a cura di Giuseppina Deligia
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Chiesa di Sant'Efisio. La facciata e la fiancata.
A sinistra, la zona absidale; a destra, particolare della fiancata destra.
La nostra chiesa è ubicata in prossimità dei ruderi della città di
Nora, scalo commerciale fenicio sin dall’VIII secolo a. C.,
urbanizzato verso la fine del VII secolo ed estremamente prospero in
età punica e romana. Non si hanno dati certi sull’epoca in cui la città venne abbandonata,
né su un edificio di culto preesistente alla chiesa protoromanica
intitolata al martire Efisio, eretta nella zona cimiteriale
extraurbana, dove un tempo erano collocati il Tophet
fenicio-punico (luogo deputato a sepoltura di neonati ed animali) e
una necropoli che ci ha dato sporadici reperti di età
romano-imperiale e tardo antica. Nel 1089 questo titolo, insieme al S.
Saturno di Cagliari e al S.
Antioco nell’omonima isola, fu donata dal giudice
cagliaritano, Costantino - Salusio II de Lacon - Gunale, all’abbazia
di S. Vittore di Marsiglia. La chiesa attuale venne ricostruita ex
novo, con pianta trinavata e alzato di forme protoromaniche, sotto
la direzione di un architetto di formazione catalana e da maestranze che
utilizzarono cantoni in calcare e arenaria di pezzatura massima,
prelevati dalle mura puniche - romane di Nora. Il paramento esterno, del tutto privo di ornamenti, è in vista
nell’abside (rivolta a sudest), nei muri della navata mediana e nel
lato meridionale, dov’è stata riutilizzata una stele funeraria di età
fenicio – punica con figura umana entro una cornice priva di listello
inferiore. La facciata romanica, conclusa da un campanile a vela, è stata
modificata nel Sei – Settecento con l’aggiunta di un atrio
porticato. Lungo i muri della navata mediana, l’estradosso della volta è
accompagnato da una cornice a listello, che risvolta per un breve tratto
nel frontone, in cui s’apre un oculo circolare. Poiché l’abside è priva di qualsiasi apertura, l’interno è
illuminato dal sopraccitato oculo e da due strette monofore a feritoia,
aperte nei fianchi e strombate solo verso l’interno. La navata centrale e quella settentrionale hanno copertura a botte scandita da archi doubleaux che scaricano, a nordest, sulle cornici gradonate lungo l’intradosso della botte e, nella navata mediana, su mensole scalettate, poste più in basso. La volta a botte della navata meridionale, invece, pare frutto di un successivo rifacimento. Dette navate sono divise da grevi e spesse arcate impostate su tozzi pilastri. Lo spessore di muri e pilastri testimonia una preoccupazione, da parte
dei costruttori, di natura prettamente statica così da poter consentire
il più largo margine possibile alle sollecitazioni delle poderose volte
a botte. L’aula doveva possedere un notevole sviluppo verticale, almeno fino a
quando non si procedette alla costruzione della volta a botte
trasversale (forse risalente al XVII secolo) che determinò la
sopraelevazione del pavimento della chiesa e la trasformazione
dell’originale spazio presbiteriale in cripta, dove si possono ancora
notare i cantoni di base dei piedritti dell’arco absidale. Qui è
stato recuperato un frammento di mosaico con epigrafe latina funeraria,
ascritto al V – IV secolo a.C. A destra dell’ingresso, una scala a chiocciola conduce al piano alto
dell’atrio da cui si può avere una particolare visuale della navata
centrale: l’intradosso della volta arretra sul filo del piedritto
producendo, in alto, un subitaneo espandersi dello spazio. In ultimo, nella piccola struttura cupolato che emerge dal piano
pavimentale della chiesa si suole riconoscere ciò che resta del martyrium altomedievale.
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©2007 Giuseppina Deligia, testo e immagini. Vietata la riproduzione non autorizzata.