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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI SIENA
in sintesi, pagina 2
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«Nominato fin dai primi anni del XII secolo nel Cartulario dell’abbazia di San Salvatore della Berardenga, il castello fu possesso di un ramo della dinastia dei Berardenghi; nel 1159 i signori di Orgiale riconobbero al vescovo e al popolo di Siena un alto dominio sul poggio di Orgiale, dove sorgeva il castello (fatto che permise ai suoi abitanti di ottenere successivamente la cittadinanza senese). Nel 1208 uno dei signori si impegnò a cedere una superficie perché i Senesi vi edificassero una torre e un palazzo che sarebbe servito come baluardo presidiato di difesa dai Fiorentini. Nel 1554, di proprietà dei Bellarmati, il castello venne conquistato dalle truppe imperiali; nella seconda metà del Seicento vi è documentato un podere di proprietà delle monache del Paradiso, mentre nel Catasto del 1825 il complesso, con la villa (quella attuale), una casa a pigione, una cappella, il granaio e il frantoio, risulta appartenere a Isabella Mocenni. Oggi il castello è sede di una piccola azienda vitivinicola del Chianti Classico che pratica anche attività di agriturismo. Dell’antica struttura, risalente perlopiù al XV secolo, resta un torrione quadrato intonacato con base a scarpa, cordonato in mattoni e archetti in cotto con sottarco trilobo su mensole a piramide rovescia. Sul lato est è addossato un fabbricato che si prolunga sul lato nord, staccato dal torrione e probabilmente più antico, come fanno supporre un arco ribassato in pietra nel fronte nord ed un tratto di filarotto su quello est. Al piano terra si trova la cantina, cui si accede da una scala voltata, che presenta due ambienti coperti con volte a botte; al primo e secondo piano si aprono gli appartamenti di età moderna cui si arriva tramite una scala esterna. L’edificio è circondato da fabbricati rurali di varie epoche e, nel piazzale antistante l’ingresso principale, è presente un pozzo cilindrico a lastre di travertino con base e cornice modanate. Il castello, dal quale si gode uno stupendo panorama verso Siena, è stato fortemente rimaneggiato nella prima metà del XIX secolo con inserzioni di gusto neoclassico. ...» (testo di Giulia Vivi).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/castello-di-orgiale
Pacina (torre della pieve di Santa Maria)
«Struttura antichissima con evidenti caratteri preromanici, la pieve di Santa Maria a Pacina si presenta oggi come il risultato di trasformazioni di gusto barocco. Le belle architetture romaniche superstiti si riferiscono alla costruzione dell’XI secolo. Sulla parte esterna delle pareti di sopraelevazione della navata centrale è presente un ricorso di arcatelle pensili spartite da lesene in gruppi di tre o di sei, alcune delle quali si dilatano per ospitare delle monofore relativamente ampie (ora tamponate). La singolare torre campanaria a struttura cilindrica è caratterizzata da corsi orizzontali di pietra con ciottoli e laterizi: indica una fase costruttiva in cui si inserisce la componente di derivazione ravennate, che fu presente nella diocesi aretina almeno per tutto l’XI secolo».
«Palazzo al Piano sorge ai margini occidentali della Montagnola, sopra un’altura che domina lo spartiacque tra la Val d’Elsa e la Valle della Rosia con l’importante strada che vi transita. Esso appare, oggi, come un castello turrito, che però è soltanto una ricostruzione moderna effettuata sui resti, ancora visibili, di un castello medievale. L’attuale torre è eretta su un basamento rettangolare a scarpa, certamente di origine medievale, che presenta sul lato est un’arciera ben conservata. Inoltre, inglobato nello scantinato della costruzione attuale, sul fronte ovest, esistono altre strutture, costituite da un muro esterno a scarpa, che poi si prolunga verso l’interno in due successivi angoli retti con due muri dello spessore di circa due metri, determinanti uno spazio piuttosto ristretto. Un breve tratto del muro perpendicolare a quello esterno prosegue anche al piano superiore. Si potrebbe dunque pensare che questo, insieme al basamento della torre, sia quanto restava delle strutture medievali al tempo della ricostruzione. Sulle origini di Palazzo al Piano restano forti incertezze (il toponimo è di origini recenti). Tra le ipotesi formulate c’è quella che potesse appartenere alla comunità di Pieve a Molli».
http://www.provincia.siena.it/La-provincia/Beni-Storici/Palazzo-al-piano
Pian d'Albola (villa di Albola)
«L’abitato attuale è sede di una vasta proprietà che Lodovico Acciaiuoli aveva costituito a partire dal 1514 con l’acquisto di terre, poderi, case coloniche e altri annessi situati nelle immediate vicinanze, riuscendo così a formare una notevole proprietà i cui terreni si trovavano anzitutto a Pian d’Albola e nelle località confinanti. Il luogo si raggiunge percorrendo la strada Radda in Chianti-Badia a Montemuro. Nei relativi atti di vendita e nelle denunce catastali del primo ventennio del XVI secolo, sono citati numerosi appezzamenti contigui di “terre vignate, lavorative, sode e boschive”, acquisiti in tempi diversi dai precedenti proprietari, comprese le abitazioni dei signori di Monte Rinaldi i quali, come è noto, avevano esercitato il loro dominio in questa parte del territorio chiantigiano fra i secoli XII e XIV. Attualmente l’elemento dominante è la villa-fattoria circondata da un ampio parco. È stata ricostruita nel XVIII secolo secondo il programma di rinnovamento edilizio del nuovo proprietario, il senatore fiorentino Ascanio Samminiati, che comportò la demolizione di gran parte delle strutture architettoniche medievali e della complessa casa turrita – antica residenza dei signori di Monte Rinaldi – i cui resti furono incorporati nella nuova costruzione, come testimoniano ancora oggi le due torri nel prospetto della villa. Nel Catasto fiorentino del 1427, il luogo “Piano da Albola” comprende “terra lavorativa, soda e vigna”, mentre nelle annotazioni catastali del 1776 figura l’attuale toponimo “Pian d’Albola” individuato con “casetta da lavoratore e terra lavorativa”, a conferma del ruolo agricolo preminente nell’economia agricola della zona. Precedentemente, la località “Piano di Albola” è individuabile nelle strutture medievali raffigurate nella cartografia della fine del XVI secolo, inclusa nel popolo di San Salvatore ad Albola. Nel nuovo Catasto toscano del 1832, la proprietà è registrata fra i beni dei figli di Giovanni Cosimo dei Pazzi il quale, sposandone la figlia unica erede, aveva ereditato il vasto patrimonio di Ascanio Samminiati. Dopo i Pazzi, proprietari dal 1762 al 1891, fra la fine del XIX secolo e gli inizi del successivo si susseguirono diversi passaggi di proprietà. Nel 1940 la villa-fattoria fu acquistata dalla famiglia Ginori Conti alla quale è appartenuta sino al 1979 quando è stata venduta a un’azienda vitivinicola ancora proprietaria».
http://www.ecomuseochianti.org/uncategorized/pian-dalbola (testo di Maurizio Carnasciali)
Piancastagnaio (rocca Aldobrandesca)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Collocata su un pianoro con ricca vegetazione di felci e castagni, Piancastagnaio presenta un aspetto caratterizzato da un pregevolissimo Castello Aldobrandesco, teatro di episodi storici legati non solo agli Aldobrandeschi ma anche alla famiglia Orsini, signori di Pitigliano nel tardo medioevo. Il castello è oggi adibito a museo e ad altre iniziative culturali, e registra un sistema di restauri che ne hanno valorizzato l'imponenza storica e architettonica. Da segnalare le poderose mura medioevali, che completavano le difese naturali dell'antico abitato, a testimonianza di una storia tormentata di quella comunità, interessata e vessata dalle mire espansionistiche sia delle famiglie Aldobrandeschi e Orsini, sia dell'Abbazia di S. Salvatore. I più antichi documenti su Piancastagnaio risalgono ai tempi in cui il monastero di Abbadia San Salvatore aveva possessi e privilegi in ogni parte del Monte Amiata e vi esercitava il potere religioso e civile. Questi documenti sono diplomi di Imperatori che fanno donazioni di terre e castelli al Monastero, Bolle di Papi che concedono giurisdizioni su Chiese, rogiti notarili di compere, vendite e permute di vigne, case e mulini situati nella valle del Paglia. Da questi atti, trascritti in pergamene conservate nei vari archivi di Stato, specialmente a Siena e a Firenze, risulta che il primo insediamento di Piancastagnaio fin dall’anno 890 fu denominato “Casale Piano” dopo il Mille “Villa de Piano” e anche “Piana Castagnaia”. Un diploma dell’imperatore Enrico IV, rilasciato all’abate Rollando nell’agosto del 1194 con al data “apud Pisa” e un diploma dell’imperatore Ottone IV del 1210 riconfermano al Monastero amiatino le donazioni precedenti di chiese e corti “cum toto Castro Plani Castagnate” e sue pertinenze. Da questo momento in poi l’antica Villa de Piano assumerà in prevalenza il nome di Castrum Plani. ...
Il castello fu concesso in feudo agli Aldobrandeschi nel 1208 e da allora vide l’avvicendarsi di vari padroni. Nel 1333 passò sotto il dominio di Orvieto che vi ripose del materiale di difesa controllato da soldati e da un Castellano, ma nel 1345 le truppe senesi abbatterono le fortificazioni ed occuparono il castello. L’occupazione si protrasse per oltre cinquant’anni fino a quando, nel 1416, un podestà inviato dalla repubblica senese in collaborazione coni più prudenti uomini di Piancastagnaio redasse i primi statuti. Nello stesso anno quattro tecnici militari senesi iniziarono l’opera di consolidamento della rocca seguito da qualche decennio dopo da un ulteriore restauro. Tuttavia, la ristrutturazione più importante, quella che dette alla Rocca le sembianze attuali, avvenne nel 1471 e il 1478. La struttura fu potenziata con una sorta di copertura che rivestiva la zona inferiore dell’originario edificio medioevale. I vecchi muri rinforzati da un contrafforte; sulla prima costruzione fu sovrapposto il maschio cinto alla sommità da una corona di mensole e di archetti pensili dove Siena fece apporre il leone rampante simbolo della repubblica e la balzana bianca e nera della città. Per tutto il periodo del domino senese la Rocca fu sede di una guarnigione militare. Quando, nel 1559 Siena passò sotto la signoria dei Medici, Piancastagnaio ne seguì le sorti e i nuovi signori apposero sopra la porta della Rocca il loro stemma con le palle. Nel 1601, infine, il territorio di Piancastagnaio fu dato in feudo al marchese Bourbon del Monte che trasformò la rocca in prigione. Nel Settecento, sotto il Granduca Leopoldo di Lorena, la Rocca perse al sua funzione rivestendo ruoli sempre più marginali. La storia recente della Rocca è caratterizzata da due grandi restauri: il primo ad opera del Commendator Gino Pietro Bigazzi, presidente della Sezione Ligure dell’istituto Italiano dei Castelli (I.B.I) nel periodo che va del 1962 al 1970, il secondo ad opera dell’Amministrazione Comunale di Piancastagnaio, proprietaria della Rocca dal 1990. Un sapiente e certosino restauro e l’individuazione di spazi espositivi hanno fatto si che la Rocca Aldobrandesca di Piancastagnaio sia oggi meta obbligata del turista e sempre più richiesta da artisti ed artigiani di valore internazionale per esporre le loro opere».
http://www.monte-amiata.eu/italiano/amiata-cultura-cc-rocca-piancastagnaio.asp
«Pienza, piccolo gioiello del Rinascimento nel cuore della Toscana, in provincia di Siena, al centro di una delle zone più belle d'Italia e più ricche di tesori d'arte, deve il suo nome e la sua fama ad Enea Silvio Piccolomini divenuto famoso come Pio II. Conosciuta nell'alto medioevo con il nome di Corsignano fu una roccaforte senese celebre per essere stata menzionata in una novella di Giovanni Boccaccio. Secondo alcuni storici il suo nome deriva da Corsinianus, uno dei militari di Silla tra i quali venne diviso il territorio chiusino, altri invece fanno discendere i Piccolomini da un Bacco Piccolomo alleato di Porsenna nella guerra mossa contro l'antica Roma. Gran parte della sua architettura più bella fu fatta realizzare proprio da papa Pio II tra il 1459 ed il 1462 che chiamò a lavorare a Pienza uno degli architetti più famosi dell'epoca, Bernardo Rossellino, trasformando il borgo natale di Corsignano in una splendida cittadina rinascimentale, eccezionale esempio di architettura e urbanistica quattrocentesche. Pienza, dichiarata dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità per l'importanza dei suoi monumenti e del suo assetto urbano, costituisce altresì, una meta ideale per un breve soggiorno, una vacanza rilassante fra cultura e gastronomia, al centro di un territorio per gran parte ancora incontaminato. Piazza Pio II. La piccola piazza, progettata e costruita tra il 1459 e il 1462 dal Rossellino, la cui pavimentazione riquadrata consente all'osservatore un'immediata valutazione delle distanze e delle proporzioni, costituisce il cuore dell’abitato e intorno ad essa sono disposti i principali monumenti della città: il Duomo, il Palazzo Piccolomini, il Palazzo Borgia e il Palazzo dei Priori Davanti al Palazzo Piccolomini un grazioso pozzo reca lo stemma di questa famiglia. Girando attorno alla cattedrale si scopre una bella veduta della Val d’Orcia, di Radicofani, del Monte Cetona e del Monte Amiata. Decentrato rispetto alla facciata del Palazzo Piccolomini, si trova il bellissimo pozzo, con due colonne dai finissimi capitelli sormontate da un architrave in travertino minutamente lavorato, ed eseguito da maestranze fiorentine. Casa dei Canonici. Sulla sinistra della piazza si trova la Casa dei Canonici, di semplici forme rinascimentali e con la facciata adorna di graffiti.
Palazzo Piccolomini. Sul lato destro della piazza è il Palazzo Piccolomini, è il secondo edificio più importante che si affaccia sulla piazza, voluto da Pio II come abitazione per sé e per i propri familiari. Il palazzo per la realizzazione del quale fu necessaria la cifra di 50.000 fiorini dell’epoca ha ricorda, nelle forme, il fiorentino Palazzo Ruccellai dell'architetto Leon Battista Alberti. La facciata è a tre ordini sovrapposti, rivestita in bugnato regolare. Al piano terreno si aprono finestre rettangolari, mentre le superiori si aprono in bifore dai nitidi capitelli ritmando la superficie. Nella parte verso la campagna presenta una loggia a tre ordini con una splendida vista sul giardino pensile, sulla Val d'Orcia e sul Monte Amiata. All'interno, le spaziose e ampie sale, le riquadrature delle porte, i bei soffitti e le trabeazioni dei camini ripetono con decoro motivi ornamentali di sobria eleganza. Al primo piano, trasformato in museo, si trovano gli appartamenti, sontuosamente decorati e arredati, che hanno visto, generazioni di Piccolomini lasciare la propria impronta e il proprio segno. Particolarmente suggestivi la Sala da Pranzo, il Salotto, la Camera da letto di Pio II. Importante la biblioteca dove sono conservate opere rare, incunaboli e medaglie. Per la visita (tutti i giorni tranne il lunedì) rivolgersi al custode.
Palazzo Borgia. Accanto alla Casa dei Canonici è il Palazzo Borgia, oggi dell'Episcopato, voluto pa Papa Pio II per uno dei prelati del suo seguito, il cardinale Rodrigo Borgia, che poi fu papa con il nome di Alessandro VI. La costruzione fu ricavata riadattando un preesistente edificio gotico, probabilmente il palazzo pretorio del vecchio borgo di Corsignano limitandosi a rialzandolo di un piano e sostituendo le finestre gotiche con finestre a croce guelfa e aggiungendo un bel portale in travertino e un delizioso piccolo cortile interno; sullo spigolo è posto lo stemma dei Borgia. Nei locali del Palazzo Borgia è allestito il Museo Diocesano che ospita, nelle sue 11 sale, una delle raccolte di tavole dipinte più prestigiose della provincia di Siena (P. Lorenzetti, il Vecchietta, L. Signorelli, Fra' Bartolomeo etc.), arazzi fiamminghi del '400 e '500, codici miniati di Sano di Pietro, argenteria ma soprattutto lo straordinario Piviale di Pio II, istoriato di fabbricazione inglese, impressionante per la qualità tecnica ed iconografica dei particolari. Il Museo Diocesano ospita periodicamente anche mostre d’arte ed altri eventi collaterali.
Palazzo Comunale. Di fronte alla Cattedrale si leva il Palazzo Pubblico, tutto in travertino, con loggia al pianterreno Sul loggiato a tre arcate è poggiato un ordine che s'apre in allungate e leggere bifore di travertino. Sul lato destro una torre in mattoni a due piani merlati e facciata decorata a graffito, progettato dal Rossellino sembra che sia stato da Pietro Paolo da Porrina e Puccio di Paolo, ma lo stato odierno è frutto di restauri tardo ottocenteschi. II palazzo, attualmente sede dell’Amministrazione Comunale, conserva all’interno della Sala del Consiglio un affresco di scuola senese del ‘400 raffigurante la Madonna col bambino e i patroni di Pienza. Altri palazzi. Altre case ed altri palazzi furono poi costruiti attorno agli edifici principali e sparsi per le strade di Pienza, fabbricati con gusto e materiale affini alle costruzioni del Rossellino, sotto la sorveglianza dell'architetto Pietro Paolo del Porrina, senese. Le costruzioni hanno uno stile di derivazione albertiana, frammisto a motivi di gusto più antico. Ricordiamo i palazzi che appartennero ai Cardinali della corte papale, e in primo luogo il Palazzo Ammannati oggi Newton fatto costruire dal Cardinale Gerolamo Ammannati di Pavia, prediletto di Pio II. Le superfici lisce sono segnate da cornici sottili e aggettanti; le finestre sono a croce guelfa. Degni di nota il Palazzo Jouffroy, il Palazzo Atrebatense, il Palazzo Salomone Piccolomini e del Cardinale Gonzaga, che completano un tessuto urbano di grande fascino».
http://www.pienza.info/pienza_centrostorico.php
Pievescola (castello La Suvera)
«Le origini della Suvera risalgono all’Alto Medioevo,quando l’edificio era un castello nel territorio della Signoria di Siena, nel Feudo della leggendaria Contessa Ava Matilda de' Franzosi, parente del Re di Francia Clodoveo, conosciuta anche come la Regina di Montemaggio. è probabile perciò che l’antico nome La Suvera, derivi proprio dalla parola francese "Souveraine", la Sovrana. Questa contea raggiunse la massima estensione al tempo della potente famiglia degli Ardengheschi, longobardi discendenti da Ardengo, conte palatino di Carlo Magno. Successivamente La Suvera passò ad altri feudatari in alternanza di fortune, fino ai Chigi, per essere infine donata al papa Giulio II dalla Signoria di Siena, che intendeva in tal modo di conquistarne i favori. Questo papa rinascimentale, abile uomo politico e valoroso guerriero, è più noto però come mecenate di artisti come Raffaello, per le “Stanze” Vaticane, il Michelangelo della Sistina, oppure Bramante, per il progetto della nuova basilica di San Pietro,che resterà la Chiesa più grande del mondo. Anche sulla Suvera pose le sue mani, affidando al genio dell’architetto Baldassare Peruzzi, l’impresa di amalgamare la severità medioevale dell’antica fortezza con il sontuoso gusto del Castello rinascimentale, come oggi ancore lo conosciamo. La Suvera da Giulio II fu trasmessa a suoi discendenti della Rovere, e in seguito tornò ai banchieri Chigi di Siena, per arrivare poi attraverso matrimoni, successioni e acquisizioni, agli attuali proprietari, la famiglia dei marchesi Ricci che, come testimoniano i registri notarili di Siena, ne era già stata proprietaria nel lontano 1123. Il marchese Giuseppe Ricci Paracciani e sua moglie, la principessa Eleonora Massimo, hanno fatto della loro casa uno straordinario Relais di campagna per ospiti alla ricerca di una autentica esperienza culturale, riuscendo a fondere la storia di questo antico borgo con quella dei loro illustri antenati, i cui arredi impreziosiscono l’insolito museo al Piano Nobile del Castello e le suite e camere storiche, realizzate per il piacere dei loro ospiti e per soddisfare la loro naturale curiosità. Il Borgo de La Suvera si è sviluppato attraverso i secoli intorno al suo Castello, affiancato dalla Chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, rimasta nella sua rigorosa architettura medioevale, addolcita all’interno da decorazioni in stucco di gusto barocco settecentesco, che incornicia tombe di famiglia, reliquie e storici arredi. Dalla Chiesa si staccano altri edifici nati in epoche successive per le esigenze dei tempi, passate ormai alle nuove esigenze alberghiere di un Relais di 5 L, in mezzo ad architettonici giardini all’italiana a terrazzamenti, che si bagnano nella piscina nata dalle vasche per le trote».
http://www.lasuvera.it/storia.php
Poggiarello di Toiano (castello)
«Le prime tracce del Castello Poggiarello, ai piedi del bacino della Montagnola Senese, risalgono intorno all’anno 1100 allorché esisteva solo la torre merlata più alta di avvistamento con basamento a scarpa (piramidale) e le sue arciere e finestre ad arco ribassato avente funzione di controllo militare del territorio a sud-ovest della Repubblica di Siena. Successivamente nel tardo 1300 la costruzione, passata probabilmente in proprietà ad una delle famiglie gentilizie nobiliari senesi, viene ampliata con la edificazione della torre più bassa a base quadrata per consentire lo stoccaggio dei prodotti agricoli provenienti dai territori circostanti bonificati dal Governo Senese, e metterle al riparo dalle razzie delle armate mercenarie o compagnie di ventura che si spostavano da una parte all’altra del contado e già in un Estimo del 1387 viene riportata l’esistenza di una “terram vinetam” (vigna) al Poggiarello di Toiano. La nobile famiglia Chigi ne entra in possesso agli inizi del 1600 destinandolo a dimora fortificata signorile erigendo la cappella, tipico esempio di architettura rinascimentale senese attribuita a Baldassarre Peruzzi che, nel 1678, viene dedicata a Sant’Agostino in onore del principe Agostino Chigi che l’aveva voluta e, quindi, avviata l’organizzazione della tenuta agricola in unità poderali (poderi), come si ricava dal testamento del Principe, aperto nel 1636, che così riporta le caratteristiche della proprietà: “... la Villa del Poggiarello, con un palazzo et una torre tutti di pietra e fortificati al antica, ma con più sorte di comodità, così per l'abitazione del padrone, come per conservatione delle robbe e con cortile, piazza, gallinaio, cappella, giardino e altre piazze esterne, e sodi con l'infrascritti poderi, chiuse e beni parte lavorati al presente a mezzaria e parte fatti coltivare in riguardo delle viti dallo stesso padrone, essendo alcuni solo lavorativi, alcuni a vigne, ad anguillacci, et altri olivati e coltivati ad arbori con viti e con arbori domestici d'ogni sorte...”. Successivamente, gli eredi continuarono nell’ adattamento del maniero alle nuove esigenze abitative, mantenendone inalterate le caratteristiche fortilizie, apponendo la copertura delle merlature delle torri e delle altre parti dell’edificio, iniziando la costruzione delle adiacenti abitazioni dei lavoranti al servizio della tenuta dando incremento alle produzioni agricole del tempo ed in particolare quella vinicola ed olearia, poi abbandonate nel periodo delle due guerre mondiali ma riprese dagli attuali proprietari con l’adeguamento delle antiche cantine e del frantoio alle moderne tecnologie di vinificazione e molitura».
http://www.castellopoggiarello.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9&Itemid=109
Poggibonsi (castello della Magione)
«Il castello della Magione di Poggibonsi (SI), conosciuto anche con le denominazioni di "magione di San Giovanni al Ponte", o ancora "spedale di san Giovanni in Jerusalem alla Magione", è un complesso monumentale medievale appartenuto ai Cavalieri templari e conservatosi fino ai nostri giorni. Il Castello è sede magistrale della Milizia del Tempio-Ordine dei poveri Cavalieri di Cristo. Il castello della Magione sorge sulla riva destra del torrente Staggia, in corrispondenza dell'antico ponte di Bonizio, a circa 3 chilometri dal centro di Poggibonsi. Esso è costituito da una antica chiesa e da uno "spedale" per i pellegrini in transito sulla via Francigena. Il complesso è datato intorno agli inizi del XII secolo ed appartenne inizialmente ai Cavalieri templari. Quando nel 1312 l’ordine fu soppresso, passò agli Ospitalieri che lo detennero fino al 1752. Successivamente lo spedale fu dato in usufrutto a diversi proprietari, tra cui i principi Corsini. Con la soppressione dell'ordine di Malta (1799), i beni che erano appartenuti al complesso furono incamerati dal demanio (1817). Nel 1866 i Corsini vendettero la chiesa e gli altri edifici, mantenendone però l'usufrutto. Negli anni successivi il complesso perse di importanza e fu ridotto a podere, subendo anche continui e considerevoli danni alle strutture, a causa delle frequenti inondazioni del vicino torrente Staggia. La chiesa fu sconsacrata nel 1822. Nel 1942 e nel 1969 furono fatti alcuni tentativi di recupero. Nel 1979 l'intero complesso fu acquistato da Marcello Alberto Cristofani, che lo donò, come dotazione patrimoniale e sede magistrale alla Milizia del Tempio-Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, da lui fondato e vi fece condurre i lavori di restauro. ... L'intero complesso conserva quasi del tutto inalterati i segni della sua origine romanica. Dall'esterno si possono osservare alcune parti delle fortificazioni e delle mura difensive che collegano tra loro le strutture edilizie a formare un unico insieme a pianta trapezoidale, che costeggia sul lato ovest il torrente Staggia. Sul cortile si affacciano le sale dell’antico pellegrinaio, i locali del convento dei cavalieri-monaci, la piccola foresteria, tuttora utilizzata, la scalinata per l'accesso ai piani superiori dell'edificio».
http://www.sitoscana.it/scheda_itinerario.php?id_prodotto_itinerario=757&Castello-della-Magione
Poggibonsi (castello di Strozzavolpe)
«Probabilmente il castello è da riconoscere nel toponimo di Scoriavolpe, attestato nel 1154 in un documento di Badia a Isola. Non abbiamo alcuna notizia per tutto il medioevo e non siamo in grado di prospettarne una pur schematica storia. Nella seconda metà del XIII secolo apparteneva comunque alla famiglia degli Alberti e tramite legami matrimoniali passò nel patrimonio dei Salimbeni. Nel 1313 Arrigo VII lo occupò e se ne servì come base per devastare il contado senese sino alle soglie di Porta Camollia. Nel 1318 i Salimbeni, in particolare Benuccio di messer Benuccio ed i nipoti, possedevano «cassarum et fortilitiam» di Strozzavolpe; la struttura venne poi venduta alla fine del XIV secolo agli Adimari di Firenze (lo stemma di questa famiglia si trova scolpito su un caminetto in locali adibiti ancora nel 1960 a fattoria). Nel 1479, al tempo della presa di Poggibonsi da parte del Duca di Calabria, anche Strozzavolpe subì l'assedio ma non cadde; l'affresco esistente nella Sala del Consiglio del palazzo comunale di Siena (opera di Giovanni di Cristoforo Ghini e Francesco d'Andrea nel 1480), mostra infatti il castello come unico con il vessillo ancora issato (bandiera bianca con croce rossa: i mercanti fiorentini). Il castello è stato oggetto di un interessante studio dallo storico locale Arcangeli. Questo autore, contando su confronti iconografici di vecchie stampe e tramite verifica di persona, osserva come il complesso originario si componesse di due torri, muri a scarpa con fossi intorno, un ponte levatoio ed «un maschio centrale». Le due torri erano poste una sul ponte e l'altra all'estremità opposta. All'interno, oltre il maschio, erano collocati dei piccoli edifici lungo le mura (che ancora sussistevano), i sotterranei e l'ingresso di una galleria. Nel XIX secolo il proprietario Alessandro Bizzarri fece effettuare un restauro integrale al maschio, in stile romantico tedesco, dall'ingegnere Jacopo Rigacci: nacque così un grande corpo sproporzionato alle mura e fu quindi giocoforza innalzare la torre d'accesso, i cui vecchi merli sono incorporati nel rialzamento, dove ancora si distinguono, mentre la nuova merlatura fu fatta in mattoni e poggiante su beccatelli, inoltre fu aperto il fossato. Del castello rimane l'originaria cinta muraria di forma irregolare con muratura, almeno in parte originaria».
http://www.poggibonsi.com/castello_di_strozzavolpe_ital.htm
Poggibonsi (fortezza Medicea, detta dell'Imperatore o di Poggio Imperiale, cassero)
«La Fortezza Medicea detta dell'Imperatore o di Poggio Imperiale, costruita fra il 1488 e il 1511 dal grande architetto Giuliano da Sangallo su commissione di Lorenzo il Magnifico a dominio della via Cassia per Siena, fu uno dei primi banchi di prova per la realizzazione delle nuove concezioni di fortificazione che si stavano velocemente sviluppando in quegli anni. La sua importanza nella storia dell'architettura militare è grandissima. Nessuna altra impresa urbanistica intrapresa nel secolo XV nell'Italia centrale ha le caratteristiche di maestosità di questa: sul Poggio Imperiale non si voleva innalzare solo una grande fortezza ma si volle avviare la fondazione di una città nuova. L'opera rimase incompiuta, sia per la morte di Lorenzo nel 1492 che per l'evolversi del conflitto fra Siena e Firenze e la conseguente cessazione dell'importanza strategica del Poggio, ed è giunta nel suo stato embrionale ai giorni nostri. Per questo è più facile una sua lettura, grazie alla mancanza di contaminazioni architettoniche successive. L'opera è formata da due strutture strettamente legate fra loro: la cerchia muraria e la fortezza vera e propria. Sul pendio occidentale del colle si snoda l'incompleta, fu eretta per circa la metà della sua prevista estensione, cinta muraria bastionata. Questa non segue un particolare modello geometrico ma è modellata sull'orografia del terreno e si svolge per circa un chilometro. Gli anni di abbandono e trascuratezza hanno fatto sì che oggi l'opera sia quasi totalmente amalgamata con la natura circostante, ma ancora in un buono stato di conservazione, a riprova della solidità e della cura posta nella sua costruzione. L'opera è realizzata prevalentemente in mattoni, ad eccezione delle cuciture degli angoli e le troniere per le quali fu impiegata la pietra. L'intercapedine delle mura è dotata di una galleria di ascolto per le mine nemiche. Sul lato più occidentale troviamo l'unico ingresso costruito interamente in pietra e dotato in origine di ponte levatoio dal cui androne, ornato di due stemmi in pietra della repubblica Fiorentina, si accede alla suddetta galleria. Sulla sinistra della porta si erge una torre in pietra, unico resto dell'insediamento precedentemente esistente sul poggio, inglobata nel nuovo sistema difensivo. Di detto insediamento, Poggiobonizio, stanno tornando alla luce, grazie a scavi archeologici, anche altre tracce visibili all'interno della cerchia, che per il resto rimase sempre vuota. Varcata la porta una strada in terra battuta ci conduce al culmine del rilievo, dove sorge la fortezza.
La fortezza sorge su un luogo piano e quindi fu possibile dargli una forma geometrica rettangolare con una punta, quasi un rivellino, posta al centro del lato esterno orientale. Questa particolarità può far assomigliare la pianta della costruzione ad un pentagono. Su ognuno degli angoli si trova un bastione, due sul lato posteriore occidentale verso la città e tre (due più la punta) sul lato opposto. Ad uno dei due bastioni occidentali fa capo la cinta muraria. Anche l'accesso alla fortezza è chiaramente praticato sul questo fronte. Attraverso un lungo androne si sale all'area interna passando da una costruzione a quattro piani, chiamata cassero ma più una caserma in realtà, disposta sull'asse nord-sud e lunga tanto da raggiungere i due lati maggiori della fortezza e dotata di una cappella. Le fortificazioni esterne sono maggiormente curate rispetto a quelle della cinta muraria, ma anch'esse sono costruite in mattoni con le troniere e gli angoli rinforzate in travertino. Solo la punta esterna è realizzata interamente in marmo ed è scarpata per tutta la sua altezza. Su tutte le restanti parti dei bastioni la scarpa è si elevata ma oltre al redondone in pietra si erge una parete verticale, dove sono praticate le troniere. Fino a pochi anni orsono l'interno della fortezza era adibito a coltivazione, solo recentemente sono iniziati lavori di recupero dello spazio con il restauro del "cassero", oggi adibito spesso a sede di mostre. Dall'area interna si gode uno stupendo panorama sui dintorni. La fortezza di Poggio Imperiale, per l'età nella quale fu costruita, è considerata la capostipite di città bastionata dotata di forte che ritroveremo in gran parte dell'architettura fortificata dei secoli successivi».
http://www.castellitoscani.com/italian/poggibonsi.htm
Poggibonsi (palazzo Pretorio, torre del Podestà)
«è un edificio della fine del 1200 inizi del 1300 ed è stato la sede del potere civile di Poggibonsi dopo la distruzione di Poggibonizzo nel 1270 e fino alla costruzione del nuovo Palazzo Comunale nel 1862. Al piano terreno originariamente era presente un loggiato aperto, del quale sono ancora visibili la grandi arcate, adibito alle adunanze pubbliche ed al mercato (prima foto in alto) mentre al piano primo era suddiviso in alcuni locali che comprendevano anche una sala per le adunanze. Affiancata ad esso è posta la torre del Podestà, preesistente costruzione duecentesca, inglobata della quale sono ancora visibili le varie aperture originarie: Sulla sommità era presente un campanile a vela, dove era alloggiata una campana per dare i segnali al castello nelle varie occasioni: ore, calamità, guerre, assedi. Nel 1895 fu aggiunta la merlatura, fu demolito il campanile a vela e la campana fu donata per il campanile di San Lucchese. Sulla torre era installato anche un orologio, commissionato dal Comune a Messer Guglielmo, teutonico maestro orologiaio, il 7 settembre 1500, che con la demolizione del campanile a vela fu trasferito sulla Torre del campanile della Collegiata e munito degli attuali quattro quadranti. La costruzione molto probabilmente fu realizzata in due tempi distinti: il loggiato che costituisce il piano terreno ed il piano primo fino all' altezza del davanzale delle finestre è realizzato in pietre di travertino disposte a filaretto, mentre la rimanente parte del piano primo è realizzata in mattoni con alternati conci di travertino. L'edificio nei secoli ha subito numerosi rimaneggiamenti, tanto che agli inizi del Novecento risultava completamente intonacato con tutte le finestre ad architrave a piattabanda e munite di persiane. Intorno agli anni Trenta fu eseguito un restauro che lo ha riportato all'aspetto originario come lo vediamo oggi. Nei vari secoli i podestà che vi sono succeduti hanno affisso sulla facciata i loro stemmi in pietra ancora ben visibili sopra le arcate del piano terreno. Dal novembre 1997 l'edificio ospita il Museo di Paleontologia, con testimonianze di Archeologia e Scienze Naturali».
Poggibonsi (porte, torre di San Francesco)
«Nell'intero complesso fortificato c'erano quattro porte principali, costruite con pietre squadrate, con doppie entrate una interna e una esterna, che sono collegati da una via di passaggio e da una volta rotonda. Le porte avevano il meccanismo "bolzoni" per calare il ponte levatoio: "Porta di San Francesco": che guarda verso sud verso il Convento di San Lucchese. "Porta del Giglio": che guarda verso Firenze. "Porta della Fonte": che guarda verso la fontana di Vallepiatta. "Porta di Calcinaia": che guarda verso Siena. Un'altra apertura si trova tra le porte del Giglio e della Fonte. Quest'apertura è piccola e architravata e probabilmente serviva da entrata d'emergenza. ... La Torre di San Francesco si trova all'interno delle mura della Fortezza Medicea, alcuni metri dietro la Porta di san Francesco, la torre ha una pianta quadrangolare ed è costruita su tre lati. Ha un rivestimento esterno di mattoni squadrati di travertino arrangiati in corsi paralleli orizzontali. La data della sua costruzione è all'incirca attorno alla seconda metà del XIII secolo, per cui sembra essere un resto dei lavori di ricostruzione di Poggio Bonizio portati avanti nella metà del XIII secolo, questi lavori furono fatti in un estremo tentativo di rinforzare le difese prima della distruzione messa in atto dalla truppe fiorentine. La torre che era ancora visibile nella seconda metà del XV secolo, entrò a far parte del piano di Giuliano da Sangallo e fu inserita nelle fortificazioni unendo ad essa le nuove strutture della porta e delle mura, e funzionando come un bastione di difesa della porta stessa».
http://www.colonialvoyage.com/viaggi/itapoggibonsi2.html
Poggio alle Mura (castello Banfi)
«Il castello di Poggio alle Mura, noto anche come Castello Banfi in quanto proprietà e sede di rappresentanza di questa importante azienda vitivinicola, fu eretto, nella sua forma attuale, su un poggio presso la confluenza dei fiumi Orcia ed Ombrone nel 1438. La sua posizione e la storia del territorio circostante fanno supporre che l'origine possa addirittura risalire ai Longobardi, che qui avrebbero eretto una delle loro torri di guardia. Non esite documentazione comprovante questa teoria, anche se è certo che la costruzione del primo nucleo fortificato è antecedente all'anno mille. Il primo grande ampliamento risale invece alla seconda metà del 13° secolo [dopo la battaglia di Montaperti, 1260]. Le fonti scritte parlano di Poggio alle Mura per la prima volta solo nel 1377, indicando il castello fra le proprietà degli eredi di Francesco di Tommaso Colombini. Dopo l'ulteriore sopracitata ricostruzione del 1438, così importante da fare di Poggio alle Mura uno dei castelli più grandi del contado senese, altri lavori furono portati avanti nel corso del 17° secolo. Un'ala del fortilizio fu minata durante l'ultima guerra mondiale e ricostruita nell'ambito del recente magnifico restauro intrapreso dall'attuale proprietà. Oltre che le valli dell'Orcia e dell'Ombrone dal colle di Poggio alle Mura è sempre stato facile controllare le vie di comunicazione fra Siena, il Monte Amiata e la Maremma, quindi la posizione strategica ha da sempre posto il castello al centro di aspre contese fra la Repubblica Senese, che in questa direzione cercava il vitale sbocco al mare, gli Aldobrandeschi, signori del territorio, e Firenze, che temendo una troppo grande espansione commerciale della nemica Siena aveva interesse a chiudere ogni accesso a nuove risorse logistiche.
Fra i proprietari del castello annoveriamo le famiglie dei Tolomei e dei Placidi, la Repubblica di Siena [che confiscò il castello proprio ad Ardello Placidi, accusandolo di essere un ribelle, per consegnarlo allo Spedale di Santa Maria della Scala], di nuovo i Placidi. Oggi la proprietà è della Banfi SpA che ne ha fatto un importante centro enoturistico. La lettura dell'impianto fortificato non è delle più semplici a causa le stratificazioni architettoniche avvenute nel corso dei secoli. Il castello, di forma quadrata più o meno regolare, si articola attorno ad un cortile, tre lati sono occupati da vari edifici, il quarto è chiuso da una cortina muraria. Su questo fronte si apre la porta principale sormontata da apparato difensivo a sporgere. Una torre merlata svetta dal complesso. Lungo il perimetro esterno si può, in alcuni punti, ancora notare il basamento scarpato e la bella torre all'angolo nord, l'unica con ancora l'aspetto medievale originario. Sul lato nord si apre una seconda porta, alla quale si accede grazie ad una rampa [aggiunta successiva] in pietra poggiata su due grandi archi. Il cortile d'onore è uno splendido esempio di architettura rinascimentale [così modificato quando il castello divenne un 'palazzo'] con basse arcate su pilastri ottagonali, un grande camino, volte a vela, lunotti decorati e uno stemma mediceo risalente al 16° secolo, successivo alla caduta di Montalcino. Si possono notare ancora alcune feritoie, poste oggi poco al di sopra del livello del suolo. Questo testimonia l'avvenuto rialzamento dell'area antistante alle mura: originariamente l'accesso avveniva mediante una cordonata a rampa. Con la successiva aggiunta di edifici interni si è venuto a creare un secondo portico di servizio, privo di decorazioni. Oggi il castello ospita il museo del vetro e del vino».
http://www.castellitoscani.com/italian/poggio_alle_mura.htm
Radda in Chianti (palazzo del Podestà)
«Il nome “Ratta” compare per la prima volta in un documento storico del 1003. Già nel 1100 Radda è il centro più popolato e importante della zona. Diventata parte integrante della “Lega del Chianti”, sistema di controllo e di difesa del territorio fiorentino, Radda nel 1384 diviene sede del podestà. Il Palazzo del Podestà, oggi sede del Comune, è un esempio di architettura minore fiorentina del quattrocento. Nell’agosto del 1478 le truppe aragonesi-pontificie, distrussero il Castello di Radda e con esso la casa del Podestà. La riedificazione ebbe inizio nel 1484 e terminò nel 1489. L’originaria costruzione quattrocentesca fu restaurata nel 1557 con lavori di manutenzione al tetto e alla terrazza. L’attuale struttura è dovuta ai lavori avvenuti intorno al 1770. In quella occasione fu ampliato il volume dell’edificio con l’aggiunta del secondo piano, la costituzione dell’ala delle carceri, il cortile e la casa del carceriere. Nel 1873 fu inserito nel corpo della facciata l’orologio fabbricato a Rocca San Casciano da Agostino Cavina. Per più di quattro secoli il palazzo fu dunque il luogo deputato all’amministrazione della giustizia per le comunità del Chianti. A terra vi erano le quattro carceri maschili, al primo piano era posta la sala del Vicario Regio, mentre al terzo vi erano gli archivi. L’unica cella destinata alle donne, fu invece ricavata in strutture interne dell’edificio principale. Le celle, dotate di impiantito di mattoni, intonacate e tinteggiate erano dotate di doppie porte d’ingresso e inferiate poste ad una unica finestra. All’interno vi era un contenitore per riporre il bugliolo, una luce a candela e un letto costituito con tavole, coperto da un materasso vegetale detto saccone. Le carceri hanno ospitato persone recluse a vario titolo fino al 1944».
http://www.comune.radda-in-chianti.si.it/it/content/turismo-e-cultura
«Nel 1189 la terza parte del Castello di Radi, di proprietà del Vescovo di Volterra, venne ceduta al Vescovo di Siena. All'inizio del Trecento apparteneva a Ranieri del Porrina, finché questi, nel 1316, si assoggettò a Siena ad accettò di non costruire più fortificazioni (le precedenti erano state distrutte), ma solo case per sé e per i suoi dipendenti fuori dal castello. Circa cinquant'anni dopo, gli abitanti di Radi, assieme a quelli di altri villaggi, chiesero di poter costruire una fortezza, per difendersi dalle numerose incursioni e saccheggi delle compagnie di ventura; la richiesta probabilmente fu accolta, anche se con il divieto, pena una pesante multa, di accogliere fuoriusciti. Oggi il castello di Radi rivela la sua storia: rimane un alto torrione in pietra con porte e finestre ad arco, ormai fatiscente, case medievali in restauro ed una chiesa. La chiesa era una suffraganea della pieve di Molli, all'interno della diocesi di Volterra. è costruita in stile romanico, ma probabilmente risale alla metà del Duecento. Ha una navata unica senza abside; la facciata è molto semplice e su di essa si apre, oltre al portale di ingresso, anche un "occhio", che dà luce all'interno assieme alle tre finestre, disposte una su ciascuno dei lati. Il paramento murario è realizzato in filaretto di calcare cavernoso color cenere; il campanile a vela si alza sulla pendenza del tetto. Il complesso è di proprietà privata e attualmente non è visitabile».
http://www.comune.sovicille.siena.it/Main.aspx?ID=328
Radicofani (resti della fortezza)
a c. di Fernando Giaffreda
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Contrapposto alla fortezza senese di Monteriggioni, era di grande importanza strategica per i fiorentini: resistette a un assedio nel 1397 comandato da Alberigo di Barbiano, ma il 23 luglio 1478 fu raso al suolo dai senesi e di esso perciò non rimangono che un piccolo tratto delle antiche mura e il basamento di una torre incorporato in una colonica. È per fortuna rimasta intatta la canonica di San Michele dalle tipiche forme romaniche: sulla facciata è interessante notare un motivo decorativo costituito da una serie di arcatelle».
http://www.about-chianti.com/castellina-in-chianti
Ripa d'Orcia (castello Piccolomini Clementini)
«Sebbene l’indicazione più antica dell’esistenza di un abitato in località Ripa d’Orcia, talora con la variante Ripa al Cotone, risalga, secondo il Dizionario geografico fisico storico della Toscana del Repetti, al 1271 anno nel quale si trova inviato sul posto “un giusdicente minore sotto gli ordini del potestà di Siena”, F. Salimei riporta che i Salimbeni “dovettero possedere fin dal secolo XII in Val d’Orcia fra l’altro i castelli di Chiarentana e della Ripa d’Orcia” e che questi furono “interamente opera loro (dei Salimbeni)”. Ulteriori notizie anticiperebbero al 18 luglio 1213 la prima comparsa della Ripa nei documenti, mentre certo è che la Ripa, tra il 1250 e il 1258, fu venduta dalla consorteria dei Tinniosi alla Repubblica di Siena data la sua importanza militare e strategica durante le numerose ed aspre lotte fra le potenti famiglie e il governo cittadino. Nel 1274 il Castello di Ripa d’Orcia, insieme a molti altri possedimenti, è di proprietà della famiglia Salimbeni la quale si pone in Val d’Orcia a capo di un vero e proprio Stato. La Ripa al Cotone di Valdorcia, pur essendo valutata meno di altri possedimenti della Consorteria, assume fin da subito un enorme significato strategico-militare tanto da essere attestato nella Tavola delle Possessioni del 1316 quale “Roccham et fortilitiam de Ripa Cotone” di proprietà di Niccolò e Stricca di Giovanni di Salimbene. Successivamente il Capitolo dello Spedale deliberò la vendita (1437) a tal Compagno di Bartolomeo della Agazzara, i cui discendenti nel 1484 alienarono la Tenuta avente “per confino da un lato l’Asso, dall’altro l’Orcia, dall’altro la corte di Sancto Quirico e dall’altro la corte di Vignone” a madama Francesca, vedova di messer Pietro di Bartolomeo Piccolomini. Dal 1484, quindi, il Castello con il borgo fortificato ed i terreni circostanti entrarono in possesso della famiglia Piccolomini del ramo dei Carli a cui in seguito si aggiunsero i rami dei Clementini e dei Febi. ...
Collocato in altura, il Castello di Ripa d’Orcia, ha una cinta di torri, di mura merlate e di bastioni che rendevano difficile l’accesso al borgo e al torrione più alto e più solido. Come negli altri fortilizi dell’epoca, è facile immaginare ponti levatoi e saracinesche o ordigni di ferro e travi pesanti quali potenti mezzi di difesa ed invincibili impedimenti per i malcapitati assalitori. La cinta muraria esterna occupa l’estremo limite di un poggio proteso sulla valle dell’Orcia. Essa racchiude un gruppo di case (borgo) articolato lungo due strade parallele poste a due livelli secondo l’andamento del rilievo collinare. Oltre alle case, la Chiesa dedicata a S. Maria delle Nevi, una fila di giardini e di orti ed, infine, il Castello vero e proprio composto da tre elementi distinti. ... L’alta torre quadrilatera con i cameroni dalle grosse volte e le finestre oblunghe, una corte triangolare porticata con il caratteristico pozzo in travertino, ed un corpo rettangolare separato dal torrione da un vestibolo scoperto. Il corpo rettangolare, adiacente al torrione merlato, si compone di tre piani: la ex-cantina, il salone delle feste e la ex-sala d’armi; di notevole suggestione è il camino di ronda da cui si gode una veduta dantesca sulla Rocca a Tentennano e sulle bellezze naturali a precipizio sul fiume Orcia».
http://www.castelloripadorcia.com/storia_tempiantichi.htm ss.
Rocca d'Orcia (rocca di Tentennano)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«L'alta ed inespugnabile Torre di Tentennano (o Rocca d'Orcia), costruita intorno al 1100-1200 dalla famiglia degli Aldobrandeschi, è stata per circa due secoli un centro di controllo strategico sulla Via Francigena (famosa strada medievale che univa Roma con il nord Italia e la Francia) oltre che la piccola capitale della Val d'Orcia. Nel primo ripiano sorgevano le abitazioni della servitù e della guarnigione; nel torrione c’è una prima sala inferiore che poggia direttamente sulla roccia; per una scala interna si va alla sala superiore, da cui si va nella piccola cucina triangolare che conserva ancora il pozzo, il forno e la canna del camino. Dalla sala superiore, ampia e con copertura a volta, una ripida scala di ferro si arrampica ad una botola che sbuca sulla terrazza, da dove si ammira un vasto panorama che spazia dal Monte Amiata alla Val d’Orcia con colline morbide punteggiate di poderi, chiuse all’orizzonte da poggi boscosi, il torrione di Vignoni vecchio che sovrasta Bagno Vignoni e nasconde San Quirico d'Orcia, la fila dei tetti di Pienza, e più lontano Monticchiello e Montalcino, le montagnole sopra Cetona, ed infine la torre cupa e solitaria di Radicofani. Intorno allo sperone calcareo su cui sorge la Rocca di Tentennano si dispone a ventaglio l’abitato di Rocca d'Orcia. All’interno della cinta di mura ci sono tre minuscoli “terzieri”: la Rocca (intorno alla piazza), la Rocchetta (verso ovest) e la Rocchettina (verso est). Alcuni tratti delle mura sono ancora in piedi. Oggi la Rocca è un tranquillissimo borgo, molti sono i luoghi di interesse tra cui la semplice Chiesa della Madonna delle Grazie di Manno, il vecchio Ospedale della Rocca e Piazza della Cisterna la quale è ricca di particolari interessanti: il muro compatto della cisterna con il piano su cui si apre la vera del pozzo con gli stemmi scolpiti nelle riquadrature e i vecchi ferri di sostegno della carrucola, le case attorno (per fortuna non sconciate dai restauri) con i loro volumi mossi, l’altro piccolo pozzo sotto il grande tiglio e la pavimentazione a grosse pietre rigate d’erba».
http://www.comune.castiglionedorcia.siena.it/on-line/Home/Strutturecomunali/TorrediTintinnano.html
San CASCIANO DEI BAGNI (palazzo Bologna)
«Posto al limitare della provincia di Siena, San Casciano dei Bagni è noto sin dall'antichità per la ricchezza delle sue acque termali. Le 42 sorgenti che sgorgano nei suoi dintorni furono scoperte dagli Etruschi e valorizzate dai Romani; frequentate dalla nobiltà feudale nel Medioevo, raggiunsero l'apice della notorietà tra il Rinascimento e la metà del XVIII secolo. L'ambiente incontaminato, i lussureggianti boschi ed il suggestivo paesaggio che lo circondano fanno di San Casciano una delle località preferite dagli amanti del turismo di campagna. Di impianto medievale il centro storico presenta un dedalo di stradine, vicoli e piazzette che salgono fino alla Collegiata ed al Palazzo Comunale. Dell'antico suburbium resta oggi la sola chiesa di Santa Maria della Colonna, risalente al IV-V secolo, ed immersa nella campagna circostante la zona termale. Poco lontana, l'incantevole frazione di Celle sul Rigo che posta su un colle dal quale si domina la valle del Paglia e si fronteggia il monte Amiata, lascia scoprire incantevoli paesaggi ammirati dal poeta Giosuè Carducci negli anni che qui trascorse con la propria famiglia. Nell'altra frazione, Palazzone, protagonista è la tradizione rurale con la produzione di olio e vino di ottima qualità. Un gioiello da non perdere è il castello di Fighine, dal quale lo sguardo spazia sulla Val di Chiana e si spinge fino alle lontane vette dell'Appennino umbro. La cura del territorio e la ricchezza storico-paesaggistica hanno contribuito a far riconoscere a San Casciano gli attestati di Bandiera Arancione e Borghi più Belli d'Italia. Nonostante l'apparente antichità delle forme architettoniche questo castello è stato edificato nel 1911. Il castello di proprietà della famiglia Bologna, di antiche origini borghesi, si affaccia su Piazza Matteotti ed è arricchito da eleganti bifore e circondato da un grande parco alberato. Con la sua forma imponente e dallo stile medievale, conferisce un aspetto caratteristico a tutto il paese di San Casciano ed è visibile da ogni punto del circondario».
http://www.fonteverdespa.com/it/san_casciano_bagni.htm
San Donato in Perano (castello)
«Ci sono luoghi che, per un insieme di fattori favorevoli, riassumono il significato di territori molto più ampi perché è in quei luoghi che la cronaca è diventata storia. Il Castello di San Donato in Perano è uno di questi luoghi: domina dall'alto un'area dolcemente collinare della Toscana famosa in tutto il mondo per la suggestiva bellezza del suo paesaggio e per la qualità eccellente dei suoi vini: il Chianti. è situato tra i Comuni di Radda e Gaiole in Chianti e dal Castello si può avere il privilegio di godere di uno dei più bei panorami del Chianti: la torre di Montegrossi, la Rocca di Castagnoli, i castelli di Meleto, di Brolio e di Cacchiano, la torre di Barbischio, il "maschio" di Vertine, le alte cime del Monte Amiata. La toponomastica testimonia l'origine etrusca dell'antico insediamento (Peras) che ha visto susseguirsi nel tempo una fattoria romana d'età repubblicana, una villa rustica d'età imperiale, una curtis medioevale. Attorno all'anno Mille il piccolo villaggio formatosi già da secoli attorno ad una cappella intitolata a San Donato - il vescovo di Arezzo martirizzato dai pagani nel IV secolo d.C. al quale è attribuito la miracolosa ricomposizione di un calice di vetro - venne fortificato ed inglobato nella fitta rete dei castelli chiantigiani di età medioevale. Attorno alla metà del XV secolo questo antico borgo racchiuso da una duplice cinta di mura difensive e posto al centro di una fertile zona agricola, divenne, secondo l'uso dell'epoca, una signorile residenza di campagna. Acquistato alla metà del Cinquecento dagli Strozzi - una delle più eminenti famiglie fiorentine, impegnata allora nella formazione di una struttura economica che garantisse redditività al proprio patrimonio agricolo e dunque solidità al proprio potere politico e prestigio sociale - rimase di loro proprietà per ben quattro secoli, fino a quando, nel 1967, l'ampia tenuta ed il castello di San Donato in Perano non furono alienate. A partire dagli anni '50, infatti, la crisi mezzadrile e il fenomeno dell'abbandono delle campagne aveva reso problematico ed oneroso il passaggio da un'economia di tipo tradizionale ad una concezione moderna, dinamica e produttiva dell'investimento agricolo e dalla vita in campagna. Ma una nuova concezione della conduzione agricola fondata sull'impianto di colture specializzate ha rappresentato, in anni recenti, la possibilità di fondare a San Donato in Perano una nuova agricoltura, capace di fondere la tradizionale vocazione viticola e olivicola dell'area con una raffinata concezione dell'ospitalità. Il Castello di San Donato in Perano con le sue dimore di raffinata attenzione allo stile, la sua campagna coltivata secondo un uso antico e insieme modernissimo, il suo paesaggio dolce nei suoi pendii e aspro nelle sue selve, offre la possibilità di sperimentare la dimensione più completa di un luogo in cui il "dove" si unisce al "quando", ciò che i latini chiamavano "genius loci". Sarà forse un caso che a poca distanza da qui sono nati e hanno lavorato artisti come Duccio, Leonardo, Michelangelo...».
http://www.castellosandonato.it/storia.asp
San Gimignano (bastione circolare o di San Francesco)
«Il bastione San Francesco è il più spettacolare dei bastioni di San Gimignano. Costruito nel XVI secolo dai fiorentini è a pianta circolare e fa parte delle mura, situato all'estremità sud (quella che dà verso l'allora nemica Siena) nei pressi della porta San Giovanni. Il nome del bastione deriva dallo scomparso convento di San Francesco, edificato nel Duecento nel sito fuori dalle mura oggi occupato dal piazzale dei Martiri di Montemaggio. Sul bastione è posta una lapide che ricorda Niccolò Machiavelli che qui nel 1507 istruì le milizie cittadine».
http://it.wikipedia.org/wiki/Bastione_San_Francesco
«Le mura di San Gimignano sono un'opera di architettura militare risalente al XIII secolo. La prima cinta muraria della città risale al 998 ed era situata tra il poggio di Montestaffoli, dove già esisteva una rocca sede di mercato di proprietà del vescovo di Volterra, e il poggio della Torre con il castello vescovile. Di questo primo tracciato restano alcuni archi, antiche porte cittadine, che ancora oggi si innalzano nel tessuto cittadino. L'antico tracciato misurava 1.108 metri e partiva ai piedi di Montestaffoli ed arrivava nei pressi della chiesa di San Bartolo, accanto alla quale si apre ancora il doppio Arco della Cancelleria, che un tempo costituiva l'uscita meridionale del castello; declinava poi lungo via Capassi per girare lungo l'attuale via Santo Stefano. da qui costeggiava via degli Innocenti arrivando in prossimità della piazza della Cisterna (dove ancora oggi si trova il grande arco dei Becci, ex-portale); infine risaliva lungo via del Quercecchio chiudendosi in prossimità dei Montestaffoli. Nel XII secolo, grazie al fiorire dei commerci, aiutati anche dal passaggio della via Francigena, si erano formati due borghi lungo la direttrice nord-sud: quello di San Matteo, verso Pisa, e quello di San Giovanni, verso Siena, entrambi lungo una nuova "via maestra", che vennero inglobati nelle mura con il nuovo tracciato completato nel 1214. Nel 1251 le mura inglobarono Montestaffoli, ma pochi anni dopo, nel 1255, la città venne presa dai guelfi di Firenze che ordinarono la distruzione delle mura. Riacquistata l'indipendenza nel 1261 e tornata la supremazia ghibellina dopo la battaglia di Montaperti, i sangimignanesi ricostruirono le mura ricalcando il tracciato precedente, aggiungendo però per la prima volta il poggio della Torre a ovest, secondo la conformazione ancora oggi esistente. Nel 1353 i fiorentini costruirono la Rocca di Montestaffoli e tra la fine del XV l'inizio del XVI secolo vennero eretti i cinque bastioni a base circolare del diametro di circa 13 metri ciascuno, per aggiornare la fortificazione secondo le nuove necessità introdotte dall'uso delle armi da fuoco. Le mura sono lunghe 2.176 metri e vi si aprono cinque porte principali (in senso orario da sud): Porta San Giovanni (sulla via Francigena verso Siena), Porta Quercecchio (dalle forme più semplici), Porta San Matteo (sulla Francigena verso Pisa), Porta San Jacopo, Porta delle Fonti. Escludendo la Porta Quercecchio, in corrispondenza di ciascuna porta era situata una delle quattro contrade cittadine: di Castello di Piazza, di San Giovanni e di San Matteo. Nei pressi della Porta San Giovanni si trova il grande Bastione San Francesco. Tra la Porta Quercecchio e la Porta San Matteo, nel punto più alto della città, si trova la Rocca di Montestaffoli, che offre un'ampia vista della città e della campagna circostante».
http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_San_Gimignano
San Gimignano (palazzo Comunale)
«Sulla centrale Piazza del Duomo sorge il Palazzo Comunale, che racchiude al suo interno la Sala di Dante decorata con importanti cicli di affreschi a tema cortese e cavalleresco, la Pinacoteca, con opere del periodo compreso tra il XIII e il XVII secolo. Dal Palazzo Comunale è possibile accedere alla Torre Grossa, la più alta della città, per godere di un panorama mozzafiato. Nelle limpide giornate di tramontana è possibile scorgere ad occhio nudo le Alpi Apuane e pistoiesi, estremo limite nord della Toscana e, a sud, il monte Amiata che segna il confine con il Lazio. Il Palazzo Comunale, uno dei più interessanti monumenti di San Gimignano, è stato edificato fra il 1289 e il 1298 sui resti di un edificio preesistente. I successivi ampliamenti del Trecento e del Quattrocento definirono progressivamente lo spazio del cortile interno, in seguito affrescato con stemmi dei personaggi che avevano ricoperto cariche pubbliche nel contesto del Comune. L'edificio principale veniva utilizzato sia come dimora del Podestà, sia per le riunioni del consiglio pubblico. I due piani superiori del complesso costituiscono la sede "storica" dei Musei Civici di San Gimignano. Il percorso espositivo comprende la visita al Palazzo Comunale, decorato con famosi cicli di affreschi, come le scene di Memmo di Filippuccio (inizio '300) inerenti il tema dell'amore all'interno della "camera del Podestà", le raffigurazioni di cacce e tornei, attribuite al pittore Azzo di Masetto (fine '200), e la grande Maestà di Lippo Memmi (1317), nell'antica sala del Consiglio detta Sala di Dante. La visita prosegue con la Pinacoteca, dove si possono seguire i momenti fondamentali della storia artistica sangimignanese; dalle presenze fiorentine (Coppo di Marcovaldo, Azzo di Masetto) e senesi (Rinaldo) della seconda metà del Duecento, alla grande stagione senese della seconda metà del Trecento (Memmo di Filippuccio, Lippo Memmi, Niccolò di Ser Sozzo); dall'alternanza fra senesi e fiorentini a cavallo fra Trecento e Quattrocento (Taddeo di Bartolo, Lorenzo di Niccolò, "Maestro del 1419"), al definitivo prevalere dei fiorentini (Filippino Lippi, Benozzo Gozzoli, Benedetto da Maiano) che contribuirono al rinnovamento rinascimentale di San Gimignano, per concludersi con la grande pala del Pinturicchio, dipinta nel 1511. Uscendo dal Museo, il Cortile affrescato con gli stemmi dei podestà, riserva come ultima sorpresa un affresco del Sodoma (primi anni del '500) e l'antica campana del 1328 di recente restaurata».
http://www.sangimignano.com/it/arte-e-cultura/musei-civici/palazzo-comunale-pinacoteca.asp
San Gimignano (rocca di Montestaffoli)
«Dalla Piazza del Duomo, sulla destra della chiesa, attraversando Pazza delle Erbe, si sale verso la Rocca di Montestaffoli, che si dice ospitasse un castello del longobardo Astolfo e poi un convento di Domenicani, e che fu realizzata per volere dei Fiorentini nel 1353, proprio quando San Gimignano si sottomise a Firenze, per respingere eventuali attacchi che potessero venire da Siena o ribellioni sorte all'interno della stessa città. La Rocca era una specie di fortezza che ospitava truppe che venivano istruite da un comandante fiorentino e aveva una pianta a forma pentagonale con un perimetro di circa 280 metri, con torrette agli angoli e collegamenti che la univano alle possenti mura cittadine, ed era difesa da un antiporto protetto da una cateratta e da un ponte levatoio. Dall'unica torretta della Rocca rimasta agibile si gode una vista straordinaria sulle torri del centro della città e un magnifico panorama a 360° della Valdelsa. Nel terzo fine settimana del mese di giugno di ogni anno, si svolge il Torneo "La Giostra dei Bastoni" , nell'ambito della festa medievale "Ferie delle Messi"».
http://www.sangimignano.com/it/san-gimignano/guida-alla-citta/rocca-di-montestaffoli.asp
«San Gimignano, di belle torri, si diceva, un tempo ne avesse 72. Nel 1580 ne erano restate 25. Oggi sono 14, altre se ne possono contare scapitozzate e incorporate in vari edifici. La loro architettura è un segno parlante di una mentalità, fatta di sicurezza, di offesa, di orgoglio. La prima torre fu quella del Podestà, alta 51 m., detta la rognosa. Serviva per gli uffici del primo cittadino per l'amministrazione della giustizia e da carcere per i rei. Poi la torre del Comune, o Torre Grossa, che affianca il palazzo nuovo del Podestà, adorna, come si può vedere di molti stemmi, a ricordo dei vari podestà, sotto i quali fu innalzata ed è alta 54 m. Poi cominciarono le famiglie a costruire torri magnatizie. Sono case fortezza, dove la comodità di abitazione è ridotta al minimo. Solide, inattaccabili dal fuoco, impenetrabili alle invasioni, sacrificavano la luce e l'igiene alla sicurezza. Le buche ancora visibili sulle facciate servivano alla rapida costruzione di ponti di legno tramite i quali ci si univa con le torri delle famiglie alleate o da dove si attaccavano le case dei nemici. Gli statuti del 1255 proibivano di alzare torri più alte della Torre Rognosa. Pare che la prima famiglia a infrangere questo ordine fosse quella dei Salvucci la quale la quale non costruì una torre più alta di quella del Comune, ma ne costruì due, la cui altezza sommata mortificava la torre del potere pubblico. Altrettanto fecero i loro feroci nemici, gli Ardinghelli, ghibellini. Queste due coppie di torri sono, rispettivamente a sinistra e alla destra guardandole da piazza del Duomo e si chiamano torri gemelle. L'edilizia civile a San Gimignano ci offre una straordinaria varietà di tipi, un autentico campionario di motivi strutturali e decorativi propri dell'architettura toscana del Duecento e del Trecento: vi Troviamo infatti bifore alla senese, finestre alla fiorentina, archi a sbarra di tipo pianeggiante, applicazioni di scodelle maiolicate pure secondo l'uso pisano, ghiere in cotto minutamente lavorate come negli edifici lucchesi e senesi, coronamenti ad arcatelle a pien centro o a sesto acuto talvolta sormontati da merlature, ma più spesso da tettoie aggettanti. Né vi manca neppure qualche accenno di gusto orientalizzante, mediato sia attraverso Pisa, dalla quale in larga misura San Gimignano dipese commercialmente, sia direttamente dall'Oriente dove, in società con pisani o con fiorentini, oppure da soli, i mercanti sangimignanesi avevano i loro fondaci per lo smercio dello zafferano, del miele e di altre mercanzie. Giustamente fu detto che "San Gimignano può considerarsi come il museo dell'abitazion toscana dell'Evo di mezzo" (San Gimignano, Notizie storiche di Giovanni Cecchini. Commento artistico di Enzo Carli, Siena 1962)».
http://www.tinacci.com/casavacanze/it-casa-vacanze/san-gimignano-torri.htm
San Giovanni d'Asso (castello)
«Con molta probabilità la nascita del Castello e del villaggio che si formò attorno si può far risalire al alto Medioevo, nei secoli in cui si ebbe il fenomeno dell'incastellamento; infatti nell'antichità etrusco-romana gli insediamenti umani, nel nostro territorio, erano disposti lungo 1'asse Cosona-Lucignano-Pava-Pieve a Salti. In questo periodo si sviluppo anche la zona di Borgo di Sotto, presso la sorgente delle Fonti e dove sorse la canonica di S. Pietro in Villore, piccolo gioiello di arte romanica. La prima notizia che abbiamo, riguardo al Castello, risale al 1151, quando il feudatario, Paltonieri di Forteguerra, sottomise se stesso ed i suoi castelli a Siena; alcuni decenni dopo (1178) sappiamo che era di proprietà di Ugolino Scolari, visconte di Chiusdino, che fece anch'egli atto di sottomissione a Siena; passo, in seguito, ai conti di Civitella non senza contrasto con la famiglia Scolari. Si sviluppo in questo periodo, con più intensità, lungo la Valle dell'Asso, l'espansione della proprietà fondiaria appartenente a nobili famiglie e istituzioni senesi. L'importanza economica della zona e sottolineata anche dalla forte tassa straordinaria di 250 lire che Siena impose ai Sangiovannesi nel 1208, e dalle attenzioni della stessa città nel regolare le acque dell'Asso nella piana fra Lucignano e Monterongriffoli alia fine del secolo XIII. Verso la fine del Duecento troviamo che un certo messer Pepone, native del castello, ne era il proprietario, e che lo stesso, nel 1296, lo vende ai Buonsignori i quali ne vennero in effettivo possesso dopo vari contrasti e per intervento del Podestà di Siena Uberto Rubaconte. Poco dopo i Buonsignori venderono il castello con le sue pertinenze ai Salimbeni che, quasi subito, lo cedettero al cardinale Riccardo Petroni. Dobbiamo al cardinale il completamento degli edifici del castello, la costruzione della chiesa di San Giovanni Battista (in sostituzione di quella piccola e inadatta inserita nel fortilizio) e la donazione alla stessa di numerose reliquie. Di questo periodo è anche il Palazzo del Comune, sebbene gli Statuti rimastici siano dell'anno 1492, Ma altri componenti della famiglia Petroni vennero in forte contrasto con gli abitanti del Comune di San Giovanni causando gravi danni alla chiesa di San Pietro in Villore tanto da essere multati da Siena di alcune migliaia di fiorini (1314). La famiglia Petroni tenne il possesso del "feudo" dal 1303 al 1472 quando Donna Alessandra, sposando Benedetto Martinozzi, lo portò in dote ai Signori di Montelifre. Nell'anno 1539 Benedetto del fu Giovanni di Benedetto Martinozzi vendè il palazzo, le terre e i diritti su San Giovanni d'Asso a Giulio Pannilini. La famiglia Pannilini ne conservò il possesso fino agli inizi del secolo scorso. L'immobile passò, nel corso del Novecento, in mano di vari privati fino a quando il Comune di San Giovanni d'Asso ne acquistò il possesso di circa una metà nell'anno 1990 e ne curò il restauro».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/sangiovannidasso.asp
San Gusmè (borgo fortificato, castello di Sesta o Sestaccia)
«Percorrendo la strada che dal centro di Castelnuovo Berardenga ci conduce al Castello di Brolio si incontra il Castello di San Gusmè. Il nome di questo castello, era in origine, San Cosma e Damiano, santi ai quali è ancora oggi dedicata la chiesa parrocchiale. Le prime notizie certe di San Gusmè ci fanno risalire all'anno 867, con il famoso atto di costituzione dell'Abbazia di San Salvatore a Fontebuona. In questo documento, si legge che Wuinigi, insieme a sua moglie Richildadona, donò al Monastero di San Salvatore alla Berardenga dei suoi possedimenti posti a Campi e Sestano, che comprendevano fra l'altro, la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Furono poi i due figli della coppia, Berardo e Ranieri, a confermare nell'881 questa donazione. Il Castello di San Gusmè divenne successivamente, feudo di Ranieri di Ricasoli, grazie a Cristiano vescovo di Magonza e vicario imperiale nell'anno 1167. La storia ci riconduce a San Gusmè nel 1554, quando il 25 febbraio, si svolse nei pressi del castello, una sanguinosa battaglia fra senesi e truppe imperiali austro-spagnole. San Gusmè perse però ben presto la propria autonomia fino a venire annessa al Granducato di Toscana: il 2 giugno 1777 venne incorporato al comune di Castelnuovo Berardenga. San Gusmè può considerarsi oggi, a tutti gli effetti, come uno dei più tipici borghi chiantigiani avendo perfettamente conservato la sua antica struttura, con gli archi sovrastati da stemmi, le sue case strette e le anguste stradine in salita. Nei pressi, in cima ad una collina, un piccolo gruppo di pittoresche case coloniche e una piccola chiesa, sono tutto quello che è rimasto del paese di Campi già citato nella donazione di Wuinigi. Un po' più in basso, poco resta anche del castello di Sesta, chiamato Sestaccia, acquistato nel 1388 dal comune di Siena da Farinata e Adriano Ubertini. La fortezza, con un circuito murario a pianta ellittica, è giunta a noi in buone condizioni, non altrettanto si può dire invece per le mura che risultano scapitozzate o a malapena affioranti dal suolo. Anche del vicino castello di Cetamura già feudo dei Ricasoli, posto al di là della gola dell'Ancherona, restano purtroppo pochi elementi e fra questi il rudere della porta d'accesso. Ad est di San Gusmè, sono anche i pochi resti - incorporati in una casa colonica - di quello che doveva essere il castello detto il Palazzaccio».
http://www.castelnuovo-berardenga.com/san_gusme_ital.htm (a d. di Anna Maria Baldini)
«La prima menzione della Pieve di San Polo in Rosso si trova in un atto di donazione del 1070 della Badia di Coltibuono; nel 1103 in una bolla papale la chiesa é segnalata sotto il diretto dominio del vescovo di Fiesole. Le sue vicende successive non sono ben conosciute. Nel 1300 San Polo in Rosso aveva già l'assetto di una fortezza, appartenente ai Ricasoli che erano anche i patroni della pieve. Nel 1351, quando era pievano il ricco Ranieri Ricasoli, la pieve fu assalita e saccheggiata dai figli di Bindo Ricasoli che volevano impadronirsi dell'eredità di Ranieri, loro zio. Il tentativo fallì perché gli assediati resistettero fino all'arrivo dei fiorentini e perché Ranieri lasciò poi ogni suo bene alla nipote Bartolomea. La pieve venne occupata dai senesi nell'assedio aragonese del 1478 e venne restituita ai fiorentini nel 1483, data la sua posizione strategica la pieve venne nuovamente fortificata. Pieve fortificata costituita da una grande chiesa a tre navate incorporata in una grossa costruzione castellana di forma quadrangolare. Il complesso presenta ancora, agli angoli, due torri rotonde, con breve base cordonata e forata a varie altezze da numerose archibugiere, sul lato ovest sporge una torre quadrata con breve base a scarpa, su tre lati e sul lato sud è presente una torre più piccola. La chiesa, che si presenta con un carattere romanico-gotico, sulla facciata ha un'apertura ad "occhio". L'interno ha tre navate spartite da pilastri, un’abside semicircolare e volte ogivali a crociera del XIV secolo, che hanno sostituito le capriate di legno, crollate nell’assedio del 1351. Nella navata maggiore si trova un ciclo di affreschi attribuiti alla "maniera di Ambrogio Lorenzetti", datati tra il quarto e il quinto decennio del XIV secolo, mentre le decorazioni delle nervature e delle volte risalgono al restauro dei primi anni del Novecento. Frutto di ripristini novecenteschi è la vivace decorazione a finta bicromia e lo sfondo stellato degli spicchi delle volte, che incorniciano un ciclo di affreschi tardotrecenteschi. Da segnalare, nel presbiterio, un pregevole "Crocifisso" ligneo di Scuola senese degli inizi del XIV secolo».
San Quirico d'Orcia (mura, fortificazioni)
«Il borgo di San Quirico d’Orcia ha da sempre rivestito un ruolo importante per l’area a sud di Siena sin dal XII secolo quando divenne residenza del funzionario imperiale. Il borgo è nominato già dall’altomedioevo così come la pieve di San Quirico nota dal 714. La sua storia è oltremodo collegata a quella della strada essendo l’ultimo avamposto prima dell’inizio di un tratto del percorso tra i più insicuri, quello che attraversava la Val d’Orcia. Il centro è sorto intorno a due perni: la pieve di S. Quirico (Castello) e la chiesa di S. Maria (Borgo) che a partire dal XIII secolo furono progressivamente uniti da un unico circuito murario. La fortificazione duecentesca è andata ad inglobare anche il cassero imperiale ubicato su un’altura non distante dal nucleo di Santa Maria. Tra XI e XII secolo San Quirico viene citato in più occasioni in relazione a cessioni di beni e terreni all’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata. Regnava Federico II quando il castello di San Quirico fu destinato a corte regia e a residenza di un giudice castellano. Nel XII secolo il castello assunse particolare importanza essendo soggetto all’autorità imperiale e sede dei funzionari tedeschi. Già dal 11180 però i Senesi iniziarono ad affermare su San Quirico il loro dominio a volte anche in contrasto con le forze imperiali. Nel 1265 San Quirico fu designano uno tra i centri di frontiera del territorio senese e da quel momento e a più riprese furono promosse e potenziate attività di restauro delle fortificazioni. Nel 1385 agli uomini di San Quirico fu concessa la cittadinanza senese. Opere di restauro delle mura si protrassero fino al XV secolo quando fu costruita anche la Porta poligonale dei Cappuccini nella forma ancora visibile. L’antico nucleo del Castello è dominato dalla pieve di S. Quirico, che incarna un’architettura di transizione fra il romanico e il gotico, con uno dei portali considerato fra i più belli della Toscana. Puramente romanica invece la chiesa di S. Maria Assunta, mistica e scura al suo interno, arricchita esternamente da uno dei portali che doveva probabilmente essere destinato all’abbazia di S. Antimo. Dal momento in cui il nucleo abitato si accorpa si genera un organismo molto ben equilibrato, articolato in tre porte: Porta Ferrea verso Roma, presso la chiesa di Santa Maria, controllata dal cassero, Porta dei Cappuccini verso Pienza e Porta Camaldoli in direzione di Siena e del cenobio camaldolese di Santa Maria ad Tuoma. L’area oggi in parte occupata dagli Horti Leonini ospitava il cassero con l’alta torre, la Torre Chigi, rimasta integra fino alla Seconda Guerra mondiale quando fu distrutta dall’esercito tedesco. La chiesa ed il convento di San Francesco vengono a trovarsi al centro dell’organismo murato. Il Palazzo Pretorio invece mantiene un rapporto fisicamente più prossimo alla pieve di San Quirico e di conseguenza al nucleo che si sviluppava in direzione di Siena. La volontà di portare ordine in questo nucleo abitato raggiunge la massima espressione nel XVI secolo quando si realizzano gli Horti Leonini adattando a giardino le vigne del cassero. ...
In origine sull’altura che fronteggia la collegiata di San Quirico si trovava il cassero, ancora in parte conservato con un’alta torre che oggi percepiamo solo nella sua base essendo stata abbattuta dai bombardamenti dell’ultima guerra. La torre era alta circa 35 metri. Dell’assetto di quest’area rimangono soprattutto documenti e testimonianze grafiche. La testimonianza scritta più antica è contenuta nel Constituto del Comune di Siena del 1262 dove si prescrive l’unione di una nuova fortificazione verso il borgo di Santa Maria a partire dalle mura del cassero. In quest’area doveva esistere un circuito murario pentagonale, una torre, la residenza del castellano e della guarnigione, una porta e un pozzo. Tale sistemazione è quella che si può seguire in documenti di molto successivi ma molto chiari. Nel cabreo Chigi del 1795 si percepisce la sistemazione del cassero a quell’epoca, si vede la torre a pianta quadrata e un edificio in adiacenza della torre che doveva fungere da residenza. La cinta muraria nel punto del cassero risulta interrotta da una porta dotata di antiporto. Anche la stampa del Ferrati del 1700 circa conferma la presenza di questa porta del cassero denominata “Porta del Soccorso”. Di questa Porta oggi si conservano solo lo stipite sud e l’imposta dell’arco ma se ne conserva una descrizione accurata nel progetto di Carlo Fontana del 1677 per la realizzazione del palazzo Chigi che in un primo momento era stato progettato proprio nell’area del cassero. In questo progetto che previde anche la realizzazione di prospetti delle strutture superstiti del cassero alle quali avrebbe dovuto adattarsi la costruzione del palazzo, è possibile vedere lo stato di conservazione ancora buono a quell’epoca dell’originaria struttura poligonale del cassero. Il corpo principale, presumibilmente il più antico, era un pentagono schiacciato con un forte spessore murario. Le mura di san Quirico, che inglobarono i due nuclei originari dell’abitato di San Quirico e di Santa Maria nonché il cassero, disegnano una forma piuttosto irregolare, se ne conserva buona parte dell’intera mancandone solo la porzione nordorientale e un tratto a sud. Si conservano 14 torri inglobate nella cinta. Nella parte occidentale le mura sono coronate da piccoli archetti in pietra su mensole formate da due pietre stondate e aggettanti».
http://www.archeospot.it/?q=it/node/61
«Porta Camaldoli. Della Porta Camaldoli purtroppo oggi non rimane nulla, non siamo certi di che aspetto avesse. Sappiamo che la Porta venne distrutta dal Comune nel 1905 grazie ad un intervento apparso sulla Rassegna d’arte senese che ne denunciava lo scempio. Da questa rivista sappiamo che la Porta aveva un vago aspetto gotico. L’unica immagine conservata è quella di una veduta a volo d’uccello di Vincenzo Ferrati del 1700 circa dove appare forse un po’ elaborata dalla fantasia dell’artista. Dalla cartografia storica e da alcuni documenti sappiamo per certo che era ad unico fornice dotata di antiporto e sormontata da un torrione. Porta dei Cappuccini. La Porta dei Cappuccini è molto ben conservata. La sua costruzione iniziò nel 1473 ad opera del Maestro Giovanni da Rogno di Como. Gli fu ordinata la costruzione di “…uno torrione qui sit rotundus sine spigulis”. Questa struttura è difatti l’unico esempio nel senese di porta-torre a pianta poligonale. Di fonte alla Porta si trovava un antiporto del quale rimane solo il basamento. Il fonte esterno è composto di sei lati e in posizione centrale vi si apre una porta con arco a tutto sesto coperto da un passaggio voltato a botte dotato di piombatoio. All’esterno il volume della porta è coronato da una serie di mensole. Sul lato interno al di sopra della porta si scorge un grande arco in travertino tamponato. La struttura è adibita ad abitazione e l’accesso è consentito da una scala ricavata nello spessore delle mura. Porta Ferrea o Romana. Di questa Porta non rimane traccia essendo stata minata dalle truppe tedesche in ritirata durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche questa come le altre era munita di antiporto. Ci rimangono di essa delle rappresentazioni cartografiche e delle foto d’epoca. Era a fornice unico e sormontata da un alto torrione sul quale si coglieva il tamponamento di un arco a tutto sesto».
http://www.archeospot.it/?q=it/node/61
San Sano (torre o Castellar de' Noveschi)
«Il nome del luogo deriva dal martire cristiano Ansano, della famiglia Anicia di Roma, decapitato nel 303 per ordine del proconsole Lisia, da cui Sant'Ansano e poi San Sano. L'insediamento era probabilmente fortificato con all'interno un mastio di piccole dimensioni ed una chiesa già inserita nelle decime papali del 1276/1277 che, insieme a quella di Adine, fece parte della Pievania di San Polo in Rosso di cui i Ricasoli ebbero il patronato. Dopo secoli di guerre, i castelli e le roccaforti si tramutano in residenze agricole e parte dei boschi secolari di querce e castagni lasciano rapidamente il posto ad antiche purgulae per la coltivazione della vite. Il Villifranchi, nel suo trattato sull'enologia toscana, edito nel 1773, lo cita come culla del Chianti migliore: “Il territorio del Chianti si valuta di trenta in quaranta miglia ed i principali luoghi nei quali si fa il miglior vino chianti sotto tale nome sono Ama, Broglio, Castellina, San Sano e Cacchiano”. ... Oggi San Sano, uno dei borghi meglio conservati del Chianti, é un paese privo di mura con numerose costruzioni rustiche in pietra, sparse in apparente disordine, tutte di epoca romanica, che mostrano le originarie aperture ad arco o ad architrave piana o semicircolare o a mensole convesse. Tra queste emerge una costruzione più alta con muri in filarotto, forse il cassero» - «Situato nell'isolato paesino di San Sano, il Castellare de' Noveschi sorge nel cuore del Chianti e occupa un'antica torre, accuratamente restaurata per accogliere camere e suite. La torre, risalente al 1200, era un tempo la residenza di un governatore toscano».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/borghi/san-sano - http://www.booking.com/hotel/it/castellaredenoveschi.it
«Il villaggio [di Santa Colomba] ha origini medievali, ed il castello che vi sorgeva subì gravi danni nel 1364 al passaggio della Compagnia di Ventura di Giovanni Acuto (John Howkwood), condottiero inglese al soldo di Firenze. Di quell’epoca restano la chiesa e una torre difensiva, poi adibita a campanile dello stesso edificio religioso. Altri resti di murature medievali si vedono nei basamenti della grandiosa villa rinascimentale che campeggia al centro del piccolo agglomerato, realizzata tra fine XV e inizi XVI secolo dal signore di Siena Pandolfo Petrucci, proprio sulle rovine del castello preesistente. Attribuita all’architetto senese Baldassarre Peruzzi, era originariamente dotata di un maestoso giardino poi scomparso per far posto a successivi ampliamenti della villa. Al tempo della guerra di Siena le truppe del marchese di Marignano assalirono Santa Colomba e i pochi contadino che non fuggirono furono catturati ed impiccati dalle truppe Imperiali. Le cronache parlano di 13 morti. Dopo vari passaggi di proprietà la Villa di Santa Colomba arriva in proprietà del convitto Piccolomini di Siena che la utilizzò per molti decenni come sede estiva dell’istituzione fino alla dismissione avvenuta nella seconda parte del secolo scorso».
http://www.comune.monteriggioni.si.it/index.php?option=com_content&view=article&id=294&Itemid=14
«Il Castello di Sarteano sorge su di un poderoso masso roccioso di travertino circondato da una rigogliosa vegetazione che nei secoli ha contribuito alla sua inespugnabilità e che oggi costituisce un parco naturale con i suoi lecci secolari. Si hanno notizie del Castello sin dal periodo altomedievale durante il quale era il principale centro amministrativo deputato alla stipula di atti, donazioni e cessioni. Il primo documento conosciuto in cui è citato il Castello risale al 1038 d.C. Dopo l’anno Mille, il castello era dominato dai Conti Manenti di Sarteano, che mantennero tale posizione fino al 1280. In seguito il Castello fu teatro di molti scontri e lotte fino a quando il Comune di Sarteano si legò in accomandigia con la Repubblica di Siena, nel 1379. Da questo momento il cassero subì una radicale trasformazione ad opera di importanti artisti di scuola senese, tra i quali Lorenzo di Pietro di Giovanni di Lando detto il Vecchietta (1410-1480), Guidoccio d’Andrea e Antonio Federighi. Nel 1467-69 il mastio centrale fu dotato di una cinta muraria intervallata da due torrioni circolari e interrotta nel punto di ingresso da un portone con ponte levatoio. L'interno del cassero è costituito da quattro piani e un terrazzamento finale a coronamento del mastio centrale, dal quale si può ammirare un'ampia porzione del territorio circostante. Molto interessante è la scala a chiocciola, composta da 134 gradini in travertino, che attraversa verticalmente l'edificio. Essa costituiva l'ultima via di fuga in caso di assedio poiché, partendo dall'alto, collegava direttamente l'ultimo piano del castello con il pianterreno conducendo in aperta campagna. Il castello resistette a molti importanti assedi tra i quali quello ad opera di Cesare Borgia nel 1503 e quello dell’esercito spagnolo nel 1552, finché nel 1556 passò sotto il dominio mediceo segnando definitivamente la fine della Repubblica di Siena. Nel 1617 fu infine donato in uso perpetuo a Brandimarte Fanelli e tutti i suoi discendenti che lo ebbero in proprietà fino al 1997, anno in cui fu acquistato dall'amministrazione comunale e restaurato. Nel corso dell'anno, all’interno della struttura e del parco, si svolgono eventi culturali ed enogastronomici: storia, arte, tradizione, ambiente per fare del centro di Sarteano un territorio vivace ed accogliente».
http://www.fortezze.it/rocca_sarteano_ii_it.html
«Un lungo viale di bosso, accuratamente sagomato, conduce all'antico complesso di Scopeto. Il luogo fu, agli inizi dell’anno mille, parte dei possedimenti della cattedrale senese divenendo poi proprietà della famiglia Sozzini che lo mantenne fino all’estinzione avvenuta nel secolo scorso. Già agli inizi del '300 troviamo alcuni Sozzini partecipare alle alte magistrature della Repubblica Senese, ma è solo verso la fine del XV secolo e durante il successivo che Cornelio, Dario, Lelio, Camillo e Fausto accoglieranno, con pieno entusiasmo, le tesi della Riforma divulgando, nelle numerose Accademie, quelle scintille di eresia che in seguito provocheranno le ire e la energica reazione del Sant'Uffizio. Scopeto diventa così il ritrovo di tutti coloro che accettano le nuove idee, e dopo essere stata coinvolta negli ultimi fatti d'arme che portarono alla caduta della fiorente repubblica sotto le palle medicee, diverrà con Fausto Sozzini, il centro delle nuove conferenze teologiche. I primi sospetti di eresia nascono nel 1558 e questo evento procurerà un primo processo inquisitoriale per tutti i membri della famiglia. L'inquisizione arriva fino alla villa di Scopeto e qui vengono catturati Cornelio e Dario, mentre Camillo e Fausto riusciranno a fuggire. Durante il processo Fausto si recherà all'estero e troverà rifugio a Ginevra, mentre in patria i suoi beni, compresa la villa di Scopeto, venivano confiscati dal Sant'Uffizio. La torre, dunque, e tutti gli altri edifici che si affacciano su un grande piazzale sono legati a questa famiglia, a cui si deve la prima trasformazione in villa di Scopeto, e principalmente del cassero medievale e del corpo adiacente. La torre a pianta rettangolare conserva ancora nella base il robusto paramento murario a scarpa, mentre subisce continui rifacimenti nella parte alta, escluso tutto il lato nord in cui sono visibili le finestre ad arco ribassato e le arciere-archibugiere dalla sommità. Altri edifici, adibiti agli usi della fattoria, si affacciano sul piazzale e conservano, sia nelle strutture sia internamente, quel sapore un po' vecchiotto, dove ogni locale mantiene ancora gelosamente le proprie funzioni secondo i criteri di una agricoltura più patriarcale che moderna. Alcuni vani della villa sono stati invece affrescati durante gli ultimi restauri con decorazioni floreali tanto care al '600 e '700 che sono eseguite con rara maestria».
http://www.borgoscopetorelais.it/ita/storia.htm (da Lorenzo BOSI, Il Chianti di villa in villa. Scopeto)
«La prima menzione della località di Selvole è del 1070, e di quei tempi, attorno al 1000, sembrano essere le prime fondazioni del castello e la piccola chiesa in esso compresa. Pochi anni più tardi, nel 1203, al castello facevano capo circa 90 famiglie. Di certo tale fortilizio fu assalito nel 1230 dai fiorentini e distrutto. Sono le prime schermaglie della battaglia di Montaperti, che vedono i senesi vittoriosi e che si combatté a una decina di chilometri da Selvole. In quegli anni, in parte anche per compiacere Firenze, l’intera zona divenne proprietà dei Malevolti, nobile famiglia senese, favorevole tuttavia ad un rapporto d’amicizia con Firenze, che nel catasto del 1318 risultano proprietari dell’intera area tra Selvole e Pieveasciata. Selvole è identificata sia come “castrum” che come “villa” segno evidente che doveva esser già iniziata l’opera di ricostruzione. Nel 1413 il comune di Siena deliberò che Giovanni di Antonio d’Angelo Malevolti ricostruisse il castello a proprie spese. Già allora i Malevolti vi risiedevano, e si può immaginare che per la ricostruzione ed il restauro abbiano impiegato diversi decenni. Nel 1470 un altro esponente della stessa famiglia ottenne dal Comune una generosa sovvenzione per ricostruire la fortezza e dotarla di una torre, ancora oggi visibile. Da allora il fortilizio fu assalito altre due volte, nel 1479 e nel 1555, durante l’assedio di Siena che si concluse con la fine della Repubblica. In questo periodo Selvole riscopre la sua vocazione di azienda agricola. Gli interventi edilizi di rilievo furono almeno due: un primo restauro, documentato da una veduta del Romagnoli dei primi dell’ottocento, che già indica un insediamento di dimensioni notevoli, ed un secondo, alla fine del secolo scorso, migliorativo del primo. L’aspetto attuale della villa risente dei restauri di questo secondo periodo. Le ricostruzioni sembrano tuttavia esser state eseguite su un impianto precedente. Pressoché immutato l’aspetto della torre, che sembra solo leggermente più bassa rispetto al disegno ottocentesco, mentre alla chiesa di San Martino mancano i due pinnacoli della facciata e all’abside è stata aggiunta la sacrestia. Dello stesso periodo, 1700 circa, l’affresco dietro l’altare. Attualmente la chiesa, che rimane consacrata e dipende dalla parrocchia di Vagliagli, è utilizzata per cerimonie private».
http://castelloselvole.wix.com/selvole2#!storia/c12pb
Siena (Castellare degli Ugurgieri)
«Gli edifici che racchiudono la corte rappresentata dalla piazzetta interna, detta vicolo del Castellare, facevano parte del complesso denominato Castellare degli Ugurgieri, gruppo di abitazioni fortificate e chiuse intorno ad una corte, secondo un modello abitativo diffuso a Siena nel XII secolo. La famiglia degli Ugurgieri, proveniente da un ramo dei conti della Berardenga, era già presente in città dalla metà del XII secolo e s sa che si insediò in questa zona della città a ridosso della cinta muraria. L'edificio in oggetto sembra interessare solo marginalmente l'edificio del castellare, dal momento che nella facciata di via Cecco Angiolieri, si può notare la tamponatura di un vicolo che oggi contiene una scala a due rampe in origine a margine del castellare stesso. La zona del palazzo a confine con la particella 431 ha subito più rimaneggiamenti, con l'inserimento di una scala rinascimentale a pianta quadrata in origine in uno spazio aperto (come testimonia la presenza del pozzo). Dalla lettura del prospetto su via Bandini si osserva come la serie di aperture a sesto acuto nella muratura in laterizio prosegua nella particella confinante (431), che sicuramente faceva parte del castellare. Su via Cecco Angiolieri la tecnica costruttiva è più antica con struttura in pietra ed archi a sesto acuto di ascendenza pisana. Su questo lato si notano inoltre due stemmi Piccolomini (con tiara papale di Pio II) e dei Tolomei risalenti alla metà del XV secolo».
http://www.sbap-siena.beniculturali.it/index.php?op=scheda&val=00402957 [Per approfondimenti: http://www.contradadellacivetta.it/castellare/]
Siena (castello delle Quattro Torra)
«Posto al limite della zona tufacea, ricca di vegetazione arborea che ad oriente di Vignano declina in una serie di ville di boschetti e di oliveti verso quella più brulla e spopolata delle Crete Senesi, il Castello delle Quattro Torra con le quattro torri angolari, la merlatura, il cortile severo e bellissimo, che ricorda quello del Palazzo Comunale, e la scala caratteristica, ferma l’attenzione e desta la curiosità di chiunque percorra gli immediati dintorni di Siena. Agli inizi del ‘300 fu di proprietà della famiglia Cinughi, aristocratica famiglia feudale. Durante la guerra di Siena (1555) il Castello ebbe fortunose vicende: la tradizione vuole che vi avesse i suoi alloggiamenti il Marignano e in queste traversie andarono persi i fastosi arredi di cui lo aveva dotato Giovanni Bichi. Con la caduta di Siena la storia della Quattro Torra è finita: con il ritorno della pace rimase solo una residenza di campagna pittoresca e tranquilla, che ancora oggi dà al paesaggio della zona un tocco originale e un richiamo a tempi da noi così lontani, eppure per tanti aspetti travagliati dalle stesse lotte che sempre hanno avvelenato il pacifico godimento di tanti beni che Dio ha posto a disposizione degli uomini. Dal 1885 è abitata e conservata dalla famiglia Ponticelli. Studi recenti ipotizzano che il Castello delle Quattro Torra sia lo stesso raffigurato nel Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti affrescato nel Palazzo Pubblico di Siena (1339).
http://www.quattrotorra.it/it/storia.html
«La villa fu costruita sulle rovine del Castello di Belcaro dal banchiere Crescenzo Turamini nel 1525 su disegno dell'architetto Baldassarre Peruzzi. Quasi certamente sono opera del Peruzzi alcuni affreschi interni alla villa, dei quali il "Giudizio di Paride" è il più noto. Nel 1554 la villa-castello fu conquistata da Cosimo dei Medici, come ricorda una lapide apposta sulle mura e Giangiacomo dei Medici la riportò, in seguito, all'originaria struttura di fortezza. Nel XIX secolo, passata di proprietà alla famiglia Camaiori, fu interamente restaurata in stile neorinascimentale dall'architetto Serafino Belli. Un ulteriore restauro sulla cinta muraria e sul portico d'ingresso avvenne per opera di Giuseppe Partini nella seconda metà del XIX secolo. L'attuale complesso, compreso all'interno di una cinta muraria, si compone di vari corpi di fabbrica che si articolano attorno a tre spazi aperti, il giardino e le due corti. L'accesso, che avviene tramite un'unica grande apertura sul lato ovest, conduce nel primo cortile di forma triangolare. Quasi di fronte all'ingresso si trova una grossa apertura ad arco ribassato che immette nella corte interna, su cui si affacciano, a sinistra, la villa, e sulla destra i locali di servizio. L'edificio padronale, di forma rettangolare, si sviluppa su tre piani. Il prospetto principale è caratterizzato da tre ordini di otto aperture ciascuno. Al piano terra, le aperture sono parzialmente tamponate e di forma e tipologia varia: infatti alcuni portoni sono ad arco a tutto sesto e altri architravati. Un fondale architettonico in mattoni, comprendente al centro una nicchia con pozzo circolare e ai lati due portali marmorei chiusi da cancelli in ferro battuto, separa il giardino dal cortile. Il giardino, situato in uno spazio di forma trapezoidale, comprende a sinistra la cappella, e nella parte terminale un loggiato ad arcate affrescato con figure, ghirlande di fiori, frutta e uccelli. L'area verde progettata dal Peruzzi, come giardino segreto separato da un orto, è attualmente divisa in sei aiuole bordate di bosso e decorate con arbusti. Originariamente l'ingresso all'orto e al giardino non avveniva tramite il muro, che costituiva una quinta architettonica per il cortile rinascimentale, ma per mezzo di un'apertura sul lato estremo delle mura. Il Peruzzi, incidendo lungo la cinta muraria un passaggio perimetrico, creò un singolare percorso sopraelevato, che separa il giardino dal bosco di lecci attorno al castello».
http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/siena/castello_belcaro.shtml
Siena (castello di Monteliscai)
«Antico castello della Repubblica Senese [a 3 km da Siena] di antichissima fondazione. Viene indicato nei documenti storici legati alle vicende della Parrocchia fin dal 1101, quando il prete della chiesa di S. Pietro a Monteliscai ne offrì il patronato all'Abbazia Camaldolese di Badia a Ruoti. "Può dirsi... che certamente doveva essere un luogo assai forte per la sua posizione e, secondo le maniere delle fortificazioni di quei tempi, la foggia delle armi e il modo di combattere... Nonostante la sua forte, alta posizione quasi inaccessibile al nemico, perché piantato nel più alto culmine del monte, e da ogni parte coronato da precipizi e balze, dovette soccombere, seppur temporaneamente, nel giorno 19 settembre 1229, alla forza dei soldati della Repubblica di Firenze". Fu anche danneggiato, sempre dai Fiorentini, nel 1479, durante la guerra in cui questi ultimi dovettero cedere ai Senesi e agli Aragonesi alleati».
http://www.castellodimonteliscai.com/
Siena (fortezza Medicea o forte di Santa Barbara)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Nota anche come Forte di Santa Barbara venne eretta tra il 1561 e il 1563, su ordine del duca di Firenze Cosimo I de' Medici. La fortezza sorge in prossimità del quartiere senese di San Prospero, a fianco dello Stadio Artemio Franchi, sul luogo ove sorgeva precedentemente un forte (chiamato "Cittadella") fatto ivi edificare dall'imperatore, nonché re di Spagna, Carlo V nel 1548, dopo che la città era stata assoggettata al governo iberico sotto il comando dell'ambasciatore Diego Hurtado de Mendoza. Il 26 luglio 1552, tuttavia, i senesi insorsero contro gli spagnoli, scacciandoli dalla città e radendo al suolo la cittadella. Circa tre anni dopo, il 21 aprile 1555, Siena, cinta d'assedio da oltre un anno dalle truppe spagnole e medicee, si arrese stremata ai nemici. Mentre la Repubblica senese, sostenuta dagli alleati francesi, continuava riparata in Montalcino, gli spagnoli presero nuovamente possesso della città. La Pace di Cateau-Cambrésis (2-3 aprile 1559) tra la Francia e gli Asburgo condusse la Repubblica di Siena, rimasta priva di alleati, alla resa definitiva e al suo assegnamento a Cosimo I. Al fine di soffocare qualsiasi tentativo da parte dei senesi di riconquistare l'indipendenza, il duca ordinò la costruzione dell'attuale Fortezza Medicea. L'edificio fu progettato dall'architetto urbinate Baldassarre Lanci e i lavori ebbero inizio nel 1561. Due anni dopo la fortificazione fu completata. Sui fianchi del complesso furono aperte le cosiddette "piazze basse", per tirare al coperto i pezzi di artiglieria. La Fortezza Medicea senese fu smilitarizzata solo sul finire del XVIII secolo, dal granduca Pietro Leopoldo. Da quel momento, entrò a far parte dei luoghi della vita pubblica senese.
Nel 1937, a seguito di lavori di restauro, la fortezza fu trasformata in giardino pubblico, come è ancora oggi. Essa ospita, altresì, un'enoteca permanente, mostre, nonché manifestazioni di vario tipo, tra cui i concerti organizzati dall'associazione Sien Jazz, nata nel 1977, che ha nella fortezza la propria sede operativa, ove sono organizzati corsi di formazione per musicisti e laboratori di ricerca musicale. Edificata in origine con una forma a "L", la Fortezza Medicea fu successivamente trasformata nella struttura a quadrilatero attuale. Su ogni angolo del forte, costruito in laterizi, si ergono imponenti bastioni cuneiformi, su tre dei quali è affisso lo stemma mediceo in travertino, sovrastante una testa di leone; sul bastione rivolto a sud, invece, è rimasta la sola testa di leone. A questo periodo risalgono gli strumenti topografici costruiti dal Lanci per la collezione del Granduca e conservati oggi all'Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze. La fortezza presenta notevoli dimensioni: il quadrilatero interno è lungo circa 180 metri e largo 125, mentre gli spigoli più esterni dei bastioni descrivono un quadrilatero esterno di circa 200 metri di larghezza e 270 di lunghezza. L'intero perimetro esterno della fortezza misura circa 1.500 metri. L'ingresso è posto sul lato di nord-est, in prossimità dei giardini della Lizza. All'interno, lungo la sommità delle mura, corrono ampi passaggi, muniti di alberi e panchine. Al centro, nella spianata, è stata realizzata una struttura a forma di anfiteatro, al fine di ospitare gli spettacoli estivi all'aperto. Al suo esterno, a fianco del lato di sud-est, rivolto verso il centro storico cittadino, è stata eretta una statua raffigurante santa Caterina da Siena».
http://castelliere.blogspot.it/2013/03/il-castello-di-lunedi-25-marzo.html
«Le Mura di Siena sono l'antiche cerchia difensiva della città. Risalenti soprattutto al medioevo, sono in larga parte conservate. Primo nucleo. Non si hanno notizie di mura dell'antica Saena Julia, cittadina secondaria dell'Etruria etrusca prima e romana poi. Una prima cerchia di mura risale all'alto medioevo e comprendeva la città "vecchia", cioè Castelvecchio, e la zona della platea epicolapale, cioè la zona del Duomo e tutte le pertinenza. La prima cerchia correva dietro l'attuale complesso di Santa Maria della Scala, lungo le vie Franciosa e dei Pellegrini per affacciarsi lungo lo slargo del Campo, dove si apriva, almeno dall'XI secolo, la Porta Salaria, corrispondente all'attuale Costarella dei Barbieri. Proseguivano lungo via del Casato di Sotto fino alla Porta Oria, su via del Capitano, poi in via Tommaso Pendola e in via del Fosso di Sant'Ansano, dove si aprivano le Due Porte, poi dette di Vallepiatta o dei Canonici; infine seguendo l'avvallamento ancora oggi inedificato, costeggiavano la parte posteriore degli edifici lungo via del Capitano, con un'altima porta, detta del Verchione. Ampliamento della prima metà del XII secolo. A differenza di altre città italiane, forse per la natura impervia del territorio, a Siena non si ebbero nuove cerchie murarie che inglobavano le precedenti, ma piuttosto si trattò sempre di ampliamenti, ora su un alto, ora sull'altro, che inglobavano nuove zone riallacciandosi al tracciato esistente. Talvolta si superava un tracciato esistente, smantellandolo. Nella prima metà del XII secolo si ebbe un significativo ampliamento, che andò a inglobare tutta la zona del Mercatale (attuali piazza del Campo e piazza del Mercato) e buona parte del terzo di Camollia, dove passava la Francigena, fino all'attuale Porta Camollia, punto più a nord del tracciato. Alle porta già esistenti si aggiunsero la Porta Salaria, su via di Fontebranda, la Porta di San Prospero, sull'attuale viale Rinaldo Franci, la Porta di Pescaia, in via di Fontegiusta, la già citata Camollia, la porta di San Vigilio, oggi dietro palazzo Salimbeni, la Porta dei Provenzani, vicino Santa Maria di Provenzano, e la vecchia Porta Romana, che si trovava all'altezza di Santo Spirito.
Terzo ampliamento. A partire dal 1180 a fino all'inizio del nuovo secolo si ebbe un successivo ampliamento che riguardò la parte est del Terzo di Camollia e quella sud del Terzo di Città. da Porta Camollia venne teso un lungo filo di mura che arriva tuttora fino alla Porta San Lorenzo, poi la Porta a Ovile e la Porta dei Frati Minori, in corrispondenza di piazza San Francesco. Seguono la Porta dei Salvani, la porta di Follonica, l'antica Porta di San Maurizio al Ponte (oggi l'arco in via di Pantaneto), la Porta di Val di Montone (o del Borgo Nuovo di Santa Maria). Lungo Castelvecchio si susseguivano poi la Porta di San Giuseppe, la Porta all'Arco e la Porta Oria (Aurea). Quarto ampliamento. A metà del XIII secolo si procedette a un altro ampliamento, che riguardò il terzo di San Martino. Nuove porte furono quelle di Busseto, di San Viene, di Fontebranda e la seconda Porta Romana, questa volta spostata a sud fino al piazzale dove si trova il Museo della Società degli Esecutori di Pie Disposizioni. Nel 1270, per migliorare la difesa cittadina contro i nemici provenienti da nord (essenzialmente Firenze e i suoi alleati, si costruì l'Antiporto di Camollia. Quinto ampliamento. Nel pieno del boom economico, sociale ed artistico cittadino, dal 1290 si avviò un nuovo ampliamento, che inglobò tutta la parte sud della città fino al confine murario tuttora esistente. La cinta, dotata di torri, avviava dall'esistente Porta di Busseto a Porta Pispini, poi all'attuale Porta Romana, proseguendo per Porta Tufi, Porta San Marco e Porta Laterina. Il progetto originario prevedeva dimensioni ben più ampie, ma restò in larga parte inattuato. Ampliamento quattrocentesco. Dopo la crisi demografica della peste nera (1348), la città restò a lungo spopolata entro le proprie mura. Solo nel Quattrocento venne ampliata una porzione in modo da cingere la basilica di San Francesco, fino ad allora rimasta al di fuori. Non fu aperta nessuna nuova porta. Fortificazioni medicee. Dopo la presa da parte dei fiorentini, al tempo della dominazione medicea, la città non presentava problemi di fortificazione, se non quelli legati alla difesa dei fiorentini contro possibili insurrezioni. Per questo le mura di Siena non vennero aggiornate "alla moderna", ma ci si limitò a costruire il Forte di Santa Barbara (1560) a pianta stellare, collocato a nord ovest della città».
http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Siena
Siena (palazzo Chigi Saracini e altri palazzi signorili)
«Siena è ricca di palazzi nobiliari e uno dei più prestigiosi ha una lunga storia che merita di essere conosciuta. Nel vostro prossimo soggiorno in questo incantevole borgo medievale non dimenticate di visitare Palazzo Chigi Saracini, costruito a metà del XII secolo dalla famiglia ghibellina dei Marescotti e composto di due piani, il primo in pietra e il secondo in mattoni. Le prime modifiche allo stile architettonico risalgono al 1506, quando fu acquistato dai Piccolomini-Mandoli e il palazzo acquisì delle decorazioni rinascimentali, poi ci fu l’ampliamento della facciata nel 1770, quando passò di proprietà alla famiglia Saracini. La ricca collezione d’arte, che oggi ammonta a 12.000 pezzi, risale al 1806, quando venne aperto il museo nelle sale in stile gotico, infine l’ultimo passaggio importante avvenne nel 1877, con l’estinzione della famiglia Saracini e l’acquisizione dei Chigi che ereditarono il palazzo. Fu grazie al conte Guido Chigi Saracini che nacque l’Accademia Musicale Chigiana, un punto di riferimento oggi non solo per i corsi di formazione ma anche per i concerti di musica classica: ricordiamo che da qui sono usciti artisti di caratura internazionale come Carlo Maria Giulini, Zubin Mehta, Nino Rota, Claudio Abbado, Salvatore Accardo, Uto Ughi, e Daniel Barenboim. Per questo suggeriamo la rassegna Estate Musicale Chigiana, giunta all’81ª edizione e in programma fino al 30 agosto in location straordinarie come il cortile del palazzo, il Teatro dei Rozzi e la Chiesa di Sant’Agostino. La collezione di opere è visitabile esclusivamente tramite tour guidati il venerdì e il sabato, con 4 opzioni: alle 11:00, alle 12:00, alle 15:00 e alle 16:00. I principali pittori della scuola senese sono qui rappresentati, potrete ammirare i capolavori di Sassetta, Sodoma, Beccafumi, e Botticelli e inoltre una serie di ceramiche pregiate del XVI e XVIII secolo. Imponente anche la biblioteca con circa 70.000 volumi e naturalmente gli strumenti musicali (in particolare ad arco) esposti in vetrine di sicurezza. Un itinerario a Siena d’estate non può mancare di una tappa a Palazzo Chigi Saracini, testimone della raffinatezza e della passione per l’arte che da sempre caratterizza la città».
http://www.blogsiena.it/it/the-noble-tradition-of-palazzo-chigi-saracini
Altri palazzi: http://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Palazzi_di_Siena
Siena (palazzo del Capitano del Popolo)
«è il palazzo che ospitava i Priori ed il Capitano del Popolo, che governavano in nome della Repubblica di Siena e amministravano la giustizia. I Priori rappresentavano gli Ordini cittadini e si riunivano in Consiglio insieme al Capitano del Popolo, che - a partire dal 1252 - era la suprema autorità politica della città. Le iscrizioni sui numerosi stemmi che ornano la facciata, indicano chi abitò in questo palazzo. Fra gli stemmi più interessanti, vi sono quello dei Piccolomini, con cinque mezzelune, e i due dei Bandinelli, uno del 1400 e uno del 1471. Una lapide murata al centro dell'edificio ricorda che il Palazzo fu eretto nel 1425, per volontà del Capitano Pietro Salimbeni Benassai. Ai lati del portale stanno due finestre quadrangolari. L'arco in mattoni sul lato destro, la finestra e la porta sono aggiunte posteriori alla costruzione. Molto eleganti sono i due antichi ferri battuti, a forma di testa d’animale reggi-anello, usati per legare i cavalli. Il fianco più modesto dell'edificio è quello, oggi restaurato, che guarda la piazza. Dalla scala coperta scendevano i Priori per andare alle riunioni del Consiglio che si tenevano nella Chiesa di San Martino».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/siena/palazzo-del-capitano-del-popolo-siena/
Siena (palazzo Pubblico o Comunale)
«Sulla Piazza del Campo sorge il Palazzo Pubblico, il più grandioso tra i palazzi gotici della Toscana, già residenza della Signoria e del Podestà ed oggi del Comune di Siena. Forte, solenne e pur piena di grazia e d’eleganza, la superba costruzione vide e visse le lotte, le glorie e le sventure della repubblica cittadina. Essa forma uno sfondo pittoresco, chiudendo da un lato l'ammirabile anfiteatro del Campo. L’edificio, in purissimo stile gotico, fu costruito in mattoni dal 1288 al 1309, quando Siena, come altre città italiane, dalla conquista delle libertà popolari e dalle conseguenti lotte fra gli aristocratici ed il popolo, cominciava a riconoscere e a difendere i diritti in una vita d’energie, d’entusiasmi e di glorie. In origine il Palazzo era molto piccolo e comprendeva solo arcate in pietra. Più tardi furono aggiunti le parti laterali, i piani superiori in mattoni rossi e la corona con nove merli guelfi, uno per ogni governatore della Repubblica. La facciata presenta un corpo mediano a tre piani e due ali a due piani, il secondo dei quali fu aggiunto alla fine del Seicento. Realizzata in pietra fino al primo ordine di trifore, poi in mattoni, la facciata stessa mostra un coronamento a merli ed un gran rosone con il monogramma di Cristo, simbolo di San Bernardino. La parte di mezzo ha tre piani, le laterali due. Sulle porte e le finestre si ripete lo stemma bianco-nero del Comune di Siena, la cosiddetta “Balzana”, che la leggenda attribuisce direttamente alle origini di Siena: in fuga da Romolo, i mitici figli di Remo, Aschio e Senio - da cui deriverebbe il nome della città - arrivarono sul colle dove avrebbero fondato Siena, su due cavalli, uno bianco e l'altro nero. Su una colonna, dinanzi all'ala destra del palazzo fu posta nel 1429 una lupa di bronzo dorato, pregevole opera del Turini.
All'interno del Palazzo le opere d'arte sono preziose e innumerevoli: si passa dalla sala del Mappamondo, cosi chiamata per una rappresentazione dell'Universo - che vi era affrescata e che andò perduta - alla sala della Pace, sede dei Signori; da questa alla Cappella, quindi alla Sala dei Priori e alla Sala monumentale Vittorio Emanuele II, superba per gli affreschi di moderni pittori senesi che qui riprodussero scene della liberazione d'Italia. Per la storia dell'arte, la sala più rilevante è quella della Pace: Ambrogio Lorenzetti vi dipinse nel 1338 una serie d’affreschi che formano il più vasto ciclo pittorico profano del Medioevo. Il Lorenzetti dipinse i Beni derivanti dalla Giustizia e dalla Pace ed i Mali provenienti dalla Tirannide e dal Malgoverno. L'allegoria è semplice e chiara, adatta e comprensibile allo spirito del tempo e della città. Come, con la costruzione del Palazzo, Siena aveva affermato la coscienza delle libertà comunali e l'importanza e il valore della vita civile, cosi - nell'allegoria del Buono e del Cattivo Governo - la pittura veniva a seguire nuove vie, ad esprimere nuovi concetti. Il talento dell’artista non era più circoscritto nel quadro religioso, ma si allargava a comprendere le nuove concezioni della vita pubblica. Si veniva così ad accrescere il mirabile patrimonio artistico italiano, con tutta l'originalità e la vigoria della giovinezza. I tipi delle figure del Lorenzetti sono presi dalla vita quotidiana, come dalla vita comune sono tratte alcune delle scene che commentano questa e le altre allegorie. L'antica Siena ha trovato in Ambrogio un rappresentante nobile e fedele: l’artista non ha trascurato nulla per la riuscita della rappresentazione ed ha creato una serie di figure che rimangono pietre miliari nel cammino dell'arte. La sua concezione ha qualche cosa di Dantesco, d’universale; si può ben affermare che la sua pittura rappresenta un'epopea gloriosa».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/siena/palazzo-pubblico
Siena (palazzo Reale o del Governo)
«Dopo il Palazzo Pubblico in piazza del Campo quello del governatore in piazza del Duomo è il palazzo più grande della città di Siena. La sua storia, quale nobile residenza, inizia negli ultimi anni del Quattrocento con Jacopo Petrucci che acquistò alcuni edifici dallo Spedale Santa Maria della Scala per trasformarli nella sua dimora. Non sappiamo quale aspetto avesse questa residenza, poi passata al figlio Raffaello, che fu cardinale, ma a giudicare dall’unico ambiente superstite riconducibile ai lavori promossi dal cardinale, un salone prospiciente via del Capitano, dovette essere del più raffinato sfarzo. Lo testimoniano l’ampiezza del salone, oggi tramezzato e usato come sede di vari uffici, e la straordinaria raffinatezza delle decorazioni con genietti in cartapesta dipinta e dorata. Nel 1593 i Petrucci venderono ai Medici il palazzo e da allora l’edificio divenne la sede del rappresentante del governo al quale Siena e il suo Stato appartennero nei secoli. I nuovi padroni iniziarono da subito i lavori di ammodernamento dell’edificio, destinato a diventare la residenza medicea urbana più vasta, dopo la reggia fiorentina di Palazzo Pitti. L’architettura ha caratteri decisamente cinquecenteschi, per quanto l’edificio sia frutto dei lavori promossi nell’inoltrato Seicento dal governatore Mattias de’ Medici. Ciò testimonia, non tanto la volontà dei Medici di adattare il palazzo allo stile forgiato dall’architetto granducale Bernardo Buontalenti, al quale anche l’edificio senese è stato attribuito, quanto la maniera tenacemente ancorata al passato di Benedetto Giovannelli Orlandi, il più accreditato architetto senese del Seicento al quale Mattias si rivolse per ampliare il palazzo senese. Al rigore dell’esterno si doveva contrapporre, negli interni, la barocca teatralità degli arredi. La decorazione in grande stile iniziò, al termine del quarto decennio del Seicento, con Leopoldo de’ Medici, fratello di Mattias e suo sostituto nel governatorato della città durante l’assenza per l’invio nei campi della Guerra dei trent’anni. Leopoldo inaugurò l’arredo figurativo del palazzo dall’ambiente più rappresentativo: la Sala di Udienza, oggi Sala del Consiglio della Provincia. Per le pitture Leopoldo si rivolse a forze locali, ingaggiando Rutilio Manetti il più accreditato pittore senese. Rutilio Manetti con il suo Dante e Virgilio, oggi nella Pinacoteca Nazionale, produsse una delle sue più affascinanti scene d’esterno, con i due poeti colti in vibranti controluce dall’argenteo chiarore della luna. Il vecchio Rutilio non riuscì invece a portare a temine il secondo dipinto commissionatogli, ossia la vasta scena dell’Innocenza della vestale Tuccia, e ciò probabilmente per la morte occorsa nel luglio 1639. ...».
http://www.provincia.siena.it/La-provincia/Beni-Storici/Palazzo-del-governo
«La torre dei Forteguerri si trova a Siena, in angolo tra via di Città e la piazza di Postierla (detta anche i Quattro Cantoni). La torre si presenta con un paramento in pietra regolare, in cui si notano buche pontaie a distanze regolari, senza porte di accesso e con due sole finestrelle, una delle quali venne poi adattata a formare un balcone. La severità della struttura ben si adatta alle funzioni militari con cui era sorta, come avamposto a difesa dell'antica Porta Oria nella prima cerchia muraria, divenuta poi porta secondaria nel Basso Medioevo e quindi "postierla". Anticamente, come ricorda una cronaca del 1283, la torre era collegata da un cavalcavia con l'antistante palazzo Borghesi, facilitandone l'accesso e controllando così anche il passaggio nella via sottostante della famiglia rivale degli Incontri, residenti in via di Stalloreggi».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dei_Forteguerri
«Sul lato sinistro di Palazzo Pubblico, s’alza la Torre del Mangia, simbolo di Siena definito “un miracolo d’architettura, di leggerezza e d’eleganza”. Essa è stata costruita fra il 1338 ed il 1348, su progetto dei perugini Muccio e Francesco di Rinaldo. Espressione laica della Repubblica senese, la Torre del Mangia sembra gareggiare in altezza con la torre campanaria del Duomo: essa, infatti, è alta 102 metri. Essa è composta in laterizio ed è sovrastata da un bel coronamento in pietra e da una svettante cella campanaria, forse disegnati da Lippo Memmi. Le prime pietre poste per la sua costruzione furono scolpite con lettere ebraiche, greche e latine, perché la Torre “non fusse percossa da tuono o da tempesta”. Chi vuol cimentarsi con l'ardita impresa di raggiungere la cima della Torre dovrà salire qualche centinaio di scalini ripidi e stretti, ma sarà ben ricompensato e la fatica sarà presto dimenticata: da quell’altezza si può ammirare un panorama indimenticabile della città, della campagna e delle colline circostanti. Sul punto più alto della torre vi è una gigantesca campana che suona ogni ora e che i senesi chiamano amorevolmente "Sunto". La leggenda attribuisce il nome Mangia a questa mirabile opera poiché il campanaro guardiano della torre - tale Giovanni di Duccio - era soprannominato “Mangiaguadagni” per la sua fama di scialacquatore incallito».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/siena/torre-del-mangia/
Siena (torre delle Sette Seghinelle)
«Si erge sulla Costarella dei Barbieri, tutta in conci di calcare, la torre delle Sette Seghinelle, di origine medievale (XIII secolo). Secondo il Torriti essa trae il suo nome dai motivi a dente di sega presenti sui cornicioni e sui davanzali, mentre per il Fiorini la denominazione deriverebbe dai suoi sette piani o 'reseghe'. La torre medievale fu completamente restaurata e in parte rifatta agli inizi del Novecento. Su ognuno dei cinque livelli si osserva un'elegante bifora fiancheggiata da due feritoie e un fondaco a sesto acuto al piano terreno. Gli stemmi che adornano il centro delle bifore su ciascuna facciata sono frutto del restauro moderno, ad imitazione di armi medievali».
http://www.sbap-siena.beniculturali.it/index.php?op=scheda
Siena (torre di Roccabruna, palazzo Tolomei Savini)
«Dal Diario Senese di Girolamo Gigli apprendiamo l'origine di questo complesso sul vicolo di S. Pietro e Piazza del Campo. La Torre (o Rocca) Bruna, accorpata oggi al palazzo adiacente, fu una delle prime torri innalzate a Siena. Il nome deriva dall'antico nome del Campo, che veniva detto valle Selvata Bruna. Essa fu di proprietà dei Maconi, poi dei Biringucci e dei Tommasi. Accanto si trovava la casa dei Tolomei, dove abitarono i pittori Francesco e Raffaello Vanni. Essa passò poi ai Borghesi, che la lasciarono in dote a Niccolò Tolomei vescovo di Massa. La parte dell'edificio sulla piazza era invece di proprietà della famiglia Savini. La torre, costruita in calcare a base quadrata, era in origine forata da rare aperture, sostituite oggi da finestre per l'accorpamento all'edificio vicino. La merlatura che la conclude, in laterizio, può essere riferita ad un intervento del XIV secolo. Dell'edificio trecentesco resta la fronte su via Banchi di sotto, notevolmente alterata, ma che mantiene, al primo piano, una trifora originale. Delle ristrutturazioni, operate in epoca rinascimentale, rimane invece il portale in pietra serena con architrave scolpito con lo stemma dei Martinozzi. Alla metà del XVIII secolo sono ascrivibili i balconi in travertino della torre e il prospetto su piazza del Campo, mentre al tardo XIX secolo la scala di accesso interna e lo stemma Stasi sulla porta archiacuta d'ingresso».
http://www.sbap-siena.beniculturali.it/index.php?op=scheda
«Sovicille, per la relativa vicinanza a Siena, non dovette forse mai sottostare a forti presenze feudali, e anzi appare abbastanza presto controllato dalla città anche nella parte di pertinenza dell'episcopato volterrano. Le numerosissime testimonianze di architetture civili e fortificate riferibili ai secoli del Basso Medioevo sembrano piuttosto indicare la presenza di piccoli signori ed una diffusa organizzazione in comunelli rurali. Non di rado si conserva nel toponimo, oltreché nella struttura a torre, il ricordo della funzione di dimora signorile: Palazz'Albero, Palazzo al Piano, Palazzo di Stigliano, Palazzone, Palazzaccio di Toiano (quest'ultimo è un complesso di consistenza veramente notevole, come il portico sostenuto da un enorme e ardito pilastro). Molte altre località conservano resti riferibili a dimore o complessi fortificati di una certa mole. Notevolissimo il Cassero di Castiglion Balzetti, adattato a dimora rurale ed ora abbandonato, che all'inizio del Trecento fu dei Saracini e si trova attualmente in posizione talmente isolata da meritarsi l'appellativo di "Castiglion che Dio sol sa". L'interesse della città verso la zona di Sovicille è provato anche dall'organizzazione, nel Duecento, di una serie di mulini lungo il corso della Merse; il Molino del Pero - resta una poderosa torre - presso Brenna, il Molino di Serravalle, il Molino del Palazzo. Il castello destinato a raggiungere nel territorio una posizione preminente fu decisamente Sovicille. La prima notizia che lo riguarda sembra essere del 1004 e nei suoi pressi passava il confine tra le Diocesi di Siena e di Volterra, ma alla prima sempre appartenne. Nel 1237-1238 si ha la prima notizia dell'esistenza in Sovicille di una comunità, la nomina del cui rettore avveniva in accordo con le autorità senesi.
Nei decenni successivi il castello appare controllato da alcuni signori locali (Arnolfo di Daniello e poi i Lombardi), ma negli ultimi anni del secolo e nei primi del successivo furono redatti nuovi statuti, oggi perduti. Tra il 1313 e il 1333 fu devastato dalle soldatesche imperiali e da quelle pisane, tanto che il suo territorio, verso la metà del Trecento appare assai degradato dal punto di vista idrologico e notevole ne risulta il calo demografico. Tuttavia nel 1365 il castello fu restaurato sì da poter sopportare un assalto delle truppe fiorentine, come ancora avvenne nel 1391, al tempo della guerra di Firenze contro i Visconti e Siena. Le mura del castello furono di nuovo restaurate nel 1479 subendo ancora inevitabili danni durante la guerra di Siena. L'ultima cinta muraria del Castello di Sovicille, di forma pressappoco circolare, è ancora abbastanza ben conservata, magari abbassata o ridotta a sostegno di orti o di case di abitazione, oppure incorporata in strutture successive, come nella Villa Palmieri. Presso di questa sono visibili i resti della Porta di accesso. Varie costruzioni, all'interno delle mura, conservano più o meno palesemente strutture medioevali: tra queste si evidenzia la grande costruzione che chiude il lato est della piazza, ove si aprono varie finestre ad arco tondo o architravate. Sovicille, già avanti la metà del Trecento, era stata eletta a sede di un vicariato del quale, nel 1383, il notaio Giovanni di Piero del Tura redasse gli statuti. Nell'ambito organizzativo dello Stato di Siena al tempo di Cosimo I, Sovicille figura capoluogo di podesteria assieme a Pari».
http://www.lamiaterradisiena.it/Sovicille/com.sovicille.htm
SOVICILLE (castello di Capraia)
«Il Castello di Capraia si trova a Sovicille, in provincia di Siena. Le prime testimonianze del castello risalgono al 1º dicembre 731, quando il castaldo di re Liutprando, Warnefrido, stipulò l'atto di fondazione del monastero di S. Eugenio presso Siena e tra i beni assegnati alla nuova istituzione, figurava anche il castello di Capraia nella corte di Orgia. Il sito di Capraia, di particolare rilevanza strategica, sorse sulla fine del secolo XII ad opera dei conti Ardengheschi per difendere i loro possessi. Ciò avvenne trasgredendo all'editto del Barbarossa del 1158, secondo il quale non si dovevano erigere rocche o fortezze nel territorio senese. E proprio i senesi, forti di questa disposizione, ne chiesero la demolizione agli Ardengheschi. Questo è indice della preoccupazione del Comune di Siena di limitare il potere sempre crescente della famiglia che stava progressivamente espandendosi e poteva, potenzialmente, costituire un pericolo per la sovranità dello stato senese. L'ingiunzione pare non abbia avuto seguito, dato che alcuni documenti ne attestano l'esistenza verso la metà del Duecento. Nel 1275 il castello di Capraia e la sua corte, appartenevano ormai agli Incontri, nobile famiglia di Siena e di Volterra, mentre nel 1278 il proprietario risultava essere Andrea Tolomei. Nei giorni 20 e 21 agosto 1313, il castello, ben munito e presidiato, dovette far fronte agli attacchi delle truppe di Arrigo VII, mentre tutte le vicine rocche e castelli furono costretti a cedere alla schiacciante forza di quelle truppe inferocite. Solo Capraia e Sovicille seppero resistere agli assalti. Nel 1315 il castello fu acquistato dalla famiglia senese dei Petroni.
Attraverso poi ad altri passaggi di proprietà a noi non noti, Capraia pervenne in mani della famiglia Giunti che lo possedeva alla metà del Cinquecento, all'epoca cioè della “Guerra di Siena. Il 20 settembre 1554, mentre Siena era stretta nel suo ultimo fatale assedio che avrebbe portato alla caduta della repubblica, questa fortezza tutelava il trasporto di viveri alla città assediata che, ironia della sorte, ne aveva a suo tempo chiesta la distruzione. Venuto a conoscenza di questo, il marchese di Marignano, soprannominato il Medichino, abilissimo comandante e uomo cinico e crudele, partì da Siena con un esercito di 4000 fanti e mosse verso la rocca di Capraia che cominciò a battere con le artiglierie. Visto però che le strutture del castello resistevano ottimamente, mandò le sue truppe all'assalto servendosi di scale e riuscì ad impadronirsi della fortezza. Una volta entrati nella rocca, gli imperiale misero a ferro e fuoco tutto e non risparmiarono nessuno. Soldati, civili, vecchi, donne e fanciulli vennero passati a fil di spada insieme a Giomba di Guidoccio Giunti e sua moglie, proprietari del castello. Una volta poi, tramontata per sempre la repubblica di Siena e passato il suo Stato sotto la monarchia dei Medici, Capraia rimase completamente abbandonata. E come villaggio, assai degradato e ridotto pressoché a rudere, fu acquistata dalla nobile famiglia Borghesi nel XVIII secolo. Come villaggio, assai degradato e ridotto pressoché a rudere, fu acquistata dalla nobile famiglia Borghesi nel XVIII secolo. Ancora oggi all'interno della chiesa di Capraia è presente la lapide risalente alla fine del Settecento, del sepolcreto di Alessandro Borghesi sacerdote e patrizio senese».
http://www.sitoscana.it/scheda_itinerario.php?id_prodotto_itinerario=811
Spaltenna (territ. di Gaiole in Chianti, castello)
«A circa un chilometro da Gaiole in Chianti c'è l'antico Castello di Spaltenna. A dire il vero occorre parlare, più che di un castello, di un antico borgo medioevale costituito dall'antica Pieve di Santa Maria con torre campanaria del 1000 d.C. e dal contiguo monastero fortificato e da alcuni casali adiacenti. Il gruppo costituito dal Castello e della Pieve è datano 1030 anche se il Castello dovrebbe essere più antico della Pieve. La Pieve di Santa Maria Spaltenna, a dimostrazione della sua importanza, ebbe giurisdizione su Vertine, San Donato in Perano e Montegrossi. Ma cosa rende importante la Pieve di Santa Maria di Spaltenna? Diciamo subito che vederla aperta non è facile, ma se riuscite ad entrare potrete ammirare la Pieve della Leggenda del Crocifisso. Oggi il Castello di Spaltenna è stato trasformato in un hotel di lusso».
http://www.fortezze.it/castello_spaltenna_it.html
Spannocchia (territ. di Chiusdino, castello)
«Documenti scritti ci fanno sapere che la famiglia Spannocchi possedeva questa tenuta sin dall’inizio del 1200. Nel quindicesimo secolo, quella degli Spannocchi era una delle più importanti famiglie di banchieri e commercianti di Siena ed i suoi membri continuarono a giocare un ruolo chiave nella storia della città fino al 1800, periodo in cui si trasferirono in Austria. Delfino Cinelli, aristocratico scrittore fiorentino, vide in Spannocchia il posto ideale per ritirarsi a scrivere i suoi libri. Comprò la tenuta nel 1925 da una ditta boschiva che aveva rilevato la proprietà qualche anno prima dalla famiglia Spannocchi e la rivendette dopo averne sfruttato le risorse boschive. Spannocchia in quel tempo continuò ad essere gestita secondo la pratica della mezzadria, sistema sviluppatosi in Toscana intorno al 1100 . I mezzadri ricevevano un podere e l’uso delle terre circostanti in cambio della metà dei beni prodotti; il contratto di mezzadria tra il padrone ed i mezzadri era molto dettagliato. Questo sistema ebbe lievi mutamenti nel corso del tempo, cosicché strutturò la vita rurale di queste zone per secoli, caratterizzando le relazioni sociali, le pratiche culturali ed il paesaggio stesso. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e con l’avvento dell’agricoltura meccanizzata, il sistema della mezzadria entrò in crisi: l’ultimo contratto mezzadrile risale al 1991. Dato che a partire dagli anni ‘50-‘60, la popolazione contadina continuava a diminuire e l’agricoltura perdeva importanza, la tenuta assunse progressivamente nuovi ruoli, diventando la sede operativa della Fondazione americana “Etruscan Foundation” creata nel 1958 da Ferdinando Cinelli, figlio di Delfino Cinelli e adibita a struttura abitativa e lavorativa per i progetti archeologici e di conservazione. Nel gennaio 2002, nasceva “Spannocchia Foundation” con lo scopo di supportare progetti di conservazione, ricerca ed educazione all’interno del Castello di Spannocchia, in collaborazione con l’associazione italiana “Castello di Spannocchia”».
http://www.sovicille.net/spannocchia_it.htm
Spedaletto (territ. di Pienza, castello)
«L'antico castello di Spedaletto sorge nella Val d'Orcia, lungo la strada che da Pienza porta a Bagno Vignoni. Nel Medioevo l'importanza della Valdorcia fu legata principalmente a quella della Via Francigena, principale strada di comunicazione europea, che l'attraversava longitudinalmente per tutta la sua lunghezza. Oltre alla grande diffusione di centri urbani e castelli furono numerosi anche gli "Spedali" sorti lungo l'importante arteria o nelle sue vicinanze. Premesso che il castello di Spedaletto non era altro che un grandioso complesso fortificato costruito nel XII secolo dal religioso Ugolino da Rocchione come luogo di accoglienza per i viandanti e pellegrini "romei". Fin dal 1263 il complesso fu amministrato dallo Spedale di S. Maria della Scala di Siena ed era chiamato "Spedale del ponte dell'Orcia". Infatti alle sue spalle la via Francigena attraversava il fiume Orcia grazie ad un antico ponte, le cui rovine sono ancora oggi visibili in mezzo alle acque. Questa posizione rendeva il castello strategicamente ancor più importante e, anche a causa della sua ricchezza ottenuta attraverso varie donazioni, la sua presenza iniziò a dare fastidio ai feudali vicini. Lo Spedale ospitò anche viandanti eccellenti come Carlo II d'Angiò e papa Pio II, che emanò una bolla a favore della chiesa di Spedaletto. Il castello ha una pianta quadrata con torri ad ogni angolo e apparato a sporgere con dei beccatelli in pietra e merlatura lungo tutto il perimetro, una splendida porta di accesso fortificata con un poderoso mastio a sua difesa. Sono evidenti i rifacimenti della fine del XV secolo come la lieve scarpatura di gran parte del circuito murario e le feritoie per armi da fuoco presenti in più punti. Nel primo cortile interno troviamo subito a sinistra della porta la chiesetta gotica dello spedale con una splendida facciata arricchita da un rosone e un portale a sestiacuto, sulla destra una seconda porta di accesso, abbellita con stemmi in pietra, immette in un secondo cortile, cuore della fortificazione, dal quale si accede al mastio e al camminamento di ronda».
http://www.ilcastellodispedaletto.com/index2.html
SPINETA (ruderi del castello delle Moiane)
«Fuori di Sarteano, troviamo Spineta, l’antica abbazia vallombrosana che è già oggetto di tutela poiché il vincolo è stato istituito con DM. 27/11/1985, però vi sono altri due monumenti nei suoi dintorni che avrebbero bisogno di un vincolo, quale intervento primario di protezione, e cioè l’antico castello farolfingio delle Moiane e l’antico cimitero dell’abbazia (che è di proprietà comunale). Del castello delle Moiane abbiamo notizia dal giugno 1123 quando Guglielmo, abate dell’abbazia della SS. Trinità di Spineta insieme al capitolo danno e consegnano il Monte Mojanum al conte Manente ed ai suoi figli per edificarvi torri e case, con l’obbligo di pagare all’abbazia ogni anno per le calende di maggio 12 soldi di buona moneta, della migliore del contado di Chiusi. Il castello ed il paesino vennero costruiti e furono abitati fino circa la seconda metà del 1500. Il castrum è ormai coperto dal bosco ma il luogo è estremamente interessante. Si possono osservare le tecniche di costruzione delle mura delle numerosissime case con delle particolari intercapedini e cunicoli atti a mantenere il caldo all’interno; vi è poi traccia di pozzi per l’acqua, si scorgono le porte di accesso e le monumentali mura di cinta; all’intorno troviamo frammenti della più varia natura. Gli storici che ne hanno parlato l’hanno descritto basandosi sui pochi documenti antichi che lo riguardano, e se sommiamo poi che il castrum si trova da sempre in un terreno di proprietà privata, otteniamo che questo illustre monumento di storia rimane a tutt’oggi sconosciuto non solo ai più, ma anche agli studiosi, ai medievalisti agli archeologi, nonché a buona parte della popolazione locale. ...».
http://web.tiscalinet.it/LucaAggravi/DonChisciotte.htm (a cura di Luca Aggravi)
Staggia Senese (castello dei Franzesi, mura)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Il castello era strettamente legato ad Abbadia ad Isola e collocato su un importante percorso sulla Via Francigena. Le più antiche notizie sull'insediamento risalgano all'anno 994. I primi signori del castello furono i Lambardi, ai quali succedettero i Soarzi e i Franzesi. Nei due secoli seguenti il complesso si caratterizzò come una vera e propria residenza fortificata: nel circuito murario, merlato, si apriva una porta sormontata da un arco a tutto sesto e vi era inserita una grande torre quadrangolare da identificarsi come palazzo di famiglia. Nel XIII secolo Staggia fu attribuita al territorio di Poggio Bonizio: l'ascesa economica e politica del vicino insediamento e l'effetto della circolazione di beni e persone sulla Via Francigena crearono i presupposti per la fioritura del centro. Conseguentemente, si verificarono l'espansione del popolamento e l'allargamento del borgo. Dopo alterne vicende legate alle lotte fra Siena e Firenze per il controllo del territorio della Val d'Elsa, nel 1361 Staggia fu ceduta dai Franzesi a Firenze, entrando finalmente come centro periferico nel dominio della città. Il castello fu restaurato con l'erezione di mura alte circa 7 metri intorno al borgo, connotandosi come base strategica per eventuali scorrerie contro Siena. Oggi la Rocca di Staggia si erge a cavaliere sulla Francigena, come un libro, racconta attraverso le sue pietre cinque secoli di storia. Le forme più rudi e squadrate della struttura longobarda, si contaminano con lo stile elegante e raffinato dei resti del palazzo dei Franzesi, si addolciscono nella morbidezza delle rondelle, donjon, straordinario esempio architettonico del 300 realizzato dalle maestranze impiegate nella costruzione delle cattedrali francesi. La cinta muraria della Rocca si congiunge con la "terra murata" di Staggia, realizzata dai fiorentini nel 400, creando un camminamento aereo, ancora oggi in parte percorribile, che permetteva un tempo di attraversare il castello e il borgo, senza mettere piede a terra. È possibile percorrere i camminamenti aerei in alto lungo le mura, le stanze della torre allestite con esposizioni di artisti, le rondelle la cui costruzione è influenzata dalle crociate, e gli spazi esterni del cortile e gli altri locali di accoglienza del castello».
«La sua origine risale intorno all'anno 1000, quando probabilmente fu fondata dai Conti Guidi, con la classica struttura del piccolo borgo medioevale fortificato. è però difficile avere la certezza di chi edificò Starda, anche perché nella zona oltre ai Guidi gravitavano altre due potenti famiglie: gli Umbertini e i Tarlati. Con la sua funzione mercantile, Starda si trovava sulla direttrice che da Arezzo passava per Montevarchi. è proprio per questa sua posizione strategica che Starda non ebbe mai pace e fu a lungo contesa tra Firenze e Siena nel corso delle numerose guerre tra le due città. Incroci familiari, battaglie tra gli uni e gli altri, passaggi a volte a Siena a volte ad Arezzo, rendevano i confini molto labili. Le terre più a nord come la stessa Starda rimasero piccoli borghi, in parte fortificati, senza però una elevata capacità difensiva, utilizzati soprattutto come luoghi di sosta per quei viaggiatori che dalla valle dell'Arno raggiungevano Mercatale di Gaiole, con la sua piazza a forma di cono adatta all'esposizione delle merci. Dal Trecento circa il territorio visse un'epoca di degrado e di abbandono perché assunse una minore importanza commerciale rispetto alla zona del Valdarno e Montevarchi. Nel tempo vi fu una concentrazione di proprietà tra due famiglie non nobili ma di fabbri e contadini: i Toti e i Romanelli. ... Nel 1941, per vie di successioni, il borgo Starda passò in mano alla famiglia Malaspina Santarelli, nobile famiglia che acquistò la maggior parte dei terreni e delle case dando vita alla fattoria con i suoi possedimenti. Il perché Starda sia tutt'ora un luogo isolato e nascosto lo si deve all’odierna splendida via che va diretta a Monteluco, fu una deviazione costruita negli anni Sessanta, che però tagliò fuori dalla comunicazione diretta il borgo, togliendo quel ruolo di luogo di passo e sosta che gli era stato assegnato nei secoli. L'abbandono della campagna nell'epoca del dopoguerra ha completato l'opera di isolamento rendendo sempre più urgente un azione di recupero. Attualmente del vecchio castello rimangono solo i sotterranei e quasi tutto il borgo ha subito una lunga opera di restauro: ecco com'è nata la Fattoria Castello di Starda, struttura agrituristica la cui ristrutturazione è stata realizzata mantenendo al massimo le caratteristiche originali».
http://www.castellodistarda.it/italiano/storia.html?v=azienda#.Uf_GiJK-2dk
Stigliano (castello del Poggiarello di Stigliano)
«Il castello del Poggiarello di Stigliano è un esempio di fortificazione sviluppata tra il XII e il XV secolo, che sorge su di un'antica necropoli etrusca nel territorio del comune di Sovicille, in provincia di Siena. La parte più antica è costituita da due case-torri che costituivano una fattoria fortificata di proprietà della famiglia Pecci, mercanti senesi che investirono le loro finanze su una struttura posta lungo un'importante via d'accesso al fiume Merse, lungo il quale si erano sviluppate attività senesi di metallurgia e manifattura. Le abitazioni circostanti affrontarono un periodo di insicurezza e continua manutenzione già dalla metà del XIII secolo, quando incursioni fiorentine, teutoniche, pisane e di altre popolazioni condussero il castello a costituirsi, all'inizio del Quattrocento, in una vera e propria fortezza; essa era di strategica importanza per la Repubblica di Siena, la quale la annotò nell'elenco dei fortilizi privati, proprietà degli aderenti alla corporazione dei Nove, attinente alla classe imprenditoriale senese. Nel XVI secolo, alla fine della guerra di Siena, un ramo della famiglia Piccolomini si stabilì in questo castello. Dopo la peste del 1630, la popolazione venne decimata: la fortezza smise di assumere un ruolo difensivo e venne frammentata in piccoli poderi ad uso agricolo. Infine, nel XIX secolo, al fine di rendere più efficiente l'agricoltura toscana, la fattoria del Poggiarello di Stigliano venne divisa tra le proprietà delle fattorie limitrofe, per essere oggi ricostituita come un bene protetto sotto la Soprintendenza ai Beni Architettonici della Toscana».
«La Tenuta di Stomennano si sviluppa fra boschi e vigneti su una silenziosa collina di fronte a Monteriggioni. Un antico borgo medievale di cui si hanno notizie storiche sin dal 1254 data in cui qui fu sancita una pace fra Firenze e Siena. La storia dei personaggi e dei fatti che raccontano questo affascinante scorcio di Toscana sono registrati negli archivi del Vaticano. Antichi casali del 700 ed un parco di alberi secolari circondano la Villa e la fattoria, oggi diventata agriturismo».
http://www.dimorestoricheitaliane.it/dimore/toscana/villa-stomennano
«Il borgo, di poco posteriore al VI secolo, fu castello della Repubblica di Siena a difesa del confine nord, verso lo stato fiorentino. La sua posizione consentiva la chiusura del sistema difensivo collegando di fatto l’arco da Monteriggioni a Casole d’Elsa (altro presidio senese); e consentiva parimenti il controllo del traffico che attraversava quella che veniva definita la Val di Strove; traffico proveniente in gran parte dai paesi e castelli di fede fiorentina quali Colle di Val d’Elsa o San Gimignano. Nella forma del borgo si possono ancora lèggere le vecchie mura medioevali che sono servite per appoggio delle abitazioni di costruzione posteriore, ma dalle stesse non sono state cancellate nel disegno e nella imponenza. La chiesa del paese è dedicata a San Martino. Questa dedicazione è una ulteriore testimonianza dei traffici che passavano dal castello di Strove provenienti anche dai paesi di oltralpe dove il culto del vescovo di Tours era originato».
http://www.comune.monteriggioni.si.it/index.php?option=com_content&view=article&id=294&Itemid=14
«Il Castello di Tocchi, o Castel di Tocchi, è un complesso architettonico sorto intorno al 1100 a Tocchi, nel comune di Monticiano (SI). Il castello fu sotto il dominio degli Ardengheschi fino al 1202, anno in cui venne sottoposto al comune di Siena; fu sede di un podestà di nomina cittadina sino al 1271. Successivamente si instaurò il dominio signorile dei Tolomei. In seguito il dominio passò ai Malavolti. Nel 1391, in reazione ad un formale atto di riconoscimento dell'autorità fiorentina da parte dei Malavolti, Siena attaccò, occupando e smantellando il castello. Il castello si presenta come nucleo di antiche costruzioni disposte attorno ad un cortile centrale e con porta d'accesso ad arco ancora ben conservata; presso la porta sembra essere una torre. Tra i vari edifici di interesse storico è tuttora attiva la Chiesa del Castello di Tocchi, piccola ma ben decorata all'interno e in funzione ogni domenica. Testimonianze storiche sono la cinta muraria, l'arco d'ingresso, i sentieri tracciati sugli antichi percorsi medievali e diversi appartamenti, alcuni dei quali ristrutturati e abitabili. Diversi edifici del borgo del castello sono stati ristrutturati ed incorporati in una struttura ricettiva di paese-albergo, con prodotti biologici da coltivazioni e allevamenti locali e menu per celiaci. L'intera zona è sottoposta a vincolo paesaggistico allo scopo di preservare sia l'ambiente che i resti di interesse storico: non è possibile procedere a nuove edificazioni all'interno del perimetro del castello, vigono divieto di caccia e disboscamento e limitazioni al traffico veicolare».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Tocchi
«La curtis di Tornano è nominata in un documento, attribuibile alla seconda metà dell'anno 1000, che é conservato nell'archivio di Badia a Coltibuono. Molte carte di Coltibuone del secolo XII contengono riferimenti a Tornano come luogo di stipula di contratti. Insieme al vicino castello di Campi, nel 1167, Tornano fu tolto dalle autorità imperiali a Guarnellotto dei Mazzalombardi e assegnato a Ranieri dei Firidolfi-Ricasoli e nove anni dopo ne fu sancita l'appartenenza al contado di Firenze. Sembra tuttavia che Guarnellotto riuscisse, con l'aiuto dei senesi, a mantenere il controllo di Tornano. Il conflitto senese-fiorentino del 1203, che si sarebbe concluso a vantaggio di Firenze, ebbe probabilmente origine anche a causa della protezione che Siena concedeva a Guarnellotto. Nel 1208, nel 1229 e nel 1251 il castello fu assalito dai Senesi e, ogni volta, restituito al dominio dei Fiorentini dalla cui parte era ormai passato lo stesso Guarnellotto. Nel tardo medioevo ed agli inizi dell'età moderna Tornano, con la sua torre di proprietà dei Ricasoli continuò ad essere considerato un luogo nevralgico del sistema difensivo fiorentino. Altissima ed imponente costruzione a base lievemente trapezioidale, in filarotto di pietra,con base a scarpa e numerose aperture originarie ad arco; in alto sul lato ovest sono presenti le mensole di probabili piombatoi. Verso sud un frammento delle mura che probabilmente racchiudevano costruzioni minori».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/castelli-e-ville/castello-di-tornano
Torrenieri (palazzo de' Ballati o della Posta Vecchia)
«Palazzo Ballati sorge nel piano del torrente Asso dove nel 1300 la via Francigena attraversava l'omonimo corso d'acqua che dà il nome alla valle. II guado del fiume era garantito da tre ponti in quanto il luogo era piuttosto paludoso e l'acqua formava diversi diramazioni. Nel 1297 la Repubblica di Siena al fine di garantire la salubrità e la produttività delle terre della Val d'Asso nei pressi di Torrenieri ordinò di realizzare un fosso di larghezza pari e 3 metri e profondo 2, al fine di meglio convogliare le acque e bonificare la zona. Il palazzo Ballati venne realizzato come a presidio di questo importante punto della strada per Roma nel 1408. La struttura, prevalentemente realizzata in mattoni, è impostata su una pianta irregolare che si sviluppa su una corte interna ha una coppia di bastioni sugli angoli prospicienti la strada. La torre merlata che si erge sul prospetto nord è il simbolo del paese di Torrenieri. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 questa zona di fondovalle del paese divenne una tra le più importanti realtà economiche e sociali della zona animata dalla presenza della ferrovia e della vicina stazione e dallo stabilimento Crocchi. Nell'entrone del palazzo è custodito un cannone, residuato bellico della II Guerra Mondiale a ricordo degli ingenti danni e diverse vittime provocati dal conflitto tra la popolazione civile di Torrenieri».
http://web.map2app.com/Sentieri-per-Montalcino/en/Francigena/Pallazzo-Ballati/
Torrita di Siena (palazzo Pretorio, porte, torre Senese)
«Situata su un colle, a 325 mt. s.l.m., Torrita é una ridente cittadina della valdichiana senese. Il centro storico di Torrita di Siena, racchiuso entro la cinta muraria risalente al XII secolo e di cui si possono ancora osservare alcune parti, offre al visitatore angoli caratteristici e opere d'arte non trascurabili. Percorrendo i vicoli dei paese ci si sente avvolti da un alone misto di storia e di leggenda, basti pensare a Via Ghino di Tacco, Via dei Pecorai o Via della Lupa. L'accesso dalla Porta Nova consente di giungere come prima tappa alla Piazza Matteotti, da sempre centro della vita culturale e religiosa del paese. Vi si possono infatti ammirare il Palazzo Pretorio (oggi sede del Comune) di origine duecentesca, che staglia verso l'alto la sua torre oggetto nei secoli di numerosi restauri, il Teatro Comunale e la Chiesa delle SS. Flora e Lucilla. La piazza rappresenta il punto di incrocio delle strade che conducono alle quattro porte di accesso al paese e conserva ancora al centro l'antica cisterna (o pozzo) che nei secoli passati era utilizzata per l'approvvigionamento idrico di tutto il paese. Accanto al Palazzo Comunale sorge il Teatro Comunale "degli Oscuri”, nato per volontà dell'omonima Accademia nel XVIII secolo ed all'interno del quale è visibile un busto collocato per celebrare il cantante lirico Giulio Neri, cui Torrita ha dato i natali nel 1909 e del quale è ancora molto vivo il ricordo tra i suoi concittadini. La romanica chiesa di S. Flora e Lucilla è la più antica entro le mura del castello, risale al 1300 e conserva numerose opere d'arte, tutte degne di nota. La più importante è senz'altro la lunetta in bassorilievo “Il Sangue del Redentore" attribuita al Donatello. ...
Percorrendo la vicina via della Lupa, si può ammirare nelle giornate soleggiate una splendida vista della Valdichiana: fertile pianura, una volta palude, bonificata da Leopoldo II di Toscana ad opera dell'architetto Fossombroni. La Via della Lupa conduce alla Porta Gavina, forsela più nota delle quattro porte, sia per l’architettura che per il portone ligneo del 1200, recentemente restaurato. La Via Cesare Battisti conduce alla Porta a Pago, che si apre sul lato nord delle mura. Il suo nome deriva da “pagum”, l’antico villaggio che sorgeva sulla collina antistante, altre fonti la collegano al pagamento del dazio per l’arrivo delle merci nel paese. Risalendo la via Dante Alighieri, si giunge di nuovo nella Piazza Matteotti, da cui, attraverso la Via Ghino di Tacco, il vicolo dei Fabbri e il vicolo dell’Ospedale, si possono ammirare angoli meno noti ma molto caratteristici, come le arcate di pregevole fattura e gli edifici che conservano il loro aspetto inalterato nel tempo. Per uscire dalla cinta muraria si arriva alla Porta a Sole, ove probabilmente sorsero le prime case di legno abitate dalle famiglie dei soldati preposti alla difesa del castello. Davanti al visitatore si apre lo spazio denominato “Gioco del Pallone”, luogo di ritrovo per i giocatori di tamburello e teatro della festa paesana del “Palio dei Somari”. In fondo al “Gioco” si erge nella sua purezza di forme il piccolo oratorio dedicato alla Madonna delle Nevi, costruito nel 1525 in onore di Maria, allorché una grave pestilenza afflisse la Comunità. Sul portone d’ingresso é collocata una copia della Lunetta di Donatello, poiché originariamente l’opera era qui ospitata; all’interno si trova un affresco attribuito a Girolamo Benvenuto del Guasta».
http://www.bccmp.com/comunetorritadisiena/torrita.htm
Trequanda (castello Cacciaconti o rocca di Trequanda)
«Di origini duecentesche, domina e caratterizza l’antico borgo medievale con la sua pianta trapezoidale ed il maestoso torrione cilindrico in pietra, in parte ricostruito dopo la guerra, che ne testimonia l’antica struttura fortificata. Di proprietà dei signori Cacciaconti della Scialenga dopo diverse vicissitudini (l’infeudamento fu confermato da Federico II il 25 novembre 1220), il Castello, dopo essere appartenuto anche a Bartolotto dei Tolomei, nel 1555 venne annesso, insieme all’intero territorio di Trequanda, al Granducato di Toscana ad opera di Cosimo de’ Medici e ne seguì la sorte fino all’unità di Italia. Il castello ha ospitato durante i secoli abitanti diversi. Fra i più illustri va ricordata la beata Bonizzella Cacciaconti, nipote di Guido e figlia del grande feudatario ghibellino Ildebrandino, donna di intensa fede e viva carità, vissuta nel XIII secolo. Ospitò anche personaggi di non chiara fama, come Musciatto Franzesi. Posto in posizione strategica lungo la strada che da Chiusi conduce a Siena, per questo motivo il fortilizio è stato più volte preteso in proprietà da Siena e Firenze. Dal dopoguerra il complesso è divenuto di proprietà del Fondo Pensioni per il Personale Cariplo. Il compendio immobiliare occupa parte dell’area dell’antico borgo compreso tra le mura storiche, con accesso direttamente sulla piazza di Trequanda. Dall’ingresso principale si accede al cortile interno su cui affacciano: il fabbricato storico, di tre piani fuori terra oltre al sottotetto costituente la parte nobile residenziale; corpi minori di fabbrica su due piani fuori terra (oltre ai cantinati) già adibiti a magazzini, ad antiche botteghe artigiane, a scuderie ed alle cantine utilizzate fino agli anni ’70 per le attività connesse alla gestione della relativa Fattoria. Le facciate interne ed esterne sono intonacate e alcune stanze dell’ala sinistra (quella più antica) hanno mantenuto i soffitti lignei a cassettoni e decorazioni floreali. Proseguendo oltre il cortile si passa nella zona verde del complesso: il giardino all’italiana si trova sotto il torrione circolare ed è compreso tra il castello vero e proprio ed piccolo parco alberato, delimitato dalle mura merlate, che si affacciano sulla sottostante campagna. Trequanda, con la sua torre rotonda, costituisce un caso piuttosto isolato; pur se non mancano in terra senese altre torri rotonde munite di apparato a sporgere addossate ad edifici fortificati (Sarteano). La forma circolare e l’emergere dalla muratura la identificano chiaramente come antenata del bastione, che diverrà la forma difensiva più usata nei secoli successivi».
http://castelliere.blogspot.it/2010/12/il-castello-di-venerdi-3-dicembre.html
«II Castello venne costruito su un poggio da cui si domina la sottostante valle dell'Orcia. Le notizie sull'antico fortilizio sono alquanto scarse: nel 1208 La Velona era compresa tra le comunità del territorio ilcinese che, sottomesse a Siena, dovevano versare a questa città una regolare tassa. Il castello nel 1402 fu acquistato dalla famiglia Accarigi. Occupato dai fiorentini, divenne un importante baluardo nella guerra contro i Visconti, Signori di Siena. Due anni dopo, il fortilizio venne restituito alla Repubblica di Siena e da questo momento in poi La Velona entrò a far parte dei tanti presidi militari che, sotto il dominio senese, erano adibiti alla sorveglianza del territorio. La struttura presenta un paramento murario in conci di pietra con base a scarpa e torri angolari. Le due torri (una merlata a l'altra con tetto a capanna) sono collegate tra di loro tramite delle costruzioni più basse, che fungono da cinta muraria. Si accede al cortile interno tramite due passaggi coperti, posti a lato del torrione con il tetto a capanna. Nel cortile notiamo una cisterna e gli accessi alla cappella ed alla abitazione (edifici che furono costruiti addossati alle mura). Pochi chilometri più avanti troviamo il piccolo borgo di Monte Amiata Scalo, con l'omonima stazione ferroviaria».
http://www.comunedimontalcino.it/itinerari/greppo.htm
«Situato in eccezionale posizione panoramica a Montalcino in provincia di Siena, immerso tra le colline di questo verdeggiante territorio fatto di vigneti, querce, lecci e folte macchie, Castel Verdelli sorge in una zona meravigliosa che offre scorci incantevoli sulle vallate e sui caratteristici paesaggi della zona. La strada che conduce ad esso prende il nome dal Castello ed è di proprietà, il viale è fiancheggiato da due file fittissime di cipressi secolari. L'imponente struttura in mattoni risale al XIV secolo ed è composta da due blocchi separati con base a scarpa ed altri corpi che si sviluppano attorno ad un cortile centrale in cui è presente un antico pozzo di forma circolare. Adiacente al complesso storico sorge una graziosa cappella di famiglia a pianta ottagonale facente parte dell’intero complesso storico. La superficie complessiva interna è di 3800imq che si sviluppano su quattro livelli oltre alle cantine, raggiungendo un'altezza massima di 18 metri. Il terreno circostante ad esso è di 5000imq dove è possibile realizzare una piscina, con altri 7iettari sul versante nord che godono di ottima esposizione; una terra molto generosa ricca di sostanze organiche e di nutrimento, eccellente per l'impianto di un vigneto come da studio agronomo già stilato. All'interno dello stesso comune completano la proprietà altri 11iettari ideali per essere messi a frutto nel panorama della rinomata produzione agricola toscana. Le proprietà di Castel Verdelli furono acquisite dalla famiglia De Vecchi dalle divisioni ereditarie delle sorelle Margherita e Giulia Verdelli figlie di Cristofano Verdelli che morì nel 1592 senza eredi maschi. Nei primi anni del Duemila la proprietà è stata acquisita dal conte barone Renato Santoro che lo ha lasciato in eredità ai figli che sono gli attuali proprietari. Il Castello Medievale è giunto ai giorni nostri mantenendo un fascino antico ed una misteriosa bellezza impreziosita da pareti, volte e soffitti elegantemente affrescati. Soggiornare in questi luoghi silenziosi permette di rivivere la più genuina tradizione toscana e godere del fascino incontaminato della natura circostante. La zona è classificata a livello urbanistico come "Area per insediamenti turistico ricettivi". È già stato attuato un progetto del piano di recupero del complesso approvato dalla Commissione Edilizia Integrata, previsto nel pieno rispetto delle caratteristiche paesaggistiche ed architettoniche con cura nella scelta di materiali e lo studio dei particolari decorativi. La parte interna del complesso è completamente da ristrutturare, ed altri lavori di restauro sono necessari per un recupero a fini abitativi e/o ricettivi».
http://www.castelverdelli.it/Descrizione/Descrizione.htm
«A un documento privato del dicembre 1013 risale la prima testimonianza sicura sul castello di Vertine, Nel 1049 la chiesa, poi monastero, di S. Lorenzo a Coltibuono riceveva in dono una parte del castello e della torre di Vertine, e beni fondiari nella circoscrizione castrense. Possedimenti di famiglie diverse in Vertine e nel suo territorio sono documentati nelle carte di Coltibuono dei secoli XI e XII. Nel 1202 si ha il primo accenno positivo all'insediamento in Vertine dei Ricasoli, che ne sarebbero stati poi signori sino in epoca moderna. Esponenti della famiglia compirono in Vertine, nel 1312 e poi ancora nel 1351, atti di violenza e di ribellione all'autorità della Repubblica fiorentina e verso altri Ricasoli, ma alla fine dovettero capitolare e Firenze fece abbattere due rocche. Ricondotto nell'ambito della sovranità fiorentina, senza che peraltro venisse diminuita l'autorità signorile della famiglia, il castello di Vertine sarebbe stato all'epoca delle guerre aragonesi (1452-1483) una delle residenze principali dei Ricasoli, allora commissari nel Chianti per la Repubblica, e un centro strategico di importanza primaria. Verso la metà del '500 si ha notizia di lavori di restauro alle mura e alle porte. Il castello, di forma approssimativamente ovale, conserva ancora quasi tutte le costruzioni originarie, disposte attorno ad un anello interno di strade e di slarghi, oltre a molti resti delle fortificazioni. Anzitutto il bellissimo torrione accanto alla porta d'accesso, che era forse l'unica. Il torrione, che ha subito recentemente un restauro integrativo é costruito in accurato filarotto di alberese e presenta a ciascun piano, sui tre lati esterni, belle finestre ad arco, nelle quali conci di arenaria scura sono alternati con altri di alberese; sul lato interno, oltre a tre finestrine, due ad arco ed una rettangolare, è presente una bella porta con gli stipiti in arenaria in cui gli ultimi due conci forgiati a mensola sorreggono un architrave in alberese sul quale poggia un arco acuto ancora in arenaria. Nella piazzetta principale è presente la Pieve di San Bartolomeo, un edificio ricostruito in forme neoromaniche negli anni trenta del XX secolo, la cui caratteristica principale è rappresentata dai due leoni xilofori del pronao. Delle mura poi restano altri tratti e rimane anche una torre semicircolare, con una feritoia ed archibugiera alla base. Un accenno particolare merita il grande edificio all'estremo del complesso, che, se pur assai rimaneggiato, mostra ancora nella sua mole, nella sua esecuzione in filarotto, quale doveva essere la sua importanza originaria».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/borghi/vertine
«Il Castello di Vignoni, posto in posizione dominante sul panorama della valle dell’Orcia risulta essere stato nel 1000 tra i possedimenti dell’Abbazia di Sant’Antimo alla cui autorità fu riconfermato nel 1051 da Enrico III. Intorno al 1170 i conti Tinniosi di Tintinnano ne assunsero il controllo probabilmente per conto della potentissima Consorteria Aldobrandesca che già controllava il bagno di Vignoni attraverso gli Ardengheschi suoi feudatari. Nel 1208 Vignoni era fra i castelli obbligati a versare imposte a Siena e per tutto il 1200 insieme al bagno di Vignoni fece parte della circoscrizione di Tintinnano. Nel 1362 il castello, con i bagni di Vignoni, allora sotto il dominio dei Salimbeni, venne distrutto dai senesi e dagli alleati montalcinesi. La torre del Cassero fu fatta ricostruire successivamente nel 1339 con le rendite di Montalcino. Nel 1409 passò con altri castelli nuovamente ad Antonia di Cocco Salimbeni, moglie di Attendolo Sforza da Cotignola. Dopo il 1545 vi si riunivano segretamente i fratelli Amerighi, Enea Piccolomini, il conte Mario Sforza di Santa Fiora, il conte Nicola da Pitigliano, lo Sforza di Trevinano ed altri potenti signori per ordire la congiura che culminò il 5 agosto 1552 con la cacciata degli spagnoli da Siena. In seguito il castello divenne possesso dei conti Amerighi dai quali passò ai marchesi Chigi che ne sono tuttora proprietari. La sua chiesa canonica di stile romanico, più volte restaurata, situata all’interno del Castello e costruita per il suo lato opposto al portale di ingresso sulle mura di cinta, dipendeva dalla scomparsa Pieve Romanica del bagno di Vignoni (sottoposta a sua volta alla diocesi di Chiusi). Il Castello di Vignoni dista circa 4 km dal paese e con il suo splendido isolamento è una vera oasi di pace e di ambita tranquillità».
http://www.comunesanquirico.it/index.php/visit-san-quirico-dorcia/12-scopri-san-quirico/209-vignoni
VIVO D'ORCIA (castello Cervini)
«L'edificio è stato costruito sull'impianto del'antico monastero Camaldolese, ceduto nel 1538 da papa Paolo III Farnese alla famiglia Cervini di Montepulciano. La progettazione della parte più antica del Palazzo viene attribuita all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane. L'impianto, benché volumetricamente compatto, presenta uno sviluppo planimetrico alquanto complesso, dovuto sia alla posizione orografica su un'area con accentuato dislivello, sia alle successive aggiunte apportate nei secoli XVII e XVIII. La struttura è quasi interamente costituita da muratura di pietrame in conci squadrati, in parte intonacati con bugnato d'angolo e riquadrature dei portali in pietra trachitica locale. Particolarmente suggestiva la vista che si affaccia sul lato ovest, ove il complesso è caratterizzato da uno sperone realizzato in epoca successiva in aggiunta all'originario edificio che si sviluppa per quattro piani, ed all'interno del quale è ancora presente la cella di S. Romualdo».
http://www.prolocovivo.org/cultura/architettura.htm
«È un borgo fortificato d'origine medioevale entro le cui mura nasce il Chianti Classico dell'odierna Fattoria Castello di Volpaia. Il primo documento che ne fa menzione fu redatto a Cintoia il 21 aprile 1172: esso testimonia che i fratelli Franculus e Galfredus da Cintoia, dopo essersi assicurati il consenso del padre e di "Liquiritia, uxor Franculi", accesero un prestito di 28 libbre d'argento con Spinello da Montegrossoli, concedendo in ipoteca i loro possedimenti, ch'erano situati nella "curte et castello de Vulpaio". Ma l'origine del castello è sicuramente molto più antica del documento. Probabilmente il castello sorse intorno al X secolo, come altri che punteggiano il paesaggio dell'alta val di Pesa, e sorse in quel luogo, il crinale di una delle colline che si dipartono dalla Badia a Montemuro in direzione di Radda, perché essendo posto sullo spartiacque di due piccole valli, formate da affluenti della Pesa, è facilmente difendibile. Era questo un requisito prezioso in quell'epoca (che l'assestarsi della società feudale aveva reso profondamente insicura) e che del resto era all'origine della maggior parte dei castelli toscani sorti allora...
Nonostante numerose integrazioni e distruzioni, il Castello di Volpaia conserva ancor oggi notevoli testimonianze del suo passato di fortificazione fiorentina nel territorio del Chianti. Il fortilizio era formato da una cinta di mura a pianta grossolanamente ellittica, nella quale si alternavano alcune torri di difesa. La maggiore di queste, posta a lato della porta d'ingresso, doveva fungere da mastio. Oltre a qualche tratto delle mura originali, rimangono oggi la poderosa torre principale della fortificazione, a pianta rettangolare, e una delle torri minori. Una torretta cilindrica, situata nel lato nord, è da considerarsi invece aggiunta in epoca posteriore, giacché la sua muratura, a sasso accapezzato, è diversa da quella, a filaretto, delle parti più antiche del castello. È probabile sia stata edificata dopo le distribuzioni aragonesi del 1478, poiché dalla seconda metà del XV secolo si costruirono spesso torri rotonde, che erano più adatte a sostenere l'attacco delle nuove artiglierie. Una svolta, anche dal punto di vista della struttura architettonica del castello, ebbe luogo nel secolo XVI, con il declino della potenza senese che portò nel 1555 alla caduta della repubblica. Ebbe inizio per il Chianti un lungo periodo di pace e il Castello di Volpaia, venuta meno la sua originaria funzione difensiva, perse poco a poco anche il suo aspetto guerresco: alcuni portali tardo-rinascimentali che si aprono in abitazioni entro il castello, testimoniano di questo mutamento, che portò alla scomparsa di larghi tratti di mura e alla costruzione di edifici di abitazione. Una via percorreva il castello all'interno, lungo il suo asse maggiore, dividendolo in due parti quasi eguali. In corrispondenza dell'inizio di questa via principale si apriva la porta di accesso al fortilizio, oggi scomparsa per le alterazioni che ha subito tutta la parte sud-ovest delle mura (ma essa è ancora riprodotta nei disegni di un cabreo del 1801). Nello stesso settore sono invece notevoli resti di costruzioni medioevali interne al castello, incorporate in edifici usati per abitazione».
http://it.wikipedia.org/wiki/Volpaia
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