FINESTRA
SUL PASSATO: Terra
di Bari. Bitonto e il suo territorio
a cura di Pasquale
Fallacara
Come si presentava un tempo il primo menhir e, sotto, come si presenta oggi, calato in un marciapiede di cemento a forma di "bara"
Un
altro grave danno
pare sia stato ulteriormente compiuto al nostro patrimonio archeologico
e monumentale. Dopo
l’assurda distruzione delle chiesette rurali di “San Martino” (secoli
X-XI) e “Sant’Aneta” (secolo
XI), e dopo aver rasato al suolo la vetusta pescara “Gentile” e
l’antica “Torre di Brencola” (secoli
XV-XVI), l’ignoranza e la cattiva sorte si sono scagliate contro gli
antichissimi,
enigmatici menhir. Inizialmente a rischiare fu il menhir detto “il
Monaco” risalente all’età neolitica, sito sulla strada
provinciale 231 (ex SS 98),
al confine tra il territorio di Bitonto e quello di Modugno, scampato ad
un assurdo “trasloco” in qualche giardino di quest’ultimo Comune.
Ma in questi
ultimi mesi la sorte si è
fatta più tiranna, colpendo a morte il terzo menhir del cosi detto
“allineamento” della via intercomunale chiamata
del “vico” o “boscariello”. Va
precisato che non si tratta di un allineamento nel vero senso del
termine, bensì di quattro menhir disposti su una distanza di circa 2 Km
a cavallo del confine tra Bitonto e Sovereto, resti della centuriazione
romana tra gli agri Robustino e Bitontino. Questo maestoso menhir
(cippo) è stato maldestramente abbattuto! Un tempo il grigio monolite
ricoperto di licheni svettava alto ed imponente tra gli ulivi argentei
sparsi nelle campagne. La sua esistenza è storicamente attestata da
almeno settecento anni, giacché è citato in documenti del secolo
XIII come pietra di riferimento (lapis terminalis) nelle
operazioni di confinazione fra Bitonto e Terlizzi. Lo stesso cippo viene
riportato, unitamente al resto dell’allineamento, anche in una antica
pianta topografica ottocentesca, in “scala di Palmi Napoletani”,
opera dell’agrimensore Stellacci, detta dell’“Anticone”, dalla
quale si evince sia l’allineamento dei “fittoni” posti sulla
“via del confine”, sia la divisione del tenimento bitontino, con
l’occupazione in agro di don Mario Cioffrese e quello terlizzese. Oggi,
come un gigante ferito a morte, riverso sulla fredda terra a circa 35cm
dal manto stradale, attende la sua triste fine. Ma chi è il colpevole?
Un'auto
impazzita? Non riuscirebbe ad abbatterlo! Un trattore a forte velocità?
Questo è da escludere, in quanto il monolite, che è di notevoli
dimensioni, alto circa 2 metri, con base di cm 70x40, non presenta sui
probabili lati d’impatto nessun danneggiamento. La spaccatura è
presente proprio alla base, a livello del manto stradale. Chi aveva
interesse a toglierselo dai piedi? Volevano eliminarlo per allargare la
strada? Volevano trasportarlo altrove per abbellire un giardino privato? Durante una delle sue frequenti escursioni campestri, il sottoscritto, resosi conto dell’accaduto, allertava istantaneamente l’Ispettore onorario ai Beni A.A. Antonio Castellano, il quale, dopo un sopralluogo congiunto, inviava segnalazione alle autorità competenti. Durante questo sopralluogo veniva anche notato l’inestetico marciapiede a forma di “bara”, che affoga nel cemento il primo menhir di detto allineamento. Non si poteva creare un marciapiede di forma rotonda con del verde alla base del menhir? Tutti vogliono augurarsi che l’Amministrazione Comunale di Bitonto (territorio in cui ricade il menhir, documentato dai testimoni numero 47 e 48 C.d.B. e C.d.T.), abbia un po’ più di riguardo verso le antiche strutture rurali, e provveda con urgenza a rimettere in piedi il monumento megalitico, dotandolo insieme agli altri di un apposito cartello segnaletico-descrittivo, del tipo di quelli già presenti nei Comuni limitrofi. Chissà! Chi vivrà vedrà!
|
©200
8 Pasquale Fallacara