a cura di Giuseppe Febbraro
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Questo
piccolo oratorio, in stato di decadenza e tuttavia ancora visitabile,
sorge nel territorio di Carpineti, sull’appennino reggiano, tra i
boschi del versante che guarda alla valle del fiume Secchia. è
una
zona di alta collina, difficilmente accessibile, su cui corre un
sentiero boschivo. Qui
sorgeva Verabolo, sede di un pago romano e poi
bizantino. Prima della conquista longobarda, la chiesa locale -
organizzata attorno all'antica pieve di San Vitale - era dipendente
dal vescovo di Ravenna. Lungo il crinale Valestra-Fosola,
probabilmente, si trovava il limes dei territori sottoposti a
Bisanzio. Siamo, infatti, in zona di numerose battaglie già risalenti
alla guerra greco-gotica. A
pochi chilometri di distanza sorgono i resti del castello carpinetano,
la cui fondazione è attribuibile ad Atto Adalberto di Canossa, una
delle testimonianze fondamentali, oggi, dello Stato matildico. Sarà
proprio Matilde, nell’XI secolo, a valorizzare il complesso. Lì,
tra l’altro, adunerà nel 1092 un'assemblea di vescovi, prelati e
monaci, intenzionati a risolvere la guerra contro gli eretici. A circa quattro chilometri, dunque, dalla fortezza sorge questo oratorio
che ricorda l'antica Pieve di S. Vitale delle Carpinete, della quale
restano tracce di decorazioni scolpite. La pieve venne anche chiamata
"San Vitale da Verabulo" dall'omonima Corte che
Beatrice, madre di Matilde, aveva regalata nel 1071 al monastero di
Frassinoro.
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