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CARMIGNANO, ROCCA
a cura di Fernando Giaffreda
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pag. 1 - pag. 2 scheda cenni storici video
La rocca vista da sud con il Campano e due perimetri murari.
Epoca:
a partire dal X secolo. Un diploma del sacro imperatore romano Ottone III
di Sassonia conferma nel 998 al vescovo Antonio di Pistoia la giurisdizione (infeudamento) di questa terra collinare
(curtis carminiana), segno a quel punto che almeno un piviere doveva esserci.
Posizione
geografica:
Carmignano è un Comune ubicato nella provincia di Prato dal
1992, anno di istituzione della decima circoscrizione amministrativa
locale della Toscana. La posizione collinare della cittadina (12mila
abitanti circa) si trova sul versante nordorientale della catena
montuosa del Montalbano, là dove questi lambisce finalmente
l’Arno che vi riceve l’Ombrone. Dalla Rocca si domina a
vista tutta la piana triprovinciale Firenze-Pistoia-Prato1 (2 milioni di abitanti), con scorci splendidi anche sul Montalbano
etrusco-mediceo.
Come arrivarci: in auto sia da Firenze che da Pistoia, lasciando la Statale 66 che unisce i due capoluoghi all’altezza di Poggio a Caiano. Al capolinea fiorentino dell’A11 Firenze-Mare, in corrispondenza con l’aeroporto A. Vespucci, inizia proprio la direttrice SS 66. Da Poggio a Caiano allora si imbocca la provinciale verso Empoli e in sei-sette chilometri, ma assai prima di scollinare il Montalbano, ci si imbatte nel comune di Carmignano. Dopo la chiesa di San Michele, una stretta strada a destra permette di raggiungere, in salita, la Rocca con l’auto. Diversamente, parcheggiando nella centrale Piazza Matteotti, si può raggiungere a piedi il fortilizio salendo accanto al municipio l’apposito e segnalato percorso pedonale.
Stato di conservazione: i lavori pubblici di manutenzione ambientale e di ripristino storico-culturale commissionati dal Comune proprietario (fine lavori primavera del 2005), restituiranno il castello alle buone sembianze della struttura attuale, che risale al XIV secolo con modifiche medicee e lorenesi, e poi ottocentesche.
Come visitarlo: dopo la fine lavori, la visita sarà libera anche se “guidata”, con orari, percorsi a piedi e in auto prestabiliti, soste e ristoro compresi. I siti internet ufficiali dedicati al turismo culturale per Carmignano faranno da sicuro riferimento a chi volesse visitarlo.
«…e
‘l castello di Carmignano s’arendé al Comune di Firenze. E nota che in su
la rocca di Carmignano avea una torre alta LXX braccia, e ivi due braccia di
marmo, che faceano le mani le fiche a Firenze, onde per rimproccio usavano gli
artifici di Firenze quando era loro mostrata moneta o altra cosa, diceano:
“No-lla veggo, però che m’è dinanzi la rocca di Carmignano”; e per
questa cagione feciono i Pistolesi le comandamenta de’ Fiorentini, si come
seppino divisare i Fiorentini, e feciono disfare la detta rocca di Carmignano».
Così
Giovanni Villani, contemporaneo di Dante, nella sua Cronica2
(libro settimo, capitolo quinto) attesta l’esistenza nel
castello pistoiese di Carmignano di una rocca difesa da una torre
alta una quarantina di metri, la quale venne completamente demolita nel 1228
dai Fiorentini, vittoriosi su Pistoia. La conquista aveva anzi fra i suoi
scopi la soppressione di quelle due ignominiose braccia di marmo che
indirizzavano le corna a Fiorenza in segno di disprezzo e di irriverenza,
propri dei pistoiesi di Carmignano. La città del Fiore si rivelava fin
dall’inizio la più forte fra gli altri comuni toscani, anche in virtù del
privilegio di coniar soldi e di usarli proficuamente a proprio vantaggio negli
scambi esterni: l’ambìto Fiorino d’oro. Ecco perché se per le normali
transazioni di scambio e di baratto veniva loro offerta quella moneta che
rimandava a quel caratteristico ambiente speculativo, i carmignanesi, in
quanto pistoiesi, rimettevano le loro valutazioni di diniego, rifiuto e nullità
alle fiche della loro torre («No-lla veggo…»). Un gesto apotropaico e alessiterico di
antichissime origini popolari, latine e romane, legato agli atti propiziatori
concernenti l’uso della significazione duplice e iperbolica della fava, e
che si ritrova pure in una delle probabili etimologie del toponimo Carmignano3.
Anche Dante riferisce esser fatta la mossa con la stessa valenza psicologica,
e perciò teologica, da un famoso ladro sacrilego pistoiese dell’epoca, nei
riguardi di Dio addirittura, a prova di un’inaudita superbia:
«Al fin delle sue parole il ladro |
le mani alzò con ambedue le fiche |
gridando ‘Togli, Dio, ch’a te le squadro’». |
(Inferno,
Canto XXV, vv. 1-3) |
Si
tratta del guelfo nero Vanni Fucci da Pistoia, che impersonava magistralmente,
agli occhi dell’Alighieri, il carattere politico malvagio e sobillatore
della gens pistoiese5.
È noto infatti che la divisione a Firenze del partito guelfo fra bianchi e
neri ebbe origine proprio in quella città con le lotte cittadine fra i
Cancellieri e i Panciatichi.
Insomma,
questo gesto di sfida e di malocchio insieme, che non viene riportato tanto
volentieri dalle più zelanti ricostruzioni storiografiche riguardanti
Carmignano, era invece giudicato assai riprovevole agli inizi del XIII secolo,
sia teologicamente che politicamente; e del resto era sanzionabile socialmente
se è vero che lo Statuto del comune di Prato, per esempio, stabiliva che
chiunque avesse compiuto il segno delle fiche verso il Cielo, cioè
l’immagine di Dio e della Vergine, doveva pagare «dieci
lire per ogni volta; se no, frustato».
Nel
X secolo la curtis di Carmignano era
la più consistente di popolo nella zona, e la più strutturata se è vero che
con la donazione del 998 di Ottone III di Sassonia alla chiesa di Pistoia
venivano raggruppate a giurisdizione anche altri borghi minori (fochi)
quali Artimino, Seano e Capezzana. Con quell’atto imperiale fu creato il
presupposto per un’adeguata fortificazione della collina, che avrebbe dovuto
proteggere la sottostante pieve dedicata a San Michele, ma anche le fiere
liturgiche e il mercato che vi si svolgevano. La struttura era destinata a
formare i consueti tre perimetri murari con una torre d’avvistamento alla
sommità (oggi il cosiddetto “Campano”, allora la “torre ficata”), che
in quella posizione l’avrebbero resa imprendibile.
Nel
1125, anno della prima conquista militare fiorentina che tolse Carmignano al
vescovo Ildebrando di Pistoia, la rocca si presentava in via di progressivo
potenziamento, e la sua fortificazione sarebbe durata fino al completamento
nel 1138, atto allo stanziamento delle guarnigioni pistoiesi. L’anno dopo,
1126, la famiglia Fabbroni di Signa, proprietaria del locale castello, legata
all’ambiente fiorentino, si appropriò momentaneamente di Carmignano senza
poterlo reggere a lungo, a causa delle diverse pressioni politiche e per gli
eccessivi oneri di mantenimento difensivo. Alla fine i Fabbroni dovettero
liberarsene, restituendolo a titolo gratuito al dominio questa volta non della
chiesa, ma del comune di Pistoia.
È
a partire dal 1154 che anche intorno a Carmignano si presenta lo storico
scenario delle lotte fra gli emergenti comuni e la feudalità toscana
rappresentata nella zona dai conti Alberti di Val Bisenzio e dai conti Guidi,
acquartierati nella Rocca di Montemurlo. Una storia che vedrà la Rocca subire
molteplici e alterni passaggi fra l’originaria Pistoia e la predestinata
Firenze. All’inizio si sviluppa una prima rivalità fra pistoiesi e pratesi,
sulla quale si innesta la politica di calcolo, opportunista ed espansionista,
del comune di Firenze. Questi decide di infoltire un manipolo di soldati
pratesi lanciati all’assedio della postazione carmignanese con la ragione di
controllarne il mercato. Ma il conte montemurlese Guido Guerra I, accorso in
appoggio ai carmignanesi alla guida di un esercito pistoiese capitanato da
messer Nesi Ricciardi, difese con successo il castello fino a catturare quasi
tutta la legione pratese e fiorentina, e a imprigionarla nelle celle della
Rocca.
L’anno
dopo questo episodio, cioè nel 1155, l’imperatore Federico I di Svevia,
detto il Barbarossa, riassegna il titolo di possesso della giurisdizione di
Carmignano al vescovo di Pistoia, ma ormai la posizione della chiesa pistoiese
nella contesa fra feudalità e comuni sul contado castellare è collocata in
secondo piano. La sovranità di fatto resta nelle mani dei Conti Guidi, i
quali sbilanciati dalla parte di Pistoia ghibellina manterranno con questa
città il controllo della Rocca almeno fino al 1228, non senza qualche
difficoltà. Sono i conti Guidi infatti a rappresentare la feudalità
sconfitta dai Fiorentini, i quali faranno fallire sotto la spinta della moneta
gigliata quei caratteristici accordi guideschi di cessione “politica” dei
diritti feudali sui castelli ai ghibellini di Pistoia, intese stipulate coi
metodi contrattuali tipici della gens
longobarda (mantenimento della proprietà indivisa nella successione e
nell’alienazione).
Pur non essendo
disponibili prove documentali che accertino quando furono installate
esattamente quelle “due fiche” sulla torre di Carmignano, si può star
sicuri che vi furono poste nel periodo di possesso pistoiese antecedente il
1228, anno in cui, secondo le parole del Villani, «i
Fiorentini feciono oste sopra la città di Pistoia col carroccio… e
guastarla intorno»[4].
Quel potente ed esclusivo mezzo militare corazzato permise a Firenze, retta
allora dal Podestà Messer Andrea da Perugia, di espugnare diversi castelli,
dall’Appennino pistoiese (Montefiore) fino al Montalbano. La rocca di
Carmignano, con la sua “torre ficata”, fu rasa al suolo proprio in
quell’anno e Pistoia, ritrovatasi sottomessa, dovette promettere in cambio
della pace di non ricostruirvi più alcuna fortificazione.
Nel
1301 Carlo di Valois raccolse i frutti del colpo di stato “nero”
perpetrato da Bonifacio VIII ai danni del partito bianco dei Guelfi che
governavano Firenze, vittima sacrificale Dante Alighieri. Al regio franco gli
si parò il lusso dell’ingresso trionfale in città con tanto di benedizione
papale, e subito consegnò in dono Carmignano all’uomo di fiducia Musciatto
Franzesi (cognome eloquente), padrone di Staggia. Stabilizzatasi la
situazione, Musciatto nel 1306 ci ricavò pure dei soldi, rivendendo per
danaro lo stesso castel donato al Comune di Firenze. Dopo l’inutile discesa
in Italia di Arrigo VII per ristabilire le sorti ghibelline, e durante le
lotte civili fra Ludovico il Bavaro e Federico d’Asburgo, nel 1314
Carmignano decise, dividendosi in un plebiscito, di tornare sotto il governo
di Pistoia per poi chiedere di tornare di nuovo sotto Firenze nel 1325, quando
l’odiato Filippo Tedici aprì le porte di Pistoia al bellicoso suocero
Castruccio Castracani degli Alteminelli. Questi, già signore di Lucca,
appoggiava l’elezione di Ludovico al trono imperiale, e per questo in
Toscana si fece capo militare a scorrazzare contro Firenze, e per stroncarne
l’impegno filoasburgico.
La
saga bellica di Castruccio costituisce un capitolo a sé nella storia toscana
della prima metà del Trecento, ma sta di fatto che nel togliere fortezze ai
guelfi fiorentini egli fece di Carmignano, una volta conquistato, uno dei suoi
quartieri generali preferiti, e anzi, a differenza della sua abitudine
punitiva di distruggere i castelli (borghi) strappati ai Fiorentini, fortificò
ulteriormente la Rocca con nuove muraglie, terrapieni e protezioni. Quando poi
il Bavaro lo chiamò a Roma per presenziare alla sua elezione imperiale in
Campidoglio, Firenze approfittò dell’assenza per togliergli di nuovo, con
l’aiuto ancora dei pratesi, questa preziosa posizione sul Montalbano.
Tuttavia, precipitatosi di ritorno in Toscana, Castruccio riuscì a
riprendersi la Rocca poco prima di morire, nel settembre del 1328. La morte
del Castracani favorì la stabilizzazione guelfa: la pace con Pistoia
dell’11 novembre 1329 assegnò definitivamente Carmignano a Firenze, che
l’accorpò alla sovranità del Comune gigliato in un unico possedimento
composto da Comeana, Artimino, Bacchereto, Baccheretano e Seano. Più tardi,
nel 1334, con nuovi rinforzamenti territoriali e agricoli sostenuti dai
Fiorentini, Carmignano si avviò al periodo che l’avrebbe fatta sede
podestarile, con riti e leggi fiorentine, dal 1355.
Questa
elevazione politica di Carmignano sotto l’insegna di Firenze fu diretta dal
Priore Francischo Vannis Niccholis, il quale, dopo che l’anno precedente
nella pieve francescana di San Michele furono scelti i sindaci carmignanesi a
condizione di sottomettersi ufficialmente a Firenze, convocò nella stessa
chiesa i Difensori di Carmignano e quei dodici Buonomini del luogo che
avrebbero dovuto riunirsi in Consiglio per stendere le norme
costitutive della podesteria: in pratica nient’altro che il sistema
elettorale per nominare il primo Podestà. L’ufficio ebbe assegnata una
remunerazione di trecento lire fiorentine per una durata di sei mesi, e per
questo fu costituito il classico sistema fiscale (dazio fondiario e
mercantile) sul territorio allo scopo di finanziare la nuova struttura
politica. Il fondo azzurro dello scudo eretto a stemma cittadino rappresentava
la regalità francese del Valois, primo regio di Carmignano, la
banda rossa orizzontale fu imposta dai fiorentini che avevano preso la Rocca,
mentre il leone rampante sullo sfondo fu un’aggiunta successiva a ricordare
il potere impersonato dal primo governatore nobile nominato, Musciatto
Franzesi.
Durante
la signoria dei Medici, ma poi anche con quella dei Lorena, Carmignano e la
sua Rocca conobbero la stagione migliore, completamente diversa dal costante
tergiversare da Pistoia e Firenze e viceversa fra il XII e XIV secolo:
potenziamento della produzione agricola, accrescimento della popolazione
(3.000 abitanti nel primo calcolo censuario del 1551), mantenimento della
fortificazione, assimilazione della comunità podestarile alle tradizioni
politiche fiorentine, con progressivo distacco dal carattere pistoiese
originario.
A
questo proposito, il motto tutt’oggi rappresentato in voga («Va,
Fiorenza, fatti in là, Carmignan si fa città»),
che della
cittadina vuole caratterizzare lo spirito finalmente indipendente, assume
per certi aspetti un sapore un po’ contraddittorio e contrario alla storia
di questa Rocca. Perché se da un lato la divisa ha senso solo se non si
scorda l’origine pistoiese del luogo, dall’altro essa rimuove col suo tono
il fatto che è proprio in forza della medievale conquista fiorentina che
Carmignano è diventato città autonoma. Non solo, ma si rischia il beffardo
quando si ripristini il significato di quelle due corna poste sull’attuale
“Campano”.
Infine
una curiosità. Prima dell’istituzione della provincia di Prato si tenne a
Carmignano (e Poggio a Caiano) un referendum di iniziativa popolare per
scongiurare il passaggio del paese sotto Prato. L’immagine di un paese
vinicolo, e l’idea che anche per questo ha di se stesso, si sentiva
danneggiata o sminuita se sull’etichette delle pregiate bordolesi del Ruspo
di Carmignano si sarebbe dovuto scrivere da un certo momento in poi «Vino dei
Colli Pratesi» e non più «Vino dei Colli Fiorentini».
E allora dove va qui questa nostalgia dei tempi medievali: dall’irriverente ma combattiva Pistoia si preferisce battere sulla soggiogante Firenze tanto per evitare la squalificante Prato?
©
2005 Fernando Giaffreda, testo e foto.