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a cura di Stefania Mola

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Le immagini:  pag. 1    la chiesa e il monastero    l'edificio attuale    nuove ipotesi    la decorazione scultorea    l'icona mariana    la fontana lustrale    da leggere


 

Veduta aerea del sito

 

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Panorama dal sito dell’abbazia verso il golfo di Manfredonia  Veduta del sito  Ingresso monumentale nella cinta monastica  Particolari decorativi medievali

    

Capitello sporgente dal prospetto  Capitello sporgente dal prospetto  Capitello sporgente dal prospetto  Particolare dello stipite dell’ingresso alla chiesa  Particolari di cornici sul prospetto

     

Finestrone sul prospetto  Interno della chiesa  Fontana lustrale: particolare  Fontana lustrale: particolare

  

  

     

LA SCHEDA

 

La chiesa e il monastero: breve storia

Intorno al Mille sorsero in territorio garganico diversi monasteri benedettini che, grazie alle donazioni pubbliche e private, raggiunsero tra XI e XII secolo la massima espansione, distinguendosi tanto sul piano dell’azione religiosa e culturale, quanto su quello politico-sociale. I luoghi prescelti per questi insediamenti facevano parte di un organico disegno di politica territoriale, nell’orbita della sacralità della montagna custode degli eventi legati all’Arcangelo.

Uno di questi insediamenti si trova a circa 8 chilometri a sud-ovest di Monte Sant’Angelo, su un ampio e solitario altopiano: è l’abbazia di Santa Maria di Pulsano, il cui monastero si fa risalire storicamente alla fondazione da parte di san Giovanni da Matera (1070-1139) – “padre” della congregazione dei Pulsanesi – il quale, dopo una vita eremitica per l’Italia meridionale, si era stabilito sul Gargano, presso il santuario dell’Arcangelo.

Intorno al 1128 potrebbe collocarsi la costruzione della chiesa, che la tradizione vuole eretta nel luogo espressamente indicato dalla Vergine, apparsa in sogno a Giovanni da Matera; essa utilizzò per abside una grotta, recuperando il sito di un probabile antico insediamento di monaci di sant’Equizio.

L’influsso della congregazione, rigida osservante della regola benedettina, si estese rapidamente anche fuori del territorio regionale, annoverando tutta una serie di chiese e conventi dipendenti dalla casa madre garganica e dai suoi intraprendenti abati. All’opera di uno di costoro – Gioele, in carica tra 1145 e 1177 – si deve probabilmente l’ampliamento e la ricostruzione di gran parte delle fabbriche del monastero e della chiesa, che all’epoca doveva presentarsi come un edificio a navata unica voltata a botte cerchiata, con pareti scandite da pilastri ed arconi ciechi, e presbiterio rialzato.

Tra XII e XIII secolo lo sviluppo delle comunità legate alla congregazione pulsanese riguardò essenzialmente territori compresi tra Italia meridionale e centrale; la prima diffusione fuori da questi confini avvenne in Dalmazia, regione che nel XII secolo risultava assai più vicina agli interessi della Puglia di quanto non fosse la maggior parte della penisola italiana. Con l’acquisizione per donazione dell’isola di Meleta, avvenuta nel 1151, si costituì un insediamento di monaci pulsanesi – annoverato tra l’altro tra le dipendenze dell’abbazia garganica nella bolla del 1177 – su un’isoletta posta al centro di un lago, dove ancor oggi i notevoli resti visibili della costruzione del XII secolo rivelano l’attività di maestranze provenienti dall’area pugliese.

Sempre dal 1177 il monastero di Pulsano entrò ufficialmente negli interessi della casa regnante con l’inclusione (insieme a quello di S. Giovanni in Lamis) nell’honor Montis Angelis concesso da Guglielmo II alla moglie Giovanna d’Inghilterra. La crescente fama dell’abbazia, divenuta meta ambìta di pellegrinaggio, condivise le sorti della congregazione pulsanese, che già nei primi decenni del XIII secolo manifestava i primi segni di decadenza. È un periodo oscuro anche a causa della scarsa documentazione che rende incerta persino la successione degli abati: si sa di disordini disciplinari interni alla casa madre, gravi al punto di richiedere l’intervento di abati della congregazione provenienti dalla Toscana, ma anche degli ambiziosi tentativi di riaffermare il suo ruolo di guida per comunità monastico-eremitiche nascenti come quello – fallito – nei confronti della comunità di S. Spirito di Maiella, in netto contrasto con il depauperamento del patrimonio, del numero di dipendenze e di vocazioni.

   

  

Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.

  

©2003 Stefania Mola

   


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