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a cura di Stefania Mola
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Cattedrale, veduta absidale
La storia infinita Dopo lunghi restauri, la cattedrale di Barletta è stata recentemente riaperta e restituita alla comunità cittadina. Tra le novità emerse dai lavori, il ritrovamento al di sotto della basilica attuale dei resti di almeno altri due edifici di culto più antichi, e delle loro preziose decorazioni, soprattutto a mosaico. Quanto basta per affermare con certezza che, assai prima che la storia attesti la dignità di Barletta come città, esistevano nella zona dei punti di riferimento ben più monumentali di quanto si potesse immaginare. L'edificio attuale si presenta come un organismo complesso e non unitario, composto di due parti nettamente distinte, quella anteriore tipicamente romanica, e quella posteriore realizzata in forme gotiche, a riprova di una vicenda costruttiva protrattasi nel tempo. A partire dal 1140 si iniziò infatti ad edificare la nuova basilica a tre navate e tre absidi, poi ampliata (dopo il 1307) in corrispondenza della zona presbiteriale, con la costruzione di un corpo aggiuntivo coperto da crociere costolonate e terminante in un grandioso coro gotico, con abside poligonale, deambulatorio e cappelle radiali. Il congiungimento della cattedrale gotica a quella romanica si realizzò solo nella prima metà del XVI secolo, ma l'assetto definitivo dello spazio interno è dovuto al tardo XVII secolo. Nella quinta campata, sulla chiave di volta, è iscritta infatti la data 1682. Una stratificazione plurimillenaria in cui si condensa l'intera storia della comunità cittadina. Lo spazio del culto L'area della cattedrale di Santa Maria è lo spazio della vita religiosa per eccellenza e cardine urbanistico della città; anche se col passare dei secoli nuovi spazi si sono andati definendo presso quasi tutti gli edifici religiosi, piazza Duomo ha sempre conservato peculiarità assolute, soprattutto perché restava l'espressione della prima comunità urbana insediatasi sulla costa, stretta intorno alla chiesa madre; lo stesso disegno del tessuto urbano è il segno della forza centripeta di quest'ultima, benché con le successive fasi di espansione della città si sia verificato il naturale spostamento della piazza, che oggi non si trova più in posizione baricentrica rispetto alla civitas così come era stato in origine. E lì, nella stessa area in cui la documentazione archeologica attesta l'esistenza di due precedenti basiliche venne iniziata, intorno alla metà del XII secolo, la costruzione di una chiesa di maggiori dimensioni dedicata alla Vergine, ad opera del protomagister Simiacca e di suo figlio Luca. Numerosi privati intervennero a finanziare la nuova fabbrica, come testimoniano due iscrizioni: la prima incisa su un capitello all'interno della chiesa, che ricorda la donazione di duecento ducati (per l'acquisto di due colonne) fatta da un tale Muscatus nel 1153, la seconda sul portale laterale sinistro del prospetto, che documenta la committenza di uno dei portali da parte di un certo Riccardo (forse il conte di Andria, feudatario della città, vissuto nella metà del XII secolo) e la data del 1150: «A spese tue, o Riccardo, questa porta risplenderà e per te si apriranno liete le porte del cielo», recita l'iscrizione latina associata a tale personaggio, che nella fantasia popolare ha assunto addirittura le sembianze di Riccardo Cuor di Leone. I tempi e le forme Nonostante questi appigli cronologici, già ad uno sguardo sommario l'edificio attuale non si profila certo come un insieme organico. Come si è detto, due parti nettamente distinte, quella anteriore romanica e quella posteriore gotica, mostrano i segni di una vicenda costruttiva lunga e discontinua. Nel primo progetto la cattedrale aveva una estensione minore di quella attuale, come testimoniano le tre absidi emerse nel corso di alcuni restauri negli anni Cinquanta situate in corrispondenza del secondo pilastro cruciforme, in parte demolite durante gli ampliamenti del XIV secolo. L'edificio si presentava, al pari di molte chiese pugliesi, come una semplice basilica a tre navate, un lungo colonnato raccordato da archi a doppia ghiera, terminante con un transetto non aggettante e, appunto, tre absidi. Mancavano i falsi matronei e l'ultimo ordine di finestre, costruiti in un secondo tempo. La decorazione scultorea, eseguita in tempi differenti, venne ideata ricca e sontuosa: capitelli popolati da figure di animali all'interno dell'edificio, una serie di mensole figurate all'esterno, tre portali per il prospetto, di cui sopravvivono oggi i due laterali (al loro posto senza mostrare apparenti "traumi", impaginati nella facciata rinascimentale) e scarni frammenti di quello centrale (murati all'interno dell'edificio, con scene cristologiche tra cui L'ultima cena e L'ingresso di Cristo a Gerusalemme). In quello sinistro figure fantastiche, animali, centauri si susseguono tra le anse del nastro, in stretta continuità con i draghi protagonisti delle scene di lotta nelle mensole sottostanti. Una lotta incessante, quella dell'uomo contro il male, iterata nelle raffigurazioni del portale laterale destro: un guerriero con la lancia che stringe un cane, un uomo che infilza una scimmia rifugiatasi presso un monaco, due uomini in lotta, una figura virile a cavallo dinanzi ad un drago, Sansone che lotta contro il leone, un'aquila, una figura addormentata sopra un cinghiale, un cacciatore che si precipita sopra un altro cinghiale catturato da un cane, la lotta tra un guerriero armato di lancia e giavellotto ed un essere con il corpo umano e la testa di animale, ed infine un personaggio a cavallo che suona un corno. Un repertorio sufficiente a persuadere il fedele (opponendo a tanta malefica forza la promessa della salvezza, come indicano le sculture dell'Annunciazione e leoni della facciata, e le testimonianze della vita di Cristo iterate nelle sculture del portale principale) ad incamminarsi sulla retta via prescritta da Dio e dalla sua Chiesa. Diverse maestranze intervennero nel cantiere, dove si intrecciarono ricordi della coeva plastica siciliana, una forte componente francese, unita a derivazioni dalla miniatura anglo-normanna. Nell'ultima fase dei lavori intervennero maestranze che avevano lavorato nel cantiere della cattedrale di Trani. Divenuto ormai insufficiente per le esigenze della comunità barlettana, verso la fine del XII secolo l'edificio richiese un primo ampliamento (due campate voltate a crociera costolonata su pilastri), secondo un modello presente in città nella chiesa del Santo Sepolcro. A questa fase risalirebbe anche l'elevazione del campanile sul fianco sud, esemplato su quelli di Caserta Vecchia e di Trani, con la sua tipica forma "aperta" alla base da un fornice che consente il passaggio e che venne pensata con una funzione spiccatamente urbanistica, in relazione all'asse viario principale della città antica. Negli stessi anni si provvide anche all'arredo interno della chiesa, per il quale artisti provenienti da Gerusalemme scolpirono i raffinati capitelli del ciborio, a testimonianza degli stretti legami intercorsi tra Barletta e le terre d'Oltremare all'epoca delle Crociate. In un periodo assai ravvicinato, probabilmente ormai in epoca federiciana, si decise di sopraelevare la chiesa con l'aggiunta dei falsi matronei; sul prospetto venne aperta una finestra bifora e, successivamente, il rosone; il tutto entro il 1267, anno della solenne consacrazione. Mancava a questa data un'ulteriore importante fase di lavori, quell'ampliamento iniziato a partire dal 1307 che interessò l'attuale zona del presbiterio, a tre navate, due campate, copertura a crociere costolonate sulla navata centrale e a botte a sesto acuto su quelle laterali, e quella del coro, comprendente una grande abside poligonale a cappelle radiali, tipicamente gotica e straordinariamente inconsueta in un'area dominata dall'architettura romanica. È qui che, con un accorgimento tecnico dalle intenzionali finalità prospettiche, lo spazio centrale si dilata per aprirsi solennemente alla luce ed alla levità delle forme "moderne", lasciandosi alle spalle le strutture antiche avvolte nella penombra.
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Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.
©2002 Stefania Mola