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a cura di Stefania Mola

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Il Giudizio universale di Rinaldo da Taranto

 

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La pesatura delle anime, particolare del Giudizio  I giusti nel grembo dei patriarchi, particolare del Giudizio

  

  

     

L’immagine e le immagini

Santa Maria del Casale ha una presenza decisamente originale ed assai elegante, che si impone in modo quasi incongruente rispetto all’ambiente circostante per l’armonia delle linee architettoniche e la delicatezza della dicromia tutta giocata sull’alternanza delle sfumature grigie e dorate della pietra arenaria. È un effetto cui la Puglia non è abituata, ma che è ricorrente e comune in altre aree geografiche quali la Toscana, l’Emilia, le Marche, la Sicilia; a Brindisi stessa lo si ritrova in altri edifici medioevali, quali il monastero di S. Benedetto, la chiesa del Crocifisso, i già citati Portico dei Templari e tempio di S. Giovanni al Sepolcro. Ma qui, al Casale, il tempo ha ammorbidito e quasi fuso i contrasti, perché a fronte della cromia distesa sui paramenti murari gli occhi siano colpiti dalle vibrazioni chiaroscurali che si accompagnano alla presenza del maestoso protiro d’ingresso, nella cui densa ombra sembra affondare il portale, un tempo impreziosito dal colore di perduti affreschi.

È una tipica chiesa ad aula unica, con uno slanciato fronte a capanna e vaste pareti pronte ad accogliere una gran quantità di immagini dipinte, nel più autentico spirito francescano. Un mondo a colori, dunque, ma senza intenti narrativi, al cui cospetto tutto il resto viene dimenticato, mentre lo stesso fluire del tempo - sciogliendo i suoi vincoli - sembra riavvolgersi su se stesso; un colore cui è affidata in toto la funzione ornamentale dell’intera fabbrica, rinunciando alla decorazione scultorea; un effetto pienamente inserito in quella temperie tipicamente gotica che si esalta in architettura attraverso l’uso degli archi ad ogiva, dei costoloni sottili, delle colonne esili e slanciate. Qui, la lunga aula coperta a tetto, al di là dell’intersezione del braccio trasversale, si conclude nel presbiterio voltato a crociera, dove gli ampi archi che lo incorniciano, al pari di quelli che saldano il transetto alla navata, riprendono nel motivo a fasce cromaticamente alterne la dicromia dell’esterno.

I cavalieri rendono omaggio alla Madonna con Bambino

Tranne che nella zona della controfacciata e dell’abside, gli affreschi del Casale hanno carattere prevalentemente votivo, e ciò spiega il fatto che si assiepino liberamente,  senza ordine e gerarchia,  sui diversi livelli  delle pareti,  esprimendo  la consuetudine della devozione e del pellegrinaggio che hanno caratterizzato l’edificio e la Madonna titolare per lunghissimo tempo. Tra i più devoti sembra di poter annoverare proprio i membri della casa d’Angiò, le cui insegne sono più volte ripetute nei pannelli dipinti pervasi in gran parte dallo spirito e dal fascino dell’avventura delle crociate, che si insinua con il suo lontano ricordo soprattutto nei cavalieri inginocchiati dinanzi alla Vergine con il Bambino che pregano per la salvezza delle loro anime.

Il giudizio finale

La rappresentazione del Giudizio Universale della controfacciata, opera degli inizi del Trecento firmata da Rinaldo da Taranto, è sicuramente la raffigurazione più nota all’interno della chiesa. Secondo uno schema ben preciso e ricorrente (rimando d’obbligo resta il Giudizio del duomo di Torcello, del XII secolo), esso si articola su quattro fasce orizzontali, le cui due inferiori sono interrotte dalla presenza dell’ingresso: domina gerarchicamente la Deesis (Cristo in trono affiancato da Maria e il Battista che intercedono per i peccatori), seguita dagli Apostoli e dagli Angeli. Nella seconda fascia, il trono vuoto dell’Etimasìa, gli angeli che svolgono il volumen stellato e che danno fiato alle trombe mentre i morti risorgono dalla terra e dal mare. Più in basso, è la volta degli eletti (alla destra del Padre) cui nella quarta e infima fascia corrispondono il Paradiso e i patriarchi nel cui grembo trovano posto i giusti; alla sinistra del Padre, come di consueto, avviene invece la psicostasia (san Michele Arcangelo pesa le anime sulla bilancia), che sovrasta un Inferno fiammeggiante e popolato dalle anime senza possibilità di riscatto.

Un giudizio senza appello, dunque, che dall’immaginario apocalittico si traspone nel reale e quasi contemporaneo processo ai Cavalieri Templari, che qui, nel 1310, scrissero uno dei capitoli definitivi del loro tentativo di sopravvivere agli eventi. La storia volle allora un giudizio lontano dalla città, il più lontano possibile da occhi che vedessero e da orecchie che ascoltassero, ma che nel mito eternamente rivive allo sguardo ed alla capacità evocativa di chi si sofferma oggi in questo luogo. Giacché la chiesa, invece di cancellare gli esiti di quel giudizio, pare suggellarne con la sua monumentale presenza una sorta di eterno e colpevole richiamo alla memoria.

    

Da leggere:

A. Della Monaca, Memoria historica dell’antichissima e fidelissima città di Brindisi, Lecce 1674, pp. 446-447;

P. Camassa, Comunicazione al X Congresso di Storia dell’Arte, Roma 1912;

M. Salmi, Appunti per la storia della pittura in Puglia, in «L’Arte» (1919), pp. 149-192;

P. Toesca, Storia dell’arte italiana. Il Trecento, Torino 1951, p. 692;

A. Petrucci, Cattedrali di Puglia, Roma 1960, p. 113;

A. Prandi, Il Salento provincia dell’arte bizantina, in L’Oriente cristiano nella storia della civiltà, Roma 1964, p. 708;

G. Briano, La chiesa di S. Maria del Casale in Brindisi e i suoi affreschi, Brindisi 1967;

M.S. Calò, La chiesa di S. Maria del Casale presso Brindisi, Fasano 1967;

M.S. Calò Mariani, Note sulla pittura salentina del Quattrocento, in «Archivio Storico Pugliese», XXXII (1979), p. 25;

V. Pace, La pittura delle origini in Puglia (secc. IX-XIV), in La Puglia fra Bisanzio e Occidente [Civiltà e culture in Puglia, 2], Milano 1980, pp. 347-398;

B. Perrone, I conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590-1835), I, Galatina 1981, pp. 35 ss.;

M. Milella Lovecchio, in Restauri in Puglia 1971-1983, Fasano 1983, I, pp. 73-77;

C. Bucci Morichi, in Restauri in Puglia 1971-1983, Fasano 1983, II, pp. 262-267;

M.S. Calò Mariani, Santa Maria del Casale presso Brindisi e gli angioini di Taranto, in L’arte del Duecento in Puglia, Torino 1984;

M. Falla Castelfranchi, La pittura bizantina in Salento (secoli X-XIV), in Ad Ovest di Bisanzio. Il Salento medioevale, Atti del Seminario Internazionale di Studio (Martano 29-30 aprile 1988), Galatina 1990, pp. 129-214;

M. Guglielmi, Gli affreschi del XIII e XIV secolo nelle chiese del centro storico di Brindisi, Martina Franca 1990, p. 141;

G. Carducci, Il principato di Taranto, in La provincia di Taranto, a cura di C.D. Fonseca, Taranto 1997, p. 141;

S. Manacorda, Torre Alemanna un ciclo pittorico medievale in Capitanata, Cerignola 1997, p. 67;

F. Abbate, Persistenze sveve e innovazioni angioine in Storia dell’Arte nell’Italia meridionale, Roma 1998, p. 31;

M.S. Calò Mariani, Rappresentare il mistero. Immagini della Trinità in Puglia fra Medioevo e Rinascimento, in Tolleranza e convivenza tra Cristianità ed Islam. L’Ordine dei Trinitari (1198-1998), Atti del Convegno di Studi per gli ottocento anni di fondazione (Lecce, 30-31 gennaio 1998), Galatina 1999, pp. 11-12;  

S. Mola - M. Vacca, La chiesa di Santa Maria del Casale a Brindisi, in Cattedrali di Puglia. Una storia lunga duemila anni, a cura di C.D. Fonseca, Bari 2001, pp. 191-195.

                

      

    

©2002 Stefania Mola

   


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