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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI VICENZA
in sintesi
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«Sullo sperone collinare in direzione nord-est, sud-ovest. Si raggiunge percorrendo via Calavena Alta da Villaggio Giardino. È un caratteristico agglomerato di case chiuse entro una cinta muraria in pietra nera, costruita nel secolo XIV dagli Scaligeri sul luogo di un precedente fortilizio dei conti di Arzignano (secolo XIII). Nel secolo XV Venezia vi pose la sua vicaria. La Cinta muraria in pietra nera, ora in parte sgretolata, collegava 14 torri e cortine per una lunghezza di 650 metri. Comprende due porte di ingresso: Porta Cisalpina sul lato occidentale, con il Leone di San Marco, e la Porta Orientale sul lato opposto. Ora conserva 9 torri, 2 porte, tracce di merlature e camminamenti».
http://www.comune.arzignano.vi.it/repository/docs/files/MonumentiArzignano.pdf
«La rocca è una costruzione difensiva non anteriore XIV secolo che la famiglia dei Della Scala fece costruire nella prima metà del 1300 lungo il loro territorio per rinforzarne le difese. I Della Scala erano divenuti signori del luogo dopo che nel 1336 avevano sconfitto l'ultimo del Conti di Arzignano, di parte guelfa. La famiglia era, in origine, una famiglia di ricchi commercianti di lana che aveva bottega nel fondaco di Santa Maria Antica a Verona.Rocca Scaligera Nella lotta tra guelfi e ghibellini Mastino, il capostipite della dinastia, si schierò con i ghibellini fedeli all'Imperatore. Come Podestà, ruolo che assunse dopo la morte di Ezzelino II da Romano, non era ancora padrone della città, ma con la carica di Capitano del Popolo a vita, datagli nel 1262, il suo potere crebbe enormemente. Fu ucciso nel 1277. A lui succedette il fratello Alberto che arricchì la famiglia acquisendo in vari modi i beni delle chiese ed abbazie di Verona. A lui succedette il figlio Bartolomeo che per primo ospitò l'esule Dante Alighieri, alla sua morte salì al potere il fratello Alboino che nel 1308 chiamò ad aiutarlo il più giovane dei tre fratelli Can Francesco, allora appena diciottenne, che nel 1311 ad appena vent'anni, rimase al potere da solo. Can Francesco, divenuto per tutti Can Grande per la forza e l'energia che emanava dalla sua persona, conquistò Vicenza, subito rivendicata da Padova, agendo con tempestività cogliendo di sorpresa i padovani che avevano assediato la città. Gli scaligeri, sempre in lotta tra loro, furono sconfitti dai Visconti di Milano che nel 1377, occupando le vallate dell'Alpone, del Chiampo e dell'Agno, divennero i nuovi signori della città. A loro nel 1400 si deve il primo restauro conservativo della rocca; purtroppo due anni dopo moriva il più illuminato di loro, Gian Galeazzo a cui si deve la costruzione del Duomo di Milano, gettando così le basi dell'annessione di Vicenza e di tutto il suo territorio alla Serenissima Repubblica di Venezia nel 1404. Da un lato i cittadini persero la propria indipendenza sottomettendosi al sistema giuridico veneziano, dall'altro acquisirono grandi vantaggi avvalendosi della protezione di una delle potenze più forti del mediterraneo. Nel 1438 i Visconti tentarono di riappropriarsi dei territori perduti ed a ricordo del restauro resosi necessario per i danni subiti dalla rocca, fu posta una lapide sul portale d'ingresso, vicino all'impronta del ponte levatoio, recante la data del 1444. Agli inizi del 1400 la nostra rocca è protagonista di un assalto da parte di un esercito straniero gli “Ungheri”.
Nel 1409 Ladislao re d'Ungheria cedeva a Venezia la città di Zara per 100.000 ducati. Sigismondo di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, tentò di rivendicare con le armi i suoi diritti sulla Dalmazia. Mandò in Italia 14000 cavalieri ungheresi guidati da Filippo Buondelmonte degli Scolari, più noto come Pippo Spano da Ispan suo titolo amministrativo ungherese. Dopo aspre battaglie in Friuli arrivò nel vicentino ponendo l'assedio anche al castello di Arzignano nel 1413. è in questo contesto che per la prima volta nel nostro territorio si cita la santa catanese Agata. A lei la devozione popolare chiese la grazia di essere liberata dall'assedio e, dopo averla ricevuta, la popolazione riconoscente dedicò alla giovane una cappella in frazione di Tezze stabilendo che ogni anno il 5 febbraio giorno della ricorrenza della morte della santa, coincidente con la liberazione del castello, una processione votiva si recasse alla cappella votiva recando un obolo di 4 libbre di cera e 4 ducati d'argento inserendo dal 1490 il voto nello statuto comunale. Il 400 fu un secolo di prosperitoà per Arzignano grazie anche alla ricchezza di corsi d'acqua si svilupparono al piano la lavorazione della lana e la concia delle pelli non così possiamo dire del 1500 quando lo sviluppo economico e sociale fu interrotto dalle tristi vicende della Lega di Cambray quando papa Giulio II, Luigi XII di Francia, Massimiliano I del Sacro Romano Impero, Ferdinando d'Aragona e il Duca d'Este mossero guerra alla Serenissima per riappropriarsi dei territori perduti. La nostra rocca fu incendiata dalle truppe tedesche durante il saccheggio di Arzignano. Nella seconda metà del cinquecento la Serenissima non necessitava più di strutture difensive fortificate ed il castello si trasformò in palazzo del Vicario. L'aspetto trecentesco fu modificato con l'innalzamento del terzo piano della rocca, l'apertura delle finestre architravate al posto delle feritoie originali, la costruzione delle scale a chiocciola terminanti nelle loggette e la ristrutturazione della loggia del Vicario in cui si tenevano le udienze. Nel 1800 la rocca divenne di proprietà della chiesa e fu abbandonata sino alla fine degli anni 90 quando, in occasione del grande Giubileo del 2000 la rocca venne completamente restaurata per divenire luogo di accoglienza per i pellegrini giubilari. Il restauro, oltre ad aver riportato alla luce lo splendido cammino di ronda che collega tutte le torri, ha fatto scoprire una porzione di affresco raffigurante il leone di San Marco e 5 stemmi. Nel cortile della rocca è tutt'ora visibile e ben conservato un antico pozzo del 1400».
http://www.prolocoarzignano.it/itinerari-strutture-e-luoghi/rocca-scaligera.html
BARBARANO VICENTINO (castello Marinoni)
«Il 'Castello' di Barbarano, antico feudo vescovile, è stato il primo agriturismo ad aprire nei Colli Berici. Dal 1986 la famiglia Marinoni, proprietaria della villa seicentesca ospita turisti da ogni parte del mondo. Dopo varie ristrutturazioni, l'azienda agrituristica offre quattro appartamenti completi di cucina, inseriti nel contesto di giardini storici di Villa Godi-Marinoni, fra antiche mura medioevali, attuale testimonianza del vecchio castello vescovile che qui sorgeva. Non si fa ristorazione, ma si organizzano feste agrituristiche e serate culturali, come l'ormai conosciuta 'Musica e Ambiente' a settembre. Gli ospiti sono spesso catturati dal fascino delle ville palladiane (tutte facilmente raggiungibili) e dalla selvaggia e integra bellezza dei Colli Berici (vari sentieri naturalistici partono dal centro medievale di Barbarano). Villa Godi-Marinoni con le sue mura, le cantine medievali e i suoi giardini storici si trova ai piedi dei Colli Berici e domina il borgo medievale di Barbarano con incantevole vista a 360 gradi sulla pianura veneta. I Colli Berici sono un'area di grande interesse naturalistico e architettonico per l'ambiente naturale ancora integro, i numerosi sentieri, le ville palladiane e borghi rurali presenti».
«Villa Godi-Marinoni is an imposing 15th century structure erected by the count Godi on the ruins of a feudal Castle of the Count Bishop of Vicenza. The remaining structure includes the wine cellars and the massive stone walls, which enclose the main compound with terraces, a lemon orchard and an Italian garden. The Villa is adjacent to the family noble chapel built in 1709, a beautiful example of the Venetian baroque style. The Marinoni Family has lived in the Villa since the 19th century».
http://www.agriturismiebedandbreakfast.com/agriturismo... - -http://www.castellomarinoni.com/HistoryoftheVilla...
Bassano del Grappa (castello degli Ezzelino)
a cura di Stefano Favero
«Il primo documento che ne attesta l'esistenza e ne conferma il possesso al Vescovo di Vicenza, Girolamo, è il diploma dell'imperatore Ottone III, dell'anno 1000. A questo diploma ne seguirono altri sette, relativi alla chiesa vicentina; nel 5°, concesso da Enrico IV, nel 1084, compare per la seconda volta il nome di Brendola, insieme alla conferma dei diritti vescovili e all'esenzione dal fondo (diritto per il sovrano e i suoi rappresentanti di requisire sul territorio foraggio per i cavalli). La costruzione del castello, pertanto, risulta precedente all'anno 1000, ma di quanto non sappiamo; non si può escludere del tutto l'esistenza già in epoca romana data la posizione strategica di Brendola, lungo la via Postumia. La documentazione più antica induce, comunque, a collocare il castello nel periodo in cui, Berengario, marchese del Friuli, ottenuta la corona di re d'Italia, si trovò a fronteggiare le scorrerie degli Ungari, dimostrandosi, però, del tutto impotente a garantire la difesa delle popolazioni. Sconfitto presso il fiume Brenta nell'anno 899, Berengario favorì la costruzione di castelli e mura nei territori maggiormente esposti al pericolo di incursioni. In origine si sarebbe trattato di una rocca con torrione di avvistamento e con ambienti adatti al deposito delle derrate, durante le incursioni, nel secolo XII fù allargata la cinta muraria del castello, probabilmente ad opera del vescovo Torengo e furono predisposti locali utili per accogliere animali, provviste, armi e munizioni, oltre ad un presidio militare, in caso di assedio. Nel corso dei secoli è stato teatro di numerose battaglie, che videro la sua distruzione, la sua ricostruzione e infine nel 1514 perse la sua importante funzione di centro di potere».
http://www.prolocobrendola.it/pagine%20nascoste/castello_Brendola.htm
Castelletto (ruderi del castello)
«Ad occidente dell'Altopiano, dove il monte scende verso valle affacciandosi sulla Val d'Astico, sono situati Castelletto, Rotzo e Albaredo, i tre centri abitati che costituiscono il Comune di Rotzo, il più antico dei Sette Comuni dell'Altopiano. Appena saliti dalla Valdastico per la SP. del Piovan si arriva al paese di Castelletto a mt 845 s.l.m. Dopo l'ultimo tornante ecco apparire le prime case, sulla destra ancora ben visibile si diparte l'antica mulattiera che collegava a Pedescala, poi salendo verso il centro del paese si vedono sulla sinistra una antica fontana e poco più a nord l'antica collina del "Castel" dalla quale deriverebbe il nome del paese e secondo quanto riportato dall'Abate Agostino Dal Pozzo, sede di un antico castello del quale sono rimaste ben poche tracce se non il fossato che circondava la corolla della collina. Sulla destra, poco oltre una conca prativa dove in tempo di abbondanti piogge si forma uno stagno con un piccolo canneto, si vede la collina del Bostel, sede del primo insediamento abitativo dell'altopiano dove sono stati scoperti importanti ritrovamenti archeologici di un villaggio preromano. ...».
http://www.rotzo.net/Castelletto.htm
Cismon del Grappa (il Covolo di Butistone)
a cura di Stefano Favero
Costabissara (castello Bissari Sforza Colleoni o villa De Buzzacarini)
«Il castello Bissari Sforza Colleoni, detto anche villa De Buzzacarini, è una fortificazione medioevale presente nel comune di Costabissara in provincia di Vicenza. Già dei conti Della Costa, fu dei conti Bissari fino al loro ultimo erede, Girolamo Enrico Sforza, per passare poi al conte Guardino Colleoni che lo ristrutturò ed ampliò donandogli la consistenza attuale. Successivamente fu del marchese De Buzzacarini e dal 1973 il castello è di proprietà della famiglia Putin. Il castello faceva parte, insieme a quello di Donna Berta e di Pizamerlo, dei tre castelli presenti nel feudo di Costa Fabrica, molto prima che questa diventasse dei conti Bissari e prendesse il nome di Costabissara. Il castello, per via dei numerosi proprietari ha cambiato più volte nome e tuttora è conosciuto con più denominazioni. Nel Dalla-Cà viene nominato come "antico Castello dei Della Costa" e Villa De Buzzacarini: secondo l'autore, infatti, il primo è uno dei tre castelli citati dal Maccà, non più presente perché distrutto da Ezzelino e al quale ha preso posto la villa. Nel Mantese si ritrovano invece le denominazioni di "Villa De Buzzacarini" e "il Castello". Il nome oggi ufficiale è "castello Bissari Sforza Colleoni", probabilmente in ricordo dei tre principali proprietari storici e maggiori contributori di ciò che la struttura è adesso, secondo le targhe appese fuori dalle due entrate. Nonostante questo, la denominazione "villa De Buzzacarini" permane nell'uso comune, dal momento che la vendita è avvenuta solo nel 1973. ...
Il castello sembra esistere dal X secolo e già nei secoli XI e XII era provvisto di una cinta muraria che si estendeva per tutto il contorno del declivio del colle. La parte più antica, che corrisponde al blocco principale con quattro finestre gotiche originali, ha visto passare tutti i feudatari precedenti ai Bissari: i Maltraverso, i Della Costa, i Baretta e i Conti da Lozzo. Il castello, quindi, era già esistente all'arrivo dei Bissari nel 1285, anno in cui il castello venne ricostruito dopo la distruzione portata da Ezzelino III nel 1241, inglobando e mantenendo le strutture residue. Questo è confermato dal notevole spessore dei muri portanti soprattutto nell'angolo a nord est dove si presume fosse presente una torre. Non sono da dimenticare alcune aggiunte successive come quelle in epoca cinquecentesca con la costruzione di due finestre nel lato sud-ovest, la porta d'ingresso dal porticato e quella interna di fronte e in epoca settecentesca che portarono alla costruzione del balconcino sempre a sud-ovest. Con la morte nel 1859 dell'ultimo erede Girolamo Enrico Sforza, il castello passò nelle mani del nobile Guardino Colleoni, che lo ristrutturò donandogli una forma medievale, un boschetto di pini, un vigneto, il frutteto e un'iscrizione lapidaria che ne riassume la storia. Alla vendita del castello a Pia Zabeo, moglie del nobile marchese Aleduse De Buzzaccarini De Vetulis, nel 1894 seguì anche un abbellimento e un arricchimento da parte dei nuovi proprietari. Il castello diventa quindi una residenza signorile che venne comprata nel 1973 dalla famiglia Putin che lo restaurò nel 1979».
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Bissari_Sforza_Colleoni
ENEGO (torrione del castello Scaligero)
«L'origine del nome "Enego", deriva dal germanico Enika. La prima citazione storica della città la si trova in un documento datato 1031 mentre nel 1180 venne ceduta in feudo agli Ezzelini, ai quali rimase fino al 1260. Intorno al 1300 Enego fu di proprietà degli Scaligeri e l'eco di questo passaggio è ancora visibile nella Torre della Piazza, unica superstite delle quattro fatte costruire da Cansignorio della Scala nel 1335 come dimora estiva e a difesa del paese. Il torrione di pietra e terminante a caditoie, reca infatti lo stemma scaligero. In seguito alle lotte fra Scaligeri e Visconti nel 1387 la Reggenza passò sotto la Signoria dei Visconti di Milano, vincitori sui primi. Infine nel 1404, la Federazione dei Sette Comuni per salvaguardare la propria autonomia e difendere la libertà entrò a far parte della Repubblica Veneta. Nel 1500 l'esercito dell'Imperatore di Germania tentò di espugnare le terre dei Sette Comuni ma l'opposizione valorosa degli altopianesi scongiurò il pericolo. I secoli 16° e 17° vedono Enego in lotta contro il confinante Grigno per il possesso delle terre di Marchesina e Monte Frizzon. La controversia trovò soluzione momentanea con la Sentenza Roveretana del 1623 e quella definitiva solo nel 1754 con una mappa confinaria ratificata dall'Imperatrice Maria Teresa d'Austria. L'eco della rivoluzione francese arrivò anche sulle nostre montagne: nel maggio del 1797 le truppe francesi entrarono trionfalmente in Veneto decretando la fine della gloriosa Repubblica Veneta».
http://castelliere.blogspot.it/2011/10/il-castello-di-giovedi-27-ottobre.html
«Sul castellaro, il colle su cui un tempo era costruito un imponente castello, si innalza da più di un secolo la chiesa neoclassica di Grancona; della cinta muraria sono rimaste però soltanto le fondazioni e qualche breccia. Il castello ebbe in passato grande importanza: fu eretto nel decimo secolo per contenere una chiesetta e soprattutto per difendere la popolazione dalle invasioni degli Unni. Durante le lotte medioevali tra guelfi e ghibellini, nel 1209, vi trovarono rifugio i vicentini guelfi, che preparavano il contrattacco a Ezzelino II; questi però assediò la cinta fortificata e, dopo averla espugnata, la distrusse. Il castello subì gravi danni nel 1227, ad opera di Alberico da Romano, durante le lotte con il vescovo di Vicenza. Durante il medioevo, dunque, non solo fu luogo di rifugio dalle invasioni e dalle guerre civili, ma fu anche oasi di pace e di riposo in tempi di tranquillità. I vescovi di Vicenza vi soggiornarono più volte, e dal castello emanarono alcuni decreti, come ad esempio, nel 1266, tre atti di investitura, firmati con la dicitura “in castrum Granconae”. Il castello fu poi definitivamente distrutto dai Veneziani alla fine della guerra contro la lega di Cambrai, nel 1500. Nel 1530 fu costruita la chiesa parrocchiale, che prima sorgeva all'interno del castello, presente sul colle forse sin dal IV secolo d.C. Per la ricostruzione furono usate le rovine del castello, di cui permane ancora oggi l'impronta in alcune parti dell'edificio. In seguito subì numerosi restauri, fin al 1872, quando con la progettazione della nuova chiesa il colle fu appianato».
«Il Castello originario di Lonigo con tutta probabilità fu costruito dal vescovo di Vicenza all’inizio del X secolo, su concessione dell'imperatore Berengario I, per difendere le popolazioni soggette da qualche anno alle frequenti incursioni da parte degli Ungari, sotto la guida di Arpad I. Gli Ungari erano una popolazione nomade dedita ai saccheggi, proveniente dalla regione Uralo-Altaica, che si stabilì definitivamente nella pianura pannonica. Essa si convertì al Cristianesimo sotto il regno di Santo Stefano, nipote di Arpad. Risale a tale periodo la costruzione di quasi tutti i castelli delle Comunità Venete, ivi comprese quelle cittadine come Padova. L'area fortificata Leonicena era compresa fra l'ansa del Guà (Fiume Nuovo), ad Ovest e a Nord, e il Fiumicello ad Est. Entro detto perimetro erano situati due Fortilizi: il Castello Calmano o Castellaccio o Castello Maior e il Castel Giuncoli o Castel Minor. Il primo era situato sull’area corrispondente a quella dell'attuale Villa Mugna, mentre il secondo era situato su quella dell’attuale Duomo. Numerosi documenti ne attestano l’esistenza a partire dal X secolo e, a proposito del Borgo, affermano che esso si è arricchito, durante i primi anni del 2° millennio, di importanti e numerosi palazzi: il Palazzo della Curia Vicentina in cui si riscuotevano le Decime, il Palazzo del Podestà, il Palazzo dei conti Maltraversi, il Palazzo dei conti Nogarola, il Palazzo dei conti di Sarego, casati questi ultimi imparentati con i Signori della Scala, potenti per mezzi finanziari, milizie e cultura.
Il Castello occupava una posizione strategica importante per cui fu conteso da varie Signorie, tra le quali è prevalso Cangrande della Scala che, verso la fine del 1200, annesse tutto il Vicentino, terra che non aveva mai avuto una famiglia importante che la governasse e la difendesse. Cangrande potenziò il Castello inglobando e munendo di mura e torri il borgo, che sorgeva nella parte bassa, ad est; un piccolo ponte sul Fiumicello vicino all’attuale “Torrione”, assicurava la comunicazione fra le due realtà urbanistiche. Dopo lo sfaldamento della Signoria Scaligera, verso la fine del Trecento, Lonigo passò sotto i Visconti signori di Milano, che nel 1392 ricostruirono e potenziarono le difese del Castello e del Borgo, con la supervisione dell'ing. Marco Gambaretti di Verona. All'inizio del 1404, a seguito dell' indebolimento dei Visconti, l'ultimo dei della Scala, Guglielmo, si riappropria di Verona e Vicenza con l’apporto determinante dei Nogarola e dei di Sarego. Di li a poco, però, egli verrà ucciso dai Carrara, signori di Padova. Lonigo, con Cologna Veneta e Vicenza decise allora (era l’8 maggio del 1404) di sottoscrivere un patto di dedizione alla Repubblica di Venezia; in seguito a ciò, i Casati Nobili locali furono costretti a cedere il passo a quelli Veneziani, vere potenze economiche (ricordiamo i Pisani, i Mocenigo, i Soranzo, i Venier, i Contarini)».
http://www.il1400leoniceno.com/storia_3.html (a cura di Antonio Frazza)
MAROSTICA (castello Inferiore)
«Con la conquista scaligera di Vicenza ad opera di Cangrande Della Scala (aprile 1311) il territorio vicentino viene sottratto alla "custodia" padovana. Inizia così il periodo della dominazione scaligera (1311-1387). Con Cangrande viene avviato il processo di ridefinizione urbanistica di Marostica con lo spostamento del cuore della città dall'antico Borgo, romano e medioevale, all'attuale centro intramurario. Agli anni 1312 e successivi risale, infatti, la costruzione del Castello Inferiore, detto anche Castello Da Basso, e del Castello Superiore. Il Castello Inferiore, tutto merlato, ha pianta rettangolare ed è un tipico castello-recinto costruito a ridosso di un imponente Mastio. Costituisce un pregevole esempio di architettura militare. Dopo la guerra della Lega di Cambrai (1509-1510) il podestà trasferì la sua sede dal Castello Superiore, gravemente danneggiato, al Castello Inferiore. Numerosi ed autorevoli testimoni ci raccontano del Castello da Basso. Lo storico Matteazzi (1708) ricorda la possente e solida architettura militare capace "a tener lungi un esercito" e la residenza del Podestà "così comoda et decorosa, che altri castelli da me molto vedduti, non hanno la compagna certo". E poi, l'inglese H. Brown (1884) che ci racconta che "l'intera facciata è dipinta di rosso, ma un rosso di quattro o cinque tinte differenti, che passano dal chermisino al porpora, dove il dipinto e l'intonaco son molto antichi e resistenti alle intemperie". Infine lo Spagnolo (1907) che descrive l'uso e la distribuzione dei locali che all'epoca ospitavano le carceri (nel mastio centrale), il teatro sociale, le scuole elementari e commerciali, la pretura, l'ufficio postale e la gipsoteca Ferrari. Tutto ciò sino al grande restauro del 1934/135 che restituì al Castello l'attuale immagine. Dal 1935 al 1984 fu sede del Municipio di Marostica e di tutti i suoi uffici. ...».
http://www.vicenzanews.it/a_306_IT_1026_2.html
MAROSTICA (castello Superiore)
«Dall'alto del colle Pausolino il Castello Superiore di Marostica è protagonista di uno dei più spettacolari orizzonti veneti. Come per la Rocca di Asolo, la storia di questi luoghi si perde nella notte dei tempi. Una lunga teoria di castellieri punteggiava ogni altura a dominio di quella che fu la più importante via di comunicazione paleo-veneta, che attraversava trasversalmente il Veneto proprio a ridosso della prima fascia collinare pedemontana. In epoca romana, a dimostrarne l'importanza, la via 'Marostegana' meglio conosciuta come 'strada della lana', da Padova puntava direttamente sulla cittadina dominata da un castello, porta d'accesso verso l'altopiano (di Asiago). Il castello, come lo vediamo, fu eretto poco dopo il mille e con le mura, come due braccia piegate, avvolge la cittadella che si trova proprio sotto sulla prima fascia pianeggiante e si congiunge al Castello Inferiore. Passò di mano, per avvenimenti politici o guerreschi, a tutte le signorie dominanti in quell'effervescente sprazzo di storia tra feudalesimo e liberi comuni. Infine, dal Quattrocento, con il dominio di terra della Serenissima perse ogni importanza militare e, come tutte le cittadine murate dell'alto Veneto, divenne un importante centro agricolo e commerciale. Con il recente restauro, quel che resta di questi affascinanti muri viene giustamente valorizzato senza eccedere in ricostruzioni. Alcune merlature a 'coda di rondine' ghibellina, ci ricordano i falsi storici di ricostruzioni ottocentesche».
http://www.magicoveneto.it/Bassano/Marostica/CastelloSuperiore-1.htm
MAROSTICA (cinta muraria, porte)
«La cerchia delle mura di Marostica, con merlature a coda di rondine, scandite da torri quadrangolari aperte all'interno e coperte da volta a botte, si sviluppa per quasi 2 chilometri e sono spesse, alla base, circa 2 metri ed alte circa 10. Oltre ai grandi torrioni (di Porta Bassano e Porta Breganze) si contano altre 20 "torricelle", aperte dal lato interno, alcune delle quali ridotte ad abitazione. La costruzione attuale è stata iniziata sotto Cansignorio Della Scala, il 1 marzo del 1372, dopo che, negli anni precedenti, era stata scavata la fossa: ne dà notizia il contemporaneo Conforto da Custoza. I lavori furono condotti con grande celerità; non è però provato che gli Scaligeri abbiano condotto a termine l'opera, o se questa sia proseguita sotto i Visconti e ultimata dai Veneziani. Le porte. L'accesso alla cittadella di Marostica passa attraverso tre porte di pianura che vennero costruite contemporaneamente alle mura dagli scaligeri, i catenacci infatti portano ancora incisa la "scala". La porta vicina al Castello dà sulla Piazza maggiore cinta da edifici porticati e dal merlato palazzo municipale sovrastato dal massiccio torrione, che definiscono l'originale forma quadrangolare della sua pianta, che, con i due lati più lunghi leggermente inclinati rispetto all'asse mediano, crea un suggestivo effetto scenografico».
http://www.settemuse.it/viaggi_italia_veneto/vicenza_marostica.htm
MAROSTICA (palazzo del Doglione)
«Ora è la sede della Biblioteca Civica "P. Alpini", ma la sua è una lunga storia ... a partire dal medioevo. Del Doglione si trovano tracce scritte in un documento che risale al 1218, quando Marostica fu ceduta a Vicenza da parte di Ezzelino il Monaco. Conosciuto anche con il nome di Rocca di Mezzo, nel corso del secolo XIII la sua esclusiva funzione era quella di casello daziario, sia per le merci che entravano in Marostica che per quelle che vi transitavano. Infatti, all'epoca la via, che oggi porta il nome di corso Mazzini, era la strada di principale, e passava attraverso all'attuale centro storico, all'epoca il centro del paese era nel Borgo. La sua importanza diminuisce sotto la dominazione Scaligera, occupata alla riorganizzazione urbanistica ed alla costruzione dei due Castelli. Con l'età Veneziana, però, il Doglione ritrova orgoglio ed importanza per lungo tempo, infatti la dominazione Veneziana va dal 1404 al 1797. Nel corso di questo periodo al suo interno trovano posto: la Cancelleria, l'archivio dei protocolli, il Monte di Pietà, l'armeria. Quest'ultima è da ritenersi particolarmente importante, basti considerare il fatto che erano custodite lì ben 700 armature, che venivano usate per le esercitazioni militari in Campo Marzio».
http://www.castelliveneti.it/marostica.htm
Montebello Vicentino (castello dei Maltraverso)
«Il Castello di Montebello è situato sul pianoro che si apre sulla cima del colle che sovrasta il paese, a circa 153 metri s.l.m., racchiudendolo interamente per una superficie di oltre 5400 mq, entro una cinta muraria che si sviluppa per un’estensione di circa 430 metri lineari. La struttura originaria più antica, ovvero quella risalente all’epoca dei conti Maltraversi, è tuttora perfettamente riconoscibile nella parte più occidentale; essa è impostata su una pianta triangolare di circa 900 mq, avente ai vertici la rocca e due torri. Anche se probabilmente una fortificazione esisteva già in epoca romana, si fa risalire la costruzione del Castello di Montebello verso la fine del IX secolo, a seguito di una devastante invasione degli Ungari che portò alla completa distruzione del paese. La popolazione decise infatti l’erezione di un castello sulla sommità del colle, onde ricavarne protezione in caso di incursioni e assalti nemici. Questo castello, collocato in una posizione strategicamente rilevante e munito di salde difese, venne citato dai cronisti come un buon esempio di opera fortificata, e definito quale avamposto della stessa città di Vicenza. Nell’anno 1000, per volontà dei Veronesi, che vedevano nella fortificazione di un tale punto strategico una minaccia alla sicurezza dei propri confini, il castello venne demolito dalle fondamenta. L’importanza del luogo, però, rese inevitabile che il castello venisse, dopo pochi decenni, ricostruito dalle stesse fondamenta. L’iniziativa fu di una potente famiglia di antiche radici longobarde e di capostipite veneziano, che aveva acquisito i diritti sul paese fin dal principio dell’XI secolo: i Maltraverso, Conti di Montebello. Quest’opera, situata sul punto più alto del colle detto Monte del Lago, impostata su una pianta triangolare e dotata di rocca, torri angolari e portali con ponti levatoi, è tuttora chiaramente riconoscibile e costituisce il nucleo principale del castello. Fu nel XIV secolo che il Castello, divenuto proprietà degli Scaligeri, assunse l’aspetto definitivo, tuttora riconoscibile e in parte conservato: furono erette le porte dotate di antemurale e ponte levatoio e la torre angolare lungo il tratto orientale; venne ricostruita ed innalzata la cinta muraria includendo nel perimetro anche la chiesetta dedicata a S. Daniele dalla famiglia Maltraverso, che l’aveva fatta erigere nella prima metà del XIII secolo, furono collegati i cammini di ronda con l’antica rocca, che venne irrobustita da un poderoso contrafforte, e infine venne costruito nel cortile minore il pozzo, scavando per decine di metri la roccia tufacea del colle. Nel corso dei secoli il Castello, con l’evoluzione dell’arte della guerra indotta dal crescente uso delle armi da fuoco, perse molta della sua importanza, assumendo sempre più carattere residenziale. Tra le più sostanziali modifiche apportate alle strutture del castello nel corso nel XIX secolo, vi è senza dubbio la costruzione di un nuovo, imponente edificio residenziale in stile vagamente neogotico, con merlature di impronta tipicamente veneziana; si tratta del corpo di fabbrica che godeva delle migliori condizioni, pur essendo in stato di abbandono come tutte le altre strutture. Il XX secolo ha visto il lento ma inesorabile declino del castello, e la rovina di varie sue strutture; infine gli ultimi custodi lasciarono il castello, abbandonandolo così alla lenta ma sicura azione distruttrice del clima, della vegetazione, dei vandali e del tempo».
http://www.studioaeditecne.it/it/montebello-%28vi%29-castello-dei-maltraversi/
MONTECCHIO MAGGIORE (castello di Bellaguardia o di Giulietta)
Le foto degli amici di Castelli medievali (castello di Bellaguardia e castello della Villa)
«Occupa la parte più elevata del colle (254 metri s.l.m.) ed è caratterizzato dalla pianta sensibilmente allungata: una specie di rettangolo con una rientranza su uno dei lati maggiori per ricavare un "dente" in corrispondenza della torre e sul quale è collocato l'ingresso. Il nome Bellaguardia è di origine longobarda e significa "luogo di osservazione" con finalità militari; la tradizione assegna a questo castello anche il nome "del Costo" (denominazione della parte del vecchio paese che la costruzione sovrasta). Ha una superficie di mq 1.535, mentre la torre, la cui base è di 105 mq, è alta 20 metri circa. Durante gli interventi di restauro degli anni '30 si è ricavato un bar-ristorante il cui tetto è una grande terrazza da cui si gode una stupenda vista panoramica da Vicenza alla pianura Padana, dai Colli Berici alle Piccole Dolomiti. Nel salone del 1° piano del ristorante sono collocati i pannelli che costituiscono il ciclo di affreschi di Pino Casarini, compiuti nel 1939 su incarico dell'Ente Provinciale Turismo con il quale rivive la novella di Giulietta e Romeo. Si tratta di 12 scene e due ritratti. Seguendo il sentiero che costeggia all'esterno il lato lungo opposto all'ingresso, si nota una apertura sul cui architrave è scolpito il simbolo degli Scaligeri: la scala a 5 pioli, tipica della famiglia nella 2^ metà del Trecento».
http://www.vicenzanews.it/a_307_IT_121_4.html
MONTECCHIO MAGGIORE (castello della Villa o di Romeo)
«Salendo per la strada è il primo che si incontra. Posto a circa 300 metri in linea d'aria dall'altro ad una altitudine leggermente inferiore (m. 234 s.l.m.), ha una superficie interna di mq 1.850, la torre principale (mastio) ha una base di 100 mq e una altezza di 22 metri. La pianta di questo Castello è più articolata del Castello di Bellaguardia; inoltre presenta nella cinta muraria un andamento da far supporre esistessero in ogni angolo torri minori. L'intervento di restauro a cura dell'Ente Provinciale per il Turismo del 1936 e ripreso nel dopoguerra l'aveva trasformato in "camping"; la recente opera dell'Amministrazione Comunale ha voluto destinare il Castello della Villa a spazio per manifestazioni culturali estive mentre il mastio è stato sistemato per ospitare mostre d'arte di vario genere. Entrando sulla destra troviamo una lapide, che ha un richiamo anche all'esterno, in ricordo di un fatto tragico accaduto durante la 2^ guerra mondiale (marzo 1944): vennero fucilati da nazifascisti 4 operai di una fabbrica di Arzignano, colpevoli di aver fomentato uno sciopero. All'interno è importante il Mastio con i suoi suggestivi spazi e il bel panorama dalla terrazza alla sommità; la scala per accedere alla torre è opera del 1936. Il sentiero esterno, che segue un tratto delle mura, offre una interessante possibilità di cogliere il fascino della costruzione nell'articolato andamento della cinta muraria quasi a seguire fedelmente il perimetro del piccolo pianoro su cui è collocato il Castello».
http://www.vicenzanews.it/a_307_IT_121_3.html
Montegalda (castello Grimani Sorlini)
«è il castello il vero simbolo del paese. Su questo non ci sono dubbi: l'emblema del paese è quell'antico castello che domina sulla pianura. Ma è meglio chiamarlo nuovo o antico castello? C'è da dire che originariamente la primigenia struttura, doveva essere dislocata su un altro colle. Fu poi ampliata scegliendo un luogo più ampio, come quello attuale dove far sorgere la "nuova" struttura militare chiamata come: nuovo castello. Da secoli infatti, le memorie storiche celebrano i fasti di quel maniero, unico fortunato superstite di tre castelli, due dei quali sorgevano a Montegaldella e Cervarese S. Croce. Quello di Montegalda non fu mai definitivamente distrutto nonostante i suoi tanti assedi, a tal punto da riuscire a sopravvivere anche al mutamento storico-estetico che nel '700 lo vide trasformarsi da struttura militare in villa veneta. Ma cosa sarebbe Montegalda senza questo suo importante vessillo? Non sarebbe ciò che è stata nel corso dei secoli: un importante avamposto militare, conteso da guerre, schieramenti e signorie. La sua probabile data di fondazione è il 1176, anno della battaglia di Lepanto, ma le ricerche storiografiche e archeologiche fanno presumere che già nel periodo longobardo, su quell'omonimo colle detto del "castello", sorgesse una struttura primigenia con una torre fortificata e una palizzata di fortificazione. Il rinvenimento avvenuto dentro l'attuale cortile del castello di una fondamenta del periodo romano, anticipa ancor più la sua data di nascita. Forse romana? Probabilmente sì, visto che nel corso del tempo furono in molti a notare come questo sito avesse delle prerogative geografiche e strategiche fondamentali per il territorio.
Per questa caratteristica Montegalda fu per secoli il pomo della discordia tra vicentini e padovani. Nel 1198 il cronista Pagliarino scriveva così sulla cosiddetta guerra di Montegalda, ricordando la disputa tra le due città per un manipolo di briganti rifugiatisi in questo territorio. I vicentini, per contrastare questa "invasione", "levarono l'acqua del fiume (Bacchiglione) che giungeva fino a Padua, cosicché i padovani patendo gran danno radunarono che ebbero il loro esercito, vennero per aprire con forza l'acqua, la quale gli era stata levata; ma finalmente gl'invitti vicentini, rimasero vincitori…". Questo è solo uno dei tanti episodi epici che coronano la storia e le leggende intorno a questo splendido maniero, giunto fino a noi con una struttura imponete formata da tre torri, un mastio e la cinta merlata di stampo guelfo a forma di anello, su cui si troverebbe il famoso quanto temuto "trabocchetto" per ostacolare gli eventuali invasori. Le sue mura sono spesse oltre un metro, fino a raggiungere dimensioni di oltre due, come nella stanza che fu, si racconta, dello stesso despota padovano Ezzelino da Romano agli albori nel 1300, quando conquisto Montegalda per estendere il suo dominio, sicuro che le possenti pareti di questo forte, l'avrebbero protetto da eventuali attacchi o congiure. Toccò poi ai veronesi e alla signoria degli Scaligeri estendere il loro dominio su Montegalda. Era il 1314 dopo vari tentativi di conquista, Cangrande della Scala usando macchine militari s'impadronì del castello. La Serenissima di Venezia dal '400 in poi segnò la "pax regia", consegnando nei secoli alle varie signorie il governo del maniero, fino a vederlo trasformato nel'700 in villa veneta. Dai Donà ai Grimanni, fino ai nostri giorni, il castello di Montegalda sembra oggi aver ritrovato i suoi splendori grazie ad un sapiente restauro che gli permette ancora di essere guardato con rispetto e ammirazione, sicuro di conservare ancora quel fascino e altrettanti segreti, tra cui il "tunnel di fuga" mai scoperto che molti vorrebbero portasse lontano e fuori dai pericoli chi si sentiva assediato».
http://www.comune.montegalda.vi.it/ev/hh_anteprima_argomento_home.php... (a cura di Antonio Gregolin)
Orgiano (castello Romalise, castello Marchiorato, Castelluncolo)
«Castello Romalise. In epoca medievale [Orgiano] fu un borgo cinto in parte da mura, e in parte protetto dal canale artificiale della Degora. Erano presenti diverse porte, e ben tre fortificazioni, poste su tre promontori a difesa del villaggio: il Castello degli Orgiano in Romalise, la fortificazione di S. Feliciano, e il Castello posto alle spalle di Villa Fracanzan. In particolare dal poggio Romalise, propaggine rocciosa a ovest del paese, partì la più antica difesa del villaggio medievale di Orgiano, poiché proprio lì ebbe il proprio forte di guardia la famiglia capitaneale degli Orgiano, così come emerge dalle ricerche su fonti archivistiche due-trecentesche condotte dalla prof.ssa Maria Grazia Bulla Borga. Il toponimo Romalise deriva da rivus malisus, ruscello del mallo che da esso discendeva. Il Mallo era l’assemblea degli uomini in armi che avevano il compito di proteggere militarmente il villaggio. Lo sperone roccioso ospita ancora gli ultimi resti delle mura perimetrali mentre non vi è traccia della torre di guardia di cui abbiamo documentazione. Castello Marchiorato. Del secondo castello non abbiamo molte notizie. Esso è posto sull’estrema propaggine dei Berici all’imboccatura della Val Liona una posizione indubbiamente strategica e di controllo del territorio, ed è forse un’estensione del Castelmaso, ovvero l’attuale Corte Vecchia di Villa Fracanzan Piovene. Esso presenta ancora tratti di muri di grosso spessore articolati su due livelli e costruiti interamente con sasso e malta. I resti di una scalinata sono invece ciò che rimane dell’ingresso che doveva permettere di accedere al castello da sud. Del castello rimane inoltre l’antico fossato a Nord/Est, una piccola cisterna per la raccolta dell’acqua, e alcuni blocchi in laterizio parte integrante di un edificio o forse di una torre di guardia oggi crollata. I tre castelli, di cui il terzo castello sappiamo che doveva collocarsi sul confine Orgiano-Alonte nei pressi del colle S. Feliciano e denominato “Castelluncolo”, sopravvissero fino al XIV secolo per finire sotto i colpi dei Padovani guidati dai Carrara».
«Notizie che testimoniano la presenza di un castello a Pojana risalgono al 917 d.C., poi il buio tipico dei primi secoli del nuovo millennio fino alle cronache sulla sua distruzione avvenuta nel 1240 ad opera di Ezzelino da Romano, ghibellino alleato dell'imperatore Federico II. Ricostruito nei primi anni del '300 venne nuovamente abbattuto nel 1312 nel corso della guerra fra Padovani e Veronesi. Fino all'annessione del territorio al dominio della Serenissima, il Castello di Pojana occupava una posizione chiave nella vasta area del basso vicentino, riuscendo a controllare i territori padovani a sud est ed i territori veronesi ad ovest. Il Castello era infatti naturalmente protetto da tre corsi d'acqua in direzione di Montagnana e da torri di vedetta verso Orgiano, Sossano e Noventa che difendevano anche il borgo sviluppatosi intorno. Sulle rovine del castello il conte Pagano Paltinieri costruì la sua casa dominicale "in laterizio e pietra". Nel 1400 Odorico Pojana abbellisce il palazzo e rialza la torre, parzialmente distrutta nel 1312, adattandola a residenza secondo i nuovi costumi del tempo stabiliti dalla Serenissima. Origini molto antiche ha anche la chiesetta di S. Zenone, ricostruita all'inizio del '400 per uso familiare e ristrutturata nel 1588 dalla Badessa Silvia Pojana. La Chiesa venne dotata di un nuovo altare in marmo, l'aula venne ornata con una volta dipinta, l'abitazione attigua, destinata a sagrestia, venne fatta affrescare e ancor oggi se ne possono scorgere alcune deboli tracce. è in occasione di quest'intervento che la torre viene ingentilita con la costruzione della loggetta ornata con metope, triglifi ed oculi in pietra tenera mentre al suo interno la scala e l'ambiente al piano primo vengono ornati con volte in muratura a botte e ad ombrello. Prima di quest'intervento gli ambienti erano probabilmente decorati da un fregio affrescato lungo tutto lo sviluppo delle pareti, così come testimoniano le tracce di pittura visibili in corrispondenza della canna fumaria crollata e le decorazioni pittoriche con motivi floreali sono presenti anche nell'ambiente al piano secondo, non più accessibile per il crollo della scala esterna.
Notizie di nuovi lavori al complesso ritornano nel 1697, come si legge in un'epigrafe sotto il cornicione del rustico a destra della torre a conferma delle opere compiute per ampliare i resti dell'antica scuderia del castello, per abbellire l'interno del palazzo, e per adattare una parte di terra a giardino. I rustici ai lati della torre sono oggetto di ulteriori interventi sul finire del secolo scorso, probabilmente nel 1880 in occasione dell'interramento del fossato, dell'eliminazione delle tracce del ponte levatoio e della costruzione del portichetto neogotico che unisce il Palazzo all'annesso della sacrestia. è assai probabile che in questa circostanza siano state aperte anche le attuali bifore neoromaniche. La chiesetta viene utilizzata costantemente nel corso dei secoli come cappella gentilizia, mentre il locale attiguo, costruito con funzioni di sacrestia in tempi recenti, è ampliato con l'edificazione di un annesso rustico utilizzato come caseificio e poi come essiccatoio tabacchi. Il Palazzo pur conservando l'originaria funzione abitativa, è stato trasformato da dimora signorile a semplice edificio fattorile e attualmente assieme agli altri fabbricati testimonia l'abbandono in cui versa l'intero complesso. Castelli come quello di Pojana, in età medioevale, piuttosto diffusi, cominciarono a scomparire per le violente battaglie fra fazioni rivali. La peculiarità di questo complesso, tuttavia, risiede nell'ambiente che si è venuto a creare con la fine del XVI secolo quando i conti Pojana commissionarono ad Andrea Palladio la loro nuova dimora prospiciente l'antico castello. Il complesso architettonico del Castello è un caso architettonico in cui si vedono coesistere impianto e struttura difensiva di tipo medioevale, accanto ad adeguamenti alle tradizioni abitative quattrocentesche, ad adattamenti alle nuove mode del vivere e dell'abitare legate alla riscoperta della campagna, tipiche della civiltà di villa, a colti rinnovamenti architettonici ottocenteschi fino a giungere alla caduta di ogni interesse per l'eredità storica trasmessa dal complesso castellato, con conseguenti incompatibili modificazioni dell'utilizzo che hanno via condotto al completo abbandono e disinteresse per una significativa pagina di storia del Basso Vicentino».
http://www.comune.poiana-maggiore.vi.it/storia.asp
«Nonostante la vicinanza con le vie consolari Postumia a nord ed Emilia a sud, in epoca romana il territorio di Rampazzo - paludoso e ricoperto da boschi - quasi sicuramente non era abitato; in ogni caso non sono stati trovati reperti archeologici del tempo. ... Uno dei primi documenti storici che parlano del paese è il Codice Eceliniano del 1213, in cui vengono nominati i castellani di Rampazzo. Altri documenti del XIII secolo in cui compare il nome di Rampacium sono il Regestum Possessionum Communis Vincentiae del 1262 come pure le Rationes Decimarum del 1297-1303. Dopo il 1000 buona parte del territorio fu acquisito in seguito a donazioni del vescovo di Vicenza, e di altre cessioni private, dalle monache benedettine dell'abbazia di San Pietro di Vicenza. Esse continuarono nell'opera di bonifica, con la costruzione di una rete di rogge per far defluire l'acqua stagnante. La sistemazione per irrigazione e regimentazione delle acque fu certamente fatta da inzegneri et agrimensori de mestier, con molte maestranze locali, sotto il diretto controllo dei gastaldi dell'abbazia. Torrione duecentesco di Rampazzo. Di un antico castello a Rampazzo si ha documentato ricordo fin dai secoli XIII e XIV; nel 1319 un atto pubblico elenca una pecia terre... posita apud viam per quam itur versus castrum de Rampato. Anche nel 1433 un atto pubblico fu rogato in domo doctoris d. Simonis q. milicie ducis d. Jo. de Thienis et nob. Ugutionis q. legum doctoris d. Adoardi... in loco qui dicitur castrum de Rampazio. Nella sua Descrizione del Territorio e del Contado di Vicenza, Filippo Pigafetta informa che il Vicariato del quartiere di Pieditesina è "Camisano con 38 ville, portante il pregio de' migliori vini di Pianura. Ne furon posseditori già in buona parte li Conti Tieni col castello di Rampazzo". Anche il Maccà afferma che il castello in parola era situato "ove presentemente trovasi il casamento di casa Thiene Francese". I documenti quindi localizzano il castello nella casa dominicale dei Thiene, che fu costruita in epoca scaligera e che così viene descritta nell'atto di divisione dei beni della nobile famiglia: una domus magna de muro cum curtivo murato et merlato cum una turri et duabus columbariis ... La Torre è del XIII secolo, inizialmente possesso degli Ezzelini, poi della famiglia Montagnone di Padova e dal Quattrocento della famiglia Thiene, feudataria delle campagne di Rampazzo».
https://it.wikipedia.org/wiki/Rampazzo#Epoca_antica_e_Medioevo
Rubbio (casa fortificata o Palazzon)
«Interessante architettura dalla struttura la "casa fortificata". Si trova vicino alla vetta del Monte Caina, a 1000 metri di quota a Rubbio, propaggine estrema dell'altipiano di Asiago, quasi una grande prua di nave protesa verso la pianura. Il luogo è panoramicissimo, dal Caina si domina Bassano del Grappa, una vasta fetta dello sbocco della Valsugana, un'enorme porzione della pianura veneta, dai Lessini ai Colli Euganei e alla laguna di Venezia e, nelle giornate terse, si riescono a scorgere gli Appennini. Proprio dirimpettaio si trova il Monte Grappa. Il Palazzon è sicuramente interessante e pone qualche dubbio interpretativo e storico. Quasi certamente si tratta di casa fortificata utilizzata al tempo della dominazione veneziana come luogo di osservazione o vedetta, con un piccolo presidio militare, potrebbe essere del XIV-XV secolo. Tuttavia, vista la straordinaria posizione, si può ragionevolmente azzardare una costruzione precedente, addirittura di epoca romana. A conforto di quest'ipotesi il fatto che si trova in linea ottica con il Pian di Castel, sopra San Nazario, sicuro castelliere di origine romana (ora solo tracce inglobate in una vecchissima casa). Interessante anche la forma architettonica, con bellissime volte a botte al pianterreno ed il portico parte-parte (unico, mai visto altrove). All'interno si intravedono delle colonne dalle forme 'romane', usate per puntellare il soffitto della stalla. L'edificio è privato, chiuso, ed in precario stato conservativo, era usato come deposito e stalla della molto più recente malga a fianco».
http://www.asiago.to/luogo.php?idLuogo=40&lang=IT
Schio (palazzo Boschetti, palazzo dei Canarini)
«Palazzo Boschetti fu realizzato nel XIV sec. come residenza nobiliare e ha subito nel tempo vari cambi di proprietà e ristrutturazioni. In origine l’edificio ospitò la famiglia Nogarola, vicari del borgo scledense fino alla fine del ‘300, che rimase proprietaria fino a tutto il ‘500, quando passò alla famiglia Boldù. Il palazzo presenta un’elegante porta d’ingresso centinata e breve scalinata d’accesso. Completa la parte centrale il timpano con lo stemma della famiglia Boldù al centro; sul retro è conservato un vasto parco che si estende fino a via A. Fusinato, dove si erge l’elegante cancellata d’ingresso con colonne e statue di Angelo Marinali. L’attuale denominazione deriva dall’ultima famiglia proprietaria che donò la dimora alla Parrocchia di San Pietro. ... Palazzo dei Canarini si trova nell’antica contrada del Sojo e la sua costruzione può verosimilmente essere fatta risalire al 1500. Ha una bella facciata neogotica con porte e finestre ad archi a sesto acuto, tranne la trifora del pianoterra che è a tutto sesto. Al centro del primo piano si apre un’elegante trifora ogivale dotata di poggiolo che, sfruttando la vicinanza di altre due aperture ai lati, simula l’effetto di una pentafora ogivale. Il piano superiore presenta varie aperture disposte simmetricamente in corrispondenza a quelle del piano nobile e sotto il cornicione ci sono cinque finestrelle ogivali. Il complesso apparato pittorico della facciata, in origine tutta affrescata, è stato rifatto nel 2012 sulla base di quello antico; presenta delle finte bugne a punte di diamante al pian terreno, fasce monocrome con motivi floreali e putti su fondo ocra, che dividono i vari piani della costruzione e decorano la fascia del sottotetto. Nei due riquadri ai lati della pentafora sono dipinti i soldati già presenti nella colorata decorazione cinquecentesca. Gli affreschi, secondo tradizione, raffiguravano due soldati vestiti di giallo che probabilmente hanno dato al palazzo il nome di Palazzo dei Canarini, che rimanda appunto al colore delle vesti militari: l’edificio era infatti sede della Milizia di Pè di Monte, un contingente veneziano destinato a difendere i confini tra la Serenissima e il Tirolo. La facciata posteriore del palazzo ha una caratteristica scala a chiocciola addossata alla parete che ruota intorno ad un’asse centrale in pietra rossa che permette l’accesso ai piani superiori e risalta all’esterno dell’edificio come un corpo cilindrico sporgente. Diversi proprietari si sono succeduti dagli inizi dell’800: la famiglia Covallero, Gianesini e infine, nel 1879, il pittore scledense Valentino Pupin, che commissionò importanti lavori di restauro».
http://www.cuoredischio.it/percorsi/palazzi-storici
«Il Castello di Schio, situato sopra un colle che domina il centro storico, è, insieme alla statua del Tessitore, uno dei monumenti simbolo della Città. La prima costruzione di una qualche opera di difesa, come emerso dagli scavi archeologici del 1914-1919, sembra risalire all’età del ferro o del bronzo e pertanto potrebbe essere stato edificato dalla popolazione Euganea o Veneta. Nel Medioevo, i Maltraversi, conti di Vicenza, edificarono qui il loro Castello e ne mantennero il controllo, con la parentesi ezzeliniana, fino al 1311. Il Castello passò poi alla Città di Vicenza, quindi agli Scaligeri. La fortezza fu dei Visconti dal 1387 e, successivamente, di proprietà del conte Giorgio Cavalli, che vi rimase fino al 1406, quando sopravvenne il dominio veneziano. Sulla base di recenti ricerche documentali si può attestare al 1412 la demolizione del fortilizio, su commissione di Vicenza, con buona probabilità per le tendenze filo-imperiali degli scledensi. Della costruzione originaria non rimane oggi che qualche basamento di muratura e di torri. Sorta negli ultimi anni del XIV e ampliata nel settecento, la chiesa di Santa Maria della Neve fu sede della confraternita del Gonfalone. Sconsacrato nel 1810, l’edificio sacro, di proprietà comunale, fu nel tempo sede di circoscrizioni militari francesi e austriache oltre che attrezzato a palestra a partire dal 1875 quale sede della Società Ginnastica “Fortitudo”. La costruzione è stata restaurata negli anni ’80 e ora si presenta in pietrame e cocci a vista con facciata a capanna e torre quadrangolare, con orologio e motivo ornamentale a merli. In un dipinto di Francesco Verla del 1512, presente all’interno della Chiesa di San Francesco, sembra essere rappresentato l’antico Castello cittadino, e ciò a testimonianza dell’attaccamento dei cittadini a questa fortezza e forse a manifestare la volontà degli scledensi di liberarsi dalla sottomissione a Vicenza, preferendo un podestà mandato da Venezia rispetto al vicario di nomina vicentina. Sotto la spianata del colle il viale degli ippocastani permette una piacevole passeggiata fino alla chiesetta di San Rocco».
http://www.cuoredischio.it/percorsi/palazzi-storici
THIENE (castello Porto-Colleoni o Palazzo Thiene)
«Le origini del Castello di Thiene. Numerose dimore nobiliari vengono edificate a partire dal 1400 per svolgere una funzione sia residenziale sia agricola: è il caso di questa villa-castello, costruita nel centro di Thiene intorno al 1450 per volere di Francesco Porto seniore. La zona pedemontana del vicentino già nel medioevo era caratterizzata da una fiorente agricoltura ed è noto che la famiglia Porto aveva acquisito fin dal 1300 numerose proprietà terriere in questa zona: una villa-castello era perfettamente adeguata al loro rango sociale così come lo era l'utilizzo di parte dell'edificio per l'immagazzinamento del raccolto delle campagne limitrofe ed è facile immaginare i carichi che partivano alla volta di Venezia. L'edificio è stato costruito probabilmente sull’area di un demolito castello feudale. Finora non è emerso alcun documento che ci permetta di sapere chi è stato l’architetto ma, in base ad un’analisi stilistica e a coincidenze cronologiche, non si esclude che possa essere opera del grande architetto Domenico da Venezia “ingegnere" del Comune di Vicenza di cui si hanno notizie dal 1448 al 1453 per il Duomo di Vicenza e il palazzo della Ragione. Centro della proprietà e residenza del Signore durante i mesi più caldi, associa caratteristiche gotiche del castello a quelle del palazzo veneziano (in particolare della “casafondaco” abitazione ma anche magazzino e luogo di commercio2. La grande loggia al piano terreno (l’ampio “portego” a forma di T) aperta sul fronte con cinque ampie arcate, è fiancheggiata da due torri angolari con merlature ghibelline; sulla sommità i camini dal profilo veneziano che ricordano i quadri del Carpaccio. è comunemente noto con il nome di Castello per le sue caratteristiche che richiamano, anche se solo a carattere simbolico, le costruzioni medievali (i merli, le mura, le torri laterali); nei primi documenti viene indicato come "palazzo"; certo il termine "villa" è appropriato in quanto è l’elemento preminente di un’azienda agricola e anche preludio alle ville del Palladio. La parte padronale è in posizione dominante rispetto alla grande "corte" – cinta da mura che costeggiano le vie pubbliche con ampi portoni sagomati a torre merlata; accanto gli edifici di servizio fra cui: la fattoria residenza del fattore o "gastaldo" la "colombara" per l'allevamento dei piccioni; le serre; le barchesse (una sola ancora intatta), dotate di porticato verso la corte, una volta adibite ad abitazioni e fienili; al primo piano, depositi di carri e attrezzi al piano terra con magazzini, botteghe, stalle e laboratori artigianali. Non c’è più traccia di azione difensiva ma è ben evidente un’intenzione di spazio esclusivo, dove la corte svolge la tradizionale funzione agricola (un'aia con animali domestici, un tempo in parte pavimentata per battere il grano, insaccare i prodotti sgranare i legumi ecc.) ma anche quella di rappresentanza (la "corte nobile" antistante la facciata), da dove si diramano i vari passaggi per i giardini, sia per quello posteriore sia per quelli "segreti" a fianco delle torri laterali. Agli appezzamenti di terreno contigui (orti e broli per la coltivazione di ortaggi e alberi da frutta) –allora di proprietà ma separati da pubbliche strade – si accedeva tramite dei sottopassaggi. È da sottolineare la presenza di una roggia – realizzata dai cittadini di Thiene (1281) per irrigare le proprietà della comunità da Santorso fino a Villaverla – che attraversa da nord a sud tutto il complesso del castello.
Francesco juniore (nipote del fondatore) nella prima metà del ‘500 commissiona lavori di ingrandimento (la sopraelevazione del corpo centrale), l'abbellimento del giardino con labirinto, fontana e statue (di cui rimane il ricordo solo nei documenti), la realizzazione degli scaloni in pietra e la decorazione delle facciate (di tradizione veneziana) con grandi cavalli e medaglioni raffiguranti imperatori romani, ancora ben visibili all’inizio del ‘900 e oggi praticamente scomparsi. Il progetto complessivo di trasformazione rinascimentale viene proseguito da Giovanni (collaboratore di Francesco, suo nipote ed erede) con il pozzo del Palladio (1554) e gli affreschi del camerone (circa 1570) e concluso da Giovanni Battista (unico maschio di Giovanni) che realizzerà la cedraia e la grotta con peschiera nel giardino (1580), opera di Cristoforo Sorte. Nel 1816 muore Giovanni Battista Orazio Porto, ultimo della linea iniziata con Francesco seniore, fondatore del castello. L'avvenuta rivoluzione napoleonica che annulla diritti e privilegi feudali gli consente di lasciare la sua cospicua fortuna a vari eredi fra cui, legatario principale, è il pronipote Orazio Colleoni con il vincolo di risiedere a Vicenza e di associare il cognome Porto al proprio. I Colleoni-Porto saranno proprietari di Thiene per tre generazioni. La proprietà rimane in gran parte abbandonata per circa trent'anni, quando Caterina Roncalli, moglie di Orazio, decide di utilizzare Thiene come residenza per la “villeggiatura”. Si intraprendono allora grandi lavori di adeguamento realizzando un "parco romantico" con laghetto (per cui si amplia la peschiera) e rifacendo i pavimenti in "battuto" alla veneziana; vengono piantate le magnolie nella corte e viene eseguita la decorazione del portego in stile neo-medievale per volere di Guardino, terzo e ultimo dei Colleoni-Porto. Nel 1918 il "castello" passa per eredità al nipote Antonio Thiene, della cui famiglia fanno parte gli attuali proprietari. ...».
http://www.castellodithiene.com/images/brochureperdocenti.pdf
«I primi abitanti di Vicenza si stabilirono alla confluenza dell'Astico nel Retrone (Edronis), un tempo navigabile e grande via di comunicazione fino a Chioggia (Portus Edronis). Il terreno sopraelevato proteggeva dalle devastanti alluvioni mentre le acque stagnanti a nord (Laghetto) e quelle scorrevoli dei fiumi ad est costituivano una difesa naturale. Terrapieni, fossati o altre opere di difesa certamente furono costruite anche ad ovest, a protezione del nucleo più antico della città che nel 148 a.C., con la costruzione della via Postumia diventa un centro importante e poi municipio romano (49 a.C.). Caduto l'impero, Bizantini, Longobardi e Franchi, in epoche diverse controllano il territorio con la loro organizzazione militare. Ma solo nel X secolo, dopo le devastanti incursioni degli Ungari (899), si incominciano a costruire difese più sicure al posto del "terralium", ricordato in alcuni documenti. Accanto al Duomo viene innalzata una torre campanile e sulla Postumia si costruiscono la torre Coxina ad est, a guardia del ponte sull'Astico, e il torrione di S. Felice ad ovest. Sono robusti terrazzi dove, in caso di necessità, trovano rifugio donne e bambini mentre gli uomini possono combattere dagli spalti. Berengario I e l'imperatore Corrado il Salico delegano il vescovo a costruire mura e castelli per difendere chiese e città. Le mura cingono Vicenza lungo il seguente percorso: Ponte delle Bele, Motton S. Lorenzo, Pedemuro S. Biagio, Pedemuro Pusterla, Contrà Canove, Ponte delle Barche, Porton del Luzo, Contrà Mure Palamaio e porta Feliciana. La città ha cinque porte, difese da torri e ponti levatoi: Porta Feliciana (merlature visibili da Piazzale Roma), Porta Nova, Porta Pusterla, Porta S. Pietro e Porta Berga. Intorno alle mura si apre un largo fossato con le acque del Bacchiglione a nord e della Seriola o Bacchiglioncello a ovest. Nel XII secolo, con il governo comunale, la città si arricchisce dei palazzi comunali che si affacciano sulla piazza, mentre crescono le case turrite dell'aristocrazia feudale inurbata. Vicenza diventa una città dalle cento torri! (1236-1259) Ezzelino III da Romano, stabilito a Vicenza il centro del suo potere, costruisce la "domus meriata" difesa dal torrione di Porta Castello e a Porta S. Pietro, che guarda il "pons Sancti Petri" ora degli Angeli, innalza un castello con la torre Coxina o Reata o dell'osservatorio.
PERIODO PADOVANO. 1263-1311:
Caduto Ezzelino nel 1259, la città passa sotto la tutela dei padovani, che
fortificano il castello di S. Pietro ed erigono il tratto di mura che dal
Ponte delle Barche arriva al Ponte degli Angeli.
PERIODO SCALIGERO. 1311-1387:
Gli Scaligeri, nuovi Signori di Vicenza, rinforzano lanterna e merlatura del
torrione di Porta Castello, costruiscono la nuova cinta di Borgo S. Pietro
con Porta Santa Lucia e Porta Padova. Nel 1381 erigono il fortilizio della
Rocchetta con mura e torri, in parte ancora conservate, che dal Ponte delle
Bele arrivano a porta S. Croce.
I VISCONTI E LE MURA VENEZIANE.
1387-1404: La città passa sotto il controllo dei Visconti fino a quando i
Vicentini sottoscrivono la loro dedizione a Venezia. La Serenissima provvede
a fortificare Borgo Berga costruendo, alle pendici di Monte Berico, le mura
da Porta Monte e Porta Lupia. Nel 1435 anche Borgo Pusterla viene chiuso con
mura che da Porta S. Croce arrivano a Porta S. Bortolo. Bartolomeo D'Alviano,
Capitano generale della Repubblica Veneta, fa costruire torri cilindriche
per ridurre l'impatto delle nuove artiglierie. Altri progetti e tentativi di
fortificare Vicenza, data la sua importanza strategica, restano sulla carta
o sono definitivamente abbandonati nel 1630, causa la grave epidemia di
peste».
http://www.vicenzanews.it/a_188_IT_558_1.html
«Palazzo Alidosio Conti, in corso Palladio 102-104, contiguo sulla sinistra a Palazzo Trissino Baston, del quale prolunga il portico. Primo palazzo rinascimentale di Vicenza. La struttura dell'edificio e la tipologia delle modanature suggeriscono la sua costruzione nel tardo Quattrocento, nell'ambiente influenzato da Lorenzo da Bologna. Agli inizi del XVI secolo passò dagli Alidosio ai Conti. Primo e secondo piano sono ora occupati da uffici comunali, collegati all'interno con palazzo Trissino. ... Palazzo Angaran, in piazza XX Settembre, di fronte a ponte degli Angeli, in angolo tra contrà Torretti e contrà Santa Lucia (antico Borgo di San Pietro, oggi Borgo Santa Lucia). Costruito intorno al 1480 per la famiglia Magrè, forse su progetto di Tommaso Formenton; ricostruito fedele all'originale tra il 1921 e il 1934. Bell'esempio di architettura del primo Rinascimento, l'unico palazzo che in città sviluppa due facciate su portico continuo. ... Palazzo Caldogno Dal Toso Franceschini da Schio detto Ca' d'Oro, in corso Palladio, angolo contrà San Gaetano Thiene. Eretto nel Trecento dalla famiglia Caldogno e completato in stile tardogotico nel 1477 circa dalla famiglia Dal Toso, che lo ampliò sul retro e completò il cortile verso il 1500. Il piano terreno fu risistemato da Lorenzo da Bologna, autore del ricco portale; l'atrio e l'interno furono ristrutturati sul finire del Settecento. Distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e ricostruito. ... Palazzo Regaù, in contrà XX Settembre 37-39 (Borgo di San Pietro). Palazzo in stile tardo gotico della seconda metà del Quattrocento. ...».
https://it.wikipedia.org/wiki/Porton_del_Luzzo
«In origine casa torre della famiglia Lucii risalente all'XI secolo, il Porton del Luzzo appartiene allo stesso periodo della prima cerchia medievale, ed è considerato una delle porte più antiche di Vicenza. Chiusa nel XIII secolo, venne riaperta nella metà del XVI secolo. Più volte rimaneggiata e restaurata con i materiali di scavo ricavati dal vicino teatro romano di Berga, è caratterizzata da una merlatura anch'essa rifatta. Sul nome esistono più ipotesi. Secondo una tradizione popolare, il nome deriverebbe da un luccio di grandi dimensioni pescato in un corso d'acqua vicino. Secondo altri potrebbe derivare da Porta Luci, dal latino lucus che significa bosco sacro con il significato di porta del bosco sacro; oppure, come sostiene Dante Olivieri, dal cognome della famiglia vicentina dei Lucii, che possedeva più edifici nella stessa zona, probabilmente proprietaria dello stesso porton in epoca alto-medievale con funzioni di casa-torre».
https://it.wikipedia.org/wiki/Porton_del_Luzzo
VICENZA (torre Bissara o di Piazza)
«è la torre più alta della città e domina maestosamente la bella Piazza dei Signori e la meravigliosa attigua Basilica Palladiana. Le prime notizie relative alla presenza della torre risalgono al 1174, data in cui risulta costruita dalla famiglia dei Bissari accanto al proprio Palazzo di città. Ma il complesso diventa ben presto monumento pubblico: tra il 1211 e il 1229, infatti, il Comune di Vicenza acquista torre e palazzo, destinandoli a sede del podestà. Scampata al violento terremoto del 25 gennaio 1347, verso la metà del '400 la torre Bissara viene sopraelevata dal primo ballatoio al pinnacolo ottagonale, raggiungendo così l'altezza attuale di 83 metri. Come dimostra la ricerca storica compiuta in occasione del restauro, non manca, nei secoli, l'impegno assiduo dell'amministrazione comunale nei confronti della torre, con interventi di restauro, di arricchimento con fregi e decorazioni, con la collocazione di reliquie e di campane, con le cicliche riparazioni dell'orologio: del resto il crollo della cupola, si legge in un documento del 1556, avrebbe comportato "grave danno et vergogna della città". Un fulmine, nel 1692, provoca un incendio che distrugge la parte superiore della torre e il consiglio comunale si impegna al ripristino, che verrà ultimato soltanto dopo il 1730: a ulteriore dimostrazione della grande considerazione in cui l'amministrazione tiene la torre, viene chiamato a controllare i lavori di restauro nientemeno che l'architetto Francesco Muttoni. Grande impegno negli interventi di restauro si segnala anche per tutto l'Ottocento e la prima metà del Novecento. Infine, i bombardamenti del 18 marzo 1945 che danneggiano pesantemente la Basilica, coinvolgono anche la copertura della torre, che viene ricostruita negli anni successivi non senza polemiche relative alla forma, in parte diversa da quella originaria. Da quel momento in avanti il tema della stabilità della torre e della sua pendenza diventa dominante, con studi, analisi e accertamenti statici, senza mai giungere, prima d'oggi, ad un progetto complessivo grazie al quale il monumento recuperi sia in bellezza che in sicurezza. I recenti i lavori di restauro e consolidamento della struttura hanno riguardato lo smontaggio del vecchio cupolino, il consolidamento della muratura con iniezioni, il restauro del paramento murario esterno, la riparazione della muratura interna (scuci-cuci), e tutta una serie di complesse operazioni murarie. ...».
http://www.vicenza.com/temi/conosci_vicenza/monumenti/torrebissara.php
Datata XIII secolo, è una casa-torre che si trova all'angolo delle contrade di Sant'Antonio e Giuseppe Fontana.
VICENZA (torre del Girone o del Tormento)
«La Torre del Girone, per il fossato che la circondava, o del Tormento perché adibita in seguito a prigione, è una torre medioevale situata in piazza delle Erbe a Vicenza, nel lato posteriore della Basilica Palladiana, a cui la torre è collegata. Venne costruita dalla famiglia Carnaroli nel XII secolo. Nel secolo successivo fu acquistata dal Comune di Vicenza che la destinò a prigione e a conservatoria degli archivi civici e del Registro. Nel 1509 fu incendiata da alcuni malfattori che volevano distruggere le prove a loro carico. In quest’occasione bruciarono anche gli archivi. Dalla metà del Seicento alla seconda metà dell’Ottocento la torre fu adibita a carcere il quale venne poi trasferito a San Biagio».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_del_Girone
VICENZA (torrione di Porta Castello)
«Il torrione di Porta Castello sorge nella parte occidentale di quello che era la cinta fortificata medievale di Vicenza. La città sotto i Romani ebbe il nome di Vicetia. Compresa fra il Bacchiglione ed il Retrone, efficienti difese naturali a settentrione ad oriente e a mezzogiorno, l'abitato era attraversato da est o ovest, secondo alcuni storici, dalla via Postumia, grande arteria antica iniziato sotto il consolato di Spurio Postumio Albino nel 148 a. C. per collegare Genova con Aquileia, secondo altri, dalla via Gallica. In ogni caso all'uscita dalla città verso ovest, al termine del decumano che aveva direzione congrua con l'attuale corso Palladio (ma forse non coincideva con questo), doveva essere un fortilizio la cui collocazione si potrebbe ipotizzare nei dintorni della Porta Castello. Secondo alcune fonti, nel secolo XII qui doveva essere una torre dei conti Maltraversi della quale entrarono in possesso gli Ezzelini (1216?) forse per il matrimonio di Ezzelino III con una figlia di Bontraverso dei Bontraversi. Nei pressi della torre stava lo porta di San Felice dalla quale, nel 1236, allo testa di un formidabile esercito, entrarono a viva forza in Vicenza il sacro romano imperatore Federico II di Svevia ed il suo vicario per la Marca Trevigiana Ezzelino III da Romano che diedero la città alle fiamme nella vigilia di Ognissanti. Ezzelino, durante l'occupazione protrattosi fino alla sua morte (1259), secondo alcune fonti avrebbe costruito ex novo il possente torrione, secondo altri avrebbe sopraelevato e potenziato la torre già esistente a nord della più antica Porta San Felice costituendo così un valido presidio della porta detta Nova (quinta della cerchia). Dopo Ezzelino, nel 1297, di fronte a Padova che diveniva sempre più forte, i Vicentini si rivolsero ad Alberto della Scala signore di Verona per avere protezione e governo; così Vicenza divenne scaligera. Nel 1337-38, la Signoria veronese, in guerra con Padova e la lega antiscaligera fomentata da Venezia, intraprese il rafforzamento della cerchia murata. Grazie a ciò Vicenza rimase scaligera anche dopo la vittoria di Padova. Nel 1343 (17 marzo, podestà Bernardo degli Scannabecchi, nobile bolognese) fu edificato il complesso del castello scaligero di porta Nova San Felice che aveva nell'alta torre ezzeliniana del mastio la sua principale difesa. Non è ben certo se il coronamento merlato munito di torretta che ancora oggi sormonta la poderosa costruzione, sia da far risalire a questo periodo o alla successiva dominazione viscontea. Il castello, interamente circondato da fossato anche dalla parte della città era ben munita opera militare con quattro torri agli angoli, cortile d'armi, pozzo, alloggiamenti per il presidio, magazzini e scuderie. Attraverso il cortile passava l'androne di transito munito di pusterle, porte carraie con levatoi, saracinesche, portoni e battiponti.
Gli Scaligeri rimasero a Vicenza fino al 1388, quando Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano e vicario imperiale per la Lombardia, alleatosi con i Padovani, prese a tradimento Verona riuscendo così ad occupare contemporaneamente pure Vicenza. Dopo il dominio visconteo, morto Gian Galeazzo nel 1402, inutilmente i Carraresi di Padova tentarono di impadronirsi di Vicenza perché la città berica, memore di secolari asperrime rivalità, si diede piuttosto a Venezia fornendo così occasione alla guerra che portò alla rovina lo stato padovano con la definitiva affermazione della supremazia veneziana in terraferma. Sotto Venezia il castello conservò per parecchio tempo un ruolo difensivo. Nel 1507, nell'imminenza della guerra di Cambray, fu restaurato e rimesso in efficienza; altro intervento si ebbe nel 1536. Perduta l'importanza militare, fu acquistato verso il 1630 dai nobili Valmarana che lo adattarono e residenza. Il 3 novembre 1805, le truppe napoleoniche del generale Massena attaccarono la retroguardia austriaca, attestata in Vicenza per proteggere la ritirata dell'esercito dell'Arciduca Carlo d'Asburgo, con un furioso bombardamento che arrecò gravissimi danni alla porta e lasciò i suoi segni pure sul mastio. Del castello scaligero, salvo l'imponente mastio, oggi non rimane più nulla perché tutto fu progressivamente smantellato un po' alla volta dai Vicentini (1767, 1792, 1795, 1797, 1805, 1812). Anche le fosse furono colmate. Scriveva il Rumor con giustificato rimpianto: "Di tanto barbaro maestà più non rimane che un torrione", torrione che riuscì a scampare all'annientamento e ad evitare un rovinoso degrado unicamente grazie al fatto che nella metà inferiore erano stati ricavati alloggi privati. Superata la secondo guerra mondiale con non gravi conseguenze, il grande mastio è stato fatto oggetto in questi anni di un attento restauro da porte degli attuali proprietari su progetto dell'architetto Pozzato. L'intervento, attuato con cautela e con rispetto per il valore documentale del manufatto, rendendo possibile la visita all'interno e la salita alla ghirlanda merlata, ha finalmente consentito ai cittadini e ai turisti di fruire più da vicino della potente suggestione promanante da questo eccezionale testimonianza dell'architettura fortificata militare del Medioevo vicentino».
http://www.vicenzanews.it/a_306_IT_1114_1.html (a cura del prof. Leone Parolo, del Centro di Studi sui Castelli di Montagnana)
Zovencedo (resti del castello)
«Del castello rimane questa specie di casa colonica, probabile resto del mastio. Il Castrum Zovencedo doveva essere di considerevoli dimensioni ed una certa importanza. è citato in un diploma di Federico I del 1158, ed elencato tra i possedimenti del Vescovo di Vicenza. In altre fonti storiche è citato fino al XV secolo, poi il completo oblio. Lo si raggiunge dal primo tornante, in discesa, tra la nuova sede municipale e la chiesa, svoltando a sinistra (verso la ripida discesa di Calto), quindi subito a destra in leggera discesa fino al termine della strada. è di proprietà privata ed usato come ricovero. Non visitabile, comunque anche dalla strada impressiona la possente struttura a torre. Il luogo domina il profondo solco dell'alta Val Liona, una ripidissima stradina asfaltata scende direttamente a Calto, interessante nucleo abitato».
http://www.magicoveneto.it/Berici/ValLiona/Zovencedo-Castello.htm
©2012 ss.