LA
SCHEDA
La
chiesa e il monastero: breve storia
Intorno
al Mille sorsero in territorio garganico diversi monasteri benedettini che,
grazie alle donazioni pubbliche e private, raggiunsero tra XI e XII secolo la
massima espansione, distinguendosi tanto sul piano dell’azione religiosa e
culturale, quanto su quello politico-sociale. I luoghi prescelti per questi
insediamenti facevano parte di un organico disegno di politica territoriale,
nell’orbita della sacralità della montagna custode degli eventi legati
all’Arcangelo.
Uno
di questi insediamenti si trova a circa 8 chilometri a sud-ovest di Monte
Sant’Angelo, su un ampio e solitario altopiano: è l’abbazia di Santa Maria
di Pulsano, il cui monastero si fa risalire storicamente alla fondazione da
parte di san Giovanni da Matera (1070-1139) – “padre” della congregazione
dei Pulsanesi – il quale, dopo una vita eremitica per l’Italia meridionale,
si era stabilito sul Gargano, presso il santuario dell’Arcangelo.
Intorno
al 1128 potrebbe collocarsi la costruzione della chiesa, che la tradizione vuole
eretta nel luogo espressamente indicato dalla Vergine, apparsa in sogno a
Giovanni da Matera; essa utilizzò per abside una grotta, recuperando il sito di
un probabile antico insediamento di monaci di sant’Equizio.
L’influsso
della congregazione, rigida osservante della regola benedettina, si estese
rapidamente anche fuori del territorio regionale, annoverando tutta una serie di
chiese e conventi dipendenti dalla casa madre garganica e dai suoi
intraprendenti abati. All’opera di uno di costoro – Gioele, in carica tra
1145 e 1177 – si deve probabilmente l’ampliamento e la ricostruzione di gran
parte delle fabbriche del monastero e della chiesa, che all’epoca doveva
presentarsi come un edificio a navata unica voltata a botte cerchiata, con
pareti scandite da pilastri ed arconi ciechi, e presbiterio rialzato.
Tra XII e XIII secolo lo sviluppo delle comunità legate alla congregazione
pulsanese riguardò essenzialmente territori compresi tra Italia meridionale e
centrale; la prima diffusione fuori da questi confini avvenne in Dalmazia,
regione che nel XII secolo risultava assai più vicina agli interessi della
Puglia di quanto non fosse la maggior parte della penisola italiana. Con
l’acquisizione per donazione dell’isola di Meleta, avvenuta nel 1151, si
costituì un insediamento di monaci pulsanesi – annoverato tra l’altro tra
le dipendenze dell’abbazia garganica nella bolla del 1177 – su un’isoletta
posta al centro di un lago, dove ancor oggi i notevoli resti visibili della
costruzione del XII secolo rivelano l’attività di maestranze provenienti
dall’area pugliese.
Sempre
dal 1177 il monastero di Pulsano entrò ufficialmente negli interessi della casa
regnante con l’inclusione (insieme a quello di S. Giovanni in Lamis) nell’honor
Montis Angelis concesso da Guglielmo II alla moglie Giovanna d’Inghilterra.
La crescente fama dell’abbazia, divenuta meta ambìta di pellegrinaggio,
condivise le sorti della congregazione pulsanese, che già nei primi decenni del
XIII secolo manifestava i primi segni di decadenza. È un periodo oscuro anche a
causa della scarsa documentazione che rende incerta persino la successione degli
abati: si sa di disordini disciplinari interni alla casa madre, gravi al punto
di richiedere l’intervento di abati della congregazione provenienti dalla
Toscana, ma anche degli ambiziosi tentativi di riaffermare il suo ruolo di guida
per comunità monastico-eremitiche nascenti come quello – fallito – nei
confronti della comunità di S. Spirito di Maiella, in netto contrasto con il
depauperamento del patrimonio, del numero di dipendenze e di vocazioni.
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