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a cura di Stefania Sivo

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Massafra, chiesa della Candelora, esterno mutilato. In basso: Presentazione di Gesù al Tempio, XIII secolo.

 

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Mappa della località

  Pianta della ricostruita da Roberto Caprara   Madonna con Bambino, affreschi XIII secolo

    

  

     

LA SCHEDA

La chiesa della Madonna della Candelora, risalente alla fine del XII secolo, è una delle cripte più raffinate della scuola salentina, ma la sua parziale demolizione può solo farci immaginare la bellezza della planimetria originaria. Il suo nome deriva dall’uso popolare di chiamare la festa cristiana che celebra la Presentazione di Gesù al Tempio e la purificazione della Vergine Maria “Candelora” (festa che ricorre 40 giorni dopo Natale).

Negli anni ’80 per ampliare un giardino fu demolita l’intera facciata della chiesa e fu abbassato di circa un metro il piano di calpestio; questo intervento ha notevolmente compromesso la visibilità dell’impianto originario della cripta ricostruito tuttavia dall’architetto Roberto Caprara: la pianta della chiesa è inversa in quanto presenta l’abside e l’ingresso affiancati sul lato Est, e misura 8,50 m di larghezza per 6,00 m di profondità. La sua pianta è ripartita da due pilastri in sei campate che presentano ciascuna una copertura diversa: alcune presentano il soffitto piano, altre un tetto a doppio spiovente, un’altra ancora una copertura a quattro spioventi.

Lungo le pareti perimetrali corrono 13 arcatelle cieche (alcune accostate in coppia) divise da semicolonne con capitelli compositi, che conservano un importante ciclo di  affreschi datati al XIII secolo. Infatti spesso la presenza di arcate cieche, adoperate a mo’ di cornice, è collegabile alla progettazione e realizzazione di affreschi, particolare è notare come le arcate appaiono “sospese”, cioè non raggiungono il piano di calpestio.

L’ingresso della chiesa, come è stato già detto, è nel vano accanto al presbiterio in origine triabsidato con l’abside centrale più grande rispetto alle altre due (oggi mutilato), questo per rispettare l’orientamento liturgico che prevede l’altare direzionato sempre ad Est. Probabilmente al centro dell’abside centrale doveva esserci una finestra intagliata nella pietra ad illuminare il presbiterio.

Le due campate centrali in direzione Ovest-Est presentano uno sviluppo trapezoidale (figura geometrica particolarmente presente nelle chiese rupestri poiché favorisce la diffusione della luce), mentre la parete ad Ovest, e due tratti della parete Sud, sono suddivisi da nicchie gemellate. La parete Nord invece non presenta le nicchie gemellate ma una sola nicchia per ciascun tratto di parete.

Probabilmente doveva esserci una cisterna all’esterno della cripta, a Nord dell’ingresso principale.

Il vano più interessante è coperto da una notevole grande cupola lenticolare impostata su mensole gigliate, che trasformano in ottagono il quadrato della cornice di raccordo, a sua volta sorretta da piccole mensole triangolari. L’ornamentazione scultorea della cripta è notevole, tanto da poter accostare il lavoro di intaglio della pietra alla coeva produzione di oggetti intagliati nel legno.

Il bema, zona in cui avvenivano le celebrazioni e dove era posizionato l’altare,  doveva essere in origine rialzato, cosa deducibile dalle tracce residue lasciate nelle pareti dopo la demolizione del piano di calpestio.

Annessa alla chiesa è collocata, in posizione isolata rispetto alla cripta, una cappella funeraria. Solitamente le cappelle funerarie, poste all’esterno delle chiese rupestri, conservano poche sepolture appartenenti ai fondatori della chiesa o ai suoi benefattori e l’accesso è possibile o dall’esterno (come nel caso della Candelora) o dall’interno della cripta. Dal confronto delle varie cappelle annesse alle chiese rupestri in Puglia è emerso che risultava importante che la cappella fosse a contatto con la zona più sacra della chiesa cioè il presbiterio.

All’interno della chiesa è affrescata la Presentazione al Tempio di Gesù (iconografia importante in quanto la chiesa era dedicata alla Candelora): la Vergine presenta il Cristo Bambino a san Simeone quale offerta per la salvezza dell’umanità. L’anziano san Simeone, con capelli e barba bianchi, indossa una mantello blu ed è raffigurato mentre accoglie tra le sue braccia il Bambino Gesù. Quest’ultimo, rivolto verso san Simeone, è in braccio alla Madre: è dipinto con le braccia aperte e indossa una tunica bianca. La Madonna indossa una tunica rosso scuro e con la mano sinistra sembra quasi presentare il Figlio al sacerdote sul modello dell’iconografia dell’Odeghitria: “colei che indica la via”.

Nella cripta è presente un’altra scena, molto importante per la sua rarità, che si ricollega alla scena della Presentazione al Tempio. Quasi a prefigurare la Passione di Cristo, la Vergine, che indossa un maphorion rosso e una tunica blu, guarda teneramente il Bambino mentre gli stringe la mano. Il Bambino, che indossa una tunica rossa e un mantello blu (colori invertiti rispetto alla Madre e dalla chiara valenza simbolica), indirizza il suo sguardo verso la Madre e regge con la mano sinistra un paniere con delle uova. L’immagine è incorniciata da un motivo a racemi inclusi in una ulteriore cornice rossa. Questa raffigurazione appare quasi identica nella cattedrale di Prizren, in Serbia, in un affresco risalente al 1230 circa, in cui il Bambino, in braccio alla Vergine, attinge da un cesto: l’iscrizione in serbo cita il Bambino come Krimitiel (corrispondente a Tropheus in greco) cioè “nutrimento”. Cristo è qui rappresentato quindi come nutrimento spirituale, in ricordo del sacrificio eucaristico finalizzato alla salvezza dell’umanità.

     

Bibliografia di riferimento

Dell’Aquila F.  - Messina A., Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata, Bari 1998.

Jacovelli E., La Città e il territorio, Massafra 1981.

Caprara R., La chiesa rupestre di Vico III Canali e l’Architettura della Candelora di Massafra in Puglia e Basilicata tra medioevo ed età moderna. Uomini, spazi e territorio, Miscellanea di studi in onore di C. D. Fonseca, Galatina 1988.

                              

      

   

©2007 Stefania Sivo, testo e immagini

   


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