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FINESTRA SUL PASSATO:

Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio

     a cura di Pasquale Fallacara


 
 

Immagini della torre: frontale. In basso, a sinistra l'ingresso; a destra il lato sinistro della torre.

 

         

   

Percorrendo la strada vicinale “Megra”, antico tratturo apulo, dopo aver superato l’antica “pescara di Caccavino”, si scorgono sulla destra i ruderi di una sconosciuta torre trasformata successivamente nel tempo in una caratteristica struttura trulliforme.

La torre, dislocata a difesa del territorio bitontino, in origine di pianta quadrangolare, presumibilmente alta circa 4 metri a due piani, presenta un paramento murario costituito dai classici tozzi conci calcarei ben sbozzati a martelletto e posti in opera secondo la tradizionale tecnica delle “pietre a secco”. L’antica struttura, che per la sua particolare architettura ed i materiali impiegati è databile presumibilmente intorno al XVI secolo, presenta sulla facciata principale uno stretto e basso ingresso arcuato e una feritoia ad “arciere”, la quale oltre a svolgere una funzione difensiva, unitamente alle altre presenti su tutta la struttura, assicuravano al piano terra anche una sufficiente illuminazione interna. Internamente l’ambiente, un tempo voltato a botte, è caratterizzato dalla presenza di varie nicchie. Esternamente, sul versante sinistro è presente una capiente pescara (cisterna) coperta dalla classica vera con foro circolare, indispensabile risorsa idrica.

Sullo stesso versante, adiacente alla torre, residua un piccolo ricovero quadrangolare adibito a stalla, dove grazie all’utilizzo di un “appiglio” metallico inserito nel tozzo paramento murario, venivano attaccate le redini dei cavalli o dei muli, un tempo unici mezzi di trasporto.

L’origine di questa torre è ignota e la storiografia locale poco o nulla ci dice in proposito. Inesistente sui rilievi topografici del territorio bitontino, probabilmente la torre “vedetta”, in diretto contatto visivo con le vicine torri “Caccavino” e “Cazzettograsso”, veniva utilizzata come stazione di “muta” per i cavalli dei viandanti che percorrevano l’antica via rurale di “Megra”, arteria che congiungeva l’Università di Bitonto con i vicini insediamenti di “Palombaio” e “Mariotto”. Quasi certamente, verso la fine del XVII secolo, ormai ridotta a rudere, fu trasformata in “paghiaro”, struttura trulliforme adibita al deposito di attrezzi agricoli ed utilizzata come ricovero durante le intemperie.

Successivamente, il “paghiaro” e l’attigua “pescara” furono rinchiusi in tozze mura, attualmente ridotte a miseri ruderi, trasformando il complesso in un caratteristico “chiuso”. Consultando la “Platea dei beni del Convento di San Francesco d’Assisi di Bitonto”, alla voce “Oliveti, Amedoleti et Chiusi, nella Contrada di Megra”, ritroviamo censito nel 1684 il “Chiuso del q.m frà Benedetto di Conversano Laico Professo”, probabilmente identificabile con detta struttura.

Attualmente l’inedita struttura, che propongo di chiamare “Torre del Chiuso” versa in condizioni statiche alquanto precarie, e necessita di immediati interventi atti a scongiurarne il definitivo crollo.

           

   

  

©2012 Pasquale Fallacara

    


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