a cura di Isabella Bruno
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Mentre
i documenti storiografici attestano la presenza dell’Abbazia di Vezzolano solo
agli inizi dell’XI secolo, la versione leggendaria ne riporta la costruzione
in età carolingia: si narra, infatti, che Carlo Magno andando a caccia nei
pressi di Vezzolano si imbatté in una capanna di un monaco davanti alla quale
scorse degli scheletri muoversi come in una danza macabra. Il sovrano ed il suo
seguito, inorriditi davanti a tale visione, videro l’eremita venir loro
incontro; ecco che come per miracolo le parole del sant’uomo riuscirono a
convincere il re dell’utilità di costruire proprio in quel luogo una chiesa
in onore della Vergine.
La
versione storica riporta invece ad un primo documento risalente all’anno 1095,
vero e proprio atto di investitura a favore di alcuni religiosi a condizione che
vivessero secondo la regola canonica - probabilmente la stessa regola di
Sant’Agostino - fatto che attesta come Vezzolano facesse parte sin da
principio di quell’insieme di fondazioni inserite nel movimento di riforma
gregoriano che si stava diffondendo in quegli anni specialmente nel nord
dell’Italia. Il documento ufficiale non è però sufficiente a stabilire con
certezza che prima di quell’epoca già non potesse esservi una chiesa poi in
seguito ricostruita o ampliata.
Fra
il XII e il XIII secolo l’abbazia conobbe un periodo favorevole in quanto poté
gestire numerose rendite rurali derivanti dalle cospicue donazioni di cui
beneficiò; un benessere che venne ribadito da quanto attestato nella bolla di
Papa Eugenio III, del 1148, e da un diploma di Federico I, del 1159. Il declino
iniziò nel primo decennio del 1400 quando l’abbazia venne concessa in
commenda; in tale condizione rimase fino al XIX secolo epoca in cui
l’amministrazione napoleonica ne espropriò i rimanenti beni: la chiesa
divenne così cappella campestre della parrocchia di Albugnano ed il chiostro fu
venduto a privati. Solo molto più tardi, nel 1937, ritornò proprietà dello
stato italiano.
La
chiesa
Vezzolano
si trova ai piedi del colle di Albugnano su cui sorge l’omonimo paese nel
territorio della provincia di Asti. La chiesa è di stile romanico del XII-XIII
sec. La facciata, ricca di decorazioni e sculture, è divisa in tre parti da
quattro contrafforti; il suo profilo a salienti interrotti farebbe pensare ad
una struttura interna a tre navate che non corrisponde alla realtà. Nella zona
centrale della facciata è visibile, nella parte inferiore, il portale incassato
in un protiro appena accennato; esso è costituito da una lunetta in cui è
raffigurata la Vergine in trono fra l’arcangelo Gabriele e un fedele. Accanto
alla Vergine la colomba dello Spirito Santo. Il portale poggia su di un
architrave la cui strombatura è ornata da pilastri quadrati e colonnette con
capitelli decorati sia con motivi vegetali, che con teste di animali. In ambedue
le zone laterali trovano posto portali ad arco a tutto sesto; quello di destra,
murato, confermerebbe la presenza di un accesso alla originaria navata
meridionale, successivamente trasformata nel braccio settentrionale del
chiostro.
Al
di sopra della lunetta centrale si nota un primo ordine di sei colonnine
architravate, addossate alla parete, sulle quali è posto un secondo ordine di
colonne con al centro una bifora ornata da tre statue rappresentanti il Cristo,
in posizione centrale, l’arcangelo Michele che trafigge il drago e
l’arcangelo Raffaele. La bifora ha su di sé un piccolo protiro che ospita
delle decorazioni in ceramica e altre due figure di angeli scolpite. Il terzo
ordine di colonne termina con una serie di archi che seguono il profilo del
tetto. Anche in quest’ultima porzione sono rappresentate alcune figure
angeliche scolpite, con alla sommità estrema della facciata, in una nicchia, il
busto di Cristo.
Sotto
queste decorazioni la muratura alterna due colori: quello chiaro dell’arenaria
e quello più scuro dei mattoni. In generale lo schema architettonico è
sicuramente di stile lombardo e ne sono chiara testimonianza la divisione della
facciata in tre parti, i fregi in mattoni posti a dente di sega a coronamento
del tetto e le decorazioni in
ceramica.
Il
fianco settentrionale è ornato da una serie di archetti intrecciati interrotti
dai contrafforti. Sul fondo è visibile la torre campanaria che si appoggia per
due lati al muro perimetrale della chiesa e la cui parte superiore è
decisamente più recente, essendo stata costruita nel XVII secolo.
L’abside
centrale pur avendo subito numerosi restauri è quella più fedele allo stile
originale; è divisa in tre zone da lesene addossate al muro e caratterizzata da
tre aperture. Anch’essa è decorata dalla stessa serie di archetti intrecciati
trovati lungo il fianco e sormontata da un fregio di mattoni a dente di sega.
Attualmente
l’interno è diviso in due navate. La maggiore, suddivisa a sua volta in tre
campate coperte da volte a crociera, è interrotta all’altezza della prima
campata da un pontile o jubé, una struttura che venne utilizzata in Francia e
che molto raramente è presente nelle chiese italiane. Lo jubé – termine
derivato dalla preghiera latina Jube, Domine, benedicere – è composto
da due ordini di figure in rilievo: in quello inferiore si notano i patriarchi
seduti, ciascuno dei quali ha in una mano un rotolo aperto con inciso il proprio
nome; nella parte superiore sono scolpiti i simboli degli evangelisti, le tre
scene della morte, incoronazione e resurrezione della Vergine. Al di sotto di
questi due ordini si intravede la data 1189 oramai quasi illeggibile, periodo in
cui fu probabilmente realizzato il fregio. Una particolarità da notare riguarda
le figure che rappresentano i patriarchi nella parte inferiore del pontile: sono
trentacinque mentre secondo il Vangelo di Matteo dovrebbero essere quaranta; ad
un più attento esame i cinque mancanti appaiono dipinti, due a sinistra e tre a
destra, agli estremi del fregio. Ciò porterebbe a credere che in origine il
fregio fosse più largo, ma perché poi sia stato tagliato e dove potesse essere
collocato originariamente, sono quesiti a cui ancora nessuno ha dato risposta.
Le
colonne che reggono il pontile sono sormontate da capitelli con motivi a
fogliame; lo spazio sottostante è diviso in tre campate coperte da volte a
crociera: alla campata centrale corrisponde un entrata che da accesso alla
navata maggiore della chiesa. Il passaggio è sormontato da un architrave in cui
è scolpito il serpente uroborico che si morde la coda; tale figura viene molto
usata nella simbologia romanica a rappresentare il ciclico e l’eternità, e
rimonta oltre che ad alcune culture pre-cristiane, agli gnostici e agli ofiti.
Il
chiostro
Il
lato ovest del chiostro è quello più antico; ne sono testimonianza i rozzi
pilastri cilindrici alternati a colonnine più esili che reggono le arcate e i
capitelli di grossolana fattura. Solo questo versante possiede un tipo di
copertura lignea con travi a vista.
Nel
lato nord, quello probabilmente ricavato dalla originale navata laterale destra
della chiesa, si possono osservare importanti cicli di affreschi, testimonianza
delle trasformazioni avvenute nel campo della pittura nel corso dei secoli di
passaggio dal romanico al gotico. Nella fattura dei capitelli si nota un marcato
influsso francese, tanto in quelli più antichi quanto nei più recenti. Il
capitello di maggior interesse si trova sul pilastro all’incrocio tra il lato
settentrionale e quello orientale: vi è rappresentata la Natività e la
Visitazione. Gli affreschi collocabili fra il XIII e il XIV secolo sono di
influenza francese. Nella seconda campata si notano le pitture murarie meglio
conservate: Cristo fra i simboli degli evangelisti, l’Adorazione dei
Magi e l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, tema iconografico
che si ripete nella quinta campata e che probabilmente si ispira alla
leggendaria fondazione della chiesa. L’affresco più antico è sicuramente
quello della quarta campata in cui si ripete la rappresentazione del Cristo
racchiuso nella mandorla fra i simboli degli evangelisti: il tema è il
medesimo, ma la tecnica di esecuzione differisce nella concezione spaziale e
cromatica, collocandone la datazione in piena epoca romanica.
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estivo 9-13; 14- un'ora prima del tramonto; invernale:
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