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FINESTRA SUL PASSATO:

Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio

     a cura di Pasquale Fallacara


 

In alto, Bitonto. Una vecchia foto che ritrae i resti della via Traiana in località Vico.  Sotto, a sinistra: una pietra miliare traiana inglobata nelle adiacenze di un cimitero; a destra: una pietra miliare posta nelle vicinanze della Taverna Gerardo.

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Una colonna miliare della via Traiana    Una rappresentazione forse un po’ naif della costruzione di una strada romana    Un'altra immagine della pietra inglobata nelle vicinanze del cimitero    Un’altra immagine della pietra inglobata vicino la Taverna Gerardo    La moneta emessa  dall'imperatore Traiano a ricordo della dell'omonima via    Carta ratta dall'opera del Pratili che rappresenta l’ultimo tratto verso Brindisi della via Traiana  

    

   

La via Traiana è un’antica, classica strada romana aperta nel II sec. d.C. Essa trae (e verbo più appropriato non esiste…) il suo nome dall’imperatore Traiano, il quale, per agevolare le comunicazioni con l’Oriente, rese carrozzabile un antico tratto viario alternativo all’Appia antica che univa Benevento a Brindisi.

Rispetto alla ben più nota consolare Appia, quel nuovo tracciato consentiva appunto di raggiungere Brindisi con maggiore facilità solo per il fatto che abbreviava il tratto montagnoso dell’appennino dauno sfruttando la comoda percorribilità del Tavoliere e perciò della pianura costiera.

La strada fu inaugurata nel 113 d.C. con tanto di celebrazione in quel di Benevento, dove il tracciato aveva origine, nonché di costruzione di un arco trionfale, che ancor oggi è visibile in città. Da Benevento la strada scendeva verso Aecae (Troia) e attraversava il Tavoliere fino ad Herdonia (Ordona); di qui, superato l’Ofanto con un imponente ponte a cinque arcate, raggiungeva Canusium (Canosa di Puglia). Attraversato il centro canosino, la strada proseguiva poi verso Rubi (Ruvo di Puglia), e correndo ad est dell’abitato puntava in direzione di Modugno fino a Caeliae (Ceglie del Campo), poi per Norba (Conversano) e Monopoli. Da Rubi una variante litoranea raggiungeva Barium (Bari) non senza aver toccato Butuntum (Bitonto); in entrambi i casi il tracciato procedeva poi, vicinissimo alla costa, fino ad Egnathia, grande sito archeologico tuttora attivo. La strada toccava poi Ostuni e Carovigno, giungendo infine a Brundisium (Brindisi). Un prolungamento più tardo, denominato “Via Traiana Calabra”  (Calabria era detta, in epoca romana, la parte meridionale della Puglia), collegò Brindisi alla città di Hydruntum (Otranto), passando per Valesium e per Lupiae (Lecce). Lungo il percorso la strada attraversava, oltre ai centri citati, una serie di stazioni di posta dette stationes, ovvero luoghi di sosta che potevano essere attrezzati al pernottamento dei viaggiatori e per la custodia di carri e cavalli (mansiones), o invero predisposti solo per il cambio dei cavalli e per brevi stanziamenti (mutationes).

Bitonto, posta a 121 miglia da Benevento, a 11 da Ruvo e a 13 da Bari, funge negli itinerari più antichi come mansio, e soltanto nel tardo periodo paleocristiano (“Burdingalese”) è ridotta a mutatio.

Le autorità e le giurisdizioni romane tenevano molto alla manutenzione della strada in generale, e solo in epoca cristiana furono elevate lungo il percorso vaste necropoli.

La più antica descrizione della via Traiana fu realizzata dall’Abate dello Jacono, grazie alla quale nel 1741 Francesco Maria Pratilli poté pubblicare la sua opera intitolata Della Via Traiana riconosciuta e documentata da Roma a Brindisi. In tempi successivi la strada subì importanti restauri, mantenendo la sua importanza strategica anche sotto i Goti, i Bizantini, i Longobardi e infine i Saraceni.

Purtroppo, in più di un territorio, anche diverso da quello bitontino, oggi residuano solo misere testimonianze di questa importantissima arteria stradale, che funzionava da fondamentale punto di raccordo tra Butuntum e le città dell'Apulia. Le “basole” ad esempio, che costituivano l’impianto stradale rurale, un tempo presenti in località “Vico”, cittadina sede di una vasta necropoli d’età preclassica-romana dalla quale provengono i numerosi reperti attualmente conservati nei musei archeologici di Bari, Taranto e Jatta di Ruvo, sono ormai scomparse, e solo sporadicamente sono rimaste alcune colonne “miliari”. Queste ultime poi, costituite da cippi litici di forma cilindrica, riportavano incise le miglia percorse a partire da Benevento, unitamente all’epigrafe: "L’Imperatore Nerva Traiano, figlio di Nerva, Germanico, Dacico, Pontefie Massimo, al XIII anno di Tribunato, VI di Imperatore, V di Consolato, Padre della Patria, fece la strada che da Benevento porta a Brindisi con il suo denaro". Di queste steli numerate, tra Ruvo e Bitonto ne erano collocate ben undici, e 10 fra Bitonto e Bari.

Durante il Medioevo questi grandi blocchi calcarei vennero in parte divelti e trasferiti presso i vicini centri costieri, reimpiegati presumibilmente per la costruzione delle strutture portuali. Nel fornice d’ingresso al centro antico di Giovinazzo per esempio sono inglobate due colonne miliari, probabilmente rimosse dal tratto Ruvo-Bitonto. Attualmente nel territorio bitontino ne residuano soltanto due, dislocate rispettivamente una nelle immediate vicinanze del primo ingresso del Cimitero, e l’altra posta nei pressi dell’antica “Taberna di Gerardo”, un tempo probabile mutatio.

Quest’ultima colona miliare, priva di epigrafe, situata a margine della carreggiata, ora profondamente interrata, viene costantemente e seriamente danneggiata dal frequente passaggio di mezzi agricoli ed industriali. Perché non dotare queste superstiti colonne miliari, simbolo della grandezza dell’antica via Traiana, di appositi pannelli identificativo-descrittivi, in modo da preservarle e tutelarle nel tempo?

           

   

  

©2008 Pasquale Fallacara

    


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