FINESTRA SUL PASSATO:
Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio
a cura di
Pasquale Fallacara
Resti del casale San Marco.
In agro bitontino, nella contrada denominata “Casalicchio“, lungo l'antica via "Traiana", strada che congiungeva Benevento a Brindisi, sorgeva immerso nella quiete delle campagne il primitivo “Casale di San Marco”. L’antica struttura, posizionata sull’ansa del “Tiflis”, presumibilmente identificabile con i voluminosi ruderi presenti su “via vicinale di Cela”, nella vicinanze del “Ponte di San Marco”, era caratterizzata da un grande complesso edilizio protetto da alte mura, caratterizzato da molteplici ambienti adibiti ad alloggi, stalle, magazzini, dotato di capiente cisterna e di piccola chiesetta dedicata a San Marco, dalla quale il casale trae il proprio nome. Nell’elenco di “Frater Angelus” (Appolinare di S. Gaetano, 1693), vengono citate numerose “ville” e “casali”, tra cui “S. Marcus, qui prope est Botontum”. Probabilmente, dopo la costruzione della piccola chiesetta rurale, edificata nelle immediate vicinanze di un vetusto sepolcreto rinvenuto in zona nel 1820 durante la costruzione della nuova “Via di Palombaio”, intorno ad essa a partire dal X secolo, pian piano si sviluppò l’omonimo casale. In antichi documenti quattrocenteschi ritroviamo la chiesetta di San Marco, unitamente ad un “vignale di terre con pozzo d’acqua” concesse in enfiteusi a Nicola Antonio Russo. Nella “Platea del Convento di S. Francesco dell’ordine dei Conventuali di Bitonto”, la chiesetta viene ubicata sulla via delle “Mattine”, attuale via di Palombaio. Anche nella visita pastorale di mons. Cornelio Musso viene attestata sulla “via che va al Palombaio”. Nel 1549 ne è beneficiario G. B. de Melioribus. Alla fine del Settecento risulta ancora in piedi ma in pessime condizioni. Per tale motivo il rettore don Melchiorre Di Maggio la cede in enfiteusi unitamente al terreno circostante. A testimonianza della profonda devozione popolare adiacente al casale alla fine dell’ottocento fu edificata una bella edicola votiva rurale con tettuccio a spiovente dotata di piccola nicchia quadrangolare affrescata, abbellita da un elegante epigrafe che recita: “So che voi siete madre di Dio, ma per mia madre vi voglio anch’io. A.D. 1876”. Nel corso del tempo l’antico casale subisce notevoli cambiamenti. Agli inizi del Novecento è ormai ridotto ad “ovile”, caratterizzato da numerosi ambienti destinati a stalle, mangiatoie e depositi, utilizzato dai bovari per sistemare temporaneamente gli animali che in seguito verranno macellati al vicino “Macello Comunale”. In tale zona, agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, vengono portate alla luce numerose tombe del tipo a “fossa” ed a “sarcofago”, con conseguente recupero di numerosi vasi archeologici di varie forme e dimensioni. Attualmente, tali ruderi caratterizzati dal tipico paramento murario costituito in conci calcarei rozzamente squadrati e posti in opera a corsi regolari sul quale si aprono varie finestre incorniciate da stipiti in pietra, unitamente ad un ampio ingesso arcuato sul quale vi è scolpita la data 1908, versano in uno stato di totale abbandono. Va segnalato che da un attento esame in un ambiente destinato a stalla è stato individuato dallo scrivente unitamente allo storico A. Castellano un sarcofago in tufo “carparo” giallastro risalente presumibilmente al V sec. A.C. riutilizzato nel tempo come abbeveratoio per gli ovini, il quale andrebbe immediatamente recuperato e salvaguardato.
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11 Pasquale Fallacara