Sei in: Mondi medievali ® Castelli italiani ® Toscana ® Provincia di Firenze |
MONTEGUFONI, castellO
a cura di Fernando Giaffreda
In basso, il cortile che guarda l’ingresso con la metopa campanaria.
Epoca:
X-XI secolo, edificato in collina lungo l’antica via Volterrana, battuta
dagli imperatori a partire da Carlo Magno, per raggiungere Volterra, Siena e poi
Roma col tratto francigeno.
Ubicazione: Montegufoni, frazione nordoccidentale del comune di Montespertoli, si trova nel Chianti, a sud di Firenze, che guarda la Val Virginio, affluente della Pesa che a Montelupo si getta nell’Arno.
Stato di conservazione: molto buono, tenuto conto delle belle ristrutturazioni rinascimentali e poi manieristiche effettuate per mano della famiglia Acciaioli, che ne fu proprietaria per lungo tempo.
Come arrivarci: con 25 km circa d’automobile: da Firenze s’imbocca la via Volterrana al Galluzzo, dove si lascia la Cassia, per arrivare a Cerbaia; si prosegue oltre sulla Volterrana fino a Montagnana val di Pesa. Qui, all’incrocio, si prende la diramazione a destra e in neanche 1 km siamo al castello di Montegufoni.
Per visitare il castello: il castello di Montegufoni è frazionato interamente da molteplici piccoli appartamenti turistici, alcuni dei quali con la propria porzione di giardino. È impossibile dunque visitarne gli interni se non vi si alloggia. Tuttavia per arrivare alla reception si entra dal portone barocco per il cortile, ove svetta la gran torre. La visita esterna è abbastanza libera.
Il castello di Montegufoni presenta ora un aspetto secentesco che non aveva in origine, quando in età post-carolingia venne edificato dagli Ormanni su una collina brecciosa nel contado meridionale a difesa di Firenze, fra il Virginio e la Pesa. Gli Ormanni, secondo quanto afferma orgogliosamente Dante nel famoso canto XVI del Paradiso per bocca del suo avo Cacciaguida, erano una nobile famiglia fra le molte dignitose che conobbe in una Firenze d’altri tempi, già in declino all’epoca dell’Alighieri: famiglie simili facevano veramente illustre e distinta la città del Giglio, da lui definita «giardino dell’Impero».
Il Comune di Firenze distrusse quasi completamente il castello di Montegufoni nel 1135, in piena espansione politica nel contado ai danni della nobiltà feudale. Prima fu posto l’assedio da parte delle truppe fiorentine sotto il comando, fra gli altri, di Ranieri Buondelmonti di Montebuoni, feudatario del vescovo di Firenze. Ranieri però da buon guelfo qual era fece tradimento abbandonando l’azione sul più bello. I Fiorentini reagirono il 23 ottobre 1135 distruggendo sia la fortezza di Montebuoni che quella di Montegufoni. Ciò che restò dopo quella spedizione punitiva consisteva in un castrum costituito da una torre e da sette corpi di fabbrica medievali staccati uno dall’altro, ma racchiusi dentro la cerchia muraria di cui ora non resta quasi più nulla.
In seguito, il castello di Montegufoni fu acquistato dalla famiglia fiorentina degli Acciaioli, il cui casato veniva da Brescia, specializzata nella fabbricazione delle armi. Il capostipite Gugliarello, fuoriuscito di parte guelfa, si stabilì a Firenze nel 1160 per sfuggire alle ritorsioni politiche dei ghibellini di quella città. Il nome rimanda a una tradizione nella fabbricazione (o commercio) dell’acciaio, ma Gugliarello si iscrisse all’arte del cambio e presto si fece una posizione importante a Firenze, tanto da comprare, tramite i suoi discendenti, ciò che restava del Castello di Montegufoni.
Nel 1282, gli Acciaioli, già affermati a Firenze, fondarono, come i Peruzzi e i Bardi, una compagnia commerciale che aveva sedi in molte città d’Italia e d’Europa, prestando danaro a diverse monarchie del continente ed oltre. Montegufoni divenne la loro dimora riconosciuta e al loro dominio secolare si devono i numerosi restauri e ristrutturazioni in stile gotico e poi rinascimentale. Come i Bardi a Vernio, gli Acciaioli praticavano il cambio a Firenze e risiedevano nel contado, in questo caso proprio a Montegufoni.
Il 12 settembre del 1310, in un salotto del castello di Montegufoni, poi trasformato apposta in cappella, nacque da Acciaiolo, Niccolò, nobiluomo destinato a una carriera travolgente nel regno di Napoli sotto gli Angioini, dove si era trasferito per curare e sviluppare l’impresa bancaria di famiglia. In breve tempo Niccolò ebbe accesso alla corte angioina per la sua attività di prestatore di danaro, si guadagnò un rapporto privilegiato con Carlo d’Angiò, che lo fece prima cavaliere e poi, nel 1348, lo nominò Gran Siniscalco del Regno. Con questo titolo ebbe per vent’anni un ruolo centrale nella politica del regno angioino: conquistò il Principato di Acaia nel Peloponneso, già costituitosi ai tempi della quarta Crociata, mettendolo nelle mani di Luigi di Taranto, nipote del re. Il lavoro diplomatico svolto da Niccolò Acciaioli da Montegufoni gli valse l’acquisizione del titolo di Signore di Corinto. Ma proseguì le sue imprese a corte con la riconquista del Regno d’Ungheria, che fu posto nelle mani di Luigi di Taranto. Quando questi morì nel 1362, Niccolò assunse la reggenza della corona in difesa della regina, Giovanna d’Angiò, contro la ribellione dei baroni del regno.
Nel frattempo, a Firenze, il cugino di Niccolò, Angelo Acciaioli da Montegufoni, era diventato vescovo di Firenze, e l’evento fece assumere ancora più forza e importanza alla famiglia. Il vescovo si legò all’amicizia di Giovanni Boccaccio, che aveva già conosciuto Niccolò durante l’esperienza napoletana, nonché di Francesco Petrarca per l’attività mercantile del padre in Provenza. Questi fu più volte invitato dall’Acciaioli a raggiungerlo a Napoli nella prospettiva di favorirlo. In breve, il castello di Montegufoni divenne l’epicentro magnatizio di uomini illustri del Trecento fiorentino. Vale la pena ricordare fra l’altro che Niccolò Acciaioli fece costruire al Galluzzo la Certosa, dove è sepolto in una tomba attribuita all’Orcagna, e dove sono seppelliti altri membri della famiglia Acciaioli.
Ai primi del XVII secolo iniziò, su progetto dell’architetto fiorentino Gherardo Silvani, a cui si deve il mancato trionfo a Firenze di un barocco vero e proprio, a favore invece di un sostanziale manierismo che rendeva i palazzi di uno stile più misurato, la ristrutturazione e il rifacimento del castello di Montegufoni, su commessa del figlio di Ottaviano Acciaioli, Donato, e del fratello, il cardinale Niccolò. Nel 1632 infatti il lavoro portò all’edificazione di decine di nuove stanze, che andarono ad unire i distaccati corpi di fabbrica iniziali e a creare i giardini all’italiana che si conservano tutt’oggi. I lavori durarono diverso tempo e passarono di mano negli anni dai padri ai figli e ai nipoti. Fu il cardinale Niccolò Acciaioli a volere la facciata d’ingresso attuale, col portale a cornice che guarda a settentrione. A questi lavori si aggiunsero gli affreschi degli interni eseguiti dagli stessi pittori che lavoravano agli Uffizi, fra i quali il discreto Agnolo Gori. Giochi d’acqua, fontane, grotte, giardini, vialetti, facciate armoniche, contrafforti e barbacani abbellirono Montegufoni così tanto che gli valsero la visita della famiglia dei Medici, Cosimo III in particolare.
Ma un rilievo peculiare va dato alla torre, elevata già nel 1386 e che ricalca quasi esattamente quella di Palazzo Vecchio, o della Signoria, opera di Arnolfo di Cambio. Solo che a causa del diritto consuetudinario della Repubblica di Firenze, era proibito usurpare i simboli del potere repubblicano; e allora il mastio di Montegufoni, costituito da beccatelli che sostengono una terrazza a piattaforma quadrata, fu coronato con merli guelfi e non ghibellini, come quelli di Firenze. L’edicola quadrata innalzatavi sopra era anch’essa merlata alla guelfa, con una piramide finale che terminava col Marzocco fiorentino.
Alla fine dell’Ottocento, la famiglia degli Acciaioli era in declino e si videro
costretti a vendere Montegufoni alla famiglia Baracchi, che lo tennero fino ai
primi del Novecento, quando un barone inglese, visitando la zona fu rapito dalla
bellezza e dal contesto in cui si trova il castello, anticipando di gran lunga
una schiera di connazionali che si è riversata nel Chianti a fine secolo scorso.
Ai primi anni del secolo, sir George Sitwell (seduto bene o ben piazzato)
acquistò il castello impegnando il nome del figlio, sir Osbert.
I due diedero impulso a una serie di lavori di solo ornamento e fregio del castello, lasciandone inalterato il ricco impianto secentesco. Non senza però finanziare l’intervento di pittori contemporanei quali il futurista Gino Severini, che nel 1922 affrescò un intero salone di Montegufoni. Fra le due guerre il castello divenne anche una specie di ritrovo culturale e letterario, per vedervi ospitati dai Sitwell, alla stregua degli Acciaioli, diversi intellettuali, questa volta americani ed inglesi. Durante la seconda guerra mondiale questa famiglia nobiliare anglicana si ritrovò quasi prigioniera e ostaggio del fronte bellico RoBerTo, cui l’Italia fascista e dei Savoia apparteneva, ciò che non le impedì tuttavia di nascondere nel castello un cospicuo numero di opere pittoriche inestimabili, provenienti dagli Uffizi, quali l’Adorazione dei Magi del Ghirlandaio o addirittura la Primavera di Botticelli. Le truppe naziste, che stavano battendo la ritirata transitando da sud a nord dell’Italia, occuparono fin dall’ 8 settembre del 1943 il castello di Montegufoni, martoriando la popolazione contadina che a sua volta aiutava i Partigiani. Il maniero dei Sitwell fu segnalato «bianco» agli Alleati, proprio per il fatto che le Belle Arti vi avevano nascosto alcune centinaia di opere di grande valore, passibili delle razzie tedesche, quali La Madonna di Ognissanti di Giotto, l’Adorazione dei Magi del Ghirlandaio e la Primavera di Botticelli. Perciò dal Montalbano e con i passaggi aerei, gli Americani bombardarono sì la zona, ma lasciarono fuori dagli obbiettivi di fuoco il castello di Montegufoni. E la popolazione del contado si proteggeva nascondendosi nei sotterranei.
Nel 1969 Sir Osbert Sitwell morì a Montegufoni dove aveva vissuto a lungo. L’ereditiero Reresby dopo appena tre anni lo vendette alla famiglia Posarelli, attuale proprietario che ha trasformato il castello in un importante albergo turistico dotato di numerose camere d’appartamento.
A testimonianza dell’originale carattere medievale del castello di Montegufoni, è venuto in appoggio una decina di anni fa, il rinvenimento di 200 metri di gallerie sotterranee, che si è scoperto servissero fin dal Trecento da condutture d’acqua. La stampa locale ebbe occasione per questo ritrovamento di dare ancora maggior lustro al castello di Montegufoni, nonché al comune capoluogo Montespertoli, che da decenni è diventato già famoso per la singolare qualità del vino che vi si produce.
©2015 Fernando Giaffreda. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.