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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI SIENA
in sintesi, pagina 1
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Abbadia a Isola (borgo fortificato, torre)
«Il nome del luogo deriva dalle paludi che un tempo circondavano la parte bassa dell'insediamento in modo tale da far apparire l'Abbazia fortificata come adagiata su un'isola. Monteriggioni visto dalle mura di Abbadia a Isola. Nel 1001 la nobile Longobarda Ava di Staggia, fondatrice dell'Abbazia, invitò una comunità di Benedettini ad insediarsi nel complesso, da allora i monaci portarono avanti un difficile lavoro di bonifica della palude e di ampliamento del monastero. Questo fu terminato nel 1062 ed è costituito da una struttura monumentale impreziosita un ampio chiostro con al centro un pozzo. Nel 1173 fu consacrata l'importante chiesa dedicata a San Cirino, capolavoro dell'arte romanica. L'impianto è a triabsidato, con tre navate sorrette da pilastri polilobati alternati a colonne di derivazione Lombarda. La facciata era dotata di un portale gemino tipico delle chiese di pellegrinaggio (oggi in parte scomparso). La chiesa è unita al monastero da un loggiato a due piani con otto arcate irregolari in laterizio poggianti su colonne ora in pietra ora in mattoni. A servizio del complesso religioso erano stati aggiunti uno Spedale (1050) e uno Xenodochio (1102). L'importanza strategica del borgo fu grande, posto com'era sul confine fra i territori Firenze e Siena e lungo uno dei tratti più antichi della Via Francigena, alla confluenza dei collegamenti secondari per Firenze e Volterra. Nel XIII secolo il monastero passò sotto l'influenza politica di Siena. Con lo sviluppo, dal lato opposto del padule, del borgo murato di Monteriggioni, il controllo dei monaci sul territorio iniziò a diminuire. Nel 1376 l'Abbazia fu cinta da mura, a spese della Repubblica Senese, per essere difesa dalle compagnie di ventura che scorrazzavano per le campagne e inserita fra i castelli a difesa dei confini del contado. Nel 1445 i monaci lasciarono il complesso, ormai schiacciati dalla spinta espansionistica dei comuni cittadini, e iniziò la lenta decadenza dell'Abbazia, annessa la Monastero di S. Eugenio presso Siena. Rimase attiva solo la chiesa con la funzione di parrocchia. Tutte le caratteristiche prettamente religiose insite nel borgo andarono scomparendo, con la caduta di Siena nel 1554 anche l'importanza militare venne meno, in breve tempo Abbadia a Isola si trasformò in un anonimo borgo rurale. Gli elementi antichi, soprattutto le mura, sono stati spesso incorporati in costruzioni successive. Ancora integra è parte del fossato, la porta principale di accesso, una torre quadrata (ora abitazione) e una bella torre poligonale posta al vertice nord-ovest (trasformata in colombaio). Lungo le mura dell'angolo sud-ovest (dietro il Monastero) è ancora leggibile un accenno di bastionatura».
http://www.castellitoscani.com/italian/abbadia_isola.htm
«Albola, o meglio Albola Vecchia, sorge nel territorio di Radda in Chianti e si raggiunge dal capoluogo seguendo le indicazioni che ci portano nel cuore della Valle del fiume Pesa. Il territorio del Comune di Radda in Chianti ha origine da uno dei "Terzi" di cui era composta la Lega del Chianti. L'archeologia e la toponomastica ricordano che la zona circostante conobbe numerosi insediamenti etrusco-romani. è soprattutto sul Poggio di Cetamura, nei pressi della Croce di Porcignano, che sono stati scoperti i resti di quello che fu probabilmente il più importante insediamento etrusco-romano del Chianti, cui faceva capo una rete viaria proveniente da Chiusi e da Volterra. Anche la toponomastica aiuta a ricercare le origini etrusche, come i nomi di certi luoghi: Vercenni, Gàrbina, Vècine, Petrène. Nel Medioevo si svilupparono molti feudi, testimoniati dalla presenza di numerosi castelli. Appena fuori Radda nella fattoria di vignale, nacque il 10 agosto del 1924 il Consorzio del Gallo Nero, su iniziativa di trentatre produttori, soci fondatori "per la difesa del vino tipico del Chianti". Il Consorzio è stato uno dei maggiori artefici della promozione del Chianti nel mondo, preoccupandosi inoltre di incoraggiare i produttori nella difesa della qualità. Oggi il Consorzio ha due anime: quella del Chianti Classico e quella del Marchio Storico. Albola, posto su un poggio isolato vicino alle sorgenti della Pesa, fu uno dei castelli più potenti del Terziere di Radda in Chianti. Il castello si presenta oggi come un classico insediamento fortificato d'altura con strutture risalenti per la maggior parte al XIII/XIV secolo costituite da una prima cinta muraria ellittica a recinzione delle abitazioni e del cassero. Albola è uno dei pochi castelli di questo tipo che conserva tracce della cinta muraria esterna al centro della quale possiamo ammirare lo slanciato cassero con annesso un'altro edificio più basso, anch'esso di origine medievale. La porta originaria del cassero si apre ad una certa altezza da terra, tutto il complesso è costruito in pietra ed è stato recentemente oggetto di restauro».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Albola/castello%20albola.htm
«Il Castello Altesi si erge su una collina, al confine con il comune di Buonconvento. All'inizio del Trecento, l'Ospedale senese di S. Maria della Scala possedeva vari beni: terreni ed immobili in "località dell'Altesi". Costruito nel XV secolo, come attestano le originali bifore al primo piano e il progetto planimetrico, il castello fu occupato dalle truppe spagnole capitanate da don Alvaro di Sande, durante la Repubblica di Siena in Montalcino, come attestano le cronache del 1556. La struttura è un'articolata costruzione difensiva, scandita da una pianta quadrangolare. Da notare nella facciata l'alta base a scarpa e torrioni angolari. Gli accessi al castello sono due. Quello sul fronte Sud aveva originariamente un ponte levatoio, oggi sostituito da un terrapieno; dal semplice portale in pietra locale entriamo in un cortile, modificato in tempi recenti. Da notare lo stemma della famiglia Trecerchi, datato 1441. L'ingresso sul lato opposto ha un piombatoio (struttura utilizzata ai fini bellici per gettare addosso ai nemici olio bollente o pece) sopra la porta; all'interno troviamo un cortiletto con pozzo riferibile al XVI secolo. Sul lato destro, rispetto alla facciata, notiamo il bel marcapiano realizzato in parte in pietra locale ed in parte in travertino. Il primo piano originariamente presentava delle bifore che oggi sono state chiuse o alterate ad eccezione di una. Di fronte all'ingresso principale una piccola cappella in laterizio».
http://www.comunedimontalcino.it/itinerari/cottimello.htm
«Ama è in un’area di grande antichità di insediamento, come concordemente testimoniano l’archeologia e la toponomastica. È presumibile una continuità insediativa ad Ama dalla tarda antichità all’alto medioevo. Tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo si insediò qui una famiglia nobile locale, in rapporto di vassallaggio con i Ricasoli. Lo si deduce dal contenuto di due “privilegi”, il primo dell’imperatore Enrico VI (del 1197) ed il secondo dell’imperatore Ottone IV (del 1210), che nel concedere a Ranieri Ricasoli dei Firidolfi beni e giurisdizioni su alcuni castelli chiantigiani e sui loro uomini, menzionano anche i diritti su un loro fedele: Drudolo da Ama. È di alcuni anni successivi (1219) un atto nel quale tale Diotisalvi di Drudolo di Ruggiero da Cacchiano vende alla Badia di San Lorenzo a Coltibuono, per 80 lire senesi, la metà di alcuni suoi effetti posti in “castello d’Ama”. Sul finire del Medioevo, all’epoca dell’istituzione del Catasto fiorentino (1427), la situazione appare cambiata ad Ama: non viene più indicata come “castello” e risulta avere un “peso” demografico non dissimile a quello degli altri centri del piviere di San Polo in Rosso, vi vivono infatti tre sole famiglie, piccoli proprietari terrieri. Il clima di sicurezza che si affermò in tutta la Toscana con il costituirsi del Granducato e con l’annessione dello Stato di Siena (1555) non potè che riflettersi positivamente sulle capacità produttive dell’agricoltura. È quanto dovette verificarsi anche ad Ama ove, tra il XVI ed il XVII secolo, emersero alcuni proprietari di media grandezza, discendenti, con ogni probabilità, da quelle stesse famiglie documentate nel Quattrocento: i Pianigiani in primo luogo e i Ricucci. Il borgo, con le sue case di origine medioevale, si sviluppa lungo l'asse della via principale quasi protetto, ai due estremi, da due Ville. La villa Ricucci è l’unica che ha conservato pressoché inalterati gli originali caratteri settecenteschi, con il suo bel prospetto illeggiadrito da una scala a doppia rampa culminante in un elegante balconcino. Completamente rinnovata in forme vagamente neoclassiche è invece villa Pianigiani: un grande edificio a pianta quadrangolare, di ferma e rigorosa eleganza, sormontato da una torretta-piccionaia, alla maniera delle coeve case coloniche. Di particolare interesse tre piccole cappelle, una intitolata alla Santissima Vergine del Carmine, presso la villa Pianigiani, la seconda, lungo la via principale, dedicata a San Lorenzo e la terza, intitolata a San Venazio, nel giardino di villa Riccucci».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/borghi/ama
Le foto degli amici di Castelli medievali
«II minuscolo borgo di Argiano potrebbe essersi sviluppato già in epoca romana. Il castello, citato in un documento di Ludovico il Pio (778-840), viene elencato, nel 1208, tra le località tenute a versare una imposta straordinaria a Siena; successivamente, nel 1438, fu aggregato direttamente al contado senese. Dell'antico edificio, che domina dall'alto di una bassa collina le valli della bassa val d'Orcia e dell'Ombrone, con le pendici del Monte Amiata come scenario all'orizzonte, e a poca distanza (alcune centinaia di metri in linea d'aria) dal potente castello di Poggio alle Mura, vediamo ancora il solitario torrione del cassero e alcune pareti sbrecciate e miseramente franate. Il torrione, a base quadrata, è ancora imponente, impreziosito da belle finestre con arco a tutto sesto e dotato di forte scarpatura dal lato a valle. Un piccolo cortile interno lo separa dall'area prettamente abitativa, il palazzo (usato come casa rurale fino a pochi anni orsono). Nella cortina muraria est che unisce i due corpi del fortilizo si apre la porta principale, anch'essa con arco a tutto sesto rivestito con pietra bugnata. Sul lato opposto una postierla dava probabilmente accesso ad un più vasto cortile esterno che si doveva estendere fino ai margini scoscesi del colle, delle sue mura resta oggi un solo breve tratto che parte dall'angolo sud-ovest del mastio. L'abbandono graduale del castello iniziò nel 1583 quando a circa mezzo chilometro di distanza fu costruito, su disegno di Giovanni de' Pecci, la nuova rinascimentale Villa di Argiano, un palazzo appartenuto nei secoli a varie potenti famiglie come i Montanini, i Tolomei, i Sozzini, gli Ugurgieri, i Chigi. Attorno al maniero sorgono la chiesa di San Pancrazio, recentemente restaurata, e altre vecchie case che formavano il borgo di Argiano, nel quale aleggia ancora oggi un alone di mistero e di suggestione, accresciuti dalla rigogliosa natura circostante. Il castello ormai in rovina, detto anche "Argianaccio" per differenziarlo dalla vicina Villa d'Argiano, è posto al centro degli sterminati vigneti di proprietà della Banfi S.p.A. che producono anche il famoso Brunello di Montalcino».
http://castelliere.blogspot.it/2012/06/il-castello-di-venerdi-15-giugno.html
«Il Castello di Gallico, con le sue cinque torri di pietra e mattoni rossi, è un bellissimo esemplare di azienda agricola fortificata: la sua mole imponente si erge solitaria sull'altopiano delle crete nel Comune di Asciano, poco distante dal villaggio di Montecalvoli, alle cui vicende e proprietari è stato legato nel tempo. Asciano: la storia di Asciano ha origini di difficile definizione; la fonti storiche riportano notizie di un antichissimo "predio", proprietà della famiglia Axia, di origini etrusche, ma il nome Asciano pare mutuato da "Azianum", termine che si trova già in antiche epigrafi per designare la comunità e l'area territoriale circoscritta dai fiumi Ombrone e Asso. Asciano fu territorio dei Domizi, come testimonia un mosaico romano pavimentale scoperto nel 1899 in un orto di via del Canto: in seguito, fino al IX secolo, fu feudo dei conti della Scialenga, da cui discese la famiglia dei Cacciaconti e di cui parla Dante ricordando un Caccia d'Asciano. La contea dei Cacciaconti passò poi alla Repubblica di Siena, nel XII secolo. Da quella lontana epoca la comunità ascianese fu fedele suddita senese e già nel 1213 nel Castello di Sciano fu eletto il primo Podestà. La famiglia senese dei Tolomei, acquistò il Castello di Gallico nel 1319, e verso la fine del secolo ampliò una torre già esistente per custodirvi i prodotti della terra, nel tempo la trasformò in un castello-grancia. I Griffoli, ricchi mercanti di seta di Montepulciano, lo acquistarono nella prima metà del 1400 e la Repubblica senese li obbligò a tenervi una guarnigione di soldati a difesa di quello che costituiva un importante avamposto strategico. Passato attraverso vari proprietari, venne verso la fine del 1700 donato allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, restituito in seguito alla famiglia Vallesi e, all'inizio del 1800, per eredità passò alla famiglia Terrosi e poi, nella prima metà di questo secolo, alla famiglia Fei e ai Biagini di Monte S. Savino. Di recente è stato restaurato con perizia e recintato, cosicché, sfortunatamente, ora si può ammirare solo da lontano».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Gallico/castello%20gallico.htm
«Situato ad Asciano nel cuore delle famose crete senesi, questo castello sorge come curtis nel tardo X secolo, successive ricostruzioni e trasformazioni ne hanno fatto una residenza nobiliare protetta da un muro di cinta e da quattro torri. Fin dal XVI secolo è annoverato tra i possedimenti della famiglia Chigi, il cui stemma posto sopra l’ingresso principale si ritrova anche nella vera del pozzo situato nel cortile interno» Un tempo residenza del cardinale Fabio Chigi, in seguito papa Alessandro VII, il castello di Leonina, fortezza del XIII secolo, è stato restaurato e trasformato in un accogliente resort».
http://www.castelli-dimore.it/castelli/index.php?paese=2&castello=103
Asciano (mura, torre di Giordano)
«La torre è esposta a nord-ovest, sulla cerchia muraria medievale, tra la porta "senese" e la porta "occidentale". Venne eretta nel decennio 1342-1352, coeva alla costruzione delle nuove mura (terzo e ultimo loro ampliamento) e delle fortificazioni del castello di Asciano durante il governo dei "Nove" a Siena. Torre di guardia e baluardo, non separata ma elemento integrante del sistema difensivo. è denominata "delle Vallesi", poiché nel vicolo adiacente si trovava nei secoli XIII-XV la sede di una piccola comunità di preti valdesi. Una comunità di laici (in maggioranza contadini e artigiani) che, pur osservando con rigore gli insegnamenti evangelici, dissentivano dal magistero della Chiesa. L'edificio ha una struttura a pianta quadrata, forma parallelepipeda. Venne mozzata dopo il 1555 per ordine di Cosimo I dei Medici alla stregua delle altre torri e torrette delle mura. Restano tracce di feritoie. Archi a tutto sesto si evidenziano dall'esterno fra le coperture. Rimaneggiata in tempi diversi per abitazione, ha conservato le pietre della scala in rovina sul fianco sinistro, ora ricostruita come era ai suoi primordi. Le pietre sbozzate sono di travertino scuro estratto dalle cave di Gròttoli, tali e quali a quelle di tutta la cinta muraria. L'interno, destinato s'intende ad altro uso, ha mantenuto la divisione in ripiani, ai quali si accede mediante scalette prevalentemente in muratura (mattoni originali). Pavimenti mattonati sovrastano alle volte di pietra grezza sì da scindere la torre in quattro sezioni, compresa la terrazza, da dove si gode il panorama del paese a trecentosessanta gradi».
http://www.vacationstuscany.net/it/storia_torre.htm
Asciano (Palazzo o "castello dei Cacciaconti")
«A nord-est del paese, c'è ancora una costruzione romanica a pietre quadre, con finestre e architravi a mensola, con loggetta e trabocchetto e scala esterna, con un muro di cinta in parte demolito, che fronteggia un'altra fabbrica, più ampia e ristrutturata, con torre mozza. Al centro un cortile, che non molti anni fa aveva due porte ad arco in pietra, una delle quali verso il "borgo" e l'altra, dal lato opposto, aperta alla campagna, sul torrente Bestina, che costituiva senz'altro il naturale fossato di guardia. è il "Palazzo", un castello medievale, che la tradizione vuole che sia stato l'abitazione dei Cacciaconti. E "tale tradizione potrebbe avere il suo fondo di verità", sostiene Alfredo Liberati ("Bullettino senese di storia patria", n.s., VIII 1937, fasc. II). Oppure ne avevano un altro, i potenti Cacciaconti, più imponente e protetto? Ma questo complesso medievale, anche se oggi è riadattato e abitato, incute pur sempre rispetto e timore. Nel palazzo la vita dei feudatari era squallida e monotona. Nel cortile erano le dimore dei servi e degli armigeri; il signore abitava la torre, che aveva stanze austere, fregiate di trofei. Stavano sempre in guardia i conti, per difendere i loro interessi di giurisdizione e di possesso».
http://www.asciano.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=54&Itemid=62
Asciano (palazzo Tolomei, torre dell'Orologio)
«Il palazzo Tolomei, ammirabile nel suo splendore all'inizio di via palazzo Tolomei Bartolenga, fu proprietà della nobile famiglia senese, la quale era padrona di molti terreni e case nel contado d'Asciano. Nelle memorie degli ascianesi è ricordato un certo: Antonio di Meio, il quale nel 1345 cercò il favore dei Tolomei e fece edificare un dormitorio nel convento dei frati minori francescani. Mentre nel 1317, fu eretto uno 'spedale (attiguo al palazzo) chiamato "San Michele Angelo" per volontà di donna Bartolomea di messer Orlando Tolomei la quale mise a disposizione tutti i suoi beni per la sua costruzione. Il palazzo, edificato, ampliato e sopraelevato un epoche diverse, si addossava alle mura cittadine. La parte originaria risale al XIII secolo e al suo interno vi erano: cortile cintato, scuderie e rimesse, ampie sale d'abitazione e alloggi della servitù. Oggi, viste le caratteristiche delle sue finestre presenta l'eleganza dello stile quattrocentesco. ... La seconda metà del 1500 fu per Asciano molto proficua. ... Fu in quel tempo di pace, di fratellanza, che alcuni maggiorenti prospettarono l’idea di corredare il Paese di un orologio pubblico. L’idea, accolta dal popolo e dalle Autorità, si concretizzò e la comunità elargì cospicue somme (in quei tempi) per la costruzione di una Torre Merlata in quell’angolo del Paese Antico. In breve, fu confortante gara, generoso concorso di tutti e ogni cittadino rispose all’appello in maniera più che meritoria - costruirono la Torre della Mencia - nome che le venne dal Mascherone molto descrittivo, fine lavoro di scultura, che sovrastante alla conca dorica di Onice, non curante della molestia dei due rettili che gli volteggiano in amore sulla testa, getta copiosa acqua fresca-continua. Una lapide che si riporta dal latino, posta alla base della elegante Torre, ricorda l’epoca della costruzione. ... Questa elegante costruzione è alta 25 metri, a metà sotto il primo ordine è posto il castello di orologeria. Dopo un duplice ordine di merli, si erge il castello in ferro battuto che sostiene l’artistica Campana la quale culmina con la banderuola crociata a segnalazione delle variazioni atmosferiche. La costruzione è una delle più eleganti tanto che Pienza e Buonconvento ne imitarono la struttura».
http://www.asciano.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=54&Itemid=62
«II ponte, che vanta illustri e antichi natali, congiunge il paese con buona parte del territorio comunale, sulla via provinciale Lauretana verso Siena. Non è più il vetusto ponte sul cui tabernacolo i Medici avevano murato lo stemma di famiglia. È stato ricostruito nel 1948, rispettando la sua vecchia loggia maestosa e aggraziata. Si chiama "Ponte del Garbo" forse perché fu costruito con garbo: ampio, ad una sola arcata a tutto sesto del diametro di metri 17, snello, con le spalle in pietra su cui s'impostano le sue robuste estremità, e le spallette in laterizi col tabernacolo sul culmine della volta orlata di bianco travertino. Ma il suo epiteto si deve, se non altro, al fatto che è l'unico ponte sul fiume Ombrone che da accesso al paese dei garbati ascianesi: "pons super numeri Urnhronis prope Scianum", come si legge nello Statuto di Siena dell'anno 1262 (e la data conferma la derivazione dell'appellativo: due anni dopo la battaglia di Montaperti). È stato ricostruito dopo quattro anni dalla sua ultima distruzione, che avvenne nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1944, quando le truppe tedesche in ritirata lo fecero squarciare dalla violenza esplosiva delle mine. Per quattro anni il fiume Ombrone si passò a guado, come nel XII secolo e prima ancora. Non era la prima sua sventura. Forse nel XII secolo non c'era un ponte sull'Ombrone; sicuramente era in legno, se c'era. Nel 1262, il Magistrato senese delle strade dette ordine di riparare "vie e ponti" (Statuto di Siena, distinzione III) sulla strada che da Siena conduceva ad Asciano. Nel 1290 si ricostruì il ponte di legno che le piene avevano danneggiato o distrutto, perché Asciano era già sede di un prospero mercato, non soltanto locale, invidiato dai paesi viciniori. Notizie successive sul ponte detto "del Garbo" si trovano nell'Archivio del Comune di Siena».
«L'attuale costruzione ottocentesca fa torto alla primitiva, formidabile costruzione di una delle Badie più antiche della Tuscia longobarda e franca, insieme a quella di S. Salvatore all'Amiata e all'insediamento della famiglia dei Cadolingi a Fucecchio e a S. Miniato. Prima di essere Castello e luogo di difesa fu centro attivo di attività economiche, sociali e culturali di grande importanza. Dopo alterne vicende delle diverse comunità monastiche che vi si susseguirono, la Badia pervenne a privati che la trasformarono nella struttura che si vede. La prima data certa della sua nascita, risalente al 25 luglio 998, è riportata su un documento del Conte Ugo di Toscana il quale cedette il castello ai frati benedettini perché vi costruissero un convento. Il motivo per il quale il conte Ugo sia stato così generoso con i religiosi è da ricercarsi nella diceria popolare di quel tempo secondo la quale, allo scadere dell'anno Mille, ci sarebbe stata la fine del mondo. Verso la fine del 1400 però, la Badia di Poggio Marturi, impoverita a causa delle calamità, delle pesti, e delle guerre decadde e fu definitivamente abbandonata nel 1445. L’edificio divenne successivamente proprietà dell'Ospedale di San Bonifacio a Firenze ma poco dopo, finito in rovina, venne acquistato da Clemente Casini di Poggibonsi, che lo adibì ad usi agricoli. Nel 1886 la proprietà passò quindi a Marcello Galli-Dun che ne modificò le mura cadenti e le dette l'attuale forma. Il monastero era ricco di oggetti preziosissimi che purtroppo andarono dispersi nel tempo e oggi ci rimane soltanto, conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, un pregevole codice miniato conosciuto con il nome di "Breviario di Poggibonsi". Il volume di miniature, risalente all'XI secolo, contiene fra l'altro numerose orazioni e sentenze di concili, e una bellissima Madonna con Bambino. Un'altra miniatura, miracolosamente giunta a noi, presenta invece uno stupendo Crocifisso circondato da varie figure di Santi. Dell'antico monastero però, fra il verde del colle di Borgo Marturi, non rimane oggi che il chiostro, la cui costruzione si ritiene sia avvenuta nei secoli X e XI».
http://castelliere.blogspot.it/2011/11/poggibonsi-si-castello-di-badia.html
Badia A COLTIBUONO (torre dell'abbazia)
«Badia a Coltibuono ovvero “l'abbazia del buon raccolto“, fu fondata dai monaci vallombrosani circa mille anni orsono, quale luogo di culto e di meditazione. Nel 1051, i monaci dell'ordine di Vallombrosa iniziarono a costruire questo monastero del “Buon Raccolto“ piantando contemporaneamente le prime vigne in quest’area. Nel XV secolo Coltibuono ebbe un ulteriore sviluppo sotto il patronato di Lorenzo de' Medici. Nel 1810, sotto il dominio napoleonico, i monaci furono obbligati a lasciare Coltibuono. Negli anni successivi la proprietà fu venduta prima attraverso una lotteria e nel 1846 fu acquistata da Michele Giuntini, banchiere fiorentino e antenato degli attuali proprietari. Sotto la guida di Piero Stucchi Prinetti la fattoria fu trasformata in azienda affermandosi in Italia ed all'estero. Una nuova generazione, Emanuela, Roberto e Paolo, prosegue oggi nell’opera intrapresa dagli antenati».
http://www.coltibuono.com/pagebase.asp?s=14&s2=17
«Barbischio è ricordata per la prima volta all'inizio dell'XI secolo in numerosi documenti provenienti dall'archivio abbaziale di Coltibuono quale sede di stipula di atti notarili, fatto da mettere in relazione con l' essere la sede di un mercato già attestato nel 1077. Nel 1086 è documentato quale sede di un castellare, denominazione che veniva usata quando un castello era stato privato dell'impianto fortificato. In seguito deve essersi ripreso tanto che nel 1220 e nel 1240 venne concesso dall'imperatore Federico II ai conti Guidi, per la precisione al ramo dei Battifolle e questi lo tennero fino alla metà del XIV secolo. La signoria dei Guidi è ricordata anche da Giovanni Villani nella sua Nova Cronica e ricorda che gli abitanti del luogo si ribellarono a causa del "malo reggimento che il giovane conte Guido di Ugo di Battifolle facea a' suoi fedeli d'opera di femmine". In seguito il castello e il borgo divennero proprietà dei Ricasoli. Nel 1478 durante la seconda invasione aragonese del Chianti venne occupato dalla truppe napoletane. Oggi è un piccolo borgo che vive del turismo enogastronomico. Dell'antico castello oggi sopravvivono i ruderi di una torre che sovrasta l'abitato. Negli anni ottanta, alla parete della torre originaria, venne addossata una struttura che ha consentito il recupero a fini abitativi della torre senza peraltro alterare la godibilità dei resti medievali. Nel borgo sorge anche la chiesa parrocchiale dedicata a san Jacopo. Ai piedi del castello si trova il Molino di Barbischio, un complesso abitativo che presenta caratteri medievali dal quale emerge una torre e inoltre si notano altri elementi architettonici notevoli quali un portale ad arco e mensole di apparati a sporgere».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/borghi/barbischio
«Il castello di Bibbiano domina l'alta valle dell'Ombrone a poca distanza da Buonconvento. Buonconvento: il nome latino di questo delizioso centro della Val d'Arbia era "Bonus Conventus", a significare la buona convivenza degli uomini che si stabilirono in questo fertile territorio, generoso per la qualità dei terreni di fondo valle e per le acque dell'Ombrone, che conferisce ricchezza a tutta la zona insieme all'altro fiume, l'Arbia, che dà il nome alla valle. Il primo documento che ricorda Buonconvento è del 1192 anche se l'insediamento è più antico, di origine etrusca e romana. La fioritura economica e civile di Buonconvento è dovuta anche alla sua posizione strategica, su quella grande strada di collegamento medievale che fu la via Francigena. Nei secoli, il luogo fu al centro di pellegrinaggi verso Roma, di traffici e di scorrerie dei nemici della Repubblica di Siena, che spesso lo attraversarono e lo distrussero. Il territorio di Buonconvento è immerso nel contesto di un paesaggio splendido che offre ottime occasioni per un turismo di qualità in una terra a vocazione agricola, con una pianura delimitata dell'andamento ondulato di piccole colline, culture e boschi, cipressi, grano, viti e olivi. L'insediamento fortificato di Bibbiano è presente in loco almeno dall'850, proprietà del conte longobardo Guinigi di Reghinari, legato imperiale al tempo di Ludovico II. Il nome Bibbiano deriva da 'Bibbio' (in latino bibianum), uccello acquatico simile all'anatra del quale erano ricche queste terre chiamato anche Fischione. Proprietà dei Guiglieschi, nel 1051 l'imperatore Arrigo III lo consegnò alla protezione dell'Abbazia di Sant'Antimo. Poi Bibbiano passò ai conti Cacciaconti che nel 1197 lo donarono alla Repubblica Senese che provvide al rinforzamento delle strutture. Ulteriori aggiunte e restauri furono portati avanti nel 1338 e nel 1400. Nonostante sia stato usato più come residenza che come fortilizio, Bibbiano si presenta ancora oggi nel suo fiero aspetto di castello medievale, un massiccio quadrilatero cinto da fossato, la porta principale dotata di ponte levatoio, due cinte murarie con feritoie, camminamento di ronda e gran parte della merlatura guelfa intatta, due torrette d'angolo con apparato difensivo a sporgere su beccatelli in pietra (entrambe sul fronte occidentale, una integra e una scomparsa), mastio centrale (la cui sommità è stata ricostruita dopo il terremoto del 1909 e dotata di tetto appoggiato sulla esistente merlatura)».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Bibbiano/castello%20bibbiano.htm
«Il castello di Brolio è di origine longobarda, sebbene dell'antico fortilizio non rimanga oggi alcuna traccia ad eccezione dell’originaria ubicazione. Il suo ruolo nella storia iniziò ad essere rilevante a partire dal XII secolo, quando vi si insediò la potente famiglia dei Ricasoli, ai quali ancora oggi appartiene. La sua posizione strategica era fondamentale per il controllo di quella zona del Chianti ai margini dell'influenza fiorentina, ai confini con il territorio senese. Di conseguenza, fin dal '300, fino alla metà del XVI secolo, il castello è stato al centro dell'astiosa lotta tra Siena e Firenze per l'occupazione di quelle importanti terre di frontiera. Siamo infatti nel cuore del territorio fiorentino della Lega del Chianti formata dai terzieri di Radda, Castellina e Gaiole da sempre ricca di feudi e contesa aspramente fra le due grandi potenze. Tutti i castelli della zona, sia da parte fiorentina che senese, furono costantemente rafforzati fino creare due vere e proprie linee difensive contrapposte. Il castello di Brolio rimase quasi sempre dominio di Firenze, ad eccezione di una temporanea occupazione senese a seguito della seconda invasione aragonese del Chianti nel 1472. A partire dal 1484, quando il castello fu di nuovo in mano fiorentina, iniziò una profonda opera di ristrutturazione e potenziamento della roccaforte che trasforma Brolio in una delle prime fortezze bastionate italiane. I suoi bastioni in pietra, ancora oggi in perfetto stato, hanno una pianta a forma di pentagono irregolare sebbene con una struttura primitiva rispetto allo sviluppo che di lì a poco avrebbe avuto questa nuova forma di fortificazione. Alcune fonti attribuiscono l’opera all'architetto Giuliano da Sangallo, responsabile di molte fortificazioni medicee. La cinta muraria racchiude i resti dell'originale castello medievale, soprattutto il cassero e la chiesa romanica, oltre che una grandiosa villa neogotica in mattoni rossi fatta costruire al posto dei preesistenti locali dal barone Bettino Ricasoli (1809-1880) famoso uomo politico detto il Barone di Ferro, nel secolo scorso. Il castello sorge al centro di vasti vigneti, dai quali sin dal 1141 i baroni Ricasoli traggono il loro famoso vino, posto ad invecchiare nelle cantine adiacenti l'antico maniero. Pur essendo privato il castello è visitabile, ad eccezione del palazzo padronale. È possibile percorrere l'intero giro dei bastioni da dove si godono splendide vedute sulle colline del Chianti Classico, visitare la cappella privata e la Collezione Ricasoli».
Buonconvento (castello di Saltemnano)
«Si tratta di un imponente complesso fortificato di epoca medievale, di cui è menzione già in un documento del 1055: una fortificazione circondata da cinta muraria, ancora in parte visibile nei 3 massicci torrioni. Si trova sulla destra del torrente Sorra, nel recente passato è stato proprietà della famiglia senese Massari che ridusse il fortilizio a villa signorile di campagna. Il Castello si raccoglie attorno a un cortile centrale, a cui vi si accede dall' unica porta in mattoni e ad arco, sormontata da piombatoi».
http://www.cretesenesi.com/castello-di-saltennano-o-saltemnano-p-4_vis_9_533.html
«Il nome stesso dice che Buonconvento è stato fin dalle origini sosta per i viaggiatori, i commerci a solo un giorno di viaggio da Siena sulla antica Via Cassia verso Roma. Dante Alighieri parla di Buonconvento perché nel 1313 vi morì l’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo che si era fermato lì con il suo esercito. Le mura dovevano essere la forza e l’orgoglio di Buonconvento, ma quelle originarie furono distrutte dall’esercito di Perugia nel 1358 durante la guerra contro Siena. La repubblica senese decise di ricostruirle e questo spiega l’importanza strategica di Buonconvento. Le mura oggi visibili sono quelle iniziate nel 1371 e completate dieci anni dopo. Da allora Buonconvento riacquistò il suo ruolo di sosta sicura distante a solo un giorno di viaggio dalla capitale e alla confluenza di due fiumi, l’Arbia e l’Ombrone. Nel 1455 fu deciso di rafforzare le mura con una torre presso la porta affacciata verso Siena e un antiporto a Sud. Altre difese delle mura erano un fossato che girava attorno e una corona di merli a difesa del camminamento interno. Nel 1799 i mattoni dei merli furono prelevati e utilizzati per un restauro della Chiesa e nel 1832 l’antiporto fu demolito perché ostacolo al traffico di carri e carrozze. Infine la porta Romana e una parte delle mura a lei collegata vennero distrutta da una mina fatta esplodere dall’esercito tedesco in ritirata nel 1944».
http://www.cretesenesi.com/mura-di-cinta-di-buonconvento-p-5_vis_3_541.html (a cura di Arturo Tosi)
«Il castello di Cacchiano si trova su un'altura dominante la valle di San Marcellino, fu costruito agli inizi del 1000 sopra i resti di un precedente insediamento romano. Cacchiano nel 1203 fu aggregato al contado di Firenze e fu dominato, fino al 1300, da una famiglia locale, legata alla consorteria dei Ricasoli e detentrice di poteri signorili anche sul castello di Monteluco di Lecchi. Il castello segui strettamente le vicende del vicino castello di Brolio e quindi subì l'assedio degli Aragonesi nel 1452 e nel 1478 venne espugnato e devastato. Il castello tornato sotto la sovranità di Firenze ed in possesso dei Ricasoli fu ricostruito e divenne luogo di rifugio per i fuoriusciti senesi e base per le nuove ostilità fra le due città rivali. Tra il 1529 e il 1539 fecero varie incursioni nella zona distruggendo e mettendo a fuoco diverse abitazioni e locali accessori. Il castello si compone di vari corpi di fabbrica disposti ad "U" intorno ad un cortile, la parte più antica sembrerebbe il fronte meridionale e uno sprone a scarpa, probabile residuo delle mura originarie, realizzati in muratura rustica. Anche nel lato sul cortile dell'ala settentrionale, in un muro rustico, è presente una finestra ad arco in pietra e le tracce di altre quattro. Il lato esterno, invece, é stato totalmente rimaneggiato probabilmente nel 1500. Alla stessa epoca sembrerebbe appartenere anche la semplicissima cappella del portale e l'occhio in pietra serena che si affaccia sul lato meridionale del cortile. Coevi o di poco anteriori potrebbero essere i due bastioni con base a scarpa che si protendono ad est ed a nord; nel primo sono presenti numerose archibugiere, il secondo, coronato su due lati da mensole in pietra stondata, presenta un'archibugiera sul lato occidentale».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/castelli-e-ville/castello-di-cacchiano
Campiglia d'Orcia (resti della torre della Campigliola)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«La Torre della Campigliola è l’unico resto della Rocca di Campigliola o Campigliaccia. Si tratta di una vecchia fortificazione di avvistamento, situata sul crinale dello sperone roccioso che sovrasta il paese di Campiglia d'Orcia; oggi è in rovina e si raggiunge solo a piedi seguendo le indicazioni dal paese. Il rudere dell'alta torre quadrangolare è l'unica testimonianza della rocca, menzionata dai documenti fin dal 973. L'antico fortilizio sovrastava il borgo e il castello di Campiglia, appartenne fino alla fine del X secolo ai conti Aldobrandeschi e passò a far parte del dominio della potente famiglia Visconti nel XII secolo. Questi si trovarono, nel corso del '200, minacciati dall'espansionismo delle due città rivali di Siena e Orvieto. I Visconti cercarono di condurre una politica di equilibrio, ma dovettero soccombere nel 1234 di fronte alle preponderanti forze Senesi che distrussero la rocca con il sottostante castello di Campiglia. Rimangono all'interno parte della copertura con volta a botte, i fori nelle murature per incastrarvi le travi dei solai ed una cisterna per l'approvvigionamento di acqua. Degli altri edifici che un tempo completavano la fortificazione non rimane traccia».
http://www.campigliadorcia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=48&Itemid=60
«L'origine del caratteristico Borgo di Camporsevoli è riconducibile ad un insediamento etrusco che dovette sorgere nelle vicinanze. Le prime notizie certe sono rintracciabili in un atto di confinazione redatto ai tempi di Federico Barbarossa, ma non appare improbabile che Camporsevoli appartenesse al territorio dell'antico Ducato Longobardo di Chiusi ed in seguito alla Contea che ne prese il posto. Dopo il frazionamento della Contea, Camporsevoli passò ad un ramo degli antichi conti Farolfingi (forse ai Visconti di Campiglia). Negli anni 1232-1235 il castello di "Camporseldule" fu teatro di un'aspra contesa per il suo possesso fra i senesi e gli orvietani, conclusasi a favore di questi ultimi grazie all'intervento fiorentino. Rimasto nella sfera d'influenza del comune umbro almeno fino alla metà del 1300, Camporsevoli divenne feudo della nobile famiglia dei Montemarte fino a quando, coinvolto nelle lotte intestine delle famiglie orvietane, nel 1352 fu assalito e distrutto dalle truppe ghibelline del Prefetto di Vico che ne abbatterono le mura. Passato in mano ai Visconti di Campiglia, nel 1432, dopo aver subito ripetuti assalti e danni da parte di truppe senesi, il castello divenne proprietà della famiglia Piccolomini; papa Pio II ne fece dono ai propri nipoti Giacomo e Andrea che nel 1464 lo alienarono alla Repubblica di Siena. Nel 1559, dopo la caduta della libera Repubblica Senese, i Medici misero le mani sul castello di Camporsevoli suscitando le rimostranze del Papa. Dopo lunghi contrasti ottennero il castello con il titolo di Vicari Apostolici, ma sorsero nuovi diverbi con i Malaspina che accampavano diritti sulla meta del feudo. Detti diritti vennero dai Malaspina ceduti alla granduchessa Maria Maddalena d'Austria che, a sua volta, li passò al nobile fiorentino Niccolo Giugni al quale, finalmente, nel 1630, Ferdinando II concesse l'intero feudo. Con la soppressione napoleonica dei feudi, Camporsevoli venne accorpato dapprima a San Casciano dei Bagni, poi, a Cetona. Oggi dell'antico castello restano solo alcuni tratti di mura e la porta d'accesso, mentre il corpo centrale del fabbricato è stato rimpiazzato da una villa. A ridosso della villa è la chiesa dei Santi Maria e Giovanni. Questa venne edificata dai Piccolomini nel 1500 forse su una più antica fondazione, identificabili nella "Plebem Sanctae Mariae de Spino cum Cappella Sancti Johannis et massaritiis" citata da papa Celestino III nella Bolla del gennaio 1191 con la quale venivano confermati i possessi della Chiesa chiusina al vescovo Teobaldo. II campanile a forma di torre merlata è stato costruito in questo secolo».
http://www.tuscanyrealestate.it/monumenti.htm
«Due atti di compravendita presenti nell'archivio di Coltibuono, una del 1085 e l'altra senza datazione ma certamente coeva, hanno per oggetto appezzamenti di terreno in località Cancelli. Non si conoscono altre notizie su questo luogo che fu certamente subordinato al castello di Montegrossi. La Torre dei Cancelli domina isolata il valico fra il Valdarno Superiore e il Chianti, di fronte all'Abbazia di Coltibuono e ai piedi del colle dove svetta imponente, il castello di Montegrossi. La torre in pietra, quadrata e slanciata, mostra ancora aperture ad arco originarie. Al fianco della torre é appoggiato un edificio probabilmente coevo».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/castelli-e-ville/torre-di-cancelli
Casole d'Elsa (borgo, palazzo Pretorio)
«Casole d’Elsa, antico insediamento etrusco, come testimoniano le numerose tombe rinvenute, è un borgo collocato sul dorso di un colle che regala al visitatore una vista panoramica di grande suggestione. Nei secoli XI e XII, fu feudo dei vescovi di Volterra. Passato nel 1260 sotto il dominio dei senesi, essendo una località di interesse strategico, per difenderlo dagli attacchi esterni, fu necessario successivamente erigere nuove fortificazioni. fra cui due torri rotonde sul lato orientale tuttora esistenti. Casole assunse così i connotati della “torre murata”, cioè circondata da mura conservate fino ad oggi. La cinta muraria dell'abitato di Casole ha una forma ovoidale, con una estensione dell'asse maggiore di circa 400 metri ed una larghezza di circa 130. Le due antiche porte di accesso adesso non esistono più; quella a nord prendeva il nome di Porta ai Frati; quella a sud, chiamata Porta Rivellino, è possibile vederla solo su vecchie foto fatte prima che andasse distrutta dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Sul lato orientale, invece, si conservano ancora due torri rotonde costruite nel 1481 da Francesco di Giorgio Martini, che ebbe l’incarico di rafforzare tutte le fortificazioni. Visitare Casole d'Elsa. ... Palazzo Pretorio (Via A. Casolani, 32) con la facciata adornata con gli stemmi delle antiche famiglie di Casole e Siena. Attuale sede della Pinacoteca d’Arte Senese del 900».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/casoledelsa.asp
«Originario insediamento etrusco, Casole viene citata per la prima volta in un atto notarile dell'896 con il quale il marchese di Toscana Adalberto concedeva il borgo in feudo al Vescovado di Volterra. Documenti del secolo XI citano ancora Casole come castello della diocesi di Volterra. Dal 1201 divenne libero comune, per poi cadere nel 1240 sotto l'influenza di Siena che lo conquistò dopo un lungo assedio, rafforzandone le fortificazioni. Nel 1259 le truppe fiorentine invasero il territorio, ma dopo la sconfitta subita l'anno successivo nella Battaglia di Montaperti il borgo di Casole d'Elsa venne annesso definitivamente ai domini di Siena. Il borgo, posto in posizione strategia e per questo fortemente conteso tra senesi, volterrani e fiorentini, fu ampliato con nuove fortificazioni ricevendo la struttura toponomastica che ancora oggi lo contraddistingue. Gli stessi abitanti di Siena si occuparono della fortificazione delle mura e del rafforzamento della rocca. La cinta muraria ha una forma che ricorda quella di una pera, con una estensione dell'asse maggiore di circa 420 metri ed una larghezza di circa 130. Si entrava e si usciva attraverso due porte, oggi non più esistenti. In alcune vecchie fotografie è possibile vedere quella a sud, Porta Rivellino, prima che venisse minata, durante la seconda guerra mondiale, dalle truppe naziste nel tentativo di ostacolare l'avanzata dei carri armati alleati, mentre quella a nord prendeva il nome di Porta ai Frati. Il lato della cinta muraria (ancora in gran parte intatta sebbene inglobata nelle abitazioni) che guarda la Val d'Elsa è caratterizzato da due torrioni a pianta semicircolare risalenti al 1481 (uno ormai un rudere). Furono progettati dal grande architetto senese Francesco di Giorgio Martini allo scopo di potenziare le strutture difensive originarie, di cui la rocca rappresenta la massima espressione.
La sua imponente struttura quadrangolare, che si erge sul lato sud della cinta muraria, fu eretta nel 1352 e in seguito rafforzata da due torri diseguali, di forma quadrata e coronate da merlatura guelfa. Molto bello il portale gotico ad arco ribassato sormontato dallo stemma bianco e nero Senese con delle arciere ben conservate ai suoi lati. Nel tratto di mura ancora intatto, caratterizzato dall'inserto di decorazioni orizzontali in pietra nella struttura interamente realizzata in mattoni, si riconoscono i resti dell'apparato difensivo a sporgere poggiante su beccatelli in mattone a forma di piramide rovesciata. Tutto il fronte esterno meridionale (che inglobava le mura cittadine) della Rocca è scomparso. L'alternanza di pietra e mattoni lungo tutto il perimetro della costruzione evidenzia le molte manomissioni da essa subite dal corso dei secoli. Nel 1554 il borgo fu teatro degli scontri tra la Repubblica Fiorentina e quella Senese che si conclusero con la vittoria di Firenze e l'annessione di Casole d'Elsa ai possedimenti Medicei. Il paese da allora segui le vicende del Granducato venendo infine annesso al regno d'Italia nel 1861. All'interno della rocca, attualmente sede del Comune di Casole, sono stati adibiti i locali della Pinacoteca d’Arte Viva, spazi dedicati all’arte dei ragazzi e loro punto di ritrovo. Nell’atrio comunale, inoltre, ogni 15 giorni, vengono organizzate mostre di pittura contemporanea di artisti senesi denominate “Mostre a Palazzo” che hanno grande risonanza in tutto il territorio. L’atrio della Rocca è aperto gratuitamente al pubblico tutti i giorni».
http://castelliere.blogspot.it/2012/11/il-castello-di-giovedi-8-novembre.html
«Castagnoli è citato la prima volta come luogo di rogito di un atto di compravendita di un terreno della vicina località di Montechioccioli, il cui acquirente fu Guglielmo di Guglielmo, membro della famiglia Ricasoli. La presenza del Castello é testimoniata invece da un documento rogato a Coltibuono, il 28 dicembre del 1104, con il quale viene acquisito il Castello e la chiesa intitolata a San Pietro e a San Martino da parte della Badia. Viene generalmente identificato con Castagnoli il Castagno Aretino indicato nel lodo di Poggibonsi del 1203 per le confinazioni tra Siena e Firenze. Verso la metà del 1300 furono compiute opere di restauro alle porte e alle mura. Castagnoli fu assediato dai Senesi durante la guerra aragonese del 1478-79, ma tornò immediatamente sotto il controllo di Firenze. Oggi il castello ci appare come un poderoso blocco poligonale di pietra con vari spigoli arrotondati ed un pittoresco cortile al centro al quale si accede per un ampio arco a sud ed uno strettissimo vicoletto a ovest. Tutto l’insieme ha un aspetto molto rustico a cominciare dai muri; soltanto il grande portale d’ingresso è incorniciato da bozze squadrate; si notano varie tracce di finestre ad arco in mattoni, mentre quelle attuali, rettangolari, non sono da considerarsi originarie. Tutto il resto é occupato da abitazioni. Dalla parte di ponente, al di là di una strada, il castello è fiancheggiato da una serie di case più o meno coeve».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/borghi/castagnoli
Castel Pietraio (borgo fortificato)
«Correva l'anno mille quando Sigerico, arcivescovo di Canterbury, delineava per primo il cammino religioso per Roma, quella via che più tardi avrebbe preso il nome di Francigena, e nella contea di Strove e Staggia regnava la famiglia Lambardi, artefice del rilancio economico del territorio dopo i secoli bui della decadenza dell'Impero Romano. Ildebrando Lambardi discendente da illustre casata Longobarda, sposò la contessa Ava Zenovi, il cui sarcofago è tuttora visibile nella navata di destra dell'abbazia di Abbadia a Isola, dalla quale ebbe due figli: Tegrimo, che sposò Sindrada e Berizio. Nel XII secolo il castello passò di proprietà ai Soarzi, che divenne una delle famiglie feudali più importanti della Valdelsa. I Soarzi furono coinvolti nelle battaglie tra Firenze e Siena, in quanto le loro proprietà erano tra le due potenze nemiche. La famiglia conobbe fama e prestigio durante il XII secolo, per poi decadere nel secolo successivo. Nel XIII secolo fù di Ghinibaldo Saracini, marito di Sapia Salvani, figlia di nobile e potente famiglia senese, citata da Dante Alighieri nel Purgatorio per aver tradito le proprie origini in favore di Firenze. Nel secolo XV ne furono Signori i Capacci, che fecero scolpire nei portali del castello e nelle pavimentazioni la testa di cinghiale, loro stemma, in parte ancora visibile. storia2Il nucleo più antico di Castel Pietraio è la sua torre con una particolare merlatura guelfa, seguita nel tempo da costruzioni in aderenza dal 1300 al 1500 che ne costituiscono l’attuale disegno quadrangolare con chiostro interno, dove un pozzo di raccolta dell'acqua piovana provvedeva all'esigenza idrica del tempo, e la scala esterna in pietra collegava la torre alle più recenti costruzioni. Sono del 1700 la Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo e gli edifici del suo piccolo borgo».
http://www.castelpietraio.it/it/la-storia.html
«Castelgiocondo è un antico fortilizio che risale probabilmente al XII secolo. Nella cronaca dell'assedio di Montalcino (1553) Castelgiocondo viene citato tra i castelli di confino posti a sorveglianza del territorio. L'edificio ha subito nel tempo alcuni drastici interventi di ristrutturazione che ne hanno modificato l'originale aspetto. Nel primo cortile notiamo la cappella della Vergine Assunta, restaurata in stile neoclassico. Nella facciata il semplice portale e l'occhio sovrastante sono in travertino, in alto a destra notiamo il piccolo campanile a vela. A lato della cappella c'è l'ingresso al cortile interno; vediamo alcuni elementi architettonici riconducibili all'antica fortezza: il basamento a scarpa e una torre quadrata. L'ultimo intervento di restauro del XIX secolo è individuabile sia nelle bifore che nelle merlature. Tornati indietro continuiamo il nostro itinerario in direzione Buonconvento alla volta della Pieve di S.Michele. Non esiste alcuna indicazione turistica in prossimità del bivio che ci conduce alla Pieve, perciò sarà utile tenere conto della segnalazione chilometrica (Km. 2,4 dal bivio di Castelgiocondo) e l'avvistamento di una torre antincendio che si erge dalla fitta boscaglia: è il segnale che stiamo per giungere alla deviazione per S. Michele».
http://www.comunedimontalcino.it/itinerari/prata.htm
«Mura di Castellina in Chianti: nel corso dei secoli sono state quasi interamente demolite ma ancora oggi è possibile ricostruire l'andamento e i caratteri delle fortificazioni quattrocentesche. Le mura sono ancora ben riconoscibili nel lato nord, dove è ottimamente conservato il camminamento seminterrato, l'attuale Via delle Volte, e su questa parte delle fortificazioni erano poste delle torri rompitratta per il tiro di fiancheggiamento. Nel circuito murario si aprivano due porte: la porta Senese e la porta Fiorentina, quest'ultima demolita dopo la seconda guerra mondiale perché ritenuta pericolante. Il lato sud è completamente sparito ma è su questa parte delle mura che è collocata la Rocca» - «Via delle Volte si estende in parallelo rispetto alla via centrale del centro storico, via Ferruccio, da dove ha gli accessi di ingresso e di uscita. È un suggestivo percorso coperto che corre lungo le mura est e che ricalca l'antico pomerium, spazio pubblico di origine arcaica adiacente alle mura, con funzioni sacrali e di sicurezza militare. In origine scoperto, è stato coperto dallo addossarsi delle case private alle mura stesse quando queste hanno perso la propria funzione di difesa. La via riveste inoltre un significato particolare per la comunità castellinese, in quanto servì come luogo di riparo per la popolazione durante i bombardamenti della II Guerra mondiale. In via delle Volte, nella piazzetta sottostante i locali dell'Ufficio Turistico, l'Amministrazione Comunale dispone di uno spazio espositivo che viene messo a disposizione per artisti che intendono promuovere le proprie opere d'ingegno. ... Nel 2009 l'Amministrazione Comunale ha terminato e inaugurato la realizzazione del camminamento esterno alle mura di via delle Volte. Un percorso affascinante, tra campagna aperta e centro abitato, che offre una vista panoramica verso est, dove si sviluppa l'area del Chianti in direzione degli altri terzieri storici della "Lega", Radda e Gaiole. Il camminamento è illuminato con un impianto di luci che lo rendono davvero suggestivo nelle ore notturne. Per la sua ubicazione e le sue caratteristiche, è divenuto il luogo di osservazione guidata del cielo in occasione della manifestazione "Calici di Stelle", che si celebra ogni 10 agosto».
https://it.wikipedia.org/wiki/Castellina_in_Chianti#Architetture_militari - http://www.comune.castellina.si.it/content/il-capoluogo
Castellina in Chianti (palazzo Bianciardi)
«Palazzo Bianciardi, ubicato nel centro storico di Castellina, risale al Quattrocento e fu acquistato dalla famiglia, che tutt’ora lo possiede, alla metà dello stesso secolo. Descrizione: La facciata del palazzo, su via Ferruccio, si presenta con paramento liscio ed è dotata di un portone di accesso, sulla destra, e di un altro che si apre, a sinistra, sulla cappella dedicata a San Francesco. La porta di destra è sormontata dallo stemma lapideo dei Medici, molto consunto, sistemato a ricordo della sosta di papa Leone X Medici, che qui transitò nel 1515, mentre la porta di sinistra reca, al centro dell’arco della finestrella che la sovrasta, lo stemma Bianciardi, parzialmente rovinato. Il prospetto in corrispondenza dei piani superiori, con l’aprirsi di due ordini simmetrici di finestre rettangolari, risulta più regolare rispetto al livello del piano terreno, reso asimmetrico dalla presenza di altre due porte più piccole e di finestre di diverse dimensioni. All’interno, il palazzo ospitava fin dal 1747 un oratorio privato dedicato a San Francesco, eretto in ordine al testamento del Capitano Cosimo Bianciardi da suo fratello Pietro, che poi fu soppresso e ripristinato nel 1805 in altri locali della casa come oratorio pubblico, al quale si accede tutt’ora attraverso la porta che si apre direttamente sulla via. Sull’architrave della stessa si legge la seguente iscrizione, che ricorda la dedicazione al santo di Assisi: “D. O. M./ DIVOQ. FRANCISCO ASSIS. D.” Entrando dal portone, si accede a un piccolo oratorio con la volta a sesto ribassato, decorata con motivi geometrici e vegetali che inquadrano al centro il monogramma mariano. Nella parte terminale motivi vegetali contornano la colomba dello Spirito Santo. L’altare in pietra serena è abbellito da un dipinto con San Francesco che riceve le stimmate. Dal punto di vista architettonico, risulta interessante anche l’atrio di ingresso, nel quale si notano mensole scolpite in pietra serena che sorreggono le volte. Nel 2007 sono terminati alcuni lavori di restauro che hanno interessato il palazzo. Attualmente lo stesso ospita una struttura ricettiva ...» (testo di Michele Occhioni).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/patrimonio-culturale-materiale/palazzo-bianciardi
Castellina in Chianti (palazzo Ugolini-Squarcialupi)
«Il palazzo si trova all’interno del centro storico, su via Ferruccio, e presenta attualmente un impianto apparentemente unitario, ma basato in realtà su fondazioni preesistenti di case a schiera. Fu realizzato infatti nel Cinquecento, incorporando le precedenti strutture di case padronali medievali, già di pertinenza della potente famiglia degli Squarcialupi di Monternano. In seguito, il palazzo passò agli Ugolini Milanesi, per poi essere acquisito dai Segni Straccali tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Nella seconda metà del secolo scorso venne acquisito dalla famiglia Baldini e adesso è adibito a struttura ricettiva. Costruita in stile rinascimentale, la facciata spicca per la sua imponenza in mezzo al tessuto urbano circostante e si distingue per la regolarità e il ritmo con il quale sono disposte le aperture, e per l’assottigliarsi del paramento in maniera digradante dal basso verso l’alto: i finti conci del piano terra, realizzati in realtà con l’intonaco, lasciano il posto al piano nobile ad un paramento liscio, rimanendo comunque ad incorniciare le finestre. Si distinguono in facciata due stemmi della famiglia Ugolini, con raffigurate due pantere. In profondità, la costruzione è stata ampliata fino ad appoggiarsi alla cinta muraria del paese, e la parte posteriore è delimitata dal suggestivo percorso urbano di via delle Volte, sul quale si affacciano alcuni locali attualmente usati come depositi o esercizi commerciali. La facciata posteriore inoltre risulta poco leggibile per i numerosi interventi subiti. Il palazzo si articola in un piano terreno, con ambienti a volte a vela e a botte e soffitti a cassettoni; un piano sotterraneo con stanze coperte da volte a botte in pietra, attualmente usato come centro benessere dell’albergo; un primo piano, dove si trovano le camere e la cucina; un sottotetto. All’interno si riscontrano numerosi elementi interessanti dal punto di vista architettonico, come i capitelli in pietra a sostegno delle volte, lo stemma Squarcialupi sull’architrave del forno della cucina al primo piano, con cinque palle sormontate da un lupo, e il salotto affrescato con vedute marine, databili alla fine del XVIII secolo» (testo di Michele Occhioni).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/palazzo-ugolini-squarcialupi
«...Le prime memorie scritte risalgono al Medioevo: nel XI secolo Castellina era nominata come insediamento dipendente dal vicino Castello del Trebbio (corrispondente alla odierna località di Trebbia nel Comune di Radda in Chianti) sotto il controllo dei conti Guidi, ai quali si deve la costruzione delle prime fortificazioni. All'epoca la località era conosciuta come “Castellina de' Trebbiesi”. Già nel 1193 il castello, grazie ad un accordo firmato dai signori del Trebbio, fu presidiato dai fiorentini. Intorno alla metà del 1200 Castellina entrò a far parte della Lega del Chianti e successivamente divenne capoluogo di uno dei terzieri (gli altri due avevano a capo Radda e Gaiole) nei quali la Lega fu suddivisa, quello chiamato appunto 'Terzo di Castellina'. Come noto, il Chianti fu per tutto il medioevo terreno di scontri e contese fra le Repubbliche di Firenze e Siena. Castellina, a dominio della strada di crinale che collegava le due città, era una delle più avanzate roccaforti fiorentine, di conseguenza strategicamente molto importante. Nel 1397 il castello venne distrutto dalle truppe del duca di Milano, alleate con i senesi. Pochi anni dopo, nel 1400, la Repubblica Fiorentina decise di rafforzarne le difese con la costruzione di una cerchia muraria più larga e massiccia, con forma a esagono irregolare, intervallata da numerose torri quadrate, dotata di due porte, una verso Siena e l'altra verso Firenze, e coronata, nel punto più alto dell'abitato, da un poderoso cassero merlato rettangolare dotato di mura scarpate. Delle mura e delle torri restano ampi tratti che racchiudono ancora l'abitato, sebbene, in più punti, inglobate nelle abitazioni. Le due Porte, purtroppo, non sono più esistenti; quella fiorentina è stata distrutta durante l'ultimo conflitto mondiale e quella che vediamo oggi è soltanto un'apertura postuma nel tracciato murario.
Il cassero, formato da due corpi di fabbrica quadrati, con le sue alte mura, è in perfette condizioni, grazie ad un'accurata opera di restauro dell'inizio del secolo. Questa serie di potenti fortificazioni ebbe il battesimo del fuoco nel 1452 resistendo per ben 44 giorni all'assedio del duca di Calabria. Sembra che in questo periodo Castellina sia stata rafforzata ulteriormente dal grande architetto Mediceo Giuliano da Sangallo. Nonostante ciò, nel 1478 il castello capitolò all'attacco dell'esercito Aragonese e, come quelli vicini, fu saccheggiato e semidistrutto. Nel 1483 Castellina tornò definitivamente in mano ai fiorentini. Nel 1774 la Lega del Chianti fu abolita ma il territorio della nuova 'Comunità di Castellina', nata dalle riforme volute dal Granduca Pietro Leopoldo, come del resto l'attuale comune oggi in provincia di Siena, coincise quasi perfettamente con l'antico Terziere. Un tragico evento di guerra vide protagonista Castellina nel 1944: le truppe tedesche, ormai in ritirata e favorite dalle asperità del terreno, approntarono una linea di difesa che provocò decine di morti fra la popolazione civile e notevoli distruzioni. La Torre, dal 2006 sede del Museo Archeologico del Chianti Senese, ospita tutt'oggi la Sala Consiliare (sede dei Consigli Comunali), la Sala del Capitano (dove vengono celebrati i matrimoni civili) ed il cortile con il pozzo».
http://www.comune.castellina.si.it/it/content/il-capoluogo
«Da La Foce, volgendo sulla destra per la strada non asfaltata si arriva al Castelluccio detto in tempi remoti Castelluccio dei Bifolchi dal nome del suo primo proprietario. Se ne hanno notizie fin dal 1320 allorché appartenne alla comunità di Monticchiello a sua volta dipendente dalla Repubblica di Siena che nel secolo XIV, lo fortificò munendolo di due torri angolari rotonde ancora intatte con feritoie archibugiere e vi insediò una piccola guarnigione. Nel 1390 una parte del Castello venne donata all'Ospedale di Santa Maria della Scala, cui appartenne fino al 1787, che utilizzandolo come fattoria fortificata, ne fece uno dei più importanti centri di amministrazione fondiaria. Da allora è passato attraverso vari proprietari. All'inizio del secolo XV vi predicò san Bernardino, cui è dedicata la cappella settecentesca».
http://www.valdorcia.it/castelluccio.php
CASTELNUOVO BERARDENGA (torre Civica o dell'Orologio)
«La torre civica dell’orologio faceva parte originariamente del sistema difensivo di Castelnuovo. Situato al centro dei vasti ossessi degli Ugurgieri della Berardenga, il luogo venne fortificato dalla Repubblica di Siena a partire dal 23 luglio 1366 affidandone i lavori a Mino Dei, senese, il quale cinse di mura la parte più alta del colle. Per distinguerlo dai castelli più antichi della zona, fu chiamato “nuovo”. Sede di conflitti e scorribande nemiche e a lungo conteso, per la sua posizione strategica, dalla rivale Firenze, verso la fine del XV secolo le mura del nuovo castello vennero rafforzate ed estese su alcuni lati. Altri lavori di fortificazione vennero effettuati nel 1526 allorché il Consiglio di Balia, deliberò di rafforzare la cinta muraria con la costruzione di sette torri, una delle quali è appunto l’attuale torre civica che costituì anche uno degli accessi del castello. Cessata ogni funzione difensiva, le mura e le torri vennero definitivamente abbattute verso la fine del XVIII secolo per far posto all’imponente costruzione del complesso della Villa Chigi Saracini. Venne risparmiata l’attuale torre che fu trasformata in torre civica insieme ad un’altra che, radicalmente modificata, fu adattata per l’abitazione del custode della villa. Fu collocato nel 1763 il primo orologio e nel 1896 fu collocato quello attuale. La torre conserva i caratteri settecenteschi cioè pianta rettangolare e coperta a terrazza. è impostata su piedritti in muratura mista di pietra e laterizio e si sviluppa su tre piani, scanditi da cornici e lesene angolari in mattoni, terminanti in un cornicione sagomato anch’esso in mattoni. Al piano terra è una grande apertura ad arco che delimita il vano, coperto con volta a botte realizzata in mattoni disposti a spina di pesce, che costituiva l’accesso all’interno del borgo antico. Sul prospetto principale è collocato lo stemma della comunità di Castelnuovo; all’ultimo livello dello stesso prospetto è l’orologio».
Castelnuovo Tancredi (castello)
«Castelnuovo Tancredi, attestato dal 1214 come Castelnuovo Guiglieschi, appartenne successivamente a diverse famiglie del patriziato senese, fra i quali anche i Tancredi. È sempre stato al centro di una proprietà fondiaria di tipo agrario, molto estesa. Il Castello è composto da una Villa cinquecentesca e da un poderoso torrione con base a scarpa e coronamento ad archetti su mensole di pietra. I fronti, pur essendo intonacati, mostrano ancora tracce delle originali finestre ad arco. Il Castello è circondato da un parco di querce e lecci. Vi si accede da un viale tutto ornato di cipressi» «La struttura è costituita da un poderoso torrione con base a scarpa in pietra. La sommità è coronata da archetti in pietra che reggono il sottotetto finestrato. Alla torre, in epoca cinquecentesca è stata collegata l'attuale villa che si incontra arrivando da un ombroso viale di cipressi. Sul lato sinistro della villa si trova la piccola chiesa di San Bartolomeo».
http://www.turismo.intoscana.it/intoscana2/export/... - http://www.cretesenesi.com/castelnuovo-tancredi-p-5_vis_9_156.html
«Castelrosi, originariamente Castel Rozzi, sorse probabilmente fra il XII e il XIII secolo. Il castello, oggi trasformato in villa con uno splendido giardino all'ingresso circondato da un boscaglia, sembrerebbe costruito in tre tempi. Alla fase più antica dovrebbe appartenere la base a scarpa in pietra del torrione nell'angolo ovest. Ad una fase successiva sono da attribuire la sopraelevazione in mattoni nell'angolo sud e la parte settentrionale del grande edificio rettangolare che delimita il complesso a nord-est. Ad un'ultima fase corrisponde tutto l'ampliamento di questo corpo. Dei primi anni del Novecento sono invece la sopraelevazione e la merlatura».
http://www.francigena.provincia.siena.it/la-via-francigena/schede/item/10-castelrosi
Castelvecchio (ruderi del borgo fortificato)
«Nella parte più nascosta dell'Alta Valdelsa, quasi al limite meridionale del territorio comunale di San Gimignano, si trovano i resti, meglio dire le residue emergenze architettoniche di quello che fu un importante insediamento medievale, a carattere civile e militare, una volta conosciuto come Castrum Vetus, oggi Castelvecchio, il più antico, per antonomasia, tra i "castelli" della Valdelsa. Castelvecchio, probabilmente nato come "curtis", o centro abitato nei secoli VI e VII, in seguito alla calata dei Longobardi, assunse importanza e notorietà dopo l'anno Mille, essendo stato trasformato in "Castrum" e cittadella fortificata in posizione strategica a breve distanza dall'incrocio dell'internazionale via Francigena. proveniente dal nord e diretta a Roma, con la via del Sale che fin dall'epoca etrusca collegava Volterra e le miniere di salgemma alle città dell'interno, tra le quali Chiusi, Arezzo e Cortona. La dipendenza di Castelvecchio dalla diocesi volterrana è acclarata da documenti probatori, ma alla fine del XII secolo manifestano interesse ad entrarne in possesso sia San Gimignano che Colle di Val d'Elsa, divenuti liberi Comuni. Finché il vescovo di Volterra, Ildebrando de' Pannocchieschi, con atto del 29 maggio 1210, trasferisce i propri diritti su Castelvecchio al Comune di San Gimignano. rappresentato dal podestà Palmiero di Angioliero. Nel 1213, San Gimignano, che ha ambizioni espansionistiche, entra in conflitto con Volterra e disloca a Castelvecchio, posto sulla linea di confine tra i territori delle due città, un forte contingente militare per condurre le operazioni belliche, protrattesi per circa cento anni, anche se intramezzate da periodi di tregua. Nel 1308 una battaglia campale tra Sangimignanesi e Volterrani sembra concludersi senza vincitori né vinti, tuttavia, con un arbitrato del 14 aprile 1309, il territorio di San Gimignano si estende verso sud, a danno di Volterra e sul Montespeculo viene costruito il Castelnuovo (oggi Castelsangimignano), fortezza di confine.
Con il XIV secolo comincia la decadenza di Castelvecchio, accentuata nel secolo successivo, quando, senza più un contingente militare, non è in grado di difendersi, prima dagli attacchi dell'esercito milanese, poi di quello napoletano, nemici di Firenze. Agli inconvenienti della guerra si aggiunge la critica situazione economica e, quindi, una epidemia di peste esplosa nel mese di agosto del 1478. Gli abitanti di Castelvecchio chiedono un valido appoggio a San Gimignano che non è in grado di darlo e, malgrado ciò, riescono a superare il difficile momento, fino al 1485 quando ricompare la peste, più violenta del solito. San Gimignano, ancora una volta non fornisce aiuto anzi, con provvedimento del mese di ottobre 1485, dichiara Castelvecchio uno degli epicentri di diffusione della peste, da isolare nell'interesse della collettività, senza la possibilità di entrare o di uscire dall'insediamento. Nel XVI secolo Castelvecchio è abitato stagionalmente e per brevi periodi da boscaioli, carbonai e pastori. Nel 1576 le autorità ecclesiastiche accertano che la chiesa di Castelvecchio, già canonica, è in avanzato stato di degrado e la zona circostante "selvatichissima". L'insediamento viene completamente abbandonato e, addirittura, dimenticato, tanto da essere chiamato, in senso dispregiativo, "Le Torracce" per gli scheletri di due torri che spuntano sopra la vegetazione del bosco che ha preso il sopravvento. Nel 1908 lo scrittore Romualdo Pantini, in visita a Castelvecchio, lo definisce in un suo libro, "...il ricordo di un paese che fu, nel tempo lontano, di cui non rimangono che miseri resti di una bellezza grandiosa e triste...". Nel 1979 un gruppo di cittadini sangimignanesi decide di riportare alla luce Castelvecchio ed a loro si uniscono molti volontari provenienti da tante parti d'Italia, dal Piemonte alla Sicilia, compresi non pochi stranieri. Il "gruppo" iniziale si costituisce in associazione, detta "Gruppo Storico Castelvecchio" e nel 1995 l'Insediamento di Castelvecchio viene riconosciuto, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, "bene culturale"...».
http://www.sangimignano.com/it/territorio/ruderi-castelvecchio.asp
Castiglion Balzetti o Castiglion che Dio sol sa (ruderi del castello)
«Il nome di Castiglion che Dio sol sa deriva dalla posizione di questo imponente castello, che sorge su una collina lontana da strade e da vie di comunicazione. Si tratta di un grande torrione, su cui si aprono diverse finestre e porte ad arco; la torre è cinta da una cornice sagomata all'altezza del davanzale delle finestre. Al torrione è addossato un edificio più recente. Il complesso era originariamente circondato da due serie di mura. Della più esterna rimangono solo dei ruderi sulla pendice boscosa della collina; la più interna si è mantenuta meglio e delimita un cortile, all'interno del quale, su un angolo, si trova la chiesa con ingresso dall'esterno. Il Castello prese il suo primo nome dal proprietario, l'agostiniano Bandino Balzetti e col nome di Castiglion Balzetti viene citato nello Statuto senese del 1262. Come tutte le comunità della zona, che abitavano le località di Orgia e Brenna, anche il villaggio di Castiglion Balzetti, ricco di coltivazioni e vigneti, subì guerre e saccheggi nel corso del XIV secolo; con la fine della Repubblica Senese, la comunità cadde progressivamente in rovina e si ridusse a poche case sparse».
http://www.comune.sovicille.siena.it/Main.aspx?ID=329
Castiglion del Bosco (ruderi del castello)
«Il piccolo borgo di Castiglione del Bosco (che nel Trecento si chiamava Castiglion d'Ombrone per la vicinanza all'omonimo fiume), sorge in un'area probabilmente abitata dagli etruschi e dai romani. Alcuni studiosi sostengono che la pieve di S. Angelo Abbolenis, citata in un documento del 715, sia da identificare con la pieve di S.Arcangelo di Castiglione del Bosco. Nel 1208, il castello viene annoverato tra le fortificazioni soggette ad una tassa straordinaria da versare al Comune di Siena. Nel 1209, Siena affida all'aristocratico Giacomo Ildebrando il compito di gestire il castello in sua vece. Successivamente Castiglione fu più volte contesa da chi ne vantava il possesso: nel 1318 il senese Giampaolo Galleroni si proclamò signore della fortezza. Nel 1337 i Salimbeni acquistarono il castello già occupato dalla milizia del vescovo Donsdeo Malevolte che ne accampava diritti. Solo dopo una feroce battaglia fu riconosciuta la famiglia Salimbeni come legittima proprietaria. Un'altra sanguinosa battaglia si ebbe in questo luogo dopo appena pochi anni: nel 1369 i soldati senesi assalirono il castello con l'intento di uccidere un gruppo di ribelli del partito dei Nove che qui si era rifugiato. La furia devastatrice dell'esercito senese fu tale che alla fine dello scontro il fortilizio aveva subito gravissimi danni. Le uniche strutture riferibili all'antico castello restano attualmente, oltre al basamento a scarpa della Rocca, la torre in pietra, in parte crollata, e il lungo tracciato di mura, inglobato, come fondamenta, in una villa in stile neoclassico. Oggi il tutto è immerso in un silenzioso parco di gusto romantico. Ai piedi della scalinata, da cui si accede alla fortezza, c'è la piccola e rimaneggiata chiesa di S. Michele a pianta rettangolare, di probabile origine romanica».
http://www.comunedimontalcino.it/itinerari/prata.htm
Castiglionalto o Castiglion Ghinibaldi (castello)
«Documentato fin dall’XI secolo come possedimento della famiglia Lambardi, signori di di Staggia, il castello fu acqusito dalla vicina Abbadia Isola nel secolo successivo. Nel Duecento ne divenne poi proprietario Ghinibaldo di Saracino, marito di Sapia dei Salvani, mentre nel XVI secolo il castello passò alla famiglia senese dei Piccolomini. Benché più volte rimaneggiato, il castello con massiccia mole stretta attorno ad un cortile denota le sue origini medievali. Ad una ristrutturazione cinquecentesca appartengono invece: le arcate sovrapposte della corte interna, il portale di accesso attuale e la chiesa in cotto posta a lato del fortilizio».
http://www.valdelsasenese.com/castiglionalto-p-27_vis_9_750.html
Castiglioncello del Trinoro (fortificazioni)
«Come stanno dimostrando i recenti scavi del Dipartimento di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi di Siena, la parte sommitale di Castiglioncello del Trinoro presentava un cassero in uso tra l’XI e il XIV secolo. Anch’esso di proprietà dei conti Manenti era difeso da fortificazioni e aveva all’interno delle mura ben cinque chiese e il Palazzo Comunale. Oggi resta la Chiesa romanica di Sant’Andrea, una porta del ‘300 e il Palazzo Comunale» - «...della cinta muraria, rimane solo la "porta senese" in pietra e una torre rotonda con base a scarpa».
http://www.comune.sarteano.siena.it/on-line/Home... - http://www.cm-cetona.siena.it/default.asp?cod=ce_01_18_03
Castiglione d'Orcia (rocca Aldobrandesca)
«Simbolo della storia di Castiglione d'Orcia e del suo territorio, dei borghi e delle comunità della zona è la possente Rocca: ricordata sin dal 714, nel IX secolo era possesso dell'Abbazia di San Salvatore, per passare poi a metà dell'XI secolo alla famiglia dei Tignosi, vassalli degli Aldobrandeschi, ed essere quindi ceduta nel 1251 a Siena, nel momento in cui il Comune senese era al massimo della sua potenza economica e militare e si avviava a diventare la capitale dei Ghibellini. Divenuto libero Comune dal 1252, Castiglione d'Orcia passò poi ai Salimbeni dopo il 1270, ma fino al 1419 fu al centro di dispute politico-militari tra Siena e la casata dei Salimbeni, per la sua posizione strategica che lo rendeva una difesa pressoché inespugnabile. Del tutto simile il percorso storico di Campiglia d'Orcia, la splendida frazione, dell'abitato si hanno notizie sin dall'anno Mille: nacque probabilmente come borgo intorno a un'antica Rocca di cui ancora oggi rimangono le linee strutturali, e fu al centro di lotte tra i Visconti e Siena per il controllo del territorio e delle linee di confine. Il territorio di Castiglione d'Orcia, dominato dalla massiccia Rocca d'Orcia, è mutevole e suggestivo, e rappresenta una grande risorsa per la produzione agricola: si va dal "granaio" a valle nella zona di Gallina alla buona produzione olivicola, fino ai castagneti di Vivo d'Orcia, nel cui territorio si può ammirare uno dei tre boschi di abete autoctoni del Monte Amiata. La castagna è un elemento su cui sono basate molte tradizioni locali, come la Sagra del marrone" che si svolge in autunno a Campiglia d'Orcia. ... Le numerose rocche e castelli che caratterizzano la zona di Castiglione si presentano come un fenomeno strettamente vincolato alla presenza della via Francigena, la cui origine, almeno in questa zona, sembra non andare al di là dell'Alto Medioevo. ... Allo stato di rudere a Castiglione è l'ampia Rocca aldobrandesca che sovrasta l'abitato dove si intravedono ampi tratti della cerchia muraria cui, spesso, si appoggiano le case del borgo. Poco resta anche della rocca e delle altre opere di fortificazione di Campiglia d'Orcia, mentre della Campigliola (o Campigliaccia) rimane un solo Torrione isolato con una poderosa volta a botte».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castiglione%20d'Orcia/com.castiglione%20d'orcia.htm
Celle sul Rigo (torre, palazzi)
«Benché Celle sul Rigo sia un paese veramente molto piccolo, è abbastanza ricco dal punto di vista artistico. Ci sono tre chiese: San Paolo, San Giovanni e la chiesina della Madonna delle Grazie. La più importante è quella di San Paolo, antica pieve intitolata alla conversione di san Paolo attestata nelle Rationes Decimarum del 1275/77 e indicata come chiesa battesimale in quelle del 1302/ 1303. La chiesa più bella era quella di Santa Elisabetta che fu in parte distrutta dal terremoto del 1933 e crollò definitivamente nel 1992. Un'altra bellezza storica è la Torre, situata nella parte alta del paese, anch'essa unico resto del Castello Cellese dell'XI sec., risparmiata dalla frana che si è portata via un'intera parte del paese. Caratteristica è anche la Fattoria del XV sec., i cui lavori di ristrutturazione sono terminati proprio l'anno passato. Questo palazzo è ricco di strumenti agricoli del passato, forse è il più bello del paese insieme a quello Bocchi Bianchi, anch'esso del XV sec. Attualmente il Castello conserva una singolare struttura urbanistica a pianta quadrangolare con vie ampie e perfettamente diritte e una grande piazza senza proporzione rispetto alle attuali dimensioni del paese. Tale struttura ha consentito ad alcuni di avanzare l'ipotesi che il castello medievale possa essere stato edificato ad un precedente "Castrum" romano. Il borgo era chiamato Castrum de Cellis. Restano della cinta muraria medievale tre torri angolari. Numerosi i palazzi rinascimentali con portali e stemmi in travertino, indice di una ricca borghesia terriera. Il castello non era interamente cinto di mura,al loro posto in alcune parti c'erano delle abitazioni. Intorno alle mura si trovavano le carbonaie».
http://www.cellesulrigo.com/sito/it/storia/storia.htm
«Il castello, sorto come baluardo difensivo della repubblica di Siena, fu trasformato nel Cinquecento in residenza per iniziativa del proprietario Mino Celsi. Il restauro cinquecentesco è attribuibile all'architetto Baldassarre Peruzzi, che sicuramente intervenne nella progettazione della cappella circolare e nella sistemazione esterna dei muri di terrazzamento. Nel maggio del 1554 il complesso fu distrutto dalle truppe imperiali Austro-Spagnole di Carlo V. Durante il XVII secolo, contemporaneamente al restauro del fabbricato, vennero realizzati in parte i meravigliosi giardini, espressione della cultura barocca. Nel 1802 la proprietà passò alla famiglia Chigi, i quali trasformarono la residenza in un maniero neogotico. Un ulteriore restauro della dimora e del giardino si deve ai principi Aldobrandini, proprietari di Celsa dai primi del Novecento. Nonostante i numerosi interventi subiti nel corso dei secoli l'edificio conserva il suo carattere cinquecentesco mantenendo dell'antico castello originario soltanto la torre d'angolo sud. La villa include al centro un cortile di forma triangolare, chiuso a valle da un muro con tre portali, che immettono ad una serie di terrazzamenti in leggero pendio. L'accesso al complesso avviene attraverso un viale tangente alla villa che culmina nella cappella circolare del Peruzzi. Percorrendolo si può godere sulla destra della vista del giardino formale che si sviluppa su uno dei terrazzamenti, costituendo con il suo complicato disegno e apparato architettonico un insieme di grande effetto scenografico. Il giardino all'italiana, cui si accede tramite una cancellata inquadrata da colonne con alla sommità grandi vasi decorativi, è compreso tra un magazzino e una piccola limonaia in cui trovano riparo durante la stagione invernale le conche dei limoni. Otto geometriche aiuole di bosso, riproducenti lo stemma degli Aldobrandini composto da una stella e da un rastrello, sono evidenziate dal sapiente uso di terre colorate, con rame, che fanno risaltare il contrasto cromatico. Nel muro di fondo, in asse con la cancellata di ferro, è situata una grande peschiera semicircolare, circondata da una bassa balaustra, che funge anche da belvedere. ...».
http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/siena/villa_celsa.shtml
Cerreto Ciampoli (ruderi del castello del Cerretaccio)
«Documenti d’archivio confermano l’esistenza del castello già nel 1097 e attestano che la struttura venne venduta nel 1142 ad una consorteria locale, poi detta dei Cerretani, ai quali ancora apparteneva nel 1163. Dal 1229 vi veniva inviato ogni sei mesi un podestà senese per amministrare la giustizia. Nel 1232, il castello venne espugnato dai Fiorentini, che firmarono poi con i Senesi un accordo secondo cui la fortificazione del Cerretaccio avrebbe dovuto essere destrutturata: cosa che non si realizzò mai. Alla fine del XIII secolo, i Senesi tornarono in possesso di una parte del castello e successivamente, nel 1348, riuscirono a riprenderlo interamente. Nel 1438 la struttura entrò a far parte del contado di Siena. Già dal 1317, tuttavia, il castello era stato dato in feudo da Arrigo VII, che lo aveva occupato, a due membri della famiglia dei Cerretani, inizialmente banditi da Siena, ma tornati poi fedeli alla repubblica senese. Tra 1337 e 1339 il castello faceva parte del Vicariato della Berardenga, mentre dal 1400 al 1461 è attestato tra i censuali. Divenuto luogo di rifugio prescelto da molti fuoriusciti senesi, venne distrutto per questo motivo da Siena stessa nella prima metà del XVI secolo. Analizzando le architetture dell’edificio si evidenzia, dopo la sua fondazione, una fase di ristrutturazione e di trasformazione del complesso in una vera e propria fortezza databile tra il XIV e il XV secolo. I ruderi del castello sono ancora ben visibili, sebbene siano in parte nascosti da una folta vegetazione e uno spesso interro ne copra attualmente la parte alta, che costituiva il cassero e che appare circoscritta da un’estesa e alta cinta muraria. La torre del cassero, databile al XII-XIII secolo, venne abbattuta dai Senesi nel XVI secolo: se ne individuano ancora facilmente le fondamenta e i grossi spezzoni crollati al suolo, costituiti da filari di conci angolari posti in opera con un’alternanza testa-fascia. La torre crollata e adagiatasi su un fianco costituisce sicuramente uno degli scorci più stupefacenti che la visita al sito può regalare. Parte dei ruderi risultano pertinenti ad alcuni ambienti abitativi, uno dei quali doveva avere un soffitto voltato. Le strutture di fortificazione che caratterizzano le parti superiori degli ambienti mostrano elementi architettonici databili ai secoli centrali del Medioevo: in particolare spicca un alto elevato del XII-XIII secolo, costruito con conci squadrati disposti a filari e strette feritoie rettangolari. Lo stesso muro conserva nella parte bassa le tracce architettoniche di una fase edilizia precedente. Altri ambienti in muratura, relativi probabilmente alle fasi di frequentazione dei secoli centrali del Medioevo e conservati solo in alcuni allineamenti murari, sono racchiusi da una seconda cinta di mura su cui si innesta una rampa di scale in pietra realizzata per accedere alla strada intagliata sul piano di roccia lungo il lato nord del complesso. Questa seconda cinta doveva avere sul lato nord-ovest una porta di accesso in pietra con arco a tutto sesto. Una seconda porta doveva trovarsi sul lato sud-ovest della cinta muraria, ma i crolli e la boscaglia non permettono di individuarla con certezza. In questa zona, al di fuori del circuito murario, è presente una piccola chiesa di forma rettangolare che presenta, in facciata, un interessante architrave monolitico».
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/patrimonio-culturale-materiale/castello... (a c. della Società Cooperativa Archeologia ARA)
Cetona (rocca, torre del tivellino)
«La Rocca che si staglia troneggiando sull'abitato, risale probabilmente al X secolo e costituisce il nucleo più antico di Cetona. Durante il XVI secolo, sotto il presidio di Chiappino Vitelli, con l'aggiunta di altri corpi edilizi, venne trasformata in abitazione. Il Corpo di Guardia della Rocca venne costruito dopo il 1500 innanzi all’antica porta del castello che rimase inglobata nella parte interna destra. Da qui, mediante rampa di accesso, si saliva alla piazza d’armi e al mastio. In antico il castello era difeso da almeno tre torri, ma gli eventi bellici ed il tempo hanno contribuito a ridurne il numero tanto che oggi ne resta solamente una, in pietra, peraltro molto rimaneggiata con l’aggiunta della copertura. Si tratta dell’antico mastio coronato da apparato a sporgere con beccatelli e da archetti in pietra a caditoie. Luogo privato non visitabile. Torre del rivellino. Risalente alla metà del XVI secolo era collegata alla terza cinta muraria che proteggeva il borgo di Cetona. In origine aveva all'apice un orologio a sei ore, oramai non più esistente. "... Per secoli si sono succeduti i custodi di quell’orologio fino a quando nel 1886 per 1200 lire fu deciso di cambiare il quadrante diviso in sei con uno 'moderno' da 12 ore, suonante le ore, la replica e le mezze ore. Aveva un solo difetto di origine: il dover essere caricato ogni 24 ore mentre comunemente gli orologi da torre si caricano ogni otto giorni. Deve essere stata quella la maledizione che lo fece 'crollare a terra'”».
http://www.cetona.org/da-vedere
Chiusdino (castello o Portino, mura)
«Caratteristico paese toscano che conserva intatto gran parte del suo tessuto urbano medievale, Chiusdino sorge su un rilievo delle irte Colline Metallifere. Benché i suoi dintorni presentino segni di insediamenti etruschi (la Necropoli di Papena), Chiusdino dichiara fin dal suo stesso nome un’antica origine longobarda. Presumibilmente esso fu un’arimannia, un luogo custodito da una guarnigione di militari incaricati del controllo di questa parte del ducato di Tuscia. Le sue origini risalirebbero dunque al VII ed all'VIII secolo. Il nucleo originario di Chiusdino è ben visibile sulla sommità del colle: è il rione del Portino, una zona stretta intorno al cassero, con torrione principale, ed alla pieve di San Michele, l’angelo guerriero patrono della “nazione” longobarda, e limitata da una breve cinta muraria di cui è ancor oggi egregiamente conservata la porta. A poco a poco, durante i secoli successivi e particolarmente a partire dal XII secolo, tutt’intorno a questo primo nucleo si sviluppò un piccolo borgo per il quale fu edificata una nuova chiesa, la Pieve di San Martino, detta appunto fuori le mura, sede di una clausura di benedettini neri. All’epoca su Chiusdino esercitavano la loro signoria feudale i Vescovi di Volterra, col titolo di Conti. Il loro dominio fu presto contestato dai vicini Conti della Gherardesca di Frosini e soprattutto dalla Repubblica di Siena. La contesa si concluse coll’annessione del paese da parte di Siena nel 1215. A partire da quest’epoca, anche grazie allo sviluppo di tutto il territorio circostante, dovuto alla presenza di due insediamenti monastici, l’Abbazia di Serena, costruita nel 1004 dai Conti della Gherardesca, e soprattutto l’Abbazia di San Galgano, terminata dai cistercensi nel 1288, il paese conobbe un notevole progresso. Una seconda e quindi una terza cinta muraria ne limitarono ed organizzarono le varie espansioni lungo le pendici del colle, rese necessarie dall’aumento della popolazione. Durante il XIV secolo Chiusdino raggiunse le dimensioni comprese nell’attuale centro storico. Dell’epoca rimangono le mura castellane e la Porta che in esse si apriva per custodire la via verso Siena.
Durante il XV ed il XVI secolo la Repubblica di Siena completò l’annessione del paese ed esso ne seguì le sorti. Nel 1554, durante la “Guerra di Siena”, Chiusdino fu assediato e conquistato ora dai francesi ora dagli imperiali. Nel 1557 entrò a far parte del Granducato di Toscana. Con le riforme medicee dei secoli successivi, Chiusdino venne a dipendere dal Capitanato di Giustizia di Casole, poi Vicariato Regio. Nel 1776 i Granduchi di Casa Lorena istituirono il Comune di Chiusdino ed il paese fu sede di una Cancelleria Comunitativa. A partire dal 1850 vi fu insediata la Pretura granducale. Il paese presenta ancora intatte molte delle sue caratteristiche e delle sue strutture medievali, soprattutto nel rione del Portino e in quello delle Buche. Il Portino, al colmo del paese, è la pare originaria di esso. Lì, in posizione dominante, si trova la Propositura di San Michele, al cui interno è custodita la Testa di San Galgano, il cavaliere-eremita nato a Chiusdino intorno al 1148 e morto sul colle di Montesiepi, che aveva scelto quale suo romitorio, nel 1181. Vicino alla Propositura, la quattrocentesca Chiesa di San Sebastiano, meglio conosciuta come la Chiesa della Compagnia, e la ben più antica Casa Natale di San Galgano, un tozzo e possente edificio di gusto tutto romanico. Fuori dalla primitiva cinta muraria e presso la porta che in essa si apre si trova la ex-Pieve di San Martino. Più in basso, proteso verso la Val di Merse, il rione delle Buche, costituito dagli ampliamenti duecenteschi di Chiusdino, ci presenta l’intersecarsi curioso di angusti e suggestivi vicoli e chiassi che conservano ancora la pavimentazione originaria. I due rioni sono separati dall’ampia via Paolo Mascagni, della quale si affacciano eleganti palazzi gentilizi, con un’interessante varietà di stilemi architettonici che va dall’ancora medievale Palazzo Mori, ai cinquecenteschi palazzi Lenzi-Novellini (già palazzo Pretorio) e Taddei, al settecentesco palazzo Pometti… A circa trecento metri dall’abitato, in mezzo alla campagna, si trova il santuario barocco della Madonna delle Grazie».
http://www.prolocochiusdino.it/index.php?/Chiusdino/chiusdino.html
Chiusi (torri di Beccati Questo e Beccati Quello)
«Due torri, dal nome a dir poco curioso come "Beccati Questo" e "Beccati Quest'altro", si fronteggiano beffardamente, da ben seicento anni, in territorio di Chiusi. Nella campagna compresa tra il Lago di Chiusi e il Trasimeno, secondo alcune fonti, la torre di "Beccati Questo" fu edificata per prima, per volere della Repubblica Senese, come simbolo di controllo sul territorio. La posizione era strategicamente adatta a sorvegliare i confini... tanto che, con lo stesso intento e con lo stesso spirito provocatorio i Perugini contrapposero, in posizione più elevata, una torre dirimpettaia, chiamandola "Beccati Quest'altro"! Le due torri si trovavano, all'inizio, in terreno asciutto a controllare la linea di confine tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio. In seguito, la loro funzione fu prevalentemente diretta al controllo doganale per l'attraversamento del vicino ponte sul Clanis. Il fiume attraversava tutta la Val di Chiana e, con le sue copiose acque, aveva favorito la nascita e lo sviluppo di importanti centri etruschi. Successivamente, però, ritenuto responsabile delle frequenti inondazioni del Tevere (in cui si riversavano le sue acque), per volere dello Stato Pontificio, fu sottoposto a opere di sbarramento per la deviazione del corso, cosa che provocò l'impaludamento della zona... Anche la Torre di "Beccati Questo" fu, in gran parte, sommersa dalle acque. La storia successiva portò le due torri all'abbandono e al declino... fino alla recente rivalutazione con un provvidenziale restauro. Delle due torri, una, la "Beccati Questo", è di proprietà demaniale, mentre l'altra appartiene a privati e, purtroppo, pare che nessuna delle due sia visitabile...».
http://righeblu.blogspot.it/2010/07/beccati-questo-e-beccati-questaltro.html
Colle di Val d'Elsa (Baluardo)
«Il Baluardo di Colle di Val d’Elsa, in provincia di Siena, è sito alla fine del Castello e si affaccia sulla città. Alla sue spalle c’è Palazzo Masson, progettato dall’architetto Antonio Salvetti e costruito nell’Ottocento sulle macerie di Porta al Canto. La distruzione di quest’ultima avvenne secondo il volere della ricca famiglia Masson e questo provocò numerose polemiche. Attualmente, il palazzo è occupato dalla congregazione le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù che l’ha adibito a scuola infantile dedicata a Santa Caterina Volpicelli. Il Baluardo è sito vicino alla costa e attraverso una via molto ripida si giunge alla parte bassa di Colle Val d’Este. Nel 2006, è stato messo in funzione un impianto di risalita atto a collegare la parte bassa della città al Baluardo. Progettato dall’architetto francese Jean Nouvel, la struttura permette di percorrere 40 metri d’altezza attraverso un ascensore in soli 35 secondi».
Colle di Val d'Elsa (casa torre di Arnolfo)
«La Casa Torre di Arnolfo di Cambio è sita a Colle di Val d’Elsa, in provincia di Siena. Si tratta di una della rare torri locali ancora presenti. L’edificio è posto alla fine di via del Castello e da questo punto si può ammirare uno affascinante scorcio pittoresco di città. La Torre prende il suo nome da Arnolfo di Cambio, nato nel 1245 e morto nel 1310, uomo poliedrico, famoso architetto ma anche sculture, urbanista e pittore, operante tra Firenze e Roma. Arnolfo di Cambio fu molto importante per la cittadina e, infatti, venne dichiarato cittadino onorario. Lavorò sul Palazzo della Signoria, in Santa Maria del Fiore e in Santa Croce. Si tratta di un personaggio quasi leggendario, viste le rare notizie inerenti la sua vita, rappresentante la cultura italiana del periodo precedente il Rinascimento. Recentemente il monumento è stato ristrutturato e impreziosito di affreschi rappresentanti la lotta avvenuta a Colle di Val d’Elsa nel 1269. Attualmente la struttura è sede dell’Associazione culturale La Città dell’Arte, la quale organizza mostre ed eventi artistici».
Colle di Val d'Elsa (castello di Piticciano)
«Colle di Val d'Elsa è legato allo sviluppo delle famiglie dei conti Alberti e Aldobrandeschi che avevano alcune proprietà ed altre le avevano acquisite, anche in seguito ai contrasti intervenuti, dalla diocesi di Volterra. Gli Aldobrandeschi, ottennero il controllo della Badia di Spugna, che dipendeva dalla Pieve a Elsa, che era diventata «nullius diocesis» per bolla papale e si era così svincolata dalla diocesi di Volterra, e delle terre intorno, da Gracciano (il principale insediamento colligiano nell'XI secolo) fino a Piticciano (il nucleo più antico del Castello di Colle). L'Abate di Spugna promosse la costruzione delle Gore per fornire energia motrice ai numerosi mulini, e cercò di attirare popolazione intorno al castello di Piticciano che viene chiamato "Castelnuovo de' Franchi" e che si allargò fino a dove ora sorge il Palazzo Campana, dirimpetto al vicinissimo Borgo di Santa Caterina, che si sviluppò autonomamente. Nel frattempo, per sfuggire alle incursioni ed alle devastazioni delle truppe senesi gli abitanti di Gracciano si erano trasferiti presso il Castello di Piticciano, dando nuovo impulso al suo sviluppo. È di questo periodo la costruzione di un secondo tratto di gore».
http://it.wikipedia.org/wiki/Colle_di_Val_d'Elsa#Medioevo
«Dalla piazza Santa Caterina proseguendo lungo la via principale fiancheggiata da palazzi nobiliari, si giunge al palazzo Renieri-Portigiani, oggi sede del Comune, scandito da un prospetto bugnato e da un colossale stemma mediceo nella facciata. La costruzione del palazzo si deve a Bernardino Renieri, committente che ricoprì il ruolo di ingegnere presso la corte francese di Carlo IX e che fu nominato “architetto di parte Guelfa” al servizio di Francesco I de’ Medici. Databile tra il 1575-1580 l’edificio è stilisticamente affine ai palazzi di “maniera” fiorentina di Bartolomeo Ammannati ed improntato su una coloristica bicromia di cotto e travertino. Accanto al palazzo Comunale si trova il ponte del Campana, punto di unione tra i quartieri del Borgo e del Castello con l’accesso al nucleo cittadino. Il dislivello del terreno, che forniva una difesa naturale alla città, è oggi superato da una possente struttura in muratura con un’ampia arcata, che introduce allo stupendo scenario architettonico del palazzo Campana. Fu edificato in luogo della medievale Porta a Ripa tra il 1539 e il 1550 per volere di Francesco Campana, segretario di Alessandro e Cosimo dei Medici, su disegno dell’architetto fiorentino Giuliano di Baccio d’Agnolo detto il Baglione. ... Tra le dimore storiche di Via del Castello segnaliamo il palazzo Salvetti, il palazzo Morozzi, sormontato da una svettante torre, dove è apposta una lapide alla memoria dell’architetto e ingegnere Ferdinando Morozzi, palazzo Giusti, con un accogliente cortile colonnato interno ed un antico frantoio nei sotterranei; e il vecchio seminario vescovile con l’emblema del vescovo Della Gherardesca, che precede la piazza Duomo. La piazza Duomo - nel medioevo piazza del Comune - era il centro nevralgico del potere politico e religioso della città, su cui si affacciano importanti edifici come la Cattedrale (l’antica Pieve di S. Salvatore), il palazzo del Podestà, il palazzo del Comune. Il palazzo del Podestà o Pretorio, che fu costruito secondo la tradizione nel 1365, presenta sia sulla facciata sia all’interno numerosi stemmi araldici dei vari Podestà e Commissari succedutisi nel tempo, tra cui predominano quelli di Colle e di Firenze. Ad affiancare l’edificio vi sono due strutture turrite: a sinistra l’antica torre del Comune, franata nel 1636, ed a destra la torre campanaria del Duomo eretta nel 1632. Nel Palazzo Pretorio ha oggi sede il Museo Archeologico - intitolato a Ranuccio Bianchi Bandinelli -, che raccoglie importanti reperti etruschi: gioielli e crateri rinvenuti nelle necropoli del territorio dell’Alta Valdelsa».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/collevaldelsa.asp
Colle di Val d'Elsa (Porta Volterrana o Nova o Salis)
«Le fortificazioni di Colle di Val d'Elsa sono una pietra miliare dello sviluppo dell'architettura fortificata Medicea, considerate come importanza seconde solo alla fortezza di Volterra. La 'Porta Volterrana' (detta anche 'Porta Nuova') è di per se una piccola fortezza. Eretta nel 1479 con il contributo dei più grandi architetti militari dell'epoca (il Francione e il suo allievo Giuliano da Sangallo, Francesco d'Angelo e Paolo di Francesco) è il caposaldo occidentale della cinta muraria. Un breve tratto delle mura è racchiuso da due possenti torrioni circolari, più simili a quelli riscontrabili nelle rocche che non in mura urbiche. Al centro della cortina, orientata nord-sud, si pare la porta con arco a tutto sesto. Il complesso, quasi tutto in mattoni, a prima vista può sembrare il fronte di una rocca, è infatti dotato di forte scarpatura, doppio redondone a delimitare il tratto verticale, apparato difensivo a sporgere continuo su beccatelli triangolari in pietra e archetti in mattoni, parapetto con merlatura e troniere (incorniciate dal redondone): tutti elementi che da qui in avanti ritroveremo nelle 'nuove' fortificazioni, le rocche. Colle fu il primo esempio di applicazione detti principi ad una porta urbana».
http://www.castellitoscani.com/italian/colle.htm
«Un abitato, il nucleo storico di Contignano, sopra il quale si erge possente la Torre del Fortilizio adibito oggi a dimora signorile, un tempo roccaforte di un grande complesso difensivo e residenziale. Del castello si rintraccia ancora, quasi completamente, il basamento delle mura, rimasto a sostegno delle case. Sulle mura si aprono ambedue nel lato nord e molto vicine, una porta (chiamata Porta del Castello) ed una Porticciola. Il borgo nel vecchio perimetro abitativo e particolarmente curato con pavimentazione a lastre di pietra, abitazioni con facciate in pietra e cotto e la Pieve (chiesa Parrocchiale) dedicata all' Assunta (la Madonna madre di Gesù Cristo "assunta" in cielo secondo la tradizione della Chiesa cattolica, si festeggia il giorno 15 agosto) che conserva varie iscrizioni commemorative e opere artistiche risalenti ai secoli XIV e XVI».
http://www.prolococontignano.it/it/contignano-castello-della-valdorcia/nucleostorico.html
«Il castello di Cosona è un complesso architettonico fortificato situato nell'omonima località rurale del territorio comunale di Pienza lungo la Strada Provinciale 71. Il complesso venne costruito nel corso del Quattrocento divenendo una fattoria fortificata. Numerosi sono stati i passaggi di proprietà nel corso del tempo. In epoca ottocentesca venne costruito il fabbrico a pianta rettangolare che venne adibito a granaio. Agli inizi del Novecento l'intero complesso venne restaurato su progetto dell'architetto senese Arturo Viligiardi; durante gli interventi di ristrutturazione, nel 1913 venne ricavata una cappella all'interno di un preesistente corpo di fabbrica originariamente adibito ad altri usi agricoli. Il complesso architettonico fortificato è costituito da vari corpi di fabbrica addossati tra loro che si articolano su 15 lati totali. Tra essi spicca la torre a sezione quadrata che si eleva sul fronte occidentale del complesso architettonico. Molto caratteristico è il pozzo-cisterna, costruito nel 1659 e restaurato nel 1913, che veniva utilizzato per la raccolta dell'acqua. Il granaio di epoca ottocentesca si caratterizza per la presenza di due stemmi gentilizi della famiglia Forteguerri che fece realizzare l'opera. Il castello di Cosona è al centro dell'omonima azienda agricola, e di una struttura ricettiva-agrituristica dotata di sette appartamenti indipendenti, abitati fino agli anni Settanta da alcune famiglie mezzadrili».
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Cosona
«A nord della confluenza tra Merse e l'Ombrone, che da questo punto ne costituiscono per lunghi tratti anche il confine, si stende il territorio comunale di Murlo in una zona collinare che ha nel Poggio Cerreto (502 metri) la massima elevazione. L'antichità dell'insediamento umano nel territorio di Murlo, se era già attestata da sporadici ritrovamenti del più antico periodo etrusco, se non addirittura precedenti, ha avuto una clamorosa conferma negli scavi di Poggio Civitate, i cui reperti sono conservati in un apposito Antiquarium. Anche la toponomastica serba qualche traccia etrusca, come attesta Crevole. Del resto nel territorio di Murlo doveva passare un'antica strada, divenuta importante almeno in epoca romana, con andamento sud-nord, attestata nel Medioevo da un allineamento di pievi dalla zona dell'Amiata fino a Siena. Potrebbe trattarsi del supposto prolungamento della via Clodia che, passando ad occidente dell'Amiata, avrebbe raggiunto Siena e Lucca con una funzione viaria simile a quella svolta in seguito dalla via Francigena. Di questa serie di pievi rientrano nel territorio di Murlo quella omonima e le altre di Crevole e di Coppiano. Murlo, con le località di Casciano, Crevole, Lupompesi, Montepertuso, Resi e Vallerano, praticamente tutta l'attuale circoscrizione comunale, fu nel Medioevo feudo del vescovo di Siena, costituendo fino all'epoca moderna la parte più cospicua, anche se non la sola, del patrimonio fondiario. Alla fine del XII secolo - del 1189 è il riconoscimento del privilegio - la formazione del feudo vescovile può dirsi compiuta e definita territorialmente. Sul feudo i vescovi avevano pieni poteri e diritti fiscali, sebbene al 1274 essi avessero obbligo di milizia a favore del comune di Siena e, dal 1387, quello del pagamento di un censo alla città e di acquistarvi il sale. Soltanto nel 1749 i diritti del vescovo furono aboliti. Già ricordato al momento della ratifica del feudo, il Castello di Crevole fu uno dei più fortificati, e con Murlo costituì la residenza più importante del vescovo senese. Nei primi decenni del Trecento il vescovo Malavolti ne potenziò le opere di difesa, mentre verso la fine dello stesso secolo ci fu un tentativo della repubblica senese di assicurarsene il possesso: dopo di che per vari decenni la repubblica vi tenne dei soldati a spese del vescovo. Durante la guerra di Siena, dopo alterne vicende, Crevole venne completamente distrutto dagli imperiali. Del grandioso castello, che ebbe almeno due cinte di mura, restano tratti della parte basamentale di queste e parte di un'altissima torre, su una collina coperta di vegetazione».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Crevole/castello%20crevole.htm
«Cuna si trova su in rilievo posto a circa 10 km da Siena, in direzione sud, lungo la via Cassia. Il piccolo borgo si trova nel Comune di Monteroni d'Arbia. Vi si trova una "grancia", un raro esempio di fattoria fortificata medioevale rimasto pressoché intatto nelle sue parti salienti. Sul poggio di Cuna era presente già nel 1152 uno spedale sulla via francigena. Per tutto il '200 questo spedale amministra una notevole quantità di possedimenti nella Val d'Arbia. è da questo periodo che Cuna fa parte dei beni dello Spedale di Santa Maria della Scala. Nel 1295 è rettore dello spedale Ristoro Menghi di Giunta che compra il poggio di Cuna. A Ristoro subentrò Giovanni de' Tolomeni: fu deciso di costruire a Cuna una grossa fabbrica; l'edificazione iniziò probabilmente nel 1314 con la costruzione della grancia insieme alla riedificazione della chiesa, intitolta ai SS. Jacopo e Cristoforo, con una struttura a navata unica. Nel XIV secolo, a causa dell'incertezza militare nel territorio, lo spedale di S. Maria della Scala fu costretto a fortificare le grance per difendere le proprie riserve cerealicole dagli assalitori. Gli interventi messi in opera diverranno caratteristici e ricorrenti in tutte le grance. A Cuna è riconoscibile il nucleo originario con una casa torre centrale, ove trovavano posto i granai. a difesa della struttura si ergevano due torri sul lato sud. Sono ancora riconoscibili i camminamenti di ronda e le difese piombanti. Una seconda cinta muraria, di cui oggi è ancora visibile la porta d'ingresso, fu eretta nel sec. XVI a difesa del borgo abitato. Nella seconda meta del '500 la fabbrica fu coperta a partire dalla preesistente cinta muraria merlata. Nel XVII secolo fu costruito un casamento padronale tra la casa torre e la prima cinta muraria. All'inizio del settecento, per facilitare l'accesso dei carri, fu realizzata una rampa tornante che conduce ai granai. Questa serie di aggiornamenti successivi sono visibili tutt'oggi in una struttura che, nonostante in buona parte del complesso siano state ricavate abitazioni, si presenta in ottimo stato di conservazione. Entrando dalla porta principale che reca ancora lo stemma dello spedale della Scala si accede alla piazza della grancia dominata dalla facciata in mattoni e dalle torri, si prosegue entrando per le rampe che consentivano l'accesso dei muli ai magazzini esplorando i cortili interni in una successione di ambienti suggestivi».
http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=cuna
«Il castello di Elci è stato uno dei centri medioevali più importanti e popolosi del territorio di Radicondoli. La prima menzione del castello è del 988; nel 1164 era patrimonio dei conti Alberti, da questi ceduto ai Pannocchieschi e divenne la sede principale del dominio di un ramo della famiglia: i conti d'Elci; nella seconda metà del Duecento si trovarono a fronteggiare i senesi i quali distrussero per ben due volte il castello e per due volte ricostruito. Attualmente si presenta in larga parte abbandonato».
http://digilander.libero.it/bagnoaripoli/escursioni/toscana/radicondoli.html
«È il castello [del territorio di Radicondoli] che è arrivato a noi nelle migliori condizioni. Le prime notizie risalgono al 1100. Ha subito varie ristrutturazioni, che hanno fatto perdere al castello molte delle sue iniziali caratteristiche, ma che d’altra parte sono state importanti per il mantenimento delle buone condizioni della struttura».
http://www.comune.radicondoli.siena.it/Main.aspx?ID=85
«Collocato in ottima posizione strategica, su un displuvio tra la valle del Paglia e la valle della Chiana a circa 650 metri di altitudine, il castello di Fighine venne menzionato per la prima volta in relazione alla Pieve di Santa Maria 'de Fighine', nel placito di un certo marchese Gottifredo del 1058. Nel XII secolo il castello fu dei Visconti di Campiglia d'Orcia, potente famiglia originaria della vicina Chiusi e in seguito feudatari anche di San Casciano (dei Bagni) e Celle sul Rigo. Il castello vero e proprio è nominato in un editto del 1266 con il quale l'imperatore Federico di Svevia concedeva a Tancredi, visconte di Campiglia, il possesso di Fighine e altri castelli. Anche Ludovico il Bavaro confermò Fighine ai Visconti. La posizione rese Fighine oggetto di dispute fra capitani di ventura e piccoli nobili locali fino a quando non fu occupato dalle truppe di Cortona e ceduto a Paolo Orsini. Fra i successivi proprietari spicca la figura del condottiero Baldaccio d'Anghiari. Alla sua morte, nel 1441, la Repubblica Senese ottenne il controllo del castello. Nel 1446 furono intrapresi grandi lavori di ampliamento e rafforzamento delle strutture fortificate, ma i lavori si interruppero nel 1451 causa l'occupazione del castello da parte delle truppe papali. Pio II riconsegnò Fighine ai Senesi solo 12 anni dopo. Dopo l'annessione di Siena al Granducato di Toscana passò alle dipendenze del granduca Cosimo dei Medici. Il castello di Fighine ha sempre rappresentato per questa zona una realtà importantissima, basta pensare che nei libri presenti presso l'archivio storico del Comune si cita la località parificandola ad Orvieto. L'attuale particolare struttura del cassero conserva la forma quadrangolare con tre torri angolari di cui una quadrata e molto più alta delle altre, il nucleo più antico del fotilizio e per questo detta anche 'Torre Vecchia' con resti di beccatelli, una ottagonale sull'angolo di nord-ovest e l'altra più piccola e semi-ottagonale al cui fianco si apre la porta principale di accesso al borgo. Dalla torre quadrata e da quella semiottagonale partono le mura di difesa, aventi spessore di circa 1,5 metri e intervallate da piccole torri rotonde, che, seppure in gran parte dirute, circondano ancora il borgo. Una di dette torri fu utilizzata come abside della Chiesa di San Michele Arcangelo. Nel tratto in cui si apre la porta, le mura sono ancora dell'altezza originaria con tracce dei beccatelli in pietra che sorreggevano il ballatoio. Il corpo centrale della fortificazione, torri e residenza signorile, ha le mura fortemente scarpate, divise da un redondone in pietra dalla parte verticale e coronate da beccatelli. Attualmente è quasi terminata l'opera di restauro del complesso da parte di un privato che ha acquistato la maggior parte della proprietà. Il castello è visitabile solo dall'esterno. ...».
http://www.castellitoscani.com/italian/fighine.htm
Fonterutoli (resti del castello))
«Il castello di Fonterutoli sorge in una zona di antico insediamento, come provano reperti archeologici di epoca etrusca rinvenuti presso il vicino casale di Vignale. Il toponimo stesso è testimonianza della remota origine del luogo, in quanto probabile derivazione dal latino Fons Rutili, cioè Fonte di Rutilio. Della storia medievale di questa località sappiamo che qui Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero, nel 998 dispose con atto rogato i privilegi delle chiese di Arezzo, Fiesole e Siena, come ricorda una lapide posta dal Comune di Castellina in una via del borgo in occasione dei mille anni trascorsi dall’evento. Sappiamo inoltre che la chiesa dedicata a San Miniato era sottoposta al diritto di patronato dell’abbazia di San Michele a Passignano, come confermato nel 1176 da papa Alessandro III. Il 29 marzo 1201, nella chiesa citata, Senesi e Fiorentini firmarono un accordo con il quale si garantivano la possibilità di conquistare rispettivamente Montalcino e Semifonte, mentre nel 1208 fu firmato a Fonterutoli un trattato di pace tra le due repubbliche. Di nuovo nella chiesa sarebbe stata sottoscritta nel 1245 una serie di patti. Dell’antica fortificazione di Fonterutoli non è rimasto alcun elemento architettonico, eccetto che per una traccia d’arco in pietra, inglobata nel muro esterno di una delle case del piccolo paese omonimo, che ancora oggi sopravvive, pur avendo perso le caratteristiche di borgo medievale nato intorno al castello. Gli edifici attualmente visibili sono infatti per lo più databili tra il XVI e XVII secolo. Tra di essi si distingue però la notevole villa verso l’uscita dell’abitato, dalla parte della vecchia strada per Siena, di proprietà della famiglia Mazzei, che possiede la fattoria di Fonterutoli fin dal 1435. Le cronache quattrocentesche ricordano inoltre come nel 1437 Francesca di Giovanni di ser Lapo Mazzei andò in sposa a Piero da Fonterutoli, episodio citato anche in una lapide all’esterno della villa. L’attuale aspetto della costruzione risale al Cinquecento, ma nei secoli ha subìto diversi rimaneggiamenti – come l’aggiunta di una loggia verso il giardino costruita in stile neorinascimentale nel 1921 – e gravi danni conseguenti ai bombardamenti alleati del 1944, che interessarono la parte centrale del corpo della villa e il fronte principale. L’edificio pare comunque aver inglobato tratti di muratura fortificata più antichi: probabilmente il nucleo originario risale al XIII o XIV secolo, come sembrerebbero indicare le tracce architettoniche sul fronte di via Verdi e le volte a crociera visibili all’interno. All’esterno della villa, il giardino è un bell’esempio di parco suddiviso in un’area all’italiana e in una all’inglese, realizzato sul finire del secolo XIX per iniziativa della signora Teresa Mazzei. La chiesa di San Miniato, situata vicino alla villa, ha completamente perso ogni caratteristica medievale, essendo la facciata e il campanile frutto di una ricostruzione novecentesca e l’interno totalmente rifatto nel Seicento» (testo di Michele Occhioni).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/paesaggio/castello-di-fonterutoli
«Pur appartenendo amministrativamente al comune di Radicondoli, il Castello di Fosini è goegraficamente parte del territorio di Castelnuovo, poggiato com'è sopra uno sperone di gabbro alle sorgenti del torrente Pavone, di fronte alla "Cornata di Gerfalco", in un ambiente naturale tra i più belli e suggestivi dell'intera Val di Cecina. La sua edificazione può essere datata intorno all'anno 1000 anche se il primo documento certo risale al 1135 quando viene confermato nel possesso dei conti Pannocchieschi che erano, all'epoca, feudatari di circa 37 castelli e numerosi altri possedimenti estesi nel territorio senese, volterrano e populoniese. La giurisdizione spirituale era invece affidata all'episcopato volterrano, come dimostra una "bolla" del 23 aprile 1179 nella quale il papa Alessandro III consegna ad Ugo, vescovo di Volterra, un vastissimo territorio che andava dal fiume Elsa al mare, dalla val di Merse alla val d'Era, comprendente 12 monasteri, 50 chiese e 30 castelli, tra i quali Fosini. I primi proprietari del castello di Fosini, nel 1186, lo sottopongono al vescovo di Volterra, quando questo è un loro congiunto: Ildebrando Pannocchieschi. Alla morte di questi, il possesso del castello ritorna ai Pannocchieschi d'Elci. Dopo alterne vicende, nel 1332, proprietari e sudditi fecero atto di sottomissione al comune di Siena che lo assegnò alla Contea di Elci, distretto nel quale rimase anche durante tutto il periodo granducale. Oggi, nonostante sia stato abitato fino a pochi anni fa, Fosini rischia di franare per l'incuria ed il poco rispetto degli uomini».
http://web.tiscali.it/tesori.pisa/tesori.pisa/page9.html
«Per chi percorre da Siena verso Chiusdino e Massa Marittima la Strada Statale n° 73, il Castello di Frosini appare improvvisamente in tutta la sua imponenza, presentando con le sue piacevoli prospettive, il territorio di Chiusdino: un bel paesaggio dove i boschi ed i campi si alternano con sapienza ed armonia agli insediamenti urbani. Frosini è ricordato in documenti antichissimi: nel XI secolo costituiva uno dei feudi più importanti dei Conti della Gherardesca. A partire dal XIII secolo si fece sempre più forte su di esso il dominio di Siena che finì con l'annetterselo. Frosini dovette la sua importanza al fatto di trovarsi su una cruciale via di comunicazione, la strada Massetana, che univa Siena, le Colline Metallifere e la Maremma. Nel Medioevo il castello ospitò una Magione dei Cavalieri Templari, la "Mansio Templi de Fruosina", appunto, ricordata in molti documenti del XII e XIV secolo, che ospitava pellegrini, viandanti e quant'altri avessero bisogno di aiuto ed assistenza. Il Castello di Frosini, di proprietà privata, si presenta come una poderosa costruzione dai caratteri spiccatamente medievali, in prossimità di esso, un'antica chiesa romanica che si pensa facesse parte della Magione templare, e l'Arcipretura della Madonna del Buon Consiglio, realizzata nella prima metà del XIX secolo dall'architetto Baccani su commissione dei marchesi Feroni e che costituisce un vero gioiello dell'arte neoclassica disperso in un lembo della campagna toscana. Boschi, campi coltivati, poderi, filarui di alberi e siepi, costituiscono il paesaggio dintorno».
http://www.prolocochiusdino.it/index.php?/Il-Castello-di-Frosini/castello-di-frosini.html
GAIOLE IN CHIANTI (villa Vistarenni)
«In origine era conosciuta come Fisterinne e con questo nome, non si sa se riferito ad un castello o a un villeggio, la troviamo citata per la prima volta in una carta della Badia a Coltibuono risalente al 1033; in tale atto stilato nel castello di Montegrossi venivano definiti i confini con San Donato in Perano. Nel XV secolo Fisterinne era un villaggio appartenente alla famiglia Cecchini di Panzano. Nel 1621 diventa di proprietà di Giannozzo da Cepparello per poi passare nel secolo successivo alla famiglia Pianigiani, originari di Radda in Chianti e in quel periodo viene trasformata da castello in villa rinascimentale dotata di corte, orto, frantoio e cantina. Nel 1852 diventa di proprietà di Ferdinando Strozzi (1821-1878), senatore del regno d'Italia dal 1860 per poi passare, nel 1895 in proprietà del barone Giorgio Sonnino, fratello di Sidney Sonnino. La villa è una costruzione in stile cinquecentesco anche se l'attuale aspetto le è stato donato tra il 1914 e il 1919 su progetto dell'architetto Ludovico Fortini. La villa sorge in splendida posizione in pieno territorio chiantigiano. La facciata è caratterizzata da una scala spezzata in due tronconi di notevole impatto scenografico. Nel parco sorge una cappella dedicata a Santa Maddalena de' Pazzi. La cappella presenta sull'architrave la data 1584 e la seguente iscrizione: “D.O.M. TM MAGDALENA DE PAZZIS DI A.D. MDLXXXIV”. La cappella fu usata anche come sepolcreto privato dalla famiglia Sonnino. Resta il mistero del perché sia stata intitolata a Maria Maddalena de' Pazzi; probabilmente perché da giovane la futura santa visse per alcuni anni nel castello di Albolae alla famiglia dei Pazzi appartenne la cappella del Mercatale che si trova all'incrocio tra Albola, Radda in Chianti e Vistarenni».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/castelli-e-ville/villa-vistarenni
«Il termine Grignano deriva probabilmente da agrum Janii, cioè “terra dedicata a Giano”. La prima citazione certa del castello – de curte et castello Gragnani – risale ad alcuni documenti, datati 1016, dell’abbazia di San Michele a Passignano, come oggetto di compravendite e donazioni, come centro di un territorio curtense, come luogo nel quale venivano stipulati i contratti dell’epoca. Un accenno ad un “manso” in località Grignano si trova anche nella falsa donazione del marchese Ugo all’abbazia di San Michele a Marturi (datata dal falsario il 25 luglio 998, ma risalente agli ultimi decenni del secolo XI). Un documento del 1043 indicava il castello come appartenente al conte Landolfo di Piancaldoli figlio del conte Gotizio, signore di Monterinaldi. In seguito, Grignano passò ai Bernardini, dai quali prese il nome il vicino colle di Monte Bernardi, per poi entrare tra i possessi dei conti Guidi. Scarsissime le notizie delle vicende che lo interessarono in età comunale e nel tardo medioevo. Il fortilizio, situato su una collinetta che si erge sulla sinistra del Pesa, doveva probabilmente assolvere ad una funzione di controllo sul passaggio per il guado che il fiume presenta in quel punto. Nel 1452, mentre gli Aragonesi assediavano Castellina, Grignano fu assalito, espugnato e quasi completamente distrutto. La Repubblica fiorentina, in considerazione dei danni subiti dagli abitanti, li affrancò per dieci anni dalle imposte. Ricostruito in seguito dai fiorentini, il castello fu trasformato successivamente in casa colonica. Oggi della fortificazione rimane soltanto un breve tratto del circuito murario e, diminuito in altezza, il cassero, per buona parte ricostruito. Nel 1963, il castello di Grignano fu acquistato e restaurato dallo storico e scrittore inglese Raymond Flower, che al Chianti ha dedicato il volume Chianti: storia e cultura» (testo di Eleonora Belloni).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/paesaggio/cassero-di-grignano
«Il Castello di Grotti si trova nelle vicinanze di Siena, ma risulta collocato nel territorio comunale di Monteroni d’Arbia, situato su di una cima di un colle, al di sopra dei torrenti Sorra e Merse. Le prime fonti lo citano come luogo di origine di Orlandino di Azzo, un operatore finanziario dell’epoca. Appartenente alla famiglia patrizia degli Ugurgieri, nasce come fortilizio del sistema fortificato senese a sud della repubblica. Le due torri del castello sono in vista come quelle di S. Ansano e delle Strine alte. Il Castello risulta facente parte della soppressa curia di S. Michele a Palombara, ma annessa da lungo tempo alla parrocchia plebana di S. Giovanni Battista a Corsano della comunità di Monteroni d’Arbia, Diocesi di Siena. La torre di Grotti fu devastata, assieme alle case annesse ed alla vicina torre delle Strine, dai soldati Austro-Ispani, nell’ultima guerra contro Siena e Montalcino. Le grandiose torri e le terre annesse, rimasero di proprietà del casato patrizio degli Ugurgieri fino al 1687, per poi passare, caduta la Repubblica, alla famiglia del Marchese Nerli di Siena e successivamente alla famiglia Piccolomini. La dimora che presenta una pianta ad U ed una massiccia base a scarpa, è circondata da un ampio parco che risale probabilmente agli interventi operati nella seconda metà del XIX secolo dai marchesi Ballati Nerli. Esso risulta diviso in due settori: il giardino con essenze arboree disposte a filari e con siepi di bosso ed il parco all’inglese che invece presenta un impianto articolato con viali alberati ad andamento sinuoso, alcuni dei quali a gradinate, intervallati da numerosi elementi scultorei e sedute. Al centro del parco si trova un’aiuola circolare di siepi di bosso arricchita da una statua centrale».
http://www.dimorestoricheitaliane.it/node/216
LA LECCIA (resti del castello)
«Il primo documento a noi noto sul castello, che sorge in posizione isolata su un rilievo, circondato da un piccolo borgo, risale al 1077, quando il nobile Rodolfo di Guinizio ne acquistò una quota con il suo territorio curtense. Nel 1095, sua moglie Adalasia lo vendette a sua volta a tale Aldobrandino di Azzo. Purtroppo rimangono a noi oscure le vicende del castello in età comunale, ma è invece noto che nel 1432 Arrigo degli Squarcialupi, membro della famiglia che deteneva il dominio su Castellina, cercò di ottenere dall’imperatore Sigismondo anche la signoria sul castello, che in seguito passò sotto il controllo della famiglia Ricasoli. Da alcune missive inviate alla Repubblica fiorentina dai membri della nobile casata, apprendiamo che il castello fu oggetto di incursioni e devastazioni tra il 1494 e il 1530. Attualmente sopravvivono tracce del cassero del castello, anche se molto modificate, e constano di un grande fabbricato con pianta a L, alla quale si aggiunge una terza ala che pare di costruzione più recente. Dell’antica costruzione rimane anche un’alterata torre in pietra con base a scarpa, sul fronte est. In quello che attualmente è il cortile di ingresso all’attività ricettiva ospitata nel castello, si nota sulla parete sinistra una finestra antica, oggi occlusa, ad arco bicromo con conci color ocra e bruno, mentre dalla parte esterna, sempre a sinistra, sono visibili i resti di una porta, anch’essa risalente alle prime fasi costruttive del castello. I muri di terrazzamento sui quali sorge la struttura sembrano essere stati innalzati utilizzando anche pietre delle antiche mura. Numerose modifiche ed ampliamenti sono già documentati a partire dal secolo XVI. Nel corso del Settecento, l’aspetto del castello fu modificato di nuovo per renderlo più adatto alle comodità della vita in villa. Nel 1920, l’intera proprietà fu acquistata dalla famiglia Daddi, che tuttora la detiene. Nel luglio del 1944 il borgo, allora occupato dalle truppe tedesche, fu oggetto di pesanti bombardamenti, che distrussero parte della torre e devastarono un’ala della villa settecentesca. Nell’area prospiciente alla villa si dispiega il giardino all’italiana, con disegno geometrico caratterizzato da percorsi in ghiaia delimitati, accompagnato da un giardino più piccolo in posizione un poco defilata, circondato da basse mura in pietra» (testo di Michele Occhioni).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/castello-la-leccia
La Piazza (torre di Michelangelo)
«La casa rimane proprietà dei Buonarroti dal 1549 (anno in cui Michelangelo l’acquista) al 1867, quando Leonardo, l’erede del celebre artista, vende l’edificio. Descrizione. Percorrendo la strada che da Piazza conduce a San Donato in Poggio, nei pressi del confine tra le province di Siena e Firenze e addentrandosi in mezzo a vigneti e uliveti, si scorge una bella casa dalla tipologia a torre. Il proprietario, Rinaldo Busoni, l’acquista nel 1973 quando l’edificio è ridotto a un rudere; per non perdere l’antica struttura, inizia subito le opere di stabilizzazione e ristrutturazione. Mentre i lavori vanno avanti e si svela la bellezza dell’edificio, il signor Busoni viene a conoscenza di una storia assai interessante: gli abitanti della zona sostengono infatti che quel complesso sarebbe appartenuto allo scultore e architetto fiorentino Michelangelo Buonarroti. Impegnato per lavoro a Milano, Busoni segue i lavori di ristrutturazione solo nei fine settimana e, almeno inizialmente, non dà molto peso a questa voce, che gli sembra più che altro una leggenda. In seguito, con il pensionamento e il maggiore tempo libero a disposizione, il signor Rinaldo si mette alla ricerca di notizie storiche sulla casa che confermino o smentiscano i racconti della gente. Con determinazione, Busoni dapprima controlla l’archivio della Chiesa che annovera tutte le abitazioni del territorio, censite dai parroci probabilmente per la benedizione annuale: i registri rivelano un tale Simone Abate Buonarroti come proprietario della casa. Per Busoni si tratta di un’assoluta sorpresa; si spinge dunque a cercare altre notizie, giungendo all’Archivio di Stato di Firenze. Proprio qui conosce il professore americano Rab Hatfield, che aveva condotto molti studi su Michelangelo Buonarroti, raccogliendo nel libro The Wealth of Michelangelo tutti i contratti per le commissioni che venivano fatte al celebre artista. L’incontro con Hatfield consente al signor Busoni di scoprire che il nome dell’edificio, noto come “Torre al Colle”, compare per la prima volta in un documento del 1047, conservato originariamente presso l’archivio della Badia a Passignano e in seguito trasferito all’Archivio di Stato di Firenze (ASF, R. Pass, Diplomatico Passignano, TVA 361). Le carte rivelano che la torre sarebbe stata costruita come fortificazione e che in un secondo momento sarebbe divenuta casa padronale.
Dei vari proprietari succedutisi nel corso dei secoli, particolarmente importante risulta Pierantonio di Giovanfrancesco de’ Nobili (della corte di Cosimo dei Medici), che era certamente proprietario del complesso nel 1494, come attestano alcuni documenti dell’epoca. Alla sua morte, avvenuta nel 1548, la proprietà di Torre al Colle venne venduta dalla vedova Simona Guicciardini a Michelangelo Buonarroti, cui era legata da vincoli di parentela. Michelangelo acquista il complesso nel 1549 per 2360 fiorini. La compravendita viene gestita direttamente dal nipote Leonardo, come dimostra la fitta corrispondenza epistolare con lo zio che si trova a Roma. Dall’anno di acquisto, gli eredi della famiglia Buonarroti abitarono in quello che oggi è noto come “Torrino di Michelangelo” per più di trecento anni, e precisamente fino al 1867, quando l’ultimo pronipote di Michelangelo vendette la proprietà alla famiglia Manenti, che la detenne fino al 1888, anno in cui subentrò la famiglia Brandani. Gli attuali proprietari, i signori Busoni, l’hanno acquistata, come detto, nel 1973. Durante i decenni, sono stati effettuati diversi lavori di ampliamento e trasformazione. Il complesso architettonico era inizialmente parte di una rete di abitati fortificati che facevano capo al Castello di Grignano, abbattuto alla metà del Quattrocento dagli Aragonesi. La torre rappresenta la costruzione fortificata più antica (risale probabilmente alla seconda metà del XII secolo). Perse le funzioni difensive, venne trasformata tra il XV e il XVI secolo in un fabbricato colonico, con l’aggiunta di un fabbricato a pianta quadrata, la regolarizzazione dei prospetti, l’apertura di alcune finestre con cornici e la costruzione del giardino con il pozzo in pietra serena. Nel Settecento furono aggiunti un ulteriore edificio colonico a due piani e un frantoio, come documentato nella mappa del catasto lorenese del 1825» (testo di Ylenia Civitelli).
http://www.ecomuseochianti.org/mappa/torre-di-michelangelo
«Il castello di Lucignano (Licinianum detta poi Lucignanello), é situato su una collina al confine orientale del Chianti. Il castello e la corte di Lucignano sono attestati, dalla metà del 1100, in molti documenti delle abbazie di Coltibuono e della Berardenga. Si riferisce a Lucignano un documento dettato in casa dei Gherardini nel 1097, per mezzo del quale i figli ed eredi di Ugo de' Cadolingi, alla presenza di alcuni nobili di Cerreto, di Barbischio, di Sogna e di Salteano, promisero all'abate della Berardenga di non vantare pretese sui possessi che quella Badia aveva nelle corti di Brolio, di Licignano e di Campi. Tra la metà del 1100 e gli inizi del 1200 la chiesa di Santa Cristina passò in proprietà al monastero di San Giusto alle Monache (oggi San Giusto a Rentennano) e nella stessa epoca si definiva l'attibuzione del castello di Lucignano al contado fiorentino infatti, questo luogo rammenta quella Casatorrita che i delegati delle Repubbliche di Firenze e di Siena, nel 1203, designarono insieme con la tenuta di Lucignano, sulla linea di demarcazione politica, fra lo stato di Firenze e quello di Siena. Nei trattati di pace del 1175 fra Firenze e Siena, il governo senese rinunciò a tutti possedimenti fiorentini, castelli, ville e distretti del Chianti alto, a partire dalla confluenza della Burna nel’Arbia fino al Castagno aretino (oggi Castagnoli), e assolsero dal giuramento di sudditanza gli uomini di Brolio, di Lucignano, di Campi, di Tornano, e di Monteluco. Nel 1432 Lucignano fu nuovamente occupato dai Senesi, ma venne restituito ai Fiorentini l'anno seguente in seguito alla pace di Ferrara; venti anni dopo il castello fu nuovamente danneggiato nel corso della guerra aragonese. Del castello originario resta un alto edificio rettangolare con ambienti a volta, trasformato nel '500 ed al quale, successivamente, ma ancora in epoca medievale, venne addossato un altro corpo di fabbrica di uguale altezza con una grande porta ad arco tondo sul lato a valle. Altre costruzioni coeve con una porta analoga ed una ad arco ribassato racchiudono il cortile, al quale si accede da sud-ovest attraverso un arco in pietra».
http://www.comune.gaiole.si.it/cultura_e_territorio/castelli-e-ville/castello-di-lucignano
«Il Castello di Meleto sorge lungo la Strada Statale 408 che congiunge il Valdarno a Siena. Le origini del castello risalgono al XI secolo come possedimento dei monaci vallombrosani della vicina Abbazia di Coltibuono. Il primo feudatario del castello fu un certo Guardellotto presto spogliato di tutti i suoi beni a causa di contrasti sorti con l'imperatore Federico I Barbarossa. Il Barbarossa affidò Meleto alla locale famiglia dei Firidolfi, già insediata in altri castelli della zona. Nacque così il ramo dei Firidolfi detto appunto “da Meleto”. Una successiva divisione della famiglia darà vita a quello dei Ricasoli Fibindacci che legheranno fortemente il loro nome alla storia di questi luoghi del Chianti. Meleto fu una delle fortificazioni principali del Terziere della Lega del Chianti capitanato da Gaiole, ultimo baluardo dei territori controllati dai fiorentini. La posizione strategica, su un colle a diretto controllo della sottostante strada di collegamento fra il Valdarno superiore e il Chianti, segnò il destino di Meleto quale teatro di guerre secolari. senza però subire gravi distruzioni. La struttura, essenzialmente marziale dell'insediamento spicca ancora oggi, nonostante le trasformazioni subite nel XVIII secolo: la forma a quadrilatero irregolare, quasi un trapezio, con la presenza al centro della torre del cassero, sebbene notevolmente abbassata, ci mostrano un classico esempio di castello-recinto. Nel 1478 il castello fu occupato dall'esercito Aragonese alleato con Siena, ma due anni dopo fu prontamente riconquistato dai fiorentini che eseguirono notevoli lavori di rafforzamento delle strutture. Dei lavori del 1480 sono ancora intatti: i due possenti torrioni cilindrici bastionati dotati di apparato difensivo a sporgere ai due angoli meridionali - quelli più esposti -, di ballatoi in mattoni, con beccatelli e archetti per la difesa piombante, ai due angoli settentrionali aggettanti sul margine del colle; la parziale bastionatura delle cortine murarie verso l'unica strada di accesso, l'inserimento di feritoie e troniere, in parte scomparse, lungo il perimetro delle mura. Con queste strutture difensive, nel 1529 Meleto riuscì a resistere vittoriosamente all'assedio delle truppe imperiali. Nel 1700 il castello fu trasformato in villa e le sue difese in parte smantellate. I suoi interni, visitabili con guida a pagamento, risalgono a questo periodo con sale decorate e affrescate. Da vedere, un particolare teatrino del 1742 completo delle sue sette scenografie originali. Meleto rimase proprietà della famiglia Ricasoli fino ad una trentina di anni fa, oggi è sede di una azienda agricola produttrice di vino».
http://www.tuscany-charming.it/it/itinerari/castellodimeleto.asp
«Mensano è un centro medioevale di grande importanza storica e strategica; si trova su una collina di 492 m. s.l.m. Dalla quale si domina uno spazio che va dai Monti Metalliferi, alla Montagnola Senese alla Vallata dell’Elsa. Il tessuto urbano medioevale possiede scorci pittoreschi: archi, tratti di vie coperti, resti di cinta muraria con fortificazioni, ma l’edificio più importante è la Pieve romanica di S. Giovanni Battista della fine del sec. XII di stile pisano. La Chiesa con tre absidi e tre navate vanta l’opera del maestro Bonamico nelle sculture figurate dei capitelli delle colonne. Mensano, una delle frazioni che popolano il territorio comunale di Casole, fu un feudo del vescovo di Volterra, ma già nel 1227 passò sotto il dominio di Siena, la quale, durante la prima metà del '300 ne accrebbe le fortificazioni, oggi in stato di totale degrado; solamente una torre, per stato di conservazione, permette la visione di alcune sue aspetti originali, quali il basamento a scarpa ed alcune archibugiere. Dalla sommità della collina sulla quale insiste il borgo si può godere un meraviglioso panorama sia dell'Alta Val di Cecina sia dell'Alta Valdelsa. L'Abitato di Mensano è caratterizzato da interessanti costruzioni altomedioevali che si sviluppano lungo tre direttrici stradali urbane che, percorrendo l'abitato, avvolgono la collina disegnando tre ampi quasi-semicerchi sfalzati tra di loro da alcuni metri di dislivello».
http://www.torredoganiera.it/lng_it/terr/Terr_Mensano.htm
Miranduolo (resti del castello)
«Il Castello di Miranduolo è un antico castello della Val di Merse, a sud di Siena, di cui si hanno notizie dall'XI secolo. L'importanza di questo insediamento, per lungo tempo proprietà dei conti della Gherardesca, è da relazionarsi all'estrazione ed al commercio dei metalli. Di conseguenza, attraverso i secoli, l'insediamento ha conosciuto varie trasformazioni in base alle necessità operative. Al centro del castello sorgeva un Palatium, che ha attraversato diverse fasi costruttive dall'XI secolo fino al progressivo abbandono (fine XIII - inizio XIV secolo). Di questo palazzo sono ancora visibili le poderose fondazioni. Il castello, dal 2001, è stato studiato approfonditamente da un gruppo di archeologi ed esperti. I risultati di questi studi sono disponibili in rete, dove si possono trovare documenti ed informazioni su altri luoghi della Val di Merse. Il sito archeologico è vicino al paese di Chiusdino».
http://it.wikipedia.org/wiki/Miranduolo
«Il castello di Modanella si trova ai margini di una vallata, estrema propaggine della Val di Chiana, denominata Sentino. La si può osservare percorrendo la superstrada Bettolle-Siena poco prima dello svincolo per Serre di Rapolano. Casale con chiesa parrocchiale (San Giovanni Evangelista). Fu antica signoria dei Conti della Berardenga e della Scialenga. Se ne ha notizia grazie ad una assegnazione in dote alla Abbazia di San Salvatore della Berardenga, di alcuni loro beni posti in Modanella. In seguito fu acquistato dalla nobil casata senese dei Piccolomini. Esiste traccia che nel secolo XIII la Repubblica senese teneva in Modanella un fiduciario civile con in rappresentanza del potestà di Siena. Attualmente è stato trasformato in fattoria e agriturismo».
http://www.cretesenesi.com/rapolano-terme/castello-e-borgo-di-modanella-p-2_vis_9_62.html
Montaguto, Montagutolo del Bosco (castello)
«Il Castello di Montaguto, conosciuto anche come Montagutolo del Bosco, sorge alle pendici del Monte Maggio, ed è raggiungibile percorrendo una medievale strada selciata che parte dal vicino Castel Petraia. Già dal XII secolo sotto l'influenza senese, fu signoria dei nobili di Staggia e Strove, che poi cedettero il castello alla Badia S. Salvatore all'Isola (da un documento del 1203) e poi ai Soarzi, non senza contrasti con i monaci. Montaguto fece poi parte nel 1387 dei castelli che restarono fedeli a Carlo IV, contro la lega guelfa Toscana. Passò poi alla famiglia senese de' Malavolti che nel 1390 si schierò con Firenze e contro Siena. A tal fine la famiglia de' Malavolti si impegnò a guardare in nome della Repubblica Fiorentina otto fortezze tra le quali anche Montaguto. Più tardi fu conferito dal Granduca Ferdinando II a titolo di feudo al cavaliere Giovanni Bichi di Siena. Ancora oggi, seppure in stato di grave degrado e assalite dalla vegetazione, rimangono varie tracce della cerchia muraria, notevoli resti di una torre dotata di scarpatura in pietra, vari edifici rurali e la chiesa, con un bel portale architravato».
http://www.castellitoscani.com/italian/montagutolo.htm (a cura di Marco Ramerini)
«Le origini di Montalcinello risalgono presumibilmente al X secolo, come rivelano il suo assetto urbanistico ed alcuni documenti coevi: il titolo della pieve, San Magno, è ricordato in un documento del 987. La storia di Montalcinello conobbe l'intersecarsi delle contese per il suo dominio tra i Conti della Gherardesca ed i Vescovi di Volterra, conclusasi con la vittoria di questi ultimi. Nell'ultimo decennio del Duecento, il castello di Montalcinello, raggiunse una notevole importanza, grazie soprattutto al vescovo Ranieri degli Ubertini che vi edificò la nuova pieve e concesse ad alcuni coniatori di costituirvi la zecca episcopale. è l'epoca in cui il paese è conosciuto come "Montalcin de' Vescovi". Durante la seconda metà del Trecento, alla Signoria dei Vescovi di Volterra si sostituì il dominio della Repubblica di Siena. L'antica struttura urbana di Montalcinello è giunta fino a noi conservando gran parte dei caratteri originali: i suoi vicoli coll'antica pavimentazione in pietra, i suoi edifici, la pieve di San Magno con la facciata di bozze di pietra squadrata, evocano ancora la storia medievale di questo borgo. La costruzione dell'edificio risalirebbe al 1290 per volere del vescovo di Volterra Ranieri degli Ubertini. Molti sono stati gli interventi che si sono susseguiti nel corso dei secoli, dal rifacimento del tetto nel 1477 al restauro del campanile nel 1550. I gravi danni provocati dalla Seconda guerra mondiale causarono una lunga chiusura della chiesa fino alla realizzazione dei lavori di ripristino, avviati negli anni Settanta del XX secolo. Nel 1988 fu collocato nella lunetta sopra il portale un bassorilievo in terracotta. La facciata, col coronamento a capanna, è in grosse bozze di pietra e il paramento della parete laterale sinistra, con le molteplici sovrapposizioni di materiali, conferma la serie di interventi succedutisi nei secoli. Tutt'intorno poi, belle vallate, campi un tempo coltivati ed oggi lentamente riconquistati dal bosco... Recentemente il territorio a nord ovest del paese è stato interessato da numerose perforazioni geotermiche per la produzione di energia elettrica, riconoscibili per le ampie e possenti volute del fumo bianco dei "soffioni"».
http://www.prolocochiusdino.it/index.php?/Montalcinello/montalcinello.html
«Mons Ilcinus – sicuramente Montalcino - è citato per la prima volta il 29 dicembre 814 quando Lodovico il Pio succeduto a Carlo Magno suo padre, con un suo diploma concede in feudo ad Apollinare abate di Sant’Antimo un vasto territorio compreso fra il fiume Ombrone a Nord - Est, Orcia a Est - Sud e Asso ad Est, dove in seguito, su questa “collina luminosa”, sorgerà l’attuale città “l’anno della salute humana 935”. Gli abati del monastero di Sant’Antimo “divenuti potenti forse non dispiacendo loro di avere un soggiorno in Montalcino, luogo sano più dell’umida e cupa Valle Starcia (dove è l’Abbazia di Sant’Antimo), coadiuvarono nobilmente la nascente terra (Montalcino) indi si arrogarono la signoria essendo, come noto, l’abate di Sant’Antimo signore di grand’affare in queste parti di Toscana”. Montalcino venne costruito con relativa rapidità e viene da pensare su un progetto mirato. All’interno delle mura cittadine, che sono del 1100, aveva già le sembianze di oggi. Si “tagliò” il monte orizzontalmente per circa un chilometro di lunghezza, tanto si estende il centro abitato, dall’attuale Piazza Cavour fino a Porta Cerbaia su un dislivello che dalle Fonti Castellane, punto più basso dell’abitato 450 metri sul livello del mare, a trecento metri di distanza c’è la chiesa di San Salvatore, attuale Duomo, punto più alto 564 metri dal livello del mare. La scelta di “tagliare” il monte voluta sicuramente per “godere dei venti orientali e settentrionali” perché i venti marini hanno per compagni di via la febbre, il contagio, la morte” e per Montalcino aver costruito l’abitato ad ovest significava respirare l’aria portata da questi venti. “Metà della città non è piena di abitanti perché la metà di essa sarà vuota per campi ed orti” anche questa sicuramente fu una scelta voluta perché le zone verdi all’interno dell’abitato “in ogni evenienza” significava coltivazione di queste terre per alimentare almeno in parte, la popolazione residente. Si salvaguardarono le semplici e irregolari collinette che conferiscono all’abitato un aspetto pittoresco come quella dove fu costruita la prima Chiesa di Sant’Egidio poi abbattuta per far posto alla Fortezza trecentesca, quella dove si costruirono le chiesette di San Marco e di San Michele Arcangelo, poi Chiesa di San Francesco e relativo convento (questi tre Santi protettori di Montalcino saranno dipinti poi nello stendardo della comunità e quando la città fu divisa in terzieri, ognuno di essi prenderà il nome del suo Santo, cioè Sant’Egidio, San Salvatore e quello di San Francesco si chiamerà Castel Vecchio). Il “taglio” del monte comportò la costruzione di decine e decine di terrazzamenti, la realizzazione di opere idrauliche per regolare, oltre alle acque piovane, quelle dei ruscelli che solcavano il monte, e ciò per costruire strade e piazze larghe e assai piane “sebbene questa città, posta in una piaggia assai ripida, vi sono non di meno alcune strade completamente assai piane e larghe e quattro piazze pure in piano una davanti alla Cattedrale (oggi Piazza Santa Caterina), una davanti all’Ospedale, la più grande di tutte 1500 metri quadrati (oggi Piazza Cavour) una sopra il Palazzo di Giustizia (oggi Piazza Garibaldi), l’altra sotto il medesimo Palazzo (oggi Piazza del Popolo)”.
L’impianto urbanistico dato all’abitato di Montalcino ci ricorda molto vagamente le linee di edificazione romane; la strada principale, oggi Piazza Cavour, a nord, raggiunge Porta Cerbaia a sud – cardo – si incrocia con un’altra importante strada che dal Vignolo, est, va verso l’attuale Via Ricasoli, ovest – decumano – che di fatto divide a croce l’abitato. La Chiesa di San Salvatore - Duomo - è una costruzione dell’inizio dell’anno 1000. ... Nel 1462 Montalcino fu elevato a città da Pio II con propria bolla. I Montalcinesi rimasero sempre grati a Pio II tant’è che nella facciata dell’edificio che ospita le scuole dell’obbligo è stato collocato un bassorilievo in bronzo che raffigura il giovane Enea Piccolomini che spesso veniva a Montalcino in visita ai frati di San Francesco con il suo amico il montalcinese umanista Bernardo Lapini, con una testa di cavallo e popolo plaudente. Le mura cittadine con tredici torrioni e sei porte sono del 1100. ”Montalcino è circuito da due miglia e mezzo“ (un miglio toscano è uguale a 1653 metri), per cui le mura cittadine hanno una lunghezza di 4125 metri lineari. Ogni porta prese il nome di sei antiche famiglie: Monaldesca della Cervara oggi Porta Cerbaia, Della Cornia oggi Porta al Cornio, Della Gattesca oggi Porta Gattoli, Della Morella, oggi Porta Burelli, Della Castellana oggi Porta Castellana, Dell’Orsina oggi Porta al Cassero. Il Palazzo Comunale ... è del XIII secolo, così come sono una parte delle logge di piazza, dove nei tempi antichi fu realizzata una cappella dove si raccoglievano gli eletti chiamati a dirigere la comunità prima di prendere possesso della loro carica. La chiesa verrà demolita nel 1874. L’altra parte delle logge di piazza è del ‘400. Della chiesa di Sant’Agostino si ha testimonianza fin dal 1227 così come del ‘200 è la chiesa di San Francesco. Del ‘200 sono le Fonti Castellane – in pieno Medioevo l’acqua pubblica dentro le mura aveva un profondo significato per la popolazione più povera. In qualunque strada della città ci sono bellezze antiche, medievali, abitazioni, archi, vicoli, piccole strade, chiassini con scale che evidenziano l’irto sito dell’abitato. I nostri antenati non edificarono un’accozzaglia irregolare di costruzioni ma una città originale che dava il segno di una cultura urbanistica, signorile e di potenza».
http://www.montalcinoieri.com/montalcino/medioevo.HTM#3
Le foto degli amici di Castelli medievali
«...Le notizie partono dalla fine del XII secolo, con Montalcino già comune autonomo alleato di Siena durante la guerra, persa, contro Firenze del 1176. Ben presto Montalcino si trovò a dover contrastare le mire espansionistiche di Siena e l'alleanza fu rotta, addirittura nel 1200 il castello fu distrutto dall'esercito senese, momentaneamente in tregua con quello fiorentino, impegnato anch'esso ad eliminare l'analogo ostacolo costituito da Semifonte. La ripresa della guerra con Firenze impedì ai senesi di completare la conquista di Montalcino. Il castello rimase comunque sotto il protettorato della Chiesa e del Comune di Siena. Dopo un tentativo fallito di conquistare di nuovo l'autonomia, nel 1232 il castello fu rioccupato e costretto ad una nuova alleanza con Siena. Dopo l'ennesima rivolta il castello fu di nuovo espugnato dai senesi nel 1252 ma perso subito dopo grazie all'intervento di Firenze e Grosseto. A Montaperti i montalcinesi erano schierati con Firenze contro Siena e la vittoria di quest'ultima non fece altro che portarli ad una nuova perdita di autonomia. Nel 1269 Siena fu nuovamente sconfitta, a Colle, e Montalcino di nuovo libera. Solo dopo la metà del XIV secolo Montalcino tornò sotto il controllo di Siena. Risale a questo periodo la costruzione della Rocca col fine di controllare il centro cittadino. Ormai Montalcino era senese e nel XV secolo divenne uno dei centri più importanti del territorio della Repubblica. Nel secolo successivo la città e il castello resistettero all'assedio dell'esercito Imperiale e Mediceo nel 1553 durante la guerra che portò alla definitiva capitolazione senese nel 1555. Dopo la resa molti cittadini senesi raggiunsero Montalcino dove, capitanati da Piero Strozzi, fecero rivivere in esilio la Repubblica. La città divenne il capoluogo dei territori ancora non conquistati dai fiorentini e resistette fino al 1559 quando, ormai isolata dalla caduta di Talamone e Castiglione della Pescaia, fu offerta la resa e giurata fedeltà a Cosimo de' Medici. Il castello è ancora oggi praticamente intatto. Come detto la sua costruzione fu iniziata nel 1361 sul vertice meridionale delle preesistenti mura cittadine del 1200, incorporando il mastio di S. Martino, il torrione S. Giovanni. L'aspetto e quello classico di castello-recinto con pianta pentagonale dotato di torri a tutti gli angoli. La torre di sud-est è affiancata dal cassero. Le mura e le torri sono dotate di camminamento di ronda esterno aggettante, sorretto da archetti su beccatelli a piramide rovesciata, ancora oggi interamente percorribile. Le torri settentrionali sono aperte sul lato interno. Il castello incorporò anche un'antica basilica a tre navate, poi ridotta ad una per fungere da cappella alla fortificazione, della quale sono ancora visibili i resti presso la torre nord-est. Sul lato sud si estende il possente bastione mediceo, aggiunto da Cosimo alla metà del 1500».
http://www.castellitoscani.com/italian/montalcino.htm
Montalto in Chianti (castello)
«Il Castello di Montalto si trova nel territorio comunale di Castelnuovo Berardenga. Nella seconda metà del Cinquecento la Podesteria di Castelnuovo della Berardenga occupava il territorio corrispondente a quello dell'attuale comune. Una strozzatura tra i confini amministrativi di Gaiole e di Siena: quella ad ovest che comprende Vagliagli, Pievasciata, Quercegrossa, Pontignano, e Cerreto si potrebbe definire il Chianti senese; mentre l'altra a sud-est, con il capoluogo, San Gusmè, Badia Berardenga, Pacina e Monteaperti, costituisce più propriamente il territorio della Berardenga. Geograficamente il territorio di Castelnuovo si colloca tra le ultime propaggini dei monti del Chianti e la tipica zona delle Crete senesi. Il paesaggio è quello delle colline che separano la parte iniziale della valle dell'Ombrone, che nasce nel territorio comunale, da quella del suo affluente Arbia, che in alcuni tratti segna il limite amministrativo. Terra di antico insediamento, la Berardenga prende il nome dal nobile Berardo, di stirpe franca, vissuto nella seconda metà del X secolo, discendente da quel Guinigi che tra l'867 e l'881 era stato conte di Siena. Decaduti dal loro incarico a Siena, i discendenti di Guinigi si ritirarono in questa zona del contado senese ove, tra la fine del X secolo e l'inizio del XIII, organizzarono una signoria feudale attorno ad alcuni castelli come Campi, Capratusa, Capreno, Chiesamonti, Montalto, Monteaperti, Orgiale. L'istituzione principale della famiglia fu però l'antico monastero di San Salvatore a Fontenuova che, decaduto, fu nel 1003 rifondato da Ranieri e Berardo, figli di quel Berardo che, per aver riorganizzato il potere della famiglia su base fondiaria, dette il nome alla stirpe e, di riflesso, alla terra ove questa aveva consolidato il suo potere signorile. "Terra Berardinga" ricorre per la prima volta nel 1050 e, successivamente, si affermò il termine "Berardenga". Fin dalla metà del XII secolo, tuttavia, Siena cominciò ad esercitare un sempre più stretto controllo sul territorio della Berardenga e, un secolo dopo, la maggior parte dei castelli era inserita nell'amministrazione senese e i rispettivi signori furono vincolati con patti di sottomissione alla città. Per la sua importanza strategica come terra di confine, la Berardenga, all'inizio del XIV secolo, fu costituita sede di un vicariato e nel 1366 il Consiglio generale di Siena deliberò la costruzione di un nuovo castello presso il villaggio di Strada nel luogo detto "Poggio de' Frati". Sorse così Castenuovo Berardenga. Uno dei fatti che più colpisce fra gli elementi che ricordano l'organizzazione territoriale del Medioevo nel territorio di Castelnuovo Berardenga è il numero davvero elevato dei castelli. Tra i tanti castelli uno dei più famosi è senza dubbio il Castello di Montalto, posseduto dai Berardenghi fin dall'XI secolo, ma che nel successivo figurava assoggettato all'amministrazione fiscale cittadina. Durante una delle tante guerre combattute tra Siena e Firenze, nel 1208 i fiorentini riuscirono a conquistarlo e distruggerlo, tanto che un cronista a proposito di Montalto ebbe a rimare: "est factum planum / Mons Altum nomine vanum". Ma negli anni successivi il castello fu nuovamente fortificato da Siena, cosicché nel corso della campagna del 1478-1479 fu invano assediato dai fiorentini. Il Castello di Montalto è stato ristrutturato completamente "in stile" nell'Ottocento, ma è ancora possibile leggere buona parte delle originali apparecchiature difensive».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Montalto/castello%20montalto.htm
«La collina di Montarrenti comincia ad essere abitata tra la metà del VII e la metà dell'VIII secolo come un villaggio di capanne circondato da due palizzate lignee a difesa della parte bassa e alta del rilievo. Tra la seconda metà del VIII e IX secolo l'insediamento diviene un centro curtense assumendo il ruolo di centro di raccolta di prodotti agricoli delle campagne circostanti. La palizzata è sostituita da un muro in pietra legato da malta. Nella seconda metà del IX secolo il centro viene in parte distrutto ma non abbandonato. Nel X secolo l'abitato torna un villaggio contadino, caratterizzato da un'economia tesa all'autosufficienza e nuove abitazioni vengono insediate sui versanti del colle. Tra il XII e il XIII secolo si assiste ad una vera e propria trasformazione dell'insediamento che diventa un castello signorile dominato da alcuni piccoli nobili lombardi legati alla famiglia degli Aldobrandeschi. Sono costruite due cinte murarie di pietra: una cinge due torri e un grande "palatium" sull'area sommitale e l'altra le nuove case in pietra sui versanti del colle, circondata da un fossato. Nel 1217 il Comune di Siena estese il suo dominio su una vasta area della Toscana meridionale ed i nobili del castello giurarono fedeltà alla Repubblica di Siena. A partire da quest'anno, ogni sei mesi, inviarono un podestà sino al 1271 quando le autorità cittadine ne decisero l'abolizione a causa di un forte decremento demografico. Nel XIV secolo sappiamo che il "Cassero" era di proprietà di Giovanni Meschiati legato alla famiglia Petroni che possedeva, insieme all'eremo di Santa Lucia di Rosia, la maggior parte delle proprietà della zona. La proprietà principale rimase ai Petroni fino alla metà del XV secolo, quando passò in mano alla famiglia Dati e successivamente ai Ghini, che ancora nel '700 erano proprietari della zona. Il castello in quel periodo viene descritto come ormai in rovina: le mura delle abitazioni erano crollate, le due torri dell'antico cassero erano occupate dalle famiglie dei contadini e nella Chiesa di Santa Maria non si officiava più. Oggi del castello restano i due imponenti torrioni del cassero con particolari di pregio come finestre ad arco tondo, finestre gotiche, feritoie, porte romaiche e porte gotiche (bellissima quella della torre principale sovrastata da uno stemma senese scolpito nella pietra)».
http://www.astrofilisenesi.it/Montarrenti/montarrenti.htm (a cura di Simone Leonini, UAS)
«Il borgo di Montefollonico è circondato da mura anche se in qualche parte diroccate. Lungo il percorso delle mura troviamo sette torrioni di fortificazione alcuni dei quali demoliti. Le mura sono organizzate in funzione di una tripartizione della comunità. Il sistema difensivo era costituito da tre porte, di Follonica e del Triano sull'asse longitudinale, del Pianello o Nuova, sull'asse trasversale dell'abitato e da un torrione rettangolare. Particolarmente interessanti sono gli interventi tardo-quattrocenteschi di rinforzo alla cinta muraria, soprattutto per la dislocazione simmetrica delle quattro torri di diverso diametro. La porta Follonica è fabbricata tutta con pietre conce con un grossissimo murale e due baluardi, collocati lateralmente, di forma rotonda; uno non esiste più, l'altro serve per abitazione. Sopra questa porta scorgeva uno stemma gentilizio rappresentante a destra un albero e a sinistra un leone rampante. La porta del Triano è racchiusa da mura poderose; sopra l' arco è situata una lastra di marmo dove si leggono le seguenti parole: IN NOMINE DNI-AM ANNO DNIMCCLXXVIII. Ai lati di questa porta ci sono due baluardi di forma rotonda, uno di questi è diroccato, così come da questo baluardo fino all'antiporto sono diroccate le mura, ma da quei pochi avanzi che ne rimangono si conosce che tutte le strutture erano composte di pietra concia ed avevano "quattro braccia" di grandezza. Vicino a questa porta vi è ancora una torre, dall'altezza di circa "trenta braccia" chiamata il "cassero", composta di pietra concia. Anche Porta Nuova detta Porta del Pianello è realizzata in pietra squadrata. L'arco maestoso con antiporto minore, parte di pietra, parte di mattoni, è alto circa "dodici braccia". Al di sopra dell'arco esterno della porta, è oggi murato uno stemma di marmo bianco con sopra un leone rampante. Questa che è attualmente la porta principale del paese costituisce un esempio di architettura militare del XIV o XV secolo».
http://www.montefollonico.it/virtualtour.php
Montegrossi (ruderi del castello)
«Il castello di Montegrossi, anche conosciuto come “Montegrossoli” o “Poggio Rodolfo”, era la sentinella e ultimo baluardo del sistema feudale medievale costituito nel Chianti. Eretto a circa 700 metri di altezza sulla cresta dell'ultimo rilievo della piccola catena montuosa che fa da confine fra i territori del Chianti e del Valdarno Superiore, da sempre oggetto di dispute fra Firenze e i suoi nemici, domina il valico e la strada che collega le due aree, oltre a entrambi i versanti di gran parte della vallata. Le prime notizie del fortilizio risalgono al 1007: un documento dell'abbazia di Passignano nomina il castello come proprietà dei figli di Ridolfo, dai quali discesero i Firidolfi e i Ricasoli. Nel 1172 fu conquistato e distrutto dai Fiorentini che consideravano il fortilizio un grosso ostacolo per i loro movimenti nella zona. Dopo pochi anni i resti del castello divennero feudo della famiglia chiantigiana dei Firidolfi, i quali ne curarono la ricostruzione. Alcune fonti sostengono che furono proprio questi feudatari a sfruttare la posizione strategica di Montegrossi come base per azioni di brigantaggio e saccheggio a scapito delle carovane dirette a Firenze. Poco dopo il castello entrò a far parte, come punto di forza, della catena di fortificazioni volute dall'Imperatore Barbarossa dal Chianti a Fucecchio, nel Valdarno Inferiore, per controllare tutta la Toscana centrale. Ma anche questo dominio non durò a lungo e durante la guerra fra la Lega dei Comuni Toscani e le forze imperiali, i Fiorentini si rimpossessarono del fortilizio. Oltre a un potenziamento dei sistemi di difesa la piazzaforte, vista la sua importanza, fu dotata di una guarnigione permanente. Nei secoli successivi Montegrossi fu più volte assediato con grande accanimento. Gli attacchi più massicci giunsero dagli Aragonesi nel 1478 e nel 1530 dall'esercito di Carlo V che rase al suolo definitivamente il castello, per evitare che la sconfitta Repubblica Fiorentina potesse, una volta risorta, utilizzarlo come punto di forza nel Chianti. Da allora i ruderi di Montegrossi sono abbandonati, oggi sulla cresta del monte svetta ancora l'imponente cassero con torre circondato da ciò che resta del recinto fortificato, purtroppo solo pietre sparse nella vegetazione. Sul cassero è possibile ancora notare l’originale porta d'accesso, a un livello rialzato dal terreno e, all'interno, i capitelli di pietra che sostenevano le assi dei solai. Nella parte più a nord, forse la parte adibita ad abitazione, possiamo ancora vedere i resti del soffitto a volta in pietra di alcuni locali. Nonostante del castello non rimangano che rovine, la sua presenza non può passare neanche oggi inosservata a chi transita dal Valdarno al Chianti o viceversa. L'immagine migliore la si può avere dalla vicina Abbazia di Coltibuono, posta sul versante valdarnese del valico, mentre per rendersi conto di quella che era la sua importanza strategica basta salire fin sotto le rovine e far spaziare lo sguardo a 360 gradi».
http://www.sitoscana.it/scheda_itinerario.php?id_prodotto_itinerario=729&Castello-di-Montegrossi
Monteguidi ("castello" Aldobrandesco)
«Monteguidi fu fino alla prima metà del XIII sec. un castello della famiglia degli Aldobrandeschi, potente casato di origine longobarda, che già vantava immensi possedimenti in ampie aree della attuale Toscana ed anche al di fuori di essa. Le dimensioni del borgo sono modeste, poco oltre i 130 metri di lunghezza per 40 di lunghezza, e la cerchia muraria oggi risulta quasi invisibile. Monteguidi offre al visitatore alcuni interessanti edifici di chiara origine medioevale e due chiese, quella della Visitazione e quella di Sant'Andrea e San Lorenzo. Mentre la prima non offre molto al visitatore, la seconda conserva al suo interno alcune opere degne di interesse; citiamo una Madonna con Bambino, della Bottega di Niccolò di Segna, una predella ripartita in 15 scomparti raffigurante i Misteri del Santissimo Rosario ed una Madonna del Rosario, attribuite al Casolani, pittore nativo del vicino borgo di Mensano, morto nel 1607. Dietro la chiesa è possibile vedere forse l'unico tratto delle mura di fortificazione originali, mentre, adiacente alla facciata si notano i resti di una torre in pietra inglobati in una casa».
http://www.torredoganiera.it/lng_it/terr/Terr_Monteguidi.htm
Montelifrè (resti del castello)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Montelifrè nel Medioevo si chiamava Monterenfredi faceva parte dei castelli della Scialenga. Il castello insieme alle altre comunità della Scialenga entra a far parte del contado senese tra fine XII-inizio XIII secolo. Nel 1213 i sedici capofamiglia di Montelifrè parteciparono al giuramento che sanciva la subordinazione delle comunità già dominate dai conti Scialenghi, al Comune di Siena. Anche se ancora un secolo dopo, il cassero e la fortezza di Montelifrè erano proprietà di un discendente degli Scialenghi della linea dei Cacciaconti. Le fortificazioni del castello avrebbero dovuto essere distrutte nel 1289, per delibera del Consiglio Generale di Siena, ma forse il provvedimento non ebbe corso, o il castello fu presto ricostruito dato che sono ancora ben visibili le rovine del cassero. In epoca non precisata si sarebbero affermati, presso il castello i possedimenti della nobile casa dei Martinozzi di Siena, derivata da un Martinozzo di Montepulciano, fiorita sul principio del '300. Attualmente l'unica via di accesso a Montelifrè è una strada campestre, ma in origine il sistema di collegamento al castello era più capillare: la strada proveniente da Montisi, di cui restano alcuni tratti selciati, una volta raggiunto il borgo, lo attraversava completamente fino alla porta nord, da cui per il bosco conduceva ai mulini e al torrente, proseguendo poi in direzione di Trequanda. Tale strada ha sempre subito le difficoltà causate dagli smottamenti e dalle inondazioni, fino alla sostituzione del percorso avvenuta nel XVIII secolo. La via di accesso a Montelifrè è una strada campestre, delimitata da un lungo filare di cipressi, che si stacca dalla strada principale che porta a Montisi, all'altezza del Madonnino detto di Montelifrè. Sulla vetta della collina si trovano i grandiosi ruderi della rocca in bel filarotto. Ai piedi di essi, sul versante sud-est si trova la parte bassa del castello, racchiusa entro un circuito di mura, che inglobano a metà una torre e sulle quali è poi sorta una fila di case. Nelle mura si aprono due porte contrapposte: una a sud-ovest con antiporto e una a nord-est, collegate in origine da una strada, molto caratteristica, di cui sono rimasti soltanto circa due terzi; infatti, verso la porta di nord-est, è stata costruita una casa colonica che la interrompe, costringendo ad accedervi da un vicoletto laterale, tanto che l' antica porta serve ora soltanto di accesso al cortile della casa suddetta, mentre l' ingresso al borgo è stato spostato verso la rocca. Intorno alle strutture e all'interno della fortezza, si vedono grossi avanzi delle mura, ricoperti dalla vegetazione. I materiali di risulta del crollo, trascinati verso il basso si sono ammassati contro il basamento delle mura. In direzione della porta ovest si trova la chiesa di S. Biagio ricostruita nel corso del XVIII secolo».
http://www.archeospot.it/?q=it/node/54
MONTELUCO DI LECCHI (castello)
«...Continuando per la strada da poco abbandonata si raggiunge subito il villaggio di Lecchi, dal quale si sale a destra al castello di Monteluco di Lecchi, che domina da una stupenda posizione tutta la valle del Massellone. La prima sicura memoria di Monteluco la troviamo nel 1176, quando è tra i castelli che i senesi dovettero cedere a Firenze. Divenne possesso dei Ricasoli di Cacchiano nel 1182, quando fu loro ceduto dall'abate di Coltibuono, possesso confermato da Enrico VI nel 1197, anche se per molti anni continuò ad esercitare un controllo su questa zona quel Guarnellotto Mazzalombardi, che Federico I aveva estromesso da Campi e da Tornano finché nel 1229 Firenze promise tanto a Guarnellotto che a Diotisalvi Ricasoli di restituire loro le torri di Monteluco, una volta terminata la guerra con Siena; infatti, per la sua posizione strategica, Monteluco non cessò mai di essere molestato dai Senesi, che non sapevano rassegnarsi a rinunciarci. Oggi il castello si compone di due nuclei ben distinti: un avamposto più basso, lungo la strada di accesso, in forma di poderoso torrione in pietra con numerose aperture; sulla vetta è un grosso complesso che si svolge attorno a un cortile, al quale si accede per un elegante arco in pietra e mattoni; nel corpo di fabbrica a destra sono i resti di un apparato a sporgere in un angolo, mentre il corpo di fabbrica a sinistra dà l'impressione di essere stato un mastio. L'insieme di questi edifici era poi difeso da una cinta di mura, della quale si conservavano vari tratti. Tutto il complesso è stato recentemente restaurato. Dopo Lecchi si sale rapidamente con magnifica vista su Monteluco, sulla valle e sui monti attorno. Giunti al culmine della salita, una breve deviazione a sinistra conduce ad Ama, castello attestato nei primi decenni del sec. XIII come dominio di un ramo dei Ricasoli».
http://www.greve-in-chianti.com/it/san_polo_in_rosso.htm
«Montepescini, notizie nel 1055. Dei conti Ardengheschi, poi sotto la giurisdizione senese fin dal 1202. Restano ruderi accanto all'attuale costruzione in buono stato. Visibile una torre una torre rimaneggiata ed ampi sotterranei a volta».
http://www.prolocomurlo.com/index.php?option=com_content&task=view&id=25&Itemid=38
Monteriggioni (castello della Chiocciola)
«Lo vedi spuntare al crocevia di terre ricche di storia il Castello della Chiocciola: da una parte l’antica Via Cassia, che si è appena lasciata alle spalle l’imponente fortezza di Monteriggioni: questa è la strada che i romani percorrevano per andare a Firenze e che tuttora è praticata da chi ha voglia di godersi il panorama della campagna Toscana, abbandonando per qualche ora la retta via di strade più moderne e scorrevoli. Poco più in la, ecco snodarsi i sentieri della Via Francigena, dove i pellegrini di tutta Europa,con ruvidi mantelli, bisacce, cappelli a larghe tese e i bastoni con la punta metallica, calpestavano queste terre per raggiungere la città eterna,e quando erano di ritorno, vedevi appuntati i riquadri di stoffa con le effigie dei santi Pietro e Paolo. Infine le strade della Montagnola Senese, ricche di percorsi per il trekking, che vanno da Colle Ciupi, a Santa Colomba, fino a San Leonardo al Lago, inerpicandosi tra boschi di quercia e lecci, perseverando sensazioni di pace e benessere. Il Castello ha una storia antica: insieme ai vicini fortilizi medievali di Riciano, Strove e Monteauto, serviva come avamposto di difesa per proteggere la repubblica di Siena, dagli attacchi della rivale Firenze. La Chiocciola deve la sua notorietà anche a un glorioso fatto d’armi: resistette ostinatamente agli attacchi di un battaglione di mille fanti e cento cavalieri austro-spagnoli, al tempo della guerra di Siena nel 1555. Il Castello si arrese con l’onore delle armi, dietro pagamento di 700 scudi d’oro ai vincitori. Tra i vari proprietari, che si sono succeduti nel dominio, i più importanti sono stati i Piccolomini d’Aragona, seguiti dai conti Brancadori. Proprio un membro della famiglia Brancadori, verso la metà del 1800, si giocò il castello durante una notte di ozi e libagioni, facendolo passare nelle mani dell’inglese Mister O’Brien. Nei suoi sotterranei, è tuttora conservata una grotta risalente al periodo neolitico, e parte dei suoi reperti sono conservati nelle sale del British Museum di Londra. è definito uno dei più bei castelli della provincia di Siena,e con la sua torre possente e cilindrica, che termina con una garitta, sbuca all’improvviso tra oliveti e campi seminativi. Il feudo, composto da due edifici, è costruito su fondamenta etrusche e costituisce un raro esempio di architettura normanna. Sembra che sia stato così concepito nel medioevo, come roccaforte dei feudatari della vicina Staggia. Il nome “Chiocciola” viene attribuito alla scala elicoidale, che è all’interno della torre, alla quale si accede ancora dall’antica porta in ferro battuto del XIV secolo. Il castello con il cassero merlato e il torrione cilindrico, sono entrambi arricchiti da beccatelli in mattoni. La residenza, comprende anche un vasto edificio costruito nel 1700 e adibito a residenza padronale, abbellito da volte e arcate, e protetto da un giardino adorno di lecci secolari. A poca distanza, troviamo “La Villa”, una grande torre quadrata in pietra, coronata da merli, circondata da mura e da altre costruzioni, che una volta era inclusa nel territorio della fattoria».
http://www.comune.monteriggioni.si.it/index.php?option=com_content&view=article... (a cura di Stefania Pianigiani)
Monteriggioni (mura, fortezza)
Le foto degli amici di Castelli medievali
Il video di Daniele Natali
«Il Castello di Monteriggioni venne edificato a partire dal 1213 sul Monte Ala e la costruzione durò 6 anni. Venne costruito a spese della Repubblica di Siena intorno ad una fattoria Longobarda preesistente allo scopo di sbarrare la strada ai fiorentini, nelle lunghe guerre fra le due città. La costruzione di un castello ex novo rappresentava una novità nella politica espansionistica della città di Siena, infatti in precedenza, la Repubblica aveva comprato castelli già esistenti come quello di Quercegrossa. Dunque la Repubblica di Siena acquistò il terreno dai nobili di Staggia e sopra vi edificò il castello. La cinta muraria è di forma ellittica, ha una lunghezza di 570 metri, ha lo spessore di circa 2 metri. Le 15 torri - una è interna - hanno le dimensioni di 6 x 4 metri e si elevano per 15 metri al di sopra della cinta muraria. Le mura erano fornite sia di merlature quadrate sia delle “bertesche“ cioè strutture in legno che sporgevano dal filo delle mura nei punti di maggiore impegno difensivo. Il Castello di Monteriggioni era circondato dalle “Carbonaie“ cioè un fossato riempito di carbone e che veniva incendiato durante gli assalti degli assedianti. Al castello si accedeva da due porte, una a levante che guarda verso Siena è detta “porta romea o franca“; l’altra guarda a ponente verso Firenze, diametralmente opposta alla prima è detta “porta S. Giovanni o Fiorentina“. Gli storici hanno pareri contrastanti sulla presenza del “ponte elevatoio“. Documentate è invece la presenza delle “saracinesce“ che venivano sollevate con delle catene e sistemi di carrucole. Le due porte presentano anche oggi i segni dei cardini e di buche usate per per le stanghe di chiusura. In corrispondenza della porta San Giovanni, sono evidenti i resti di un’altra struttura difensiva, il cosiddetto “rivellino“ cioè una struttura addizionale a forma rettangolare anteposta alla porta principale e dotata a sua volta o di un ponte elevatoio o di una seconda porta. I senesi probabilmente vennero nella determinazione di costruire il Castello di Monteriggioni ricordando un fatto d’armi avvenuto nel 1145, quando presso Monte Ala (dove sorgerà il fortilizio), i Senesi sconfissero i Fiorentini. Per il possesso di Monteriggioni si combatté tra senesi e fiorentini nel 1244 e nel 1254. Nel 1269 dopo la battaglia di Colle (immortalata da Dante Alighieri nel XIII canto del Purgatorio) i Senesi vinti si rifugiarono a Monteriggioni invano attaccato dai Fiorentini.
Dopo la peste del 1349 i Senesi tennero a Monteriggioni un capitano con più fanti allo scopo di ripulire la zona dai malfattori che taglieggiavano la povera gente, si racconta che gli abitanti dopo aver sorpreso in fragranza di reato quattro delinquenti forzando la mano del capitano che era di guarnigione al castello, fecero dei 4 giustizia sommaria impiccandoli. Come dagli “statuti del comune et uomini di Monteriggioni“ nell’anno 1380, gli abitanti difensori di Monteriggioni, erano considerati “Cittadini di Siena“. Nel 1383 un gruppo di esuli Senesi con un inganno si impadronirono del Castello ma, non sostenuti dai Fiorentini, si arresero. Durante il ‘400 ‘500 le mura vennero abbassate, per rispondere alle nuove esigenze dell’arte militare che doveva tener conto dell’artiglieria. Vennero allora a vanificarsi anche il senso delle carbonaie. Nel 1526 i Fiorentini assediarono Monteriggioni con 2000 fanti e 500 cavalieri battendo le mura con l’artiglieria. Il Castello di Monteriggioni resistette e dopo il 25 luglio di quello stesso anno, nella battaglia di Camullia i Senesi sconfissero l’esercito pontificio, alleato dei Fiorentini interruppero precipitosamente l’assedio. Il 27 aprile del 1554 Monteriggioni venne ceduto a tradimento, senza combattere, dal capitano Zeti al Marchese di Merigliano che si apprestava a soffocare la libertà dalla Repubblica di Siena, come avvenne nel 1555. Con questo tradimento il Capitano Zeti, fuoriuscito Fiorentino, cedette la fortezza altrimenti inespugnabile, facendo crollare il sistema difensivo Senese (costituito dai fortilizzi di Petraio, Monte Auto, Quercegrossa, la Chiocciola) e determinando la fine della Repubblica di Siena. Gli abitanti di Monteriggioni furono portati schiavi a Firenze e di loro non si seppe più nulla. Nonostante Monteriggioni fosse stata conquistata ciò non fu sufficiente a scalfire la sua fama di fortezza inespugnabile. Dalla repubblica di Siena il Castello passò sotto il principato dei medici, Monteriggioni fu da questi venduto alla famiglia del Golia di Siena, successivamente ai Batta, ai Visconti, ai Fabbroni, ai Daddi e nel 1704 agli Accarigi. L'ultimo degli Accarigi passò il vitalizio alla famiglia Griccioli che ancora ha possedimenti nel Castello e nelle campagne».
http://www.monteriggionicastle.com/lastoria.html
Monteriggioni (torre della bonifica)
«Nell'anno 1002 la contessa Ava, ricca feudataria parente dell'imperatore Ottone III, istituì in suffragio della propria anima un monastero di benedettini, assegnando ai monaci una chiesa e un borgo situato lungo la via Francigena al margine di una depressione paludosa dalla quale prese il nome "Isola". Per il mantenimento assegnò 42 cascine e masserizie, oltre a sostanziosi tributi e decime varie. I monaci fondarono un'Abbazia (da cui Badia) che col tempo divenne più potente dei feudatari donatori. Nel frattempo anche la Repubblica Senese incrementò la sua potenza economica e politica. Nel 1213 i Senesi costruirono il borgo fortificato di Monteriggioni che divenne un baluardo difensivo contro la nemica Firenze e una minaccia verso Volterra sotto il cui vescovato era Badia a Isola. Si creò così una contrapposizione non soltanto politica ma anche topografica tra Monteriggioni e la Badia che si fronteggiavano ai lati opposti della depressione paludosa. I monaci decisero di bonificarla mediante una galleria di scolo inizialmente all'aperto e poi sotterranea, che convogliava le acque nel torrente Staggia; allo scopo di ottenere un consistente aumento nella produzione di cereali. Ai Senesi invece faceva comodo che la palude (chiamata anche "il Canneto") restasse tale e quale; sia come ulteriore ostacolo difensivo, sia perché il terreno molle poteva produrre maggiore quantità di foraggi per i cavalli della guarnigione. Ne scaturirono interminabili schermaglie diplomatiche, con produzione di documenti autentici ma talvolta anche falsificati e non mancarono gli scontri sanguinosi. Nel 1242 il Podestà di Siena ingiunse ai monaci di sospendere lo scavo della galleria, minacciando pene pecuniarie e spedizioni punitive; un gruppo di armati riempì fossa e galleria. I monaci chiesero l'intervento del Vicario Imperiale che dette loro ragione. La questione andò avanti per molto tempo, con atti di forza e bastonature a sangue da una parte e ricorsi all'autorità imperiale dall'altra; finché nel 1246 si giunse a un compromesso che permise ai monaci di ultimare la galleria, ma concesse ai Senesi una consistente striscia di terreno al di là del fossato. Anche oggi, nonostante i secoli trascorsi, traspare ancora nella topografia dei luoghi, la storica inimicizia: da Badia a Isola lo sguardo spazia nella pianura bonificata, dalla quale emerge una vecchia torre che fronteggia nello sfondo il borgo fortificato di Monteriggioni. La torre è situata proprio sopra l'alveo del canale artificiale sotterraneo; serviva da sfiatatoio e controllo del livello delle acque. Dall'interno di essa si può malagevolmente penetrare in alcuni tratti del canale di scolo. In passato la galleria era percorribile per oltre 400 metri; oggi è percorribile solo a tratti perché intasata da melma e detriti».
http://www.lamiaterradisiena.it/Speleo.cavit.artificiali/Monteriggioni/cavartifmonteriggioni.htm
Monternano (ruderi del castello)
«Il territorio di Castellina in Chianti è punteggiato dai resti di numerosi castelli medioevali, antiche dimore feudali che svolsero per lo più un ruolo difensivo. I ruderi del Castello di Monternano testimoniano la potenza raggiunta dalla famiglia Squarcialupi. La posizione di Monternano [precedentemente noto anche con i nomi di Montennano, Mortennano e Montennana], sul confine fra i territori delle Repubbliche Senese e Fiorentina, era strategicamente di primaria importanza: posto lungo il versante meridionale dei rilievi montuosi che dal Chianti scendono nella Val d'Elsa, su uno sperone roccioso sopra il borro del torrente Strolla dal quale esercitava il controllo di due arterie fondamentali della viabilità medievale come la via Francigena, nella sottostante val d'Elsa, e la strada di Giogoli, nel Chianti senese. Insieme alla vicina Poggibonsi costituiva uno sbarramento inespugnabile alle incursioni Fiorentine verso sud. Già nel 1201 l'esercito della città del giglio attaccò Monternano danneggiandolo gravemente, ma fu nel 1220, adducendo la scusa che alcuni mercanti di Firenze erano stati depredati dagli Squarcialupi, che la possente rocca fu espugnata e rasa praticamente al suolo. In questa occasione venne probabilmente usata per la prima volta in Toscana la tecnica d'assedio di scavare gallerie sotto le mura nemiche per minarle e provocarne il crollo. Grazie all'aiuto di Poggibonsi e l'appoggio dell'imperatore gli Squarcialupi riuscirono a ricostruire il castello e mantenerlo fino al 1254 quando l'esercito fiorentino, di ritorno dal vittorioso assedio a Monteriggioni, lo riconquistò definitivamente. Il castello ha forma rettangolare, con i lati più lunghi orientati a sud e nord, di dimensioni particolarmente vaste per la zona, oggi è ridotto ad imponenti ruderi semi sommersi dalla vegetazione. Il perimetro murato occupa per intero il rilievo dal quale si dominano la val d'Elsa e i borri circostanti. La strada sterrata ci conduce direttamente sotto il fronte est, il più possente grazie alla presenza agli angoli di due torrioni semi cilindrici. Passando sotto a quello di sud-est si arriva alla porta principale, ancora in buono stato di conservazione, dotata di un bell'arco a tutto sesto. Si può notare come questo tratto di cortina muraria sia stato rinforzato, probabilmente dopo l'assedio del 1220, con l'aggiunta di una primitiva forma di base a scarpa. Entrati all'interno del perimetro murato appare chiaro che il fortilizio era diviso in due parti, quella a est, con funzioni residenziali per i feudatari e quella a ovest, più vasta, usata come piazza d'armi con edifici di servizio o come area destinata al ricovero della popolazione del contado in caso di pericolo. Nella parte residenziale, costruita con filaretto di buona manifattura, sono ancora presenti i resti di alcune volte e locali sotterranei, fra i quali la cisterna, oggi accessibile con un'apertura postuma, proprio di fianco alla porta, anche dall'esterno della cinta muraria».
http://www.lamiaterradisiena.it/Castelli/Monternano/castello%20monternano.htm
Monteroni d'Arbia (castello di San Fabiano)
«Il Castello di San Fabiano è situato a 1 km da Monteroni d'Arbia (12 km da Siena) completamente isolato e immerso nel verde. L'esistenza di case che costituivano la "curtis" insieme alla Chiesa dedicata a San Fabiano e San Sebastiano, è attestata sin dall'867 nell'atto di donazione emanato dal conte di Siena Guinigi per il suo monastero di Fontebona (oggi Berardenga). Nel 1200 il villaggio era sede di un piccolo comune. Si tratta di un grande edificio in mattoni sicuramente costruito in più epoche. Il blocco originario è un poderoso torrione rettangolare con alta base a scarpata cordonata e coronato da eleganti archetti trilobi su mensole a piramide rovescia; al di sopra merlatura intercalata da finestre ad arco ribassato e coperta da tetto a padiglione. Le torrette alla sommità degli angoli del lato sud del suddetto torrione sono integrazioni settecentesche. Il Castello era utilizzato dagli Angioini come stazione di posta per il lungo viaggio da Napoli a Parigi. Dal 1600 fu dei Forteguerri, una cui discendente, nel 1800, lo portò in dote quando sposò il marchese Bichi Ruspoli. Successivamente passò di mano varie volte fino al secolo scorso quando i Conti Fiorentini lo acquistarono per farne la loro residenza di campagna con riserva di caccia. L'architetto Fiorentino Fiorentini, attuale proprietario, ha trasformato il Castello e il suo parco in una suggestiva dimora di charme per ospitalità ed eventi di prestigio».
http://www.dimorestoricheitaliane.it/dimore/toscana/castello-di-san-fabiano
«Monticchiello, già in epoca etrusca e romana fu luogo di incontro di vie che collegavano centri e comunità della zona. Conserva ancora i tratti austeri delle fortezze medievali, contrastando decisamente il quadro rinascimentale offertoci da Pienza. La robusta cinta muraria e la torre del cassero che svetta sulla collina sono i segni dell'intenso passato del borgo, baluardo del sistema difensivo della Repubblica di Siena. è proprio con il passaggio sotto la protezione di Siena che ha inizio la storia di Monticchiello di cui, in realtà, si hanno notizie che risalgono a molto prima dell'epoca comunale, come dimostra il fatto che il suo nome vien fatto risalire alla gens romana Clelia. Dal 1200 il borgo assunse le forme attuali con le mura, il cassero e la chiesa, e si instaurarono istituzioni tipicamente comunali, tutte previste e regolamentate da Statuti in lingua volgare. La chiesa propositurale dei Santi Leonardo e Cristoforo rimane ancora oggi a testimonianza del periodo di massimo splendore della fortezza medievale, conservando molti affreschi di scuola senese risalenti al XIV e XV secolo».
http://www.cortonanidi.it/siena.htm
«Risiede sulla cresta di un poggio fra le valli del Cecina e del Merse. Nel 1414 il palazzo che avevano i Conti d’Elci in Montingegnoli fu distrutto dai terremoti» «I primi riferimenti a questo castello risalgono al 1156, e, nonostante le ristrutturazioni subite nel 1500 ed anche successivamente, la struttura è rimasta fedele alla costruzione originale. Montingegnoli è un complesso molto ben conservato, con una struttura circolare, un piccolo paese in miniatura».
http://www.amvpp.it/siena/radicondoli/radicondoli_arte_dw1.htm - http://www.comune.radicondoli.siena.it/Main.aspx?ID=85
«Grancia è il nome con cui vennero identificate quelle grandi fattorie fortificate - dotate di ampi granai, cantine e oliviere - che L'Ospedale di S. Maria della Scala di Siena costruì lungo la via Francigena o nelle vicinanze, allo scopo di immagazzinare, custodire e difendere i prodotti provenienti dai vasti territori posseduti nelle valli dell'Orcia e dell'Arbia, nelle "crete" senesi e in Maremma. Il nucleo più antico e importante di queste Grance (Cuna, Serre di Rapolano, Montisi, S. Quirico e Spedaletto) si formò tra la fine del 1200 e i primi anni del 1300, spesso attraverso la ristrutturazione e l'ampliamento di più antichi edifici e fortezze, come presumibilmente avvenne anche per la Grancia di Montisi. A parte quindi talune preesistenti costruzioni di cui non conosciamo l'origine, questa Grancia nella sua struttura fortificata fu essenzialmente opera dell'Ospedale e si formò dopo il 1295, anno in cui Simone Cacciaconti, Signore di Montisi, lasciò per atto testamentario all'Ospedale tutti i possedimenti che aveva in quel Borgo. Un importante ruolo nella storia della Grancia di Montisi lo ebbe il granduca Pietro Leopoldo, che fu per la Toscana un grande e illuminato riformatore nei venticinque anni di governo del Granducato (1765/1790). Nel 1775 Pietro Leopoldo ordinò la privatizzazione di tutti i beni dell'Ospedale. In quel tempo ricopriva la carica di grancere Iacopo Mannucci Benincasa che, in forza del diritto di privilegio di cui godeva sui beni di Montisi, potè acquistare nel 1778 l'intero fabbricato insieme ad alcuni poderi. La Grancia pervenne così alla famiglia che tuttora ne detiene la proprietà. Il Granduca instaurò un buon rapporto di stima ed amicizia con Iacopo e col figlio Tommaso e, a quanto si è tramandato, fu spesso ospitato nella Grancia di Montisi, dove sono ancora rimaste interessanti testimonianze dei suoi soggiorni. Durante l'ultima guerra mondiale, nel giugno del 1944, la bella torre della Grancia venne minata alla base ed interamente distrutta».
«Le trasformazioni eseguite nei secoli ed alcuni distruttivi eventi bellici hanno sostanzialmente modificato l'originaria struttura trecentesca della grancia. È comunque rimasta intatta la sua forma di piccolo borgo, con la distribuzione dei vari ambienti intorno a due cortili collegati. Una rampa di accesso, che veniva utilizzata dai carri per il trasporto di prodotti nel grande granaio e nell'oliviera, mette in comunicazione la strada principale di Montisi con i due cortili. Non c’è più traccia del ponte levatoio e dei “fossi e controfossi” indicati dal documento cinquecentesco e neppure della torre merlata che sorgeva sul lato della strada di accesso al paese e che purtroppo le truppe tedesche in ritirata, sul finire della seconda guerra mondiale, fecero saltare con una potente carica di esplosivo insieme alla grande sala d’armi sottostante. Sulle mura che si affacciano sul giardino si notano ancora i profili della merlatura a mattoni che è stata eliminata con i lavori di sopraelevazione del fabbricato e che certamente costituiva una delle essenziali e più antiche caratteristiche della fortificazione. Anche sulla parte delle mura sovrastanti il portone di ingresso si nota con evidenza il profilo del vecchio muro, come si presentava prima della costruzione ottocentesca destinata alle abitazioni del personale dipendente (fattore, ortolani, ecc). Sulle mura della Grancia si trovano gli stemmi di antiche famiglie senesi (alcune ancora riconoscibili come quella dei Saracini, che porta la data del 1580, dei Piccolomini e dei Tondi), sempre accoppiati al simbolo dell’Ospedale. Questi stemmi testimoniano alcune importanti ristrutturazioni effettuate nella seconda metà del cinquecento da Rettori dello Spedale che usavano lasciare il loro “segno” (lo stemma di famiglia) in occasione di interventi edilizi di rilievo disposti durante il loro rettorato. La facciata principale della grancia è collocata sopra una grande rampa. Essa è priva di decorazioni al di fuori della piccola Madonnina che si trova sullo spigolo sinistro. Questa è costituita da un tabernacolo rettangolare in mattoncini con timpano che racchiude una piccola statua della Madonna in porcellana. Sopra la facciata, al centro della quale si trova il grande portone e ingresso principale alla grancia, c’è il caratteristico campaniletto merlato in mattoncini. Al suo interno si trova la piccola campanella chiamata “la Martinella”. Il corpo centrale della Grancia di Montisi si articola attorno a due cortili. Il primo, più grande, è delimitato a sud da un ampio porticato con tre arcate a tutto sesto. Sopra il passaggio a volta a botte che separa la prima dalla seconda corte c’è la grande loggia. Essa, originariamente aperta, conserva ancora la forma delle grandi arcate a tutto sesto, entro le quali si trovano delle moderne finestre rettangolari. La seconda corte è conclusa da un piccolo porticato composto da campate con volta a crociera. La parte abitativa si sviluppa tutta nella grande ed alta costruzione sulla destra. Invece, sulla sinistra, c’è l’imponente mole dell’enorme tinaio, la cui facciata con grande portone in legno scuro si apre su via Umberto I. ...».
http://www.agriturismolagrancia.it/it/index.html - https://it.wikipedia.org/wiki/Grancia_di_Montisi#Descrizione
«Murlo è terra di confine tra il comprensorio della Val di Merse a cui appartiene e la zona delle Crete della Val d’Arbia; in magnifica posizione si affaccia verso la valle dell’ Ombrone e il colle di Montalcino. Le origini del luogo sono legate alla civiltà etrusca chiaramente testimoniata dai ritrovamenti di Poggio Civitate e Poggio Aguzzo. Il castello di Murlo, nella sua tipica struttura urbanistica fortificata, risale al periodo medievale (XII secolo) quando fu centro principale del Feudo dei vescovi di Siena o Vescovado. La pianta, così come appare oggi, testimonia le trasformazioni avvenute alla fine del ‘500 dopo la caduta della Repubblica di Siena e rivela la struttura del castello con le mura sovrastate da piccole abitazioni che circondano il Palazzo del Vescovo (oggi sede del Museo Archeologico), l’edificio delle carceri e la cattedrale. Le porte di accesso al castello sono due. Piccolo, isolato e antichissimo borgo medioevale, posto su un colle che domina il torrente Crevole, cinto da mura del XII secolo: la costruzione recente di una fila di case non ha toccato il nucleo originario. Il Medioevo è onnipresente nelle chiese e nei palazzi, anche se rimaneggiati in epoche successive, ma ugualmente forte è il richiamo alla civiltà etrusca. ... Nel 1151 il feudo di Murlo fu donato dal conte Ugolino di Ranuccio Ardengheschi al vescovo Ranieri, e al vescovado senese rimase fino alla soppressione dei feudi, avvenuta per decreto granducale nel XVIII secolo. Per quasi due secoli il territorio di Murlo fu oggetto di aspre controversie fra il governo di Siena ed il vescovado che si conclusero nel 1387 con il riconoscimento, sia pure parziale, anche di una sovranità senese sul castello. ... Il castello di Murlo è citato nel 1189 (ma la sua costruzione è sicuramente precedente forse addirittura risalente ai primi anni dopo il 1000) nel documento con cui papa Clemente III lo assegna al Vescovo Bono. Il castello di Murlo fu distrutto (come molti altri nella zona) dagli Imperiali di Carlo V nel 1554, ma, incredibilmente, il suo particolare statuto di feudo vescovile sopravvisse alla caduta della repubblica senese ed addirittura questi privilegi rimasero in essere fino al 1749 quando furono aboliti dal Granduca Leopoldo II. Oggi di Murlo rimangono il Palazzone (era l'antica sede vescovile) e la porta di Ponente».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/murlo.asp
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