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CALENZANO, castello
a cura di Fernando Giaffreda
Castello di Calenzano: la porta d’ingresso rivolta a nord, detta anche Porta di Sopra.
Epoca: secolo XII, secondo la citazione del castello da certi documenti imperiali, ma la prima fortificazione, opera dei famosi Conti Guidi di Toscana, risale certamente a qualche secolo antecedente.
Conservazione: il borgo intramurario (porte, mura, torri, corte, palazzi civili settecenteschi) è in buone condizioni, avendo subìto recenti restauri e manutenzioni ad opera dell’amministrazione comunale, la quale ha dato vita fra l’altro anche a un museo tematico (Museo Comunale del Figurino Storico).
Ubicazione: nel comune di Calenzano ovviamente, in provincia di Firenze (15 km dal capoluogo toscano). Il toponimo dove sorge il castello è detto “Calenzano Alto”, per distinguerlo dalla cittadina capoluogo comunale che gli sta limitrofa ma tutta in piano, riparata a nord dalle prime pendici dell’Appennino tosco-emiliano. Si tratta di un colle cipressato di circa 200m s.l.m., lambito ad ovest dal torrente La Marina, che sgorga in direzione sud dalle ultime pendici del Mugello. Il poggio di Calenzano Alto nel paesaggio si staglia netto e distinto a forma di coppa, stretto ad ovest dai Monti della Calvana (così detti per la scarsa vegetazione se non a cespuglio) e ad est dal Monte Morello, pesante contrafforte di 900m circa che in parte protegge anche il versante nord di Firenze.
Come arrivarci: situato in prossimità dell’omonimo e conosciutissimo casello Prato-Calenzano dell’Autostrada del Sole A1 Milano-Napoli, è facile raggiungerlo seguendo le indicazioni stradali all’uscita. In appena qualche chilometro si arriva prima al paese di Calenzano per dirigersi in quattro e quattr’otto al castello.
Come visitarlo: essendo un piccolo e delizioso borgo residenziale dotato fra l’altro di un buon ristorante e un ottimo panorama, Calenzano Alto è vistabile liberamente una volta arrivativi con l’auto. Per visitare i locali medievali, la torre e il giardino (ambienti chiusi utilizzati anche per cerimonie ed eventi pubblici o privati) occorre rivolgersi al Museo (info@museofigurinostorico.it).
Il breve poggio su cui sorse il castello di Calenzano, oggi denominato Calenzano Alto, si trovava a ridosso e tangente all’antica e fantomatica direttrice variante nord-ovest della Cassia, la Cassia Clodia. Questa discussa e fantomatica strada romana, da Firenze avrebbe dovuto collegare i luoghi posti sulla via di Lucca per Luni, riunendosi poi alla prima consolare Aurelia e da lì portare nelle Gallie cisalpine. Proprio all’altezza del poggio su cui sorge il castello in questione, si dipartiva un’importante direttrice, poi strada regia e oggi semplice provinciale, che costeggiando il torrente La Marina portava direttamente nella Val di Sieve di Mugello, una volta valicato ovviamente il passo de Le Croci (distante 11 km, 427 m l.s.m.). Chi si trovasse in auto in direzione nord sull’A1 all’altezza del grande svincolo di Firenze Nord, dove si trova la “chiesa dell’Autostrada” di Michelucci, non può non notare il Castello di Calenzano di fronte ai suoi occhi.
Una tradizione semifiabesca vuole che un tal Ugo di Toscana, marchese cavaliere paladino di Ottone III di Sassonia, abbia ricevuto già nel 998 da quell’imperatore “sacroromano”, re d’Italia fino al 1002, una donazione di terre calcolata in mansi, individuati giusto nei dominicali di Kalenzanum. E difatti, ad osservare il sorgere repentino, nel X-XI secolo, di numerose pievi nei siti romanici della Val di Marina (s. Maria in Carraia, s. Pietro in Casaglia, s. Lucia in Collina, s. Martino in Leccio, ecc.), è molto probabile che qualche titolato capostipite militare, legato da un vincolo guerriero al re germanico, abbia ricevuto il permesso di coltivare, con due paia di buoi per manso, alcune dozzine di iugeri in quelle parti abbastanza fertili, così piene fra l’altro di mulini ad acqua. E Ottone III si sa, sfagiolava a iosa diplomi e concessioni nel centronord per consolidare e generalizzare (sacralizzare) il potere regale, così come gli consigliava l’ex precettore Gerberto di Aurillac, papa Silvestro II. E la Tavola Peutingeriana conferma l’ipotesi, se segnala proprio nei pressi di Calenzano (o di Sommaja) una stazione della Clodia denominata “Mansione ad Solaria”.
Il feudo di Calenzano divenne poi appannaggio dei Conti Alberti di Prato nel 1115, quando era “in carica” il Barbarossa, Federico I Hohenstaufen, al quale essi erano molto legati e fedeli. Grazie a quel vincolo infatti, gli Alberti posero il possesso di numerosi castelli e corti in Toscana, ricevendo la proprietà dominicale di Calenzano per mano del vescovo di Firenze, Gottifredo.
Ma la vera e propria incastellatura di Calenzano, cioè il suo passaggio da una probabile e semplice architettura lignea ad una edificazione muraria vera e propria, portata avanti con l’impiego del materiale roccioso del poggio e petroso-arenario del torrente, lo si deve certamente ai Conti Guidi, del ramo di Modigliana, anch’essi possessori e concessionari di numerosi castelli e terre toscane, ma più dediti di altri alla costruzione che non al semplice tenuta di terre e acri.
Nel 1191 Enrico VI figlio del Barbarossa confermò loro la proprietà feudale del poggio di Calenzano con la sostanziale giurisdizione sulle pievi e sui fochi limitrofi. Si venne a creare così un sistema compiuto di economia rurale tipica di quel periodo feudale, meno improvvisata e occasionale delle precedenti. Tanto che, finalmente, nel 1220 e nel 1249, Federico II, impegnato nella campagna di stabilizzazione del centro-nord d’Italia, emette di passaggio un paio di diplomi coi quali conferma ai fedelissimi conti Guidi, e sempre del ramo di Modigliana, il possesso di «Kalenzanum cum tota corte sua».
Come si sa, i Guidi, famiglia comitale “rozza e ignorante” che manteneva fra i numerosi figli il sistema della proprietà indivisa, non erano granchè bravi nelle faccende di danaro, nei contratti di compravendita ecc., e non seppero perciò resistere alle abili avances mercantili del Comune di Firenze, il quale nel Dugento, attraverso alcune delle più ricche famiglie urbane penetrò facilmente anche nel borgo di Calenzano, e nelle proprietà fondiarie annesse. Quel periodo florido per il mercantilismo fiorentino vide l’innalzarsi in Calenzano di torri e case appartenenti alle schiatte dei Tosinghi (o della Tosa), degli Scali (o della Scala), dei Lamberti, dei Bonaccorsi, dei Cavalcanti, dei Ginori ecc., contrassegnando così il dominio del Giglio sul castello. Dal Liber extimatione, grande regesto delle proprietà immobiliari del comune guelfo di Firenze, si rinvengono in quell’ettaro e mezzo del castrum di Calenzano la torre di Combiate, di proprietà di messer Napo della Tosa; una torre appartenete a messer Manente della Scala; una chiesa dedicata a S. Niccolò eretta nel punto più alto del castello; una torre della Portaccia, nel “borgo di sotto” verso sud; un Oratorio, un Serraglio (o Porta di Sopra, intesa come rivolta a nord). Nonostante vi fosse anche un palazzo pretorio, la Podesteria vera e propria invece fu posta più tardi fuori dalla cinta muraria, sull’altro colle verso nord, quello detto di poggio S. Donato, dall’omonima chiesa che raccoglie il secondo villaggio che fa tutt’uno a formare oggi Calenzano Alto.
Prima della battaglia di Montaperti (1260), abbiamo dunque in Calenzano una
curte
urbana castellare ben strutturata e delineata dal punto di vista
architettonico-urbanistico, posta sotto il controllo e il dominio del
Comune di Firenze, col suo sistema economico-sociale caratteristico del
periodo, chiaro e leggibile sul terreno. Tuttavia, con
quell’esito vittorioso per i ghibellini, a Calenzano si
avrà la prima della cospicua serie di distruzioni e diroccamenti
subiti dal castello nel corso dei secoli successivi, il quale,
già durante le prime avvisaglie dello scontro aretino, fu
incendiato, semidistrutto e saccheggiato con le conseguenti, ordinarie
espulsioni cittadine (fuoriuscitismo). In particolare, proprio per il
carattere di epurazione urbana assunto dalla lotta politica dugentesca,
le distruzioni non riguardarono in quel caso le mura castellari, cosa
che al contrario avvenne puntualmente con l’epopea militare di
Castruccio Castracani, il quale, ghibellino signore di Lucca e Pisa, si
ritrovò nel 1325 a capeggiare manu militari le sorti imperiali in Toscana. Gli
riuscì infatti di minacciare il più forte comune della
Toscana già nell’autunno di quello stesso anno, e di
accamparsi con diverse centinaia di fanti e cavalieri sotto le stesse
mura di Firenze, non senza aver operato nell’estate la
distruzione e l’occupazione militare di numerosi castelli nel
pistoiese, nel pratese e nel fiorentino, compreso Calenzano ovviamente
(sabato 4 e domenica 5 ottobre 1325). Come successe al castello di
Montemurlo, anche Calenzano vide le sue mura e contrafforti distrutti
in maniera sistematica da Castruccio, il quale comandava una possente
guarnigione di soldati tedeschi, pisani e lucchesi.
Così Giovanni Villani per due volte riferisce le circostanze nella sua Nuova Cronica fiorentina:
«Poi
il sabato mattina, dì V d’ottobre [1325], [Castruccio] si
levò da Peretola, e arse tutta la villa e quello
d’intorno, e presono e arsono il castello di Capalle e quello di
Calenzano sanza riparo niuno, che que’ che v’erano dentro
gli abandonaro».
(Libro X - Cap. CCCXVIII )
«E poi [Castruccio] a dì V di novembre [1325]
cavalcò con sua oste, forse con VIIc cavalieri e MD pedoni, in
Valle di Marina; e albergòvi una notte, faccendo grandissimo
guasto. I Fiorentini sentendo com’era entrato in forte passo, e
che i Mugellesi erano raunati a la Croce a Combiata per ripararlo che
non passasse in Mugello, sì vi cavalcarono CC cavalieri e IIm
pedoni per richiudergli il passo dinanzi di là da la pieve a
Calenzano; e fatto l’avrebbono per lo stretto e forte luogo, se
non che per ispie infino di Firenze gli fu fatto assapere; onde si
ricolse e uscì del passo, anzi che la gente de’ Fiorentini
vi giugnesse, e andonne a Signa a salvamento, e con gran preda, e con
CXXX pregioni; e a più dispetto de’ Fiorentini fece
battere moneta picciola in Signa co la ’mpronta dello
’mperadore Otto, e chiamarsi i castruccini».
(Libro X - Cap. CCCXXII )
Finita l’epoca bellicosa del Castracani tesa all’ormai
anacronistico ed impossibile ristabilimento dell’autorità
imperiale in Italia (Lodovico il Bavaro), Firenze deliberò
l’impiego di cospicue risorse per il riparo dei danni subiti dai
borghi castellari “toccati” dal capitano lucchese, ma gli
interventi sul castello di Calenzano non ripristinarono completamente
il suo tracciato murario, tanto che nel 1351, appena venticinque anni
dopo l’ondata di Castruccio, fu facile a Giovanni di Oleggio,
capitano delle milizie viscontee discese nel centro Italia a sostegno
delle mire espansioniste di Milano, prendere il castello, incendiare il
villaggio di Pizzidimonte e passare in Mugello dopo aver varcato il
passo a Combiate (oggi “delle Croci”).
Anche
dopo quell’ondata Firenze si dimostra solerte finanziatrice per
il ripristino delle condizioni urbane precedenti di Calenzano. Tuttavia
il perimetro delle mura viene ampliato fino a inglobare la Portaccia,
nel Borgo di Sotto, e ad edificare la Porta del Serraglio, detta porta
di Sopra. Il borgo viene dotato pure di una piccola guarnigione
comandata da un capitano, istituita con l’arruolamento di tutta
la popolazione maschile abile residente entro il raggio di un miglio e
mezzo intorno a Calenzano.
Ma si deve ancora attendere il passaggio nel 1363 di quel grosso
manipolo di mercenari pisani e inglesi comandati dal famoso capitano di
ventura Giovanni l’Acuto (John Hakwood), il quale,
anch’egli legato all’ordine della conquista di Firenze,
pone a ferro e fuoco la piana circostante, toccando di nuovo i
possedimenti fiorentini di Calenzano. Parte della popolazione di Sesto
Fiorentino, un borgo di piano situato appunto al sesto miglio
fiorentino sulla Cassia Clodia, viene ospitata nel castello, ma le sue
difese murarie rielaborate a nuova guardia del borgo, sono
pressoché inutili: i danni per incendi e saccheggi sono anche
questa volta considerevoli.
È alla fine del XIV secolo che finalmente viene completata a Calenzano la terza cerchia muraria nell’aspetto di come c’è giunta a noi (caditoie, bastioni, merli ecc.), ma le strutture militari e difensive vengono progressivamente smantellate a favore di un uso sempre più “borghese” e imprenditoriale agricolo del borgo, col territorio annesso.
Nel XV secolo la situazione in Toscana si stabilizza; a Firenze i Medici prendono il sopravvento politico e inaugurano finalmente il periodo della loro possente signoria rinascimentale, e da quel periodo Calenzano non avrà da temere sostanzialmente più nulla in fatto di incursioni e attacchi “stranieri”, finendo per essere inserita stabilmente nel sistema economico politico e nel destino della Signoria toscana.
Fra il XV e il XVII secolo il governo fiorentino a Calenzano si manifesta colla presenza e il dominio delle già nominate famiglie nobiliari e dei patriziati di vecchia origine guelfa, strettamente legati alla vita politica di Firenze. Ma si sono aggiunti per esempio gli Strozzi e i Da Sommaia, i quali erano già stati al centro delle precedenti ricostruzioni post-castrucciane e post-acutesi. Sono loro a tenere ben salda la conduzione della podesteria già istituita nel Quattrocento, fino a che non comincia l’era leopoldina e lorenese, periodo che vede Calenzano quasi del tutto unito dal punto di vista amministrativo e politico a Firenze [1] .
1 Per chi volesse approfondire gli aspetti urbanistici più tecnici del borgo, non sarà fuori luogo consultare l’interessantissimo volume di Daniela Lamberini e Nicola Ricchiuti, Il castello di Calenzano. Studi e rilievi per una prospettiva di recupero, Alinea Editrice, Firenze 1990.
©2008 Fernando Giaffreda. I video (inseriti nel 2013) non sono stati realizzati dall'autore della scheda.