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CECINA, castello
a cura di Fernando Giaffreda
La porta sud di Cecina larcianese, che si può considerare oggi la principale. In basso, a sinistra: la porta sud-est; a destra: il tratto delle mura nord.
Epoca: X secolo, edificato dai conti Guidi, ma il sito ha evidenti origini etrusco-romane.
Ubicazione: Cecina è una frazione della Valdinievole che si affaccia sul Padule di Fucecchio, posta a poco più di 2 km da Larciano, in provincia di Pistoia. Il castello, che cinge il paese omonimo di 150 abitanti, si trova a 140 metri d’altezza sul versante sud-occidentale del Montalbano, una catena collinare fittamente incastellata a impronta pistoiese, che si snoda da Serravalle a Signa.
Stato di conservazione:
per la sua
collocazione assolutamente periferica, lontana cioè dai grandi passaggi, il
castello di Cecina larcianese può dirsi in discreto stato di conservazione.
Come arrivarci: dall’A11 Firenze-Mare si esce a Montecatini Terme e si prende la SS 438 per Monsummano Terme e Fucecchio, altro sito castellare che ha dato i natali a Indro Montanelli. Dopo 7 km, all’incrocio per Castelmartini a destra, si svolta a sinistra per Cecina, che si raggiunge in appena 5 km, fino ai primi pendii del Montalbano. Più impegnativo il tratto da Pistoia, che acquista un senso anche superiore se percorso in bicicletta, proprio perché si passano luoghi pervasi da un ciclismo autentico, che non ora c’è più: Ponte Stella, Cantagrillo, Casalguidi, S. Baronto, sempre che si devii ancor prima per il passo di Ca’ del Vento a 314 m sul Montalbano, fino a scendere in 2 km a Cecina larcianese.
Come visitarlo: povero d’abitanti e transito com’è, si può parcheggiare in una delle piazzole poste intorno al circuito stradale che lo cinge e percorrere il borgo a piedi, così da rendersi conto in che tipo di posizione strategica Cecina si trova.
Eretta come «villa rurale» intorno al X secolo dai «Conti» per antonomasia, i Guidi di Toscana, Cecina di Montalbano assume la forma di luogo fortificato vero e proprio un po’ più tardi, nel XII secolo, quando l’impianto castellare va ad inserirsi, anche per somiglianza di forma, struttura e materiali, nel sistema castellare che quella gens comitale, di origine longobarda, organizzano sul versante di mezzogiorno-occidentale del Montalbano.
Già nel 927 il capostipite dei «conti», Tetgrimo, con Larciano riceve in feudo da Ugo re d’Italia, presumibilmente per compiti di controllo e sviluppo, una serie di fondi territoriali pertinenti monasteri e pievi sparsi nel sistema collinare dell’estremo sud di Pistoia. E già questa gens lambarda era insediata in territori di più arcaica formazione etrusco-romana, quali Cecina pistoiese appunto (1).
Due rampolli di Tetgrimo, Ranieri e Guido, a loro volta attratti dalla feudalità ecclesiale fino al punto di dover risiedere in città (fenomeno dell’«inurbamento educativo»), nel 941 donano al vescovo cattedratico di Pistoia, Raimaldo, il castello di Larciano, cui segue la piccola Cecina, ad esso legata strettamente. Ma Cecina è già solo un piccolo castello guidesco, per quanto il piviere ivi presente fosse alle dipendenze canoniche e liturgiche della pieve vallombrosana di San Lorenzo a Vaiano, un’importante postazione cristiana situata nella vallata bisentina pratese. Il possesso dei conti Guidi su Cecina fu confermato, in collegato con altri importanti castelli, dai due imperatori svevi Enrico VI e da Federico II, padre e figlio Hohenstaufen, fra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII rispettivamente. Ma intanto, nel 1225, il conte Guido Guerra di Modigliana, personaggio particolarmente ostico in sé se non verso le municipalità o le comunità ecclesiali toscane, vende il castello di Cecina, ovviamente con altri fortilizi circonvicini, al Comune di Pistoia, il quale lo riscatta per la bella somma di 6.000 lire, forse pisane, forse fiorentine. Una pratica ricorrente e anche abusata dai Guidi nel nord della Toscana. Comunque, per effetto di quell’acquisto, le genti contadine di Cecina si ritrovarono a dover versare un forte tributo in danaro al comune, nuovo proprietario del feudo. Potenziato ulteriormente, il castello entra a far parte perciò del vasto sistema difensivo municipale pistoiese, il quale si avvaleva di importanti piazzeforti in tutto il Montalbano occidentale. Cecina, affacciata com’era sul padule di Fucecchio, era un piccolo ma cruciale punto di controllo del versante meridionale del Montalbano, a guardia e in vista di un pezzo della Francigena lungo l’Arno.
Nel 1302 Cecina viene conquistata dalle guelfe Firenze e Lucca coalizzatesi in una feroce guerra d’assalto contro la ghibellina Pistoia. Nel conflitto essa segue le sorti di Larciano, castello anch’esso preso in questo frangente dopo la caduta di Serravalle pistoiese in mano guelfa. Ciò nonostante, dopo appena otto anni Cecina fu di nuovo recuperata da Pistoia, previo pagamento però, a Firenze, di 10.000 fiorini d’oro. Ma il suo destino, come quello dei castelli guideschi della zona, pareva segnato, malgrado la breve insorgenza antifiorentina del Castracani. Se poi nel 1335 il castello di Cecina risulta attestato nei documenti municipali come «castello» vero e proprio, con uno speciale podestà in «dictae terrae», ciò significa che la saga guelfo-ghibellina altro non produsse storicamente che la sua strutturazione militare, amministrativa e di fortificazione castellare, con tanto di dotazione di guarnigioni stabili, sia pur di modeste dimensioni, e l’edificazione di un’apposita podesteria. Se infine Leonardo da Vinci, nato centovent’anni dopo proprio su quello stesso versante collinare, riprodurrà Cecina in un disegno cartografico codificate «RLW 12279, 12685, fogli 3r e 23r» del Codice di Madrid II, ciò non fa che confermare il netto rilievo che l’antica posizione strategica di Cecina pistoiese aveva, distinto e chiaro nella storia medievale toscana.
Nel 1348 la peste, che qui aveva dato una prima avvisaglia anche nel 1340, fa strage a Cecina, come negli altri agglomerati castellari del Montalbano. Gli abitanti sopravvissuti si rifugiano, non certo per fini novellistico-boccacceschi, nel più elevato castello di Montevettolini, questa volta alla ricerca disperata di un’aria più salubre. La crisi politica del comune pistoiese, le carestie e una serie di annate agricole non favorevoli sfoceranno nel contado in una serie di piccole rivolte contadine, di cui si ha notizia già nel 1369, a Cecina come altrove, e che avranno di mira genericamente le concentrazioni urbane della ricchezza tributaria e la conquista di migliori terreni nelle zone più pianeggianti. Nel 1391, in occasione della discesa in Toscana di Gian Galeazzo Visconti, il duca di Milano che avversò Pistoia e Firenze con un cospicuo esercito di cavalieri e fanti lombardi, i Pistoiesi si avvalsero anche della resistenza militare del castello di Cecina (ma anche di Larciano che la teneva), grazie alle guarnigioni stabili che vi erano stanziali a partire dal 1329, guidate dal podestà istituito a partire dal 1330.
L’11 ottobre del 1401 il Comune di Pistoia delibera la riforma politico-amministrativa generale del contado situato sui colli del Montalbano e oltre: anzitutto quella campagna che non dipendeva dalla «Montagna superiore» sarebbe stata d’ora in avanti contado fiorentino, sottomesso cioè alla giurisdizione tributaria di Firenze, e quattro sarebbero state le podesterie che la dovevano riunire: Serravalle, Larciano (con Cecina), Tizzana e Montale. L’importante sistemazione politico-amministrativa si sarebbe rivelata definitiva e stabile lungo tutte le epoche successive, dalla Repubblica di Firenze, fino ai Medici e ai Lorena, i quali con una sistemazione giurisdizionale ulteriore, fra il 1172 e il 1774, soppressero la podesteria di Larciano, subordinando la connessa Cecina larcianese al tribunale di Serravalle pistoiese e alla municipalità di Lamporecchio. Uno dei podestà più famosi che resse Cecina all’inizio di questo periodo fu quel famoso Francesco Ferrucci, rappresentato in una statua nella galleria all’aperto degli Uffizi a Firenze, che all’epoca della discesa di Carlo V in Italia, colpito a morte da un Maramaldo qualsiasi, da terra gli rispose «Tu dài a un morto!», poi ripresentato nella versione addomesticata del contemporaneo Varchi «Vile, tu uccidi un uomo morto!».
Con le riforma amministrativa del governo Crispi e l’istituzione delle leggi comunali, nel 1897 la piccola Cecina larcianese, venne costituita come frazione dell’istituito comune di Larciano, distaccandosi così da Lamporecchio.
Nel suo vecchio recinto castellare insiste la bella chiesa romanica dedicata a San Nicola (di Bari), che in Toscana riscuote un culto sconosciuto quanto diffuso e inaspettato. Eretta a parrocchia nel 1464, vi si conserva un affresco del ‘500 opera di Donnino di Francesco, dove è rappresentato l’Arcangelo Raffaele e San Rocco, personaggi legati all’ambiente agro-pastorale del luogo. La facciata della chiesa, come vuole la tradizione architettonica cristiana, guarda ad ovest, ma è interessante notare che essa insiste, occupandolo fino a farlo scomparire, sul perimetro di una delle tre porte originarie della cinta muraria di Cecina. Le altre due sono ben conservate nonostante le costruzioni civili successive. Un altro affresco del Quattro-Cinquecento dietro l’altare rappresenta una Madonna col Bambino circondata eloquentemente dai santi Sebastiano, Antonio Abate, Francesco, Rocco e Sebastiano. Più agreste, bucolico e periferico di così…
1 Fra i numerosi altri di luoghi a sicura denominazione d’origine etrusca, e poi romana, nei quali si installano i Guidi, il toponimo Cecina, oltre che qui, ricorre spesso e in più situazioni, derivato com’è dal gentilizio di estrazione volterrana «Kaikna», poi latinizzatosi in Caecina, -ae: Cecina livornese (nome di fiume e porto etrusco), località balneare molto conosciuta; Cecina carrarese, un borgo a 1000 m di altezza a nord del capoluogo; Ponte di Cecina sulle Colline Metallifere, poco distante da Radicondoli nel senese; una sconosciutissima Cecina quarratina, piccolo toponimo nella piana vicino Pistoia, ma alle falde nord-orientali dello stesso Montalbano. Ma c’è anche un Ceciliano che si trova appena un chilometro a nord di Arezzo, o anche un Cicignano a nord di Montemurlo sull’Appennino pratese, dove i Guidi hanno edificato l’omonima Rocca.
©2010 Fernando Giaffreda. L'immagine n. 7 è tratta dal sito filarmonica.cecina/cecina_di_larciano.htm.