Sei in: Mondi medievali ® Chiese, abbazie, monasteri, edifici religiosi italiani ® Puglia ® Chiese rupestri ® Provincia di Bari |
a cura di Stefania Sivo
pag. 1
Le immagini: pag. 1 la scheda bibliografia
Bari, chiesa rupestre di Santa Candida
La chiesa rupestre di Santa Candida è
ubicata sul fianco destro della lama Picone (antico torrente Japigio) ad una
distanza di circa 300 metri dalla tangenziale di Bari. La chiesa, datata al X-XI
secolo, è stata scavata sulla parte alta della lama, e il ritrovamento sul
piano dell’antico torrente di manufatti e di resti architettonici come
muretti, gradini e pozzi confermano la presenza di un nucleo insediativo nella
zona.
La presenza di questa chiesa è citata in
un documento del 1194 in cui un certo Romano vende ai fratelli Garzanito e
Gargano un appezzamento di terra con ben 24 olivi nei pressi della chiesa di
Santa Candida e Santa Elena, sante a cui la chiesa era appunto dedicata.
L’ingresso della chiesa oggi non è più esistente e la struttura appare
mutilata di alcuni vani, collegati indirettamente al vano principale, a causa di
uno sbancamento effettuato per ricavare materiale da utilizzare per la scarpata
della tangenziale, che ha tagliato la parte anteriore della chiesa per una
profondità di circa 6 metri.
È la più grande basilica rupestre
pugliese (circa 120 mq) e presenta una planimetria complessa e articolata detta a ventaglio in quanto sull’aula centrale di forma quadrangolare,
si innestano quelle che, a prima vista, appaiono cinque navate divise da colonne
con archi a tutto sesto e che si concludono con cinque absidi. In realtà la
navata all’estrema sinistra si presenta difforme e più piccola rispetto alle
altre, mentre la navata centrale è biabsidata dando così l’impressione che
le navate siano cinque, ma in realtà sono quattro. Dalla planimetria è possibile ricostruire la suddivisione degli spazi che prevedeva due ingressi: uno ad est collegato ad un vano voltato a botte di circa 2 x 3,5 m di larghezza, il nartece (portico che precedeva la chiesa), decorato con due arcosoli (elemento decorativo a forma di nicchia che in alcuni casi sovrasta una tomba) di cui quello sinistro adibito a sepoltura, e un ingresso a sud che immetteva in tre vani, probabilmente adibiti ad abitazione del custode, o con funzione di cappelle laterali. La presenza delle tombe nei pressi dell’ingresso della chiesa, o all’interno del nartece, è una costante in tutte le chiese pugliesi e riprende la tradizione ipogeica paleo-cristiana.
Pianta della chiesa di Santa Candida.
L’ingresso posizionato ad est oggi non
è praticabile perché occluso da un grosso blocco di roccia e all’esterno non
è visibile. L’aula centrale che misura circa m 3 x 4 presenta un soffitto
piano: è collegata alla navata centrale che presenta la prima campata a forma
trapezoidale lunga quasi 3 metri, e che si allarga nei pressi del presbiterio.
Questa campata ha il soffitto piano ed è delimitato ai 4 angoli da grossi
pilastri compositi. La funzione dei soffitti e delle volte non è né
decorativa, né tanto meno strutturale, ma serve solo a differenziare gli spazi
liturgici: le volte a botte contraddistinguono il santuario, mentre l’aula è
caratterizzata dal soffitto piano.
Mentre il primo arco a sinistra immette
nella navata più piccola, gli altri due archi immettono nel bema,
cioè nella parte riservata al clero durante la celebrazione, dove viene
collocato l’altare, qui costituito da due vani, comunicanti sia fra di loro
che con i rispettivi vani delle navate laterali, di circa m 3 x 2, voltati a
botte e culminanti in due profonde absidi. A
dividere i vani ci sono coppie di archi separati da colonne rastremate prive di
capitello. Alcuni di questi archi sono rifiniti con ghiere incavate.
Il bema
è diviso dal naos, cioè dall’area
riservata ai fedeli, da un una parete con funzione di iconostasi (probabilmente
era a templon, cioè a forma di
recinto presbiteriale caratterizzata dalla scarsa visibilità del presbiterio da
parte dei fedeli) con una sola porta in corrispondenza del vano absidale
sinistro. Al centro della zona presbiteriale doveva essere collocato un altare a
blocco, o alla greca, caratterizzato da un parallelepipedo in pietra,
risparmiato nella roccia durante l’escavazione dell’abside, intorno al quale
il sacerdote celebrava il rito guardando verso i fedeli. Questo tipo di altare
rispetto all’altare a parete (entrato in uso in seguito al Concilio
lateranense del 1215) è meno documentato, a causa anche delle successive
demolizioni a cui andavano incontro le chiese.
La navata destra è suddivisa in tre
campate: la prima, che è l’attuale ingresso, presenta il soffitto piano e,
sulla parete a sud, una sequenza di tre nicchie alte, strette, poco profonde e
rialzate di circa 40 cm dal pavimento (elemento decorativo presente anche
nell'ultima navata a sinistra).
Le altre due campate della navata di
destra sono invece voltate a botte; la seconda presenta un muretto iconostatico
integro e non collegato alla zona presbiteriale (forse il diaconico,
un piano d’appoggio posto solitamente a destra dell’altare centrale
utilizzato per la conservazione del vasellame e dei paramenti sacri). La navata
termina con un abside poco profonda.
La navata a sinistra di quella centrale
è divisa in due campate, la prima voltata a botte, la seconda invece
dall’andamento curvilineo. Prima della piccola abside sulla parete sinistra si
presenta una nicchia che farebbe pensare ad una protesi
(piano d’appoggio posto a sinistra dell’altare che accoglieva le offerte
del pane e del vino e su cui avevano inizio l’azione liturgica ed i riti
propedeutici alla consacrazione).
La quarta navata della chiesa è diversa
dalle altre tre: è divisa in due campate con soffitto piano separata da un arco
trasversale e presenta sei arcate cieche ad arco alte e strette, disposte tre
per parte lungo le pareti. Le arcate cieche sono frequenti nelle chiese rupestri
e hanno la funzione di dilatare lo spazio interno spesso angusto. Presenti in
corrispondenza delle arcate sono le ghiere decorative, che mancano però sul
retro delle arcate tranne su quella di uscita verso il nartece. Questo farebbe
pensare ad un percorso preciso all’interno della chiesa, sottolineato dalla
decorazione architettonica e legato alla funzione religiosa. La presenza di vari
fori rettangolari sparsi per i vani della chiesa farebbero pensare alla presenza
di elementi d’arredo mobili che a causa della deperibilità del materiale,
come il legno, e per vicende legate all’abbandono del sito, sono andati persi.
Nella maggior parte dei casi le arcate
cieche sono unite al ciclo pittorico (ad ogni arcata corrisponde un soggetto)
che purtroppo a Santa Candida non è più visibile. Gli affreschi originari
della chiesa sono andati distrutti, solo nelle absidi sono rimaste delle
iscrizioni relative probabilmente ai santi raffigurati: Candida, Elena, Giacomo,
Tommaso ed Erasmo.
Calò Mariani M.S., L’arte
medievale e il Gargano, in La montagna
Sacra, San Michele, Monte Sant’Angelo, Il Gargano, a cura di G.B. Bronzini,
Galatina 1991.
Bari extra moenia,
insediamenti rupestri ed ipogei, a cura di
Carlo dell'Aquila e Francesco Carofiglio, Quaderni monografici del Comune
di Bari n. 2-3, Bari 1985.
Dell’Aquila F.
- Messina A., Le chiese rupestri di Puglia e
Basilicata, Bari 1998.
Dell’Aquila
F., Bari. Ipogei e insediamenti
rupestri, 1977.
Lavermicocca
N., I sentieri delle grotte dipinte,
Bari 2001.
|
©2006 Stefania Sivo, testo e immagini