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a cura di Stefania Mola
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Esterno dell'abbazia
L’edificio L’abbazia di Santa Maria delle
Cerrate,
situata in aperta campagna, nel territorio di Squinzano, pochi chilometri a nord
di Lecce, venne fondata agli inizi del XII secolo dai conti normanni ed ebbe una
storia comune a molte altre abbazie salentine italo-greche. Ciò che resta oggi
di quello che fu un importante monastero basiliano, tra l’altro sede di un
celebre scriptorium, è un edificio di
culto molto rimaneggiato nelle epoche successive, con un’ala porticata
addossata, un sontuoso pozzo cinquecentesco ed altre pertinenze tarde. Tipica
della zona salentina è la decorazione esterna della chiesa a lesene sottili e
ad archetti, mentre di gusto francese è il ricco portale duecentesco; all’interno
la basilica fu rivestita di affreschi tra XIII e XVI secolo, secondo una lunga e
continua attività di abbellimento di quello che almeno fino al Cinquecento fu
un importantissimo centro di vita religiosa e culturale.
Successivamente il complesso venne trasformato in masseria, tornando solo di
recente ad essere un punto di riferimento culturale per la zona; il restauro
della chiesa e degli ambienti circostanti ha permesso infatti l’allestimento e
la sistemazione di un interessante Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari
del Salento, dipendente dal museo provinciale di Lecce.
Esterno Il portale La chiesa si presenta come una basilichetta a tre navate, delle quali la minore sinistra raccordata al portico duecentesco. La facciata è ritmata da archetti pensili che ne scandiscono la tripartizione, inquadrando due finestre monofore in corrispondenza delle navatelle e separando, in corrispondenza della navata centrale, il piccolo rosoncino dal ricco portale istoriato. Quest’ultimo, datato alla fine del XII secolo (o al massimo agli inizi del XIII), appare già al primo impatto segnato dalla forte presenza, nei volumi e nella consistenza materica, delle figure dell’archivolto, allineate lungo la curvatura dell’arco secondo una tradizione oltralpina nata nel sud-ovest della Francia lungo le vie battute dai pellegrini e dai crociati ed esplosa poi in proporzioni monumentali nelle elaborate soluzioni dell’Ile-de-France e dell’area germanica. La porta d’ingresso vera e propria, al contrario, è semplicemente incorniciata da una decorazione minuta ed elegante mutuata dal repertorio vegetale. Gli elementi figurali dell’archivolto,
ben decifrabili e distribuiti su sei conci, raccontano l’Infanzia di Cristo
dall’Annuncio alla Nascita: in particolare, con una lettura che
si sviluppa coerentemente da sinistra a destra, raffigurano la Vergine annunciata, la
Visitazione, la processione dei Magi unita alla Natività nell’unica scena
dell’Adorazione (sottolineata dalla presenza della stella in chiave
all’arco), il bagno del Bambino e l’Angelo annunciante (acefalo). La posizione dell’Annunciazione, che non utilizza semplicemente una formella ma funge
da imposta per l’intero ciclo, riflette il ruolo di nodo fondamentale che
l’annuncio dato dall’angelo Gabriele a Maria riveste all’interno
dell’esegesi patristica e dell’iconografia (è il sì
di Maria a rendere possibile la Redenzione). Naturale riscontro
dell’Annunciazione, la
Visitazione
segue l’iconografia del Vicino Oriente, meno ieratica e formale di quella
greca, tutta
giocata intornoal contatto Un espediente geniale, quello del listello in chiave all’arco recante la stella, lega e separa nel contempo la presenza dei Magi e la scena successiva della Natività come elemento di mediazione fra l’antica e la nuova sapienza: da un lato, dunque, i primi pellegrini che la storia sacra ricordi, in processione, qualificati dagli attributi (cofanetti, cappelli conici all’orientale); dall’altro la Madonna, distesa e con la mano levata ad indicare la stella, chiude ad arco la mangiatoia-culla dove giace il Bambino avvolto nelle fasce, accudito dall’asino e dal bue. Non si tratta di una Vergine regina al centro di un evento di carattere miracoloso; qui la Madonna è atteggiata come una qualsiasi donna che abbia provato sofferenza, pur senza mettere in discussione la sostanza dell’Incarnazione. Un’atmosfera “familiare” e “quotidiana” reiterata nella scena conclusiva, dominata dalla figura della levatrice seduta e china sul bacile in cui è immerso il Bambino. Nella figura di ridotte dimensioni e quasi schiacciata nell’angolo interno della formella si può riconoscere san Giuseppe, personaggio tradizionalmente ai margini della storia e, nei fatti, riprodotto quasi sempre in disparte (se non del tutto assente). Gli affreschi La decorazione plastica, a parte il
portale, si concentra soprattutto nella loggia porticata sul fianco della
chiesa, edificata nel Duecento e sostenuta da 24 colonnine sormontate da
altrettanti capitelli, tutti diversi tra loro, che offrono un interessante
repertorio di storie e di forme nelle quali ricorrono soprattutto il gusto del
fantastico e del mostruoso. La decorazione pittorica, invece, si trova parte in situ e parte esposta – dal 1975, dopo essere stata staccata – nel Museo recentemente costituito. All’interno della chiesa sopravvivono cinque santi con il libro in mano che occupano la parte bassa dell’abside centrale mentre nel catino campeggia l’Ascensione; santi a figura intera e all’interno di clipei popolano i sottarchi; altre scene si dispiegano nel livello inferiore delle pareti perimetrali mescolando tradizione e protagonisti tanto dell’Oriente quanto dell’Occidente. Alcune volte, come nel caso dell’altare barocco dedicato a Sant’Oronzo, sulla parete destra, gli arredi posteriori hanno distrutto ciò che c’era sovrapponendosi agli affreschi. Altre volte, sempre sulla parete destra, vicende non del tutto chiare hanno portato ad una fantasiosa e caotica ricomposizione delle scene dipinte, più simili ad un puzzle che a qualcosa di minimamente comprensibile. Nel vicino Museo si trovano alcuni grandi
pannelli su cui sono stati riportati alcuni affreschi provenienti dalle navate
laterali: tra questi, una bella Annunciazione,
una scena con San Giorgio,
Sant’Eustachio e il Miracolo della Cerva, il Transito
della Vergine e una Madonna con Bambino in trono detta La Madonna del Popolo.
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Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.
©2002 Stefania Mola