante tutto il piano terra che include un bel camino cinquecentesco. Tavernelle è uno dei borghi più antichi e meglio conservati della Lunigiana. Stupendi portali, finestre incorniciate nell’arenaria si presentano come preziosa testimonianza della manualità d’un tempo».
http://www.comunelicciananardi.ms.it/index.php?pagina=pagine&id=58
Terrarossa (castello Malaspina)
«Il castello di Terrarossa nasce, nel secolo XVI, per sostituire le funzioni residenziali di una vecchia fortificazione medievale, situata sopra un´altura che domina la confluenza del Civiglia nella Magra. I resti di questo antico castello, contraddistinto in origine dal toponimo Terrarossa, sono oggi inglobati in un edificio di civile abitazione denominato Castelletto. Nel XII secolo si sviluppa, lungo la via Francigena, che costeggia la sponda sinistra della Magra, nella pianura sottostante al vecchio Castello di Terrarossa, un nuovo insediamento definito dalle fonti scritte Borgonuovo. Questo insediamento, descritto nel 1126 come circondato da mura e dotato di chiesa dedicata a San Giovanni, dipendente dall´Abbazia di Aulla, si sviluppa sui due fronti della strada. Nel tempo Borgonuovo accoglie la popolazione che originariamente abitava attorno al castello medievale, ereditandone il toponimo: Terrarossa. Ancora nel secolo XVI le due località di Borgonuovo e Terrarossa risultano distinte nella documentazione scritta. L´attuale strada statale non segue il vecchio tracciatoo che attraversava interamente il borgo, ma lo interseca isolando dal contesto edilizio originario l´imponente residenza Malaspiniana, costruita nella seconda metà del secolo XVI per iniziativa del primo marchese di Terrarossa. Anche Terrarossa è soggetto alle mutevoli condizioni politiche dei feudi malaspiniani, i cui confini subiscono continue modificazioni pur nel corso di brevi spazi temporali. Durante i secoli XV -XVI Terrarossa fa parte di diversi feudi malaspiniani tra i quali Olivola, fino al 1407, poi Villafranca, Bastia, Filattiera e Monti subendo due occupazioni genovesi, nel 1416 e nel 1463. Al 1581 risale l´istituzione del feudo indipendente di Terrarossa, assegnato a Fabrizio Malaspina, già marchese di Pontebosio. La morte dell´unico figlio maschio spinge Fabrizio Malaspina a vendere il feudo al granduca di Toscana, il quale lo ricede, dopo alcuni anni, nel 1628, a Bernabò Malaspina di Filattiera.
Risale al 1617 una interessante descrizione del feudo e del castello, eseguita per conto del granduca, dalla quale si apprende che la costruzione del castello avviene per iniziativa dello stesso marchese Fabrizio Malaspina. Ecco alcuni brani dello scritto riprodotti nell´opera di Eugenio Branchi: "Attaccato alla terra di Terrarossa, che è sulla strada maestra Romana, vi è un castello fabbricato alla moderna con quattro baluardetti et stanze comode per abitare, ancorché non sia finito del tutto. Innanzi a detto castello v´è una piazza grande con giardino, vigne e praterie; attaccato a esso Castello et terra di Terrarossa v´è l´hosteria; quale terra altre volte era cinta di buone muraglie, e vi si veggono ancora per tutto alte fuora dal terreno... La fabbrica, cioè la fortezza, se ne rimette alla stima di persone perite e confidenti, et hora esso la stima in questo conto sette mila scudi... Il Signor Marchese si contenta, quando si farà l´istrumento et darà il possesso, che li paghi di contanti solo il prezzo delli suoi poderi et fabbrica, che in questo non ci accade l´assenso di S. Maestà, essendo beni allodiali et la fabbrica fatta fare da esso dai fondamenti". Lo stesso Eugenio Branchi nel riportare il documento accenna alla figura del marchese Fabrizio: "Nel tempo che il Marchese Fabrizio stette in Lunigiana non fu inoperoso a curare la cose sue; si dié somma premura nel far coltivare i proprj terreni con disboscamenti e piantagioni utilissime, fra le quali merita special menzione quella dei gelsi, fomite grande di ricchezza serica, al cui scopo per quanto sembra (per educare i fuligelli) fece costruir vaste sale, che tuttora si veggono nel palazzo o castello che dai fondamenti eresse in Terrarossa. ... Se per avventura le sale di cui si parla venissero in seguito distrutte o variate, può vedersi la pianta del Castello e palazzo di cui si tratta, disegnata per occasione della vendita al granduca nel 1617, che si conserva nell´Archivio mediceo, affari concernenti la Lunigiana, Filza 2720 ...".
L´imponente castello (si tratta di una delle più ampie residenze malaspiniane esistenti) viene realizzato su di uno schema quadrilatero, il medesimo adoperato probabilmente dallo stesso marchese per la costruzione del castello di Pontebosio. Infatti Fabrizio Malaspina prima di ottenere il possedimento di Terrarossa ha in feudo Pontebosio, tra il 1574 ed il 1581, il cui castello presenta un analogo schema planimetrico quadrangolare. Le proporzioni del castello di Terrarossa appaiono, al confronto con quello di Pontebosio, imponenti e la fabbrica di Terrarossa è talmente grande che il marchese ed i suoi successori non riescono a portarla a termine lasciando incompiuti diversi elementi architettonici tra i quali alcuni baluardi. Il castello occupa una superficie di circa 1.250 metri quadrati, con una cubatura di 7.800 metri cubi, per un complesso di 43 vani. Una bella veduta del castello e del feudo compare in una pregevolissima rappresentazione conservata nel fondo Malaspina 238 dell´Archivio di Stato di Firenze».
http://castelloditerrarossa.blogspot.it/
Tresana (ruderi del castello Malaspina)
«L'imponente complesso del castello di Tresana si presenta all'improvviso, incombente sul minuscolo borgo sottostante. Trascurato e mai sottoposto a interventi di restauro, vi si accede dopo aver oltrepassato il cancello di un'abitazione privata e si presenta come un possente insieme di ruderi immersi in una folta vegetazione nei quali è ancora possibile distinguere la base di una imponente torre quadrangolare con volta a botte ed i tronchi di due torrioni in pietra in uno dei quali è ancora conservata la struttura con volta a cupola ribassata in ciottoli di fiume. Anche se è probabile che la costruzione del castello sia anteriore, le prime notizie del borgo di Tresana risalgono al 1164, anno in cui l’imperatore Federico I Barbarossa concesse al marchese Obizzo Malaspina la proprietà di “Trixiana cum tota curia”. Dopo essere entrato a far parte del marchesato di Giovagallo, solo nel 1565 fu ufficialmente costituito il feudo indipendente dei Malaspina di Tresana con l’investitura di Guglielmo Malaspina da parte dell’imperatore Massimiliano II che gli concedette anche il diritto di coniare moneta, privilegio concesso solo a pochi e potenti feudatari. Il neo feudatario decise allora di rimpinguare le casse del marchesato avviando la falsificazione di monete dello Stato Pontificio, attività per la quale ricevette in seguito la scomunica dal Papa. Anche i successori di Guglielmo Malaspina si resero protagonisti di una pessima gestione del marchesato tale da suscitare un crescente malcontento popolare che scatenò numerose rivolte e che ebbe il suo culmine nel 1649 quando le truppe fiorentine, chiamate dal marchese per riportare l’ordine, si abbandonarono a rappresaglie nei confronti della popolazione tali da commuovere il marchese stesso».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-di-tresana.asp
Treschietto (ruderi del castello)
«I suoi ruderi si trovano alla fine del borgo omonimo, in posizione dominante, sopra uno strapiombo del monte Orsaro e all'incrocio del Bagnone con il rio Acquetta. Treschietto, importante roccaforte per la sua condizione di punto obbligato di passaggio tra i corsi d’acqua e le valli circostanti, si costituì come feudo autonomo nel 1351 all'atto della divisione dei territori appartenuti a Niccolò Malaspina di Filattiera ai suoi tre figli. A Giovanni, detto il Berretta, fu assegnato il territorio di Treschietto, Iera, Vico Corlaga e Fenale. Fu proprio Giovanni Malaspina, a fare edificare il castello e ad utilizzarlo come sua residenza principale. Treschietto rimase in mano alla nobile casata fino al XVII secolo quando Ferdinando Malaspina, ultimo possessore del castello, cedette tutti i suoi diritti al granduca di Toscana Cosimo III, causando una disputa tra i marchesi Malaspina di Filattiera che lo pretendevano, ed il fisco imperiale. Il feudo in seguito passò al principe Corsini di Firenze. Attualmente i ruderi sono visitabili solo dal lato nord-est, ai quali si accede agevolmente in automobile e quindi facendo un brevissimo tratto a piedi. Della struttura castellana che tra il XIII e il XV avvolgeva tutto il puntone roccioso, sono ancora visibili tratti della cinta muraria di forma quadrilatera, dai quali emerge l'imponente torre circolare, un tempo coronata da beccatelli a sporgere del sistema piombante e danneggiata seriamente da un fulmine. Il complesso è invaso dalla vegetazione e a perenne rischio di ulteriori collassi strutturali. I ruderi, nel complesso, ricordano sia la torre del castello di Malgrate sia il castello di Comano, mentre la ripetitività di alcuni elementi architettonici e costruttivi in diverse località sotto il diretto dominio dei Malaspina, confermerebbe l'intervento ripetitivo delle stesse maestranze al servizio della famiglia. Degli edifici interni restano poche tracce. Anche la cappella castrense, della quale è identificabile l'abside, è stata ricoperta dai crolli delle strutture difensive. Come per tutti i castelli anche in questo non mancano le leggende tramandate di generazione in generazione tra cui quella del marchese Giovan Gasparo Malaspina che dal 1616 vessò i suoi sudditi con ogni sorta di male azioni e si coprì di turpitudini sino al 1678, quando all’età di 62 anni, con grande sollievo del popolo, morì, non certo in odore di santità; veniva infatti chiamato dalla gente il mostro. Giochi perversi e giovani vergini era il binomio lussurioso preferito da Giovan Gasparo Malaspina, signore di Treschietto e dai suoi compari. Le vittime erano obbligate da questi signorotti a crudeli orge che spesso terminavano con sacrifici umani. Il Giovan Gasparo godeva nel costringere le fanciulle del suo borgo ai festini dove le giovani perdevano la verginità. Un’altra leggenda tramandata narra che nei sotterranei del Castello vi sia stato nascosto un vitellino d’oro; in molti vi hanno nei secoli creduto al punto arrivare a distruggerne le parti migliori, ma come accade in tutte le leggende, il tesoro non è mai stato trovato».
http://castelliere.blogspot.it/2011/10/il-castello-di-venerdi-14-ottobre.html
«Il borgo di Varano, nel comune di Licciana Nardi, fu incluso nei vasti possedimenti del Marchesi Malaspina di Olivola fin dal 1275, sulla piazza si affaccia la Pieve di San Nicolò, originariamente romanica e poi più volte rimaneggiata nel cui interno è custodito un prezioso polittico datato 1394. Dalla piazza partono delle stradine in salita, in alcun tratti molto ripide, fiancheggiate da case di pietra unite da archi e sottopassaggi coperti, e non manca la sorpresa di una architrave scolpita con curiosi simboli. La storia racconta che nel 1411 un capitano, un certo Rossi di Tavernelle, di ritorno dalla guerra nelle Fiandre, fece uccidere nei pressi del cimitero, i marchesi Raffaele ed Alessandro Malaspina di Olivola colpevoli di aver violentato la sua bellissima moglie. Proseguendo per Ripola, piccolo centro rurale, si incontra una torre campanaria isolata; anticamente era una torre bizantina di guardia e di segnalazioni ottiche con altre torri» - «Sulla parte alta del borgo si erge quello che a primo avviso sembra un campanile: in realtà si tratta dell’antica torre del “castrum” citato negli Statuti quattrocenteschi. Questa parte del paese conserva ancora il nome di Castello».
https://www.facebook.com/media/set... - http://www.terredilunigiana.com/castelli/torrevarano.php
Verrucola dei Bosi (borgo, mura)
«Alle porte di Fivizzano si trova uno dei più belli e meglio conservati borghi murati e castelli della Lunigiana. La costruzione ci ricorda il florido passato commerciale della vicina Fivizzano. Le case in pietra hanno una splendida architettura medioevale e molte delle abitazioni sono caratterizzati da raffinati portali realizzati in arenaria. La fortezza si distingue nella vegetazione, arroccata su una collina nella valle situata tra il torrente Mommio e il canale di Collegnano. Il castello ha subito negli anni diverse modifiche;, la struttura attuale risale al XIV secolo, quando il marchese Spinetta Malaspina fece aggiungere alla costruzione precedente una più ampia cinta perimetrale e diverse torri di appoggio. Parte integrante del castello è la chiesa di Santa Margherita. La costruzione è molto antica e presenta una pianta tipicamente romanica, comune anche ad altre chiese della Lunigiana».
http://www.valdimagra.com/HTML/turismo/turfivi.htm
«Il castello della Verrucola, situato tra il torrente Mommio ed il canale di Collegnago, è un prezioso esempio di architettura medievale. Con le sue grandiose opere fortificate domina la via che dalla via di Magra conduce ai valichi della Lunigiana orientale, verso la pianura reggiana e parmense dove è nota la resistenza fin dal 1044, di una residenza fortificata in cui i nobili Bosi avevano stabilito la sede del loro dominio. Tracce del primitivo impianto restano evidenti nella tipologia dell'imponente mastio centrale ed in alcuni tratti delle mura di cinta. Nel 1300 Spinetta Malaspina il Grande ne ottenne la proprietà e lo ampliò aggiungendo delle possente torri di fiancheggiamento accanto al mastio originario e completando la cinta perimetrale. Il crollo del dominio di Spinetta ad opera di Castruccio Castracani degli Alteminelli signore di Lucca, il terremoto del 1841 che impoverì la zona e il progressivo affermarsi del centro politico e mercantile di Fivizzano determinarono il lento declino della Verrucola, l'antica rocca perse così ogni valore strategico. Nel secolo XV fu costruita a fianco del castello la chiesa di Santa Margherita caratterizzata dal bel loggiato rinascimentale ad archi in pietra serena. La struttura attuale del castello mantiene l’originaria sovrapposizione di tre grandi saloni e di particolare interesse, dal punto di vista strutturale, è la cosiddetta volta della sala d'armi al pian terreno, impostata sul massiccio pilastro centrale di forma ottagonale. Gli interventi di restauro, condotti dall’attuale proprietario, lo scultore Pietro Cascella, permettono il godimento di uno dei complessi fortificati più suggestivi della Lunigiana».
http://www.lunigiana.com/castelli/castello-della-verrucola.asp
Verrucola dei Bosi (torre di guardia)
«...Con il tramonto della signoria dei Malaspina anche Verrucole conobbe un lungo periodo di decadenza, acuita dai gravi danni subiti nel terremoto del 1481. Oggi il castello è tornato ai suoi antichi splendori grazie ad una grossa opera di ricostruzione. è proprietà privata parzialmente visitabile solo il venerdì pomeriggio dalle 14 alle 17. L'insieme del borgo, ll ponte medievale, le mura e il castello è molto suggestivo. A pochi metri di distanza sorge una diruta torre di guardia, dalla forma tonda caratteristica della zona».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Fivizzano/Castello%20di%20Fivizzano.htm
«Sul Castello di Viano che sorge a 496 m s.l.m., non si hanno molte notizie, della sua esistenza è testimone la torre che svetta sopra il borgo murato, nello scenario della catena delle Alpi Apuane, e ne illustra la foto il pittorico paesaggio. Percorrendo la strada provinciale per Equi Terme, prima di Monzone, a destra si sale per la Pieve di Viano a quota 344 m s.l.m. e proseguendo per una via tortuosa si raggiungono i 496 m s.l.m. dove e ubicato il paese di Viano e la sua Torre. Viano, nella valle del Lucido, fu probabilmente un antico distretto agreste romano e in seguito sede dell'antica pieve, fu sicuramente un caposaldo di rifugio. Fu un tempo castello dei Bianchi d’Erberia e quindi dei vescovi conti di Luni, poi segue le sorti dei castelli di Lunigiana. Divenuto corte degli Erberia nel Medioevo, venne incastellato dalla nota famiglia di origine longobarda per poi diventare possesso dei Malaspina al tempo di Spinetta il Grande. Il castello di Viano costituiva il cuore del potere politico dei Bianchi di Erberia cui si univa, dall'altra parte della valle, il borgo murato di Monte dei Bianchi, quale centro religioso della stessa famiglia. Oggi oltre alla svettante torre cilindrica che sorge alla sommità del colle, attorno alla quale si dispongono in maniera concentrica le cave del borgo, rimangono alcuni elementi della cerchia muraria, la porta, e alcuni caratteristici vicoli chiusi da volte. Il borgo fortificato e incastellato esalta la struttura costruttiva con archi a tutto sesto, stradine in arenaria, caratteristiche di molti luoghi lunigianesi. La torre cilindrica in sommità del borgo, l’altra alla fine, le strette strade, la vista sulle Apuane e sugli Appennini, lo rendono suggestivo. Ancora oggi il territorio che storicamente ricadeva sotto la giurisdizione della Pieve di San Martino è significativamente chiamato piviere. Fu infatti questa Pieve ad esercitare per secoli la sua influenza sulle comunità locali. Le origini dell'edificio, che sorge in luogo isolato, sono controverse. Notizie sicure invece si hanno in relazione ai restauri operati nel 1593 e nel 1788, restauri che hanno salvato l'impianto a tre navate. La pieve attuale presenta una veste rinascimentale con inserimenti barocchi e nel bozzato esterno probabili resti dell'antico edificio romanico».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Viano/Castello%20di%20Viano.htm
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Ancora qualche chilometro più a monte di Tresana, sul lato destro, a 337 m s.l.m. si arriva a Villa dove incontriamo uno dei castelli più suggestivi e meglio conservati della zona. Dalla strada carrozzabile si sale tra le case del borgo antico e si arriva al maniero. Come feudo nasce nel 1559, dopo che l'antico borgo e le sue pertinenze furono smembrate da Lusuolo, di cui per secoli ne seguì le vicende. Nel lontano passato feudale della Lunigiana, il castello di Villa e il suo territorio fecero parte di un vasto marchesato malaspiniano. I due imponenti torrioni, una torre circolare e un edificio a pianta quadrangolare, lasciano intuire, come per Groppoli, la preesistenza di un insediamento militare e amministrativo a controllo della via di comunicazione che agevolmente scendeva a Tresana da Mulazzo, Groppoli, Castevoli, Pieve, Popetto e da Tresana poteva dirigersi su Aulla o risalire verso Podenzana, Giovagallo, Madrignano, La Spezia e Val di Vara. Sino a qualche anno fa il castello si trascina in rovinoso abbandono e le immagini, sono quelle pittoresche di un rudere imponente, assediato dalle case e ancor di più dalla disordinata vegetazione. L'edificio è una semplice costruzione progettata a pianta quadrangolare, con torri cilindriche ai vertici opposti, realizzati con la classica muratura di pietra d'uso in Lunigiana. Il muro perimetrale presenta una leggera scarpa al di sotto del livello del piano terra, delimitato da un cordolo continuo di pietra. Questa zona del castello era sicuramente attrezzata per la difesa, lo testimoniano le numerose feritoie di cui è munito. L'edificio è di proprietà privata ed è stato completamente ristrutturato dagli attuali proprietari che lo utilizzano come residenza estiva» - «Si tratta di un piccolo ma elegante castello malaspiniano; all’originale fortificazione quadrangolare del ‘300 furono aggiunte, nel 1400, due torri cilindriche poste diagonalmente e alle cui basi si notano ancora le feritoie per le armi da fuoco; č circondato da un piccolo giardino dal quale si possono ammirare delle bellissime vedute della valle. Interamente in pietra, il muro perimetrale presenta esternamente una leggera scarpa al di sotto di un cordolo continuo in pietra e una serie di aperture di varie misure anche sulle torri, segni delle modifiche apportate nel tempo».
http://bagnonemia.com/Castelli_di_Lunigiana/Castello%20di%20Villa%20Tresana... - https://www.facebook.com/162810807112837...
Villafranca in Lunigiana (borgo)
«Il borgo di Villafranca è sorto sul solco medioevale dell'antica via Romea, intorno all'XI secolo vicino alla cappella di S. Nicolò. Nel Medioevo rientrò nei domini della famiglia dei Malaspina e data la sua posizione strategica fu un'importante nodo per il controllo del commercio sulla via Cisa dove venne edificata la fortezza di Malnido. Tanti casati nel corso della storia cercarono di impadronirsi del borgo. In seguito al Congresso di Vienna venne aggregato al Ducato di Modena, per poi passare al Granducato di Toscana e infine unirsi all'Unità d'Italia. Particolarmente importante è il periodo successivo alla seconda guerra mondiale che ha lasciato ferite profonde al paese. Infatti a causa delle bombe i suoi principali monumenti vennero distrutti, come il castello dei Malaspina, la chiesa di San Francesco, poi restaurata e la cappella di S. Nicolò di cui resta solo il campanile».
http://www.valdimagra.com/HTML/storia/stovill.htm
Villafranca in Lunigiana (resti del castello di Malnido)
«Sullo scoglio alla confluenza del torrente Bagnone con la Magra, nacque, probabilmente attorno all'XI secolo, un presidio fortificato: il castello di "Malnido", con funzioni strategiche di controllo della via di Monte Bardone (poi denominata Francigena o Romea), il più importante tracciato di comunicazione tra il settentrione e l'Italia centrale per tutto il periodo medievale, asse viario che ancora oggi attraversa longitudinalmente un ampio tratto del territorio comunale. La presenza, in prossimità del guado sulla Magra, di una cappella intitolata a S. Nicolò, dipendenza del monastero benedettino di Linari (ai cui monaci erano affidati compiti di assistenza a pellegrini e viandanti), divenuta in seguito la più antica chiesa del borgo, oggi scomparsa, è un ulteriore indizio dell'importanza storica del sito. Al castello di Malnido, verso la fine del XII secolo si contrappone l'agglomerato burgense di Villafranca, ricordato come "Lealville" (Villa-franca) per la prima volta nell'itinerario del 1191 percorso da Filippo Augusto, re di Francia, al ritorno dalla terza crociata. Il toponimo sembra suggerire ed attestare la presenza di un mercato, di un luogo per la sosta e l'ospitalità, di un fervore di vita sociale ed economica che dovette svilupparsi nel corso dei secoli XII e XIII proprio sul percorso della via Francigena all'incrocio con tracciati secondari provenienti dalla valle del Bagnone e dal territorio della Pieve di Castevoli (sulla sponda destra della Magra). Il castello di Malnido fu anche sede della raffinata corte dei Malaspina dello Spino secco, centro di diffusione della cultura "cortese" elogiata da Dante nel canto VIII del Purgatorio: è assai probabile che il poeta, negli anni del suo esilio, sia stato ospite dei Malaspina di Villafranca ed abbia, forse, soggiornato nel castello di Malnido».
http://www.comunevillafrancainlunigiana.it/index.php?pagina=pagine&id=3
«Il borgo di Virgoletta si trova sul colle Vignale, nei pressi del fondovalle della Magra. Una cinta muraria dell'antico castello diede il nome al paese, Virgoletta per traslitterazione del nome "Verrucoletta". Appartenuta ai Corbellari (per cui anche il nome "Verrucola Corbellariorum"), subfeudatari degli Obertenghi, attorno all'XI e XII secolo, entrò tra i domini dei Malaspina dello "Spino Secco". La prima notizia documentata di Virgoletta risale appunto a questo periodo, nell'atto di divisione tra i Malaspina dello Spino Fiorito nel 1275. In questo secolo, vennero innalzate mura alte più di dieci metri, comincia a formarsi anche il borgo con bei portali e finestre in pietra arenaria, sulla via che taglia il crinale della collina in direzione. Il borgo si sviluppa in senso verticale lungo la strada principale lastricata. Su una piccola piazza si trova la chiesa dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, proseguendo si giunge all'entrata del castello che si trova al culmine della collina e chiude la strada detta dei Calzolai. Il portale d'ingresso alla corte del castello presenta uno stemma a forma sannitica, è da considerarsi appartenente alla famiglia Malaspina dello "spino secco". Dopo la spartizione, i beni malaspiniani alla destra del fiume Magra appartenevano allo "spino secco", mentre quelli alla sinistra del fiume erano dello "spino fiorito", questa adozione non venne sempre rispettata infatti ritroviamo l'arme di Jacopo Malaspina, marchese di Fosdinovo, discendente dal ramo dei marchesi di Verrucola e Fivizzano quindi dello "spino fiorito" che pone nella sua arme lo "spino secco". ...».
http://www.virgoletta.eu/public/2009/borgo.php?lang=
«Il paese di Virgoletta si è sviluppato in età medioevale su un’unica strada centrale. Il castello che domina il Borgo fu eretto presumibilmente tra l’XI ed il XII secolo a difesa della valle del Bagnone, sul lato sinistro del torrente. La parte più antica del castello, risalente al periodo pre-malaspiniano, è costituita da un mastio quadrangolare che successivamente, all’inizio del XII, i Malaspina dello Spino Secco cinsero da mura alte più di 10 metri. Nello stesso periodo fu realizzata una cisterna nel cortile interno che ancora oggi è in grado di svolgere la sua funzione. Nel XIV secolo inizia a sorgere il caratteristico borgo di Virgoletta costituito da un’unica via che percorre il crinale della collina in direzione ovest e l’accesso al castello viene spostato in direzione dell’abitato. Nella seconda metà del XV Galeotto Campofragroso si impadronì di Virgoletta e convertì la fortificazione in palazzo signorile ingentilendone le forme; è, infatti, di questo periodo il loggiato interno alla corte. Nel XVI i Malaspina tornarono in possesso del feudo e continuarono l’opera iniziata da Galeotto realizzando un amplissimo salone la cui ristrutturazione è stata recentemente completata ad opera dei proprietari. L’ampio salone (oltre 100 mq.), posizionato sopra l’entrata del castello, presenta una volta alta all’incirca 9 metri sottolineata da pregevoli cornicioni. All’interno vi sono quattro porte di collegamento alle altre sale del castello, ciascuna quali impreziosita da stucchi e decorazioni di squisita fattura abbelliti durante il periodo rococò con rappresentazioni di borghi e paesaggi. La sala conteneva in origine un imponente camino in pietra alto quattro metri e riportante il simbolo dei Malaspina. Purtroppo non ne resta che una fotografia, in quanto, all’inizio del 1900, fu venduto, probabilmente ad una famiglia genovese, e da allora se ne sono perse le tracce. Tre finestroni posti di fronte all’ingresso, offrono una spettacolare veduta del borgo e della Chiesa di Santi Gervasio e Protasio».
http://castellodivirgoletta.blogspot.it/
Zeri (torre, resti del castello)
«Dopo essere stato per un lungo periodo sotto il controllo di Mulazzo, nel 1164, il comune di Zeri venne posto da Federico II sotto la giurisdizione di Pontremoli. La convivenza fu spesso difficile e nei secoli si susseguirono diverse rivolte, la più dura e sanguinosa delle quali si svolse nel 1526. Nel frattempo ci furono diversi scontri con le popolazioni dei paesi vicini a causa di dissidi sulla divisione di pascoli e boschi. La più lunga e famosa fu quella contro la comunità di Suvero per segnare i confini del bosco di Gambatacca, durata dal 1526 fino al 783 e coinvolse sia persone povere sia personaggi potenti» - «Il paese prende giustamente il nome dal castello che esisteva una volta sull'altura a nord dell'abitato. Oggi sono ancora visibili i resti del “Castrum Zirri” medievale: la base di una torre, un muro di cinta e i massi di colore verdastro che sono rotolati ai piedi del colle nella cosiddetta “Aravecchia”. Lo storico Manfredo Giuliani afferma che nel 1226 truppe di Piacenza e dei Malaspina assediarono il castello senza riuscire a conquistarlo».
http://www.valdimagra.com/HTML/storia/stozeri.htm#1 - http://storage.aicod.it/portale/comunezeri/file/Valli.pdf
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