FINESTRA SUL PASSATO:
Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio
a cura di
Pasquale Fallacara
In alto, a sinistra, il “nuovo” cippo di S. Leone così come appare: in aperta campagna; a destra, la sua facciata “bitontina”. Sotto, il monastero di San Leone in una foto d’epoca.
Ho individuato personalmente, e perciò denominato “Cippo di San Leone”, una stele confinaria originale, posta nel territorio di Bitonto al confine con quello di Terlizzi, esattamente in contrada ”Pezze di Bazzarico”, lungo la strada vicinale ora erroneamente denominata “Bozzarico“, così com’è: in posizione eretta tra i conci calcarei che formano uno dei tanti, vetusti muretti a secco tipici della contrada barese (ma anche pugliese in generale). Il monolito, grigiastro e di modeste dimensioni, ora è quasi interamente coperto di vetusti licheni rossicci, ma in un tempo ben preciso segnava il tenimento del “Bosco di San Leone”, un vasto appezzamento boschivo appartenuto all’omonima Badia di Bitonto. Di origine probabilmente normanna per esser documentata già nel XII secolo, l’abbazia fu concessa dopo le varie peripezie precedenti, alla Congregazione Benedettina degli Olivetani, che la ricevette grazie a una bolla emessa nel 1494 da Alessandro IV papa. Quell’ordine monastico dunque beneficiò di estesi beni fondiari, sia nel territorio bitontino che sui passi della transumanza (Mattine di Bitonto, San Giugliano, Gioia del Colle e Gravina). Nel 1495, Alfonso II donò agli Olivetani anche i feudi denominati “Calvarnam” e “Sergio”, anch’essi situati nel territorio bitontino, più il bosco detto “dell’Abbate”, conferendo finalmente al monastero il titolo reale. Sulla facciata rivolta verso Terlizzi, il cippo, databile al XVI secolo, presenta l’iscrizione ad incisione “S. Leone” e lo stemma olivetano formato da tre monticelli, di cui quello centrale che sovrasta gli altri due, è sormontato dalla croce e sui lati da due rami di ulivo, il tutto in perfetta foggia trigonometrica. L’estensione del “Bosco di San Leone”, originariamente picchettata da una serie di cippi pressoché identici e ora purtroppo quasi tutti perduti tranne uno, posto nel chiostro della Badia, è ben riconoscibile nella settecentesca Carta Rullan, una pianta topografica che riproduce l’intero territorio di Bitonto fatta compilare appunto da Michele Rullan, che era regio consigliere, nonché presidente della Regia Camera Summaria e altresì Governatore della Gran Dogana di Foggia. La giurisdizione bitontina è ivi posizionata fra il tenimento del “Signor Diego Gentile” e quello del territorio intiero di Terlizzi. Sia nel rilievo morfologico del territorio di Bitonto eseguito nel Settecento dal Rizzi Zannoni, sia negli ottocenteschi atti della “Commissione Censuaria del comune di Bitonto”, il vasto appezzamento viene indicato con il toponimo “Bosco di S. Leo”. Probabilmente questa macchia va ad identificarsi fin dall’origine con lo stesso appezzamento posto in località “Nazzarico” (Bazzarico), esattamente con quello che nel maggio 1172 fu donato con diploma dal conte palatino Roberto di Loretello e Conversano a “Nicola abate ecclesie sancti Leonis site non longe a civitate Botonti”. Attualmente questo “nuovo” monolito, situato in aperta campagna al margine di una stradina vicinale, non potendo per costituzione essere spostato, avrebbe bisogno di un (civile) cartello identificativo-descrittivo, così da esser reso visibile e fruibile, e magari anche a salvaguardia da eventuali e probabili futuri lavori di carreggiabilità.
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8 Pasquale Fallacara