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CASTEL SAN NICCOLO', castello
a cura di Fernando Giaffreda
In alto: Veduta del palazzo centrale del castello dalla strada comunale di percorso. In basso: il piccolo maniero di Castel San Niccolò, attualmente abitazione privata, spiato fra due muri del borgo.
Epoca:
XI secolo, su
un precedente castrum longobardo nominato per la prima volta in una
donazione feudale del 1029 riguardante il diritto all’erezione della pieve
di San Martino in Vado.
Posizione
geografica:
in
Casentino, nel comune omonimo Castel San Niccolò (2.800 abitanti circa). Il
castello si trova nel Valdarno superiore aretino, casentinese appunto,
nell’ultima parte nordorientale del Pratomagno. È arroccato a 380 m s.l.m.
sul costone destro della valle di Solano, un torrente che affluisce in Arno
nella piana di Campaldino.
Come
arrivarci:
con
l’auto da Firenze (distanza 50 km) lasciando la SS 70 Pontassieve-Bibbiena,
detta anche della Consuma, all’altezza della frazione Borgo alla Collina.
Svoltando a destra per l’indicazione, in 5 minuti ci si trova a Strada in
Casentino, frazione capoluogo municipale che sta proprio sotto il castello.
Stato
di conservazione:
evidentemente
è andato perduto nei secoli dopo il XV l’originario,
ben strutturato anche se non enorme, impianto del castello. Era ordinato nel
senso più classico: due cinte murarie, la più esterna delle quali munita di
diverse torri, porte gotiche d’accesso, mastio, cisterna, rocca e palazzo
feudale. Più in basso fuori le mura, il borgo rurale del “mercatale” coi
suoi mulini e la pieve, denominato originariamente Vado per il ponte
che guada il torrente Solano, situato su un antico sentiero romano prodromo di
un’importante via commerciale nell’Alto medioevo.
Come
visitarlo: per
visitare l’interno del castello è assolutamente necessario telefonare al
proprietario privato per concordare un appuntamento, componendo il numero
0575.572961. La sua cortese disponibilità a far pure da guida consente di
varcare i cancelli della cerchia di mura e di entrare nell’antico palazzo
residenziale posto alla sommità dell’arroccamento.
Cenni
storici
Giusto allo sbocco di valle del percorso romano che attraversava il Pratomagno partendo da Firenze per Pelago, Montemignaio e quindi Vado, i Longobardi costruirono un castrum elevato proprio in corrispondenza del torrente Solano, là dove nell’XI secolo la gens dei Guidi conti avrebbe poi strutturato il futuro Castello di San Niccolò. Le prime notizie dell’esistenza di un insediamento castellare più ordinato si hanno in un atto di donazione imperiale del 1029, grazie al quale fu riconosciuta la comunità cristiana raccolta intorno alla Pieve di San Martino in Vado, una chiesa romanica ancor’oggi esistente e attiva, situata all’imbocco di Strada in Casentino. Ma bisogna attendere il 1259 per rinvenire la documentazione attendibile che faccia il primo riferimento esplicito al toponimo Castel San Niccolò. Già mezzo secolo prima, esattamente nel 1212, risultano proprietari del castello i conti Guidi di Battifolle, appartenenti alla famosa stirpe casentinese che in tutta la Toscana era conosciuta semplicemente come “i Conti” per antonomasia, grandi costruttori di castelli, e che lo stesso Dante nella Commedia indica con rimpianto come una stirpe caratteristica di un’epoca per lui ormai perduta, ma fedele al principio del governo di Cesare [1]. Il primo signore del feudo risulta essere stato il conte Guglielmo Novello del ramo di Battifolle, personaggio che ebbe il suo bel da fare nel resistere alla pressione del Comune fiorentino nei feudi guideschi, compresi quelli del Pratomagno casentinese.
Com’è
noto, nella Toscana del Dugento il fenomeno della progressiva decadenza della
feudalità che i Guidi rappresentano è lo specchio della trasformazione in
senso mercantilistico della società feudale, dovuta a sua volta alla crescita
economica e commerciale delle città e dei Comuni, in particolare di quello più
forte: Firenze. Il crollo politico del casato feudale avviene un po’ ovunque
intorno alla metà del XIV secolo nel quadro della definitiva sconfitta delle
sorti ghibelline, e si consuma proprio attraverso la perdita di quasi tutti i
castelli (privilegi feudali e fondiari compresi) da parte dei Guidi, i quali
si trasformeranno inesorabilmente in una frazione decaduta della classe
aristocratica cittadina. Qui a Castel San Niccolò - feudo, castello e ramo
aristocratico che si direbbero “minori” e periferici nell’enclave
casentinese - il dramma dell’arretramento si consumò nel 1349, quando il
castello era retto dal rampollo di Guglielmo, Galeotto dei Guidi da Battifolle.
La popolazione del contado, abilmente aizzata dai Fiorentini con la
prospettiva di liberarsi dai pesanti gioghi esercitati dalla rendita naturale
agraria, si unì a quella di altri castelli d’oltreriva pedemontana, tra i
quali anche Montemignaio e Battifolle; fece voto di sottomissione alla
Repubblica di Firenze e cacciò con una rivolta generalizzata il tiranno
crudele Galeotto da Castel San Niccolò. Fu una conquista importante per
Firenze, ma anche per il castello rappresentò uno scatto d’avanzamento
politico notevole, tanto da diventare sede della Podesteria della “Montagna
Fiorentina”, la quale altro non era che l’attuale collina del Pratomagno
passata sotto il controllo del comune gigliato. In quel contesto e nel giro di
un secolo successivo, Castel San Niccolò divenne un avamposto politico
importante per i traffici interni alla Repubblica fiorentina, anche se nello
stesso tempo i commerci tesero a concentrarsi per lo più a Borgo alla
Collina. La vecchia via romana Pelago-Montemignanio-San Niccolò-Vado, che
serviva per raggiungere l’Arno a Campaldino di Poppi, perse progressivamente
importanza a tutto vantaggio della nuova via della Consuma, la quale aveva
come capolinea di pianura il “mercatale” di Borgo alla Collina, molto
prossimo al villaggio di Vado. Con la conquista fiorentina insomma, Castel San
Niccolò eretto a podesteria fu come aggirato alle spalle nell’impulso
mercantile registratosi nell’epoca.
Nel
1440 Castel San Niccolò venne coinvolto violentemente nella guerra
espansionista fra la Signoria di Milano e la Repubblica fiorentina alleatasi
in lega con Venezia. L’esercito mercenario di Niccolò Piccinino da Perugia,
che con un voltafaccia a Firenze era passato al soldo di Milano, scese dalla
Valpadana, rioccupò Forlì e Faenza e valicò l’Appennino fino a giungere
nel Casentino per affrontare la soldatesca fiorentina guidata da Neri Capponi,
non senza aver riscosso l’appoggio preventivo dei Guidi del castello di
Poppi. Prima dell’epilogo di quello scontro, conclusosi con la famosa
battaglia di Anghiari, il capitano di ventura Piccinino pose un lungo assedio
ai borghi e alla fortificazione di Castel San Niccolò, che alla fine dovette
soccombere non senza il suo bel tributo di sangue. Le cronache riportano
episodi cruenti quali il lancio con le catapulte degli assediati catturati
durante i tentativi di sortita dal castello; oppure, dopo l’espugnazione
milanese, l’impiccagione lungo le mura di gran parte della popolazione
assediata e vinta. Anche se i Fiorentini mezzo vittoriosi dopo Anghiari
riconquistarono le posizioni perdute, la Repubblica di Firenze fece opera di
smantellamento in diversi castelli casentinesi che già erano andati distrutti
in quel conflitto. In questo rimaneggiamento Castel San Niccolò sede
podestarile verrà “spodestato” nella scala dei traffici ristabiliti,
sostituito dal nuovo castello “popolano” di Borgo alla Collina, che già i
Fiorentini avevano in precedenza e in parte promosso a maggiore importanza
commerciale rispetto al più antico castello capoluogo. Forse il vecchio
castello dei Guidi aveva il torto di essere troppo infrattato e un po’
declassato rispetto alle nuove rotte fiorentine.
Solo
nel 1776 il riordino amministrativo del dispotismo illuminato dei Lorena
risolse, mediante l’aggregazione in un’unica podesteria, questa situazione
di doppio e perciò triplice ingorgo fra insediamenti castellari successivi
intorno al primo Castel San Niccolò, dovuti alla compresenza dei borghi di
San Martino in Vado con la sua pieve del Mille, di Borgo alla Collina
sviluppatosi in epoca repubblicana sulla direttrice della Consuma, e del
castello vero e proprio
[2]
col suo borgo “mercatale” in basso, che oggi ha il nome di Strada in
Casentino e che è capoluogo comunale e sede municipale.
Pare
che la sistemazione amministrativa del territorio di Castel San Niccolò abbia
rappresentato un compito mai risolto definitivamente in due secoli e mezzo, a
partire dall’ordinamento leopoldino del 1776. Le cause remote sono da
ricercarsi certamente nella particolare posizione interna e assai defilata del
castello, con evidenti tratti di perifericità, ma se si volesse assumere
alcuni fatti come sintomi di una condizione difficile, se ne potrebbe trarre
conclusioni non meno eloquenti e razionali per la “comprensione storica”
di Castel San Niccolò: fin da quel lontanissimo 1029 è sempre appartenuto,
come ancora appartiene (!), alla diocesi di Firenze e Fiesole, nonostante sia
stato annesso alla provincia Arezzo con l’ondata dei plebisciti antecedenti
l’unificazione risorgimentale italiana (1859); l’organizzazione
mandamentale successiva del 1868 ha costituito con la denominazione “Castel
San Niccolò” (definitiva nel 1896) un piccolo territorio di cerniera, i cui
abitanti sono denominati curiosamente “stradini”; il borgo del castello,
che pure è il toponimo dell’attuale comune, non è sede civica del
municipio, ma si confronta con qualche opposizione all’altro castello di
Borgo alla Collina, di creazione fiorentina quattrocentesca.
Insomma, anche in quest’angolo remoto e nascosto della Toscana i retaggi del Medioevo sembrano ancora alla ricerca di un assetto più meritevole.
1 Per la comprensione del valore dei Guidi intesi come la feudalità nella storia della Toscana, si osservi attentamente il significato del canto più “passatista” del Paradiso, il XVI.
2 Ulteriori immagini possono essere osservate anche dal sito ufficiale del Comune www.comune.castel-san-niccolo.ar.it/
© 2006 Fernando Giaffreda, testo e foto. Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.