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a cura di Ludovico Centola

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I ruderi del convento di Sant'Agostino

  

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San Marco in Lamis  San Marco in Lamis

 

     

    

  

     

LA SCHEDA

è situato a 377 mt dal livello del mare alle pendici di un monte più precisamente tra la valle della Cisternola e la valle di Stignano, proprio dove inizia ad erigersi il promontorio del Gargano tra i comuni di Apricena e San Marco in Lamis. Più che un rudere si possono trovare delle rovine ben delineate. La struttura doveva essere abbastanza grande viste anche le misure ed il numero di stanze. Nella zona è senza dubbio il rudere di cui ci pervengono piu documenti data anche la mole della struttura e la locazione che permettono una buona analisi. Si notano tre zone distinte: la prima sono i dormitori ancora intatti caratterizzati dalle volte e dai resti di un camino dove forse risiedeva il refettorio se così lo si può chiamare, la seconda è la piccola stanza affrescata dove venivano celebrate le funzioni caratterizzata dalla presenza di un altare che non ha nulla a che vedere con gli altari della nostra epoca, mentre l’ultima parte è il cortile esterno privo di copertura delimitato per tre lati da mura e per il quarto dalla parete della cappella.

Tutt'ora si possono ammirare alcuni affreschi in una delle due cappelle anche se non si trovano in buono stato perchè  queste nel corso dei secoli furono usate come rifugio dai pastori che non si facevano scrupoli ad appiccare fuochi in luoghi affrescati e forse mai sconsacrati.

Alcuni studiosi  locali affermano che questi affreschi risalgano XVI secolo, mentre io credo che siano poco precedenti a questa data se confrontati con quelli di altre costruzioni a lei contemporanee.

Si può notare bene un San Michele nell'intento di scacciare un demone, una Eva, forse una Santa Lucia e tre frati di cui uno a cavallo che io non escludo possa essere San Francesco che passò quasi sicuramente nella valle di Stignano nel 1216, durante il suo viaggio a Monte Sant'Angelo.

Tutt'intorno le mura perimetrali vi erano le tombe dei monaci o degli eremiti che romitavano nei canali adiacenti alla struttura, le cui ossa dopo molto tempo venivano depositate nell'ossaio della chiesa, purtroppo divenuto deposito di letame nel corso dei secoli, dato che i pastori usarono la struttura come rifugio per il bestiame. Nei due canali a destra della struttura vi sono innumerevoli cavità e costruzioni precarie (eremi) destinate al romitaggio ai quali non so associare un nome per mancanza di prove certe, questo a testimonianza della fervida attività che vi doveva essere all'epoca. Ricordo che la la zona che va da Castelpagano fino a giungere nella valle di Stignano è molto ricca di eremi, edicole, cappelle, e chiese diroccate. Molte di queste strutture sono andate perse o sono state dimenticate perché non accessibili data la locazione impervia.

 «Fra que' boschi con Cappelle, quadri, orti, cisternole furono i Romitaggi diruti della Trinità, di S. Onofrio, S.Agostino, S.Giovanni, della Maddalena, Nunziata, S.Giuseppe, S.Stefano, della Pietà con due Romiti in tempo dele detto apprezzo, e del Salvatore. Molti in detto Convento godono la solitudine,  come il detto Barone, e Monsig. Mancini che vi morì, e fu umato in detta Matrice di San Marco sua patria a destra dell'altare dell Ss. o della Concezione, a sinistra di quel del Carmine con quest'epitafio: D.O.M. - PETRO MANCINO MINERVIENSIM EPISCOPO - OMNI VIRTUTUM GENERE- PROLIXA PRAESERTIM IN PAVPERES LIBERALITATE- CLARISSIMO - VIXIT ANNOS LXXXII. M.VIII. D.X. - JUSTINIANUS FRATER M.P. - OBIIT POSTRIDIE IDUS JUNII ANN. MDCCCV».

Cosi scrisse Matteo Fraccracreta nel 1783 nel suo Teatro topografico storico poetico della Capitanata e degli altri luoghi più memorabili e limitrofi della Puglia, volume II, quando parlava della Valle di Stignano. Questa è la prova che fino a tre secoli fa ancora esisteva l'usanza dei romitaggi nella zona.

Matteo Fraccacreta non fu l'unico a scrivere di questi eremi. I romitaggi sul monte Gargano iniziarono senza alcuna ombra di dubbio quando vi fu la prima apparizione dell'Arcangelo Michele a Monte Sant'Angelo, infatti i primi locali romitori si trovano tra Monte Sant'Angelo e la stupenda valle di Manfredonia, ma nella valle di Stignano questa tendenza si sviluppo solo dopo l'apparizione della Madonna, infatti nessun eremo di quelli presenti è precedente all'anno mille.

Un noto agricoltore di San Marco in Lamis, A. Tenace racconta che suo padre mentre stava governando gli animali nelle mura del convento scorse alcune ossa. Incuriosito si mise a scavare fino a ritrovare ben 36 crani umani i quali furono poi gettati nella cisterna che una volta doveva fornire l'acqua al convento. Non nascondo che a prima vista non da l'impressione di essere un convento perchè noi oggi abbiamo un'altro tipo di concezione del convento, ma provate ad immaginare cosa doveva essere mille anni fa.

Senza dubbio doveva essere una delle più grandi costruzioni cristiane che si potevano trovare nella zona considerando che fino a poco tempo prima vi erano molti pagani nella zona. Lo stile di costruzione è molto simile a questi anche se per accertare alcuni dettagli bisognerebbe effettuare delle perizie, comunque molto approssimativamente dovrebbe risalire all'XIII secolo, probabilmente sotto il pontificato di papa Alessandro IV che riformò gli Eremitani di Sant'Agostino che non erano sotto la giurisdizione di alcun vescovo grazie al pontefice Alessandro IV che con la bolla Licet Ecclesiae del 1256 prescrisse la regola di questi e gli diede un Cardinale protettore. La storia di questi eremi dipese molto da quella di San Leonardo di Siponto, principale sede degli Agostiniani nella Capitanata.

Certamente fu abbandonato qualche secolo dopo la costruzione del Santuario di Stignano (non di certo prima, data l'età degli affreschi) per tanti motivi pratici e logistici, uno dei quali doveva essere la gran penuria d'acqua che ha sempre afflitto la zona nel corso dei secoli, anche se qualche eremita ha continuare a beneficiare della struttura come testimonia Matteo Fraccacreta nei suoi scritti.  

                       

       

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©2006 Ludovico Centola, testo e immagini. L'articolo è presente anche nel sito http://digilander.libero.it/gargano85/home.htm

   


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