a cura di Felice Moretti |
Cattedrale di Bitonto, portale centrale: particolare dello stipite.
In bilico fra il bene e il male, fra gli allettamenti della carne e quelli dello spirito, la coscienza dell'uomo romanico si aggrappa disperatamente agli elastici fili della simbologia animale che la fertile immaginazione ha intriso di poteri straordinari consacrati dai Bestiari. Come la fenice e l'uccello del paradiso, il caradrio è un uccello reale trasformato in leggendario dall'immaginario medievale; a esso sono stati dati poteri straordinari capaci di guarire con i suoi escrementi gli occhi ammalati o la itterizia.
II Fisiologo
dice di questo animale che è «un uccello tutto bianco, senza
alcuna macchia, e i suoi escrementi curano gli occhi offuscati: lo si trova
nelle corti dei re. Quando qualcuno è malato, si può sapere con l'aiuto del
caradrio se il malato è
destinato
a vivere o a morire: lo portano infatti davanti al malato nel letto, e se la sua
malattia è mortale,
il caradrio distoglie lo sguardo dal malato e tutti riconoscono che è,
destinato a morire; se invece la malattia tende alla guarigione, il caradrio
fissa il malato, il caradrio assorbe la malattia, e la disperde, e cosí si
salvano il caradrio e il malato. Conviene dunque applicare tutto ciò al
Salvatore. Tutto bianco è infatti
il Signore nostro, senza alcuna macchia...».
Nella sfera dello spirito fu così stabilito un parallelo fra l'uccello
dallo sguardo salvifico e il Salvatore in croce, col viso rivolto verso il buon
ladrone. Dotato della capacità di guarire le malattie col semplice sguardo come
avevano asserito Aristotele ed Eliano, la speculazione medievale ha messo in
relazione simbolica il caradrio con Cristo che guarisce le anime al
capezzale dell'umanità ammalata.
Le
qualità guaritrici del caradrio furono considerate anche con interesse
"scientifico" nel corso del XIII secolo da Vincenzo di Beauvais e
dagli autori degli ultimi Bestiari. Onorio di Autun, citando Eliano, si richiama
al Fisiologo e adatta la leggenda sia nell'alveo della storia naturale
sia in quello dei misteri divini. Conclude che il caradrio bianco è il Cristo
nato dalla Vergine. Egli si è avvicinato all'ammalato quando il Padre suo l'ha
mandato a salvare l'umanità. Poi è salito in cielo e ha portato la salvezza a
tutta l'umanità.
Ci
piace credere con una buona dose d'immaginazione - capaci però di riprenderla e
dominarla - che quello strano uccello scolpito a basso rilievo sullo stipite del
portale della cattedrale di Bitonto, sia proprio il caradrio - la cui simbologia
fu nota in tutto l'occidente medievale - raffigurato con le fattezze di uno
strano uccello, con testa umana coronata, con la coda che si prolunga in modo
inquietante, simile a quella di un rettile: un richiamo, un avvertimento
all'umanità ammalata, libera di scegliere fra la guarigione che l'uccello
simboleggia o la dannazione richiamata invece dalla coda rettile.
Se soffermiamo per un momento lo sguardo e il pensiero sulla coda rettile del caradrio, il processo di ricaduta ha di nuovo inizio. Sappiamo che i rettili sono infidi e che tra le loro spire avvolgono i sette peccati capitali. E non v'è immagine più sconcertante di quel rettile dal regale nome a dare il senso dello smarrimento: il basilisco.
Da leggere:
Aristotele,
Storia degli animali,
a
cura di P. Louis, vol. IV, Les Belles Letteres 1968
F. Zambon, Il Fisiologo, Milano 1985.
F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (da cui è tratta l'immagine di questa pagina).
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3 Felice Moretti