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BALANGERO
RUDERI DEL CASTELLO
a cura di Duilio Chiarle
I resti del castello.
In basso: la localizzazione.
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Balangero
Conservazione: del castello rimangono solo ruderi.
Il più antico documento in cui sia citato il borgo è del 11 maggio 1151 ove viene chiamato Castrum Berengarii prendendo probabilmente il nome da Berengario, quasi certamente Berengario II marchese di Ivrea, re d'Italia e imperatore. Alcuni storici locali sostengono che il castello sorgesse su una fortezza longobarda o addirittura precedente, ma di ciò non si hanno prove certe sebbene il termine “Monte Giovetto” ed il culto tributato sia a San Giacomo Apostolo che a San Vittore martire faccia pensare ad una sicura presenza romana. La fortificazione medievale è certamente risalente al X secolo e fu ampliata e ristrutturata più volte. A parte la posizione strategica, nella zona si trovarono ferro, marmo verde ed una vena di argento.
Il castello viene così descritto all'interno del libro del canonico Giuseppe
Fornelli nella sua Storia religiosa e civile di Cafasse (1972):
«Esposto a pieno mezzogiorno, sulla vetta del Trucco, era racchiuso fra
quattro alte torri. Ciascuna torre era munita di profondi sotterranei, ed in
alto da una battagliera o belfredo; mura merlate, percorse all'interno da
corsiere, univano una torre all'altra.
Attorno alle mura scorreva un fossato, la cui acqua era alimentata da un
lago artificiale, aperto nei fianchi delle montagne di San Vittore e del
Mongiovetto. Per entrare nel castello si passava sul Ponte Levatoio. Era
insomma una fortezza di prima classe.
Un duplice edificio costituiva l'abitazione dei padroni del Castello: in
basso il Gran Palazzo ove stava il castellano (con granai, cucine, forno,
mulino a mano, Cappella...). Una gradinata allo scoperto conduceva alla
spianata superiore, ove sorgeva il palazzo del Signor Feudatario.
Questo Castello dal 1300 al 1400 fu centro di guerre e competizioni, e causa
di rovine e distruzioni. Molte volte rovinato, venne riparato e ricostruito.
Fra le vicende guerresche del Castello, la più importante fu quella fra il
Principe Giacomo D'Acaja, asserragliato nel Castello ed Amedeo VI di Savoia,
detto il Conte Verde, il quale preparò un lungo assedio al Castello. Furono
chiamati minatori per minare le fondamenta della fortezza; e pare vi fosse
adoperato uno schioppo, cioè un cannone che sparava palle di piombo.
Aperte larghe brecce nelle mura, vacillanti ormai le torri, il 21 gennaio
1357, il Principe Giacomo assediato si arrese. I due Principi si
riappacificarono e si trovarono a Ciriè per firmare la pace. Il Conte Verde
concesse una generale amnistia a tutti i Balangeresi, e più tardi, nel 1362,
diede in feudo agli Acaja tutte le terre che già prima avevano possedute.
La Castellania di Balangero veniva annessa alle terre Piemontesi della
Contea di Savoia, che comprendeva già Ciriè e Lanzo. Veniva riparato il
Castello "quasi dextructum et omnino decoopertum" (quasi distrutto e
totalmente discoperto). E intanto Balangero aveva perduto la sua
importanza».
Sulla vetta del Truc (dietro l’antica chiesa parrocchiale di San Giacomo
Apostolo) si trovano i ruderi del vecchio castello. Tra la torre della porta
e il rivellino era posto il ponte levatoio. Il fossato che correva attorno
alle mura, era profondo mezzo trabucco e largo un trabucco. Tra la torre
della porta e il rivellino era posto il ponte levatoio.
Nell'inverno del 1343 vi lavorarono 643 manovali e muratori: un numero altissimo; si tenga presente che il numero complessivo degli abitanti di Mathi e Cafasse nel 1580 era di 500 persone. Al termine dei lavori il castello risulterà racchiuso tra 4 alte torri denominate: la Bianca, la Nera, del Visconte o di Donna Ambrosia (la viscontessa Ambrosia, vedova del visconte Facio, era la madre di Martino di Balangero e Ugonetto di Baratonia) e la Turris Portae. I lavori unirono il dongione alla torre di donna Ambrosia da un lato e al torrione della porta dall'altro e ciò prova che a quel tempo il castello era saldamente nelle mani dei Baratonia.
In seguito, nel 1343, ove sorgeva la vigna del prete fu eretta una bastia a ricetto fortificato del Truc. Tra i vari assalti ed espugnazioni che subì, i testi ricordano quella del 1347 dove si dice: «falò accesi su grandi candelabri di ferro illuminavano le notti»; «enormi macchine come fionde lanciavano quantità di sassi per volta preparati e pesati in modo da raggiungere l'obiettivo calcolato»; «minatori scavavano le mura con appositi uncini e cercavano di far breccia nelle fondamenta» e come abbiamo già visto, si dice anche che fu il primo castello espugnato con l'uso della polvere da sparo.
Tutti i castelli della zona, che erano numerosi, furono abbattuti dai francesi e anche quello di Balangero non sfuggì a questa sorte. Il Maresciallo De Brissac fece puntare tutte le sue artiglierie contro il castello nel gennaio 1552 abbattendolo quasi per intero. Il saccheggio francese del luglio 1705 ad opera del Ggenerale De La Feuillade portò a termine l'opera iniziata nel 1552; gli abitanti tentarono di salvare le loro povere masserizie nascondendole in chiesa e fuggirono sulla montagna di San Vittore, ora quasi del tutto sventrata da una cava di amianto.
©2017 Duilio Chiarlie