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     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


 


    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. Approfondimenti e curiosità


6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà

     

6.1 Gli acefali

    

Tale vocabolo, apparentemente dotato di una semplice etimologia (dal greco άχέφαλοι , senza-capo) si prestò ad avere varie accezioni, con differenti significati [1]. Tra di esssi vengono di seguito indicati: 6.1.1  Acefali (V-VII secolo); 6.1.2  Blemmi.

 

6.1.1  Acefali (V-VII secolo)

Si identifica così (senza capo "spirituale") la corrente estremista di quei monofisiti [2] che rifiutarono la formula di compromesso, elaborata da Acacio di Berea, patriarca di Costantinopoli e Pietro Mongo, patriarca di Alessandria nel 482.

La formula fu poi ratificata nell'editto detto Henoticon, redatto dall'imperatore Zenone nel 482, che riprendeva il credo di Nicea e Costantinopoli, ma che in altri punti rimaneva alquanto ambiguo, in particolare sulla doppia natura di Gesù Cristo.

Rappresentavano la maggioranza dei monaci di Egitto e Palestina, ma staccati dai cinque patriarchi. Di qui il nome, che rimase anche quando, revocato l'Henoticon da Giustino I, gli Acefali ebbero i patriarcati di Alessandria, Costantinopoli ed Antiochia. Celebravano l'Eucarestia cospargendo di farina le specie sacre.

Sopravvissero fino al IX secolo, epoca in cui San Teodoro Studita (759-826) scrisse un trattato contro di loro. I maggiori esponenti furono Severo d'Antiochia (m. 538), Filosseno di Mabbug (m. 523) e Pietro l'Iberiano. Secondo il diritto canonico, erano chierici secolari non incardinati in una diocesi (clerici vagantes). Si svilupparono specialmente in Inghilterra, sotto il regno di re Enrico I.

Clerici vagantes

Gli Acefali, soprattutto i monaci in Egitto, preferirono rimanere senza capo, piuttosto che scendere a compromessi. Molti di loro confluirono successivamente nel movimento dei severiani, i seguaci di Severo di Antiochia (circa 465 - 538), e della corrente del monoergetismo.

Si sentì parlare ancora di Acefali nel 622, quando l'imperatore Eraclio (610-641) diede udienza ad un tale Paolo, un Acefalo, il quale dibatté con l'imperatore per perorare la dottrina del monofisismo puro, in cui credeva.

Questo episodio diede poi via alla dottrina messa a punto da Sergio, patriarca di Costantinopoli (m. ca. 638), denominata monotelismo.

6.1.2  Blemmi

Con questo nome veniva indicata in antichità una favolosa popolazione mostruosa di individui privi di testa. Tra gli altri ce ne parla Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), autore di una Naturalis Historia in 37 volumi, compilata attraverso la consultazione di circa 500 autori, che rappresenta una sintesi delle conoscenze dell'epoca. Ce li descrive come uomini con il viso sul petto. Nell'iconografia sono rappresentati appunto con gli occhi, la bocca e, talvolta, il naso al centro del torace.

«Il mito di un popolo i cui membri siano sprovvisti di testa ed abbiano la superficie anteriore del tronco fregiata degli organi della faccia è già presente presso gli antichi Greci. Secondo le Istorie di Erodoto, 4.191.3 (V secolo a. C.), i Libii credevano che la parte occidentale del loro paese ("montuosa, boscosa  ed inospitale, abitata da bestie selvatiche e da grandi serpenti e leoni, elefanti, orsi ed aspidi, asini con le corna, cinocefali ed άχέφαλοι [ IV, 191], uomini che avevano gli occhi nel petto [nomadi, nelle aree del fiume Triton] e uomini e donne selvaggi, oltre a molte altre creature non fantastiche")» [3].

   

La leggenda fu ripresa dagli scrittori Romani, i quali identificarono gli Acefali in un popolo storicamente esistito. Racconta Plinio il Vecchio: «Blemyis traduntur capita abesse, ore et oculis pectori affixis» (Nat. Hist., V,8). Non molto diversamente si esprimono Pomponio Mela (I sec. d.C., Chorographia, I,8),  Solino (III sec. Polyistor, XXXI) e Marziano Capella (IV-V sec., De Nuptiis,VI,674).

Popoli della terra, secondo Plinio il Vecchio. L'Acefalo è in basso a destra

I Blemmi erano [creduti essere] un popolo di razza etiopica e di lingua camitica, abitante la regione nubiano-sudanese presso i confini dell'Eritrea. Costituiti in un regno battagliero e rapace, erano molto temuti a causa delle loro incursioni verso l'Egitto, per contenere le quali i Romani si servirono del baluardo militare di Assuan.

Sulla fine del III secolo, Diocleziano dovette scendere a patti con loro per assicurare la pace ai confini meridionali dell'impero. Si convertirono poi al cristianesimo e successivamente all'islamismo. Da essi discesero i Begia ed i Bisciari [4].

Nell'epoca romana, così protesa verso la fede nel prodigio e  nel miracolo, gli Acefali erano soltanto uno dei tanti popoli mostruosi ritenuti realmente esistenti. Ricorderò i Monopodi (Sciapodi), i Ciclopi, i Pigmei, i Cinocefali.

Uomo dei Bisciari

   

Monopode-sciapode, ciclope, pigmeo bicipite, acefalo, cinocefalo = Sebastian Münster, Basilea 1558

Scarsissime sono le voci che allora si levarono contro questi miti: particolarmente diffidente si dimostra Aulio Gellio (II sec.) nelle Noctes Atticae (IX, 4). è molto interessante l'affermazione di sant'Agostino (354-430) secondo il quale le immagini dei vari popoli mostruosi, compresi gli Acefali, erano rappresentate a mosaico nel porto di Cartagine: «... quosdam sine cervice oculos habentes in humeris: et cætera hominum, vel quasi hominum genera, quæ in maritima platea ...» (De civitate Dei, XVI, 8).

Nel manoscritto medievale olandese Der naturen bloeme ("I fiori della natura") di Jacob van Maerlant [5] (circa 1230- 1296), una enciclopedia descrittiva di gente, animali, piante e minerali dal 1270, una parte interessante (Vreemde volkeren , Gente Esotica) ed in un altro suo manoscritto (Dit is die istory van Troyen , " La storia di Troia"), la gente esotica viene descritta. Vi sono molte caratteristiche simili a malformazioni congenite.

Agostino si domanda anche se derivino «ex propagine Adam vel filiorum Noe», ma accenna all'ipotesi che si tratti di una anomalia razziale: «quemadmodum in singulis quibusque gentibus quædam monstra sunt hominum, ita in universo genere humano quædam monstra sint gentium». è sicuramente apocrifo un brano nel quale sant'Agostino afferma di aver direttamente conosciuta l'esistenza degli Acefali in occasione di un suo viaggio apostolico in Etiopia (Sermo XXXVIII ad fratres in heremo).

Il mito degli Acefali ricompare negli scritti dei grandi compilatori ecclesiastici dell'alto Medioevo (Isidoro di Siviglia, 670-636, Etymologie, XI,3) , Rabano Mauro, 784-856, De universo,VII,7). Anche un codice del X secolo contiene un trattato De monstris et belluis redatto forse nel VI secolo, il cui capitolo XXVII è dedicato agli Acefali: «Sunt quoque homines in insula Brixontis fluvii, qui absque capitis nascuntur...».

L'Acefalo venne rappresentato nei rilievi eseguiti nel 1135 da Nicolao «scolptore» nella strombatura nel portale maggiore della Cattedrale di Ferrara.

Immagine da Arnamagnæanske Samling, 673a 4to (Fisiologo antico nordico) (1270-1290), Copenhagen

   

 

Duomo di Ferrara

Il mito dei popoli mostruosi è quindi passato per via di tradizione dall'antichità al Medioevo con l'ausilio dei grandi sapienti della Chiesa. L'anima ingenua e mistica del tempo credeva realmente nell'esistenza di questi mostri e attribuiva ad essi un significato simbolico a sfondo religioso-morale.

[...]

Non meno ingenui furono gli scrittori del Rinascimento i quali, nei libri a stampa, ripresero le leggende e relativa iconografia contenute nei codici del Medioevo.

Così il medico H. Schedel (1440-1514), S. Munster (1489-1552) e K. Wolfhart ( Lycosthenes, 1518-1561) . La fede cieca in (tali) mostri, da nessuno mai visti ma continuamente descritti come reali, proseguì nel XVII e XVIII secolo.

  

[...]

  

Per Mandeville potremmo supporre che gli antichi creatori del mito abbiano avuto sott'occhio un neonato affetto da craniorachischisi e siano stati particolarmente colpiti dalla malformazione: a) acrania ed anencefalia; b) apparente mancanza completa del collo, aplasia totale di alcune vertebre e abnormi incurvamenti causati da una grave cifosi dorsale inferiore e grave lordosi cervicale (urano-scopia); e c) esoftalmo. Tra le grandi malformazioni riportate anche da reperti egizi e greci era nota la craniorachidoschisi.

  

Miniatura nel "Livre de Merveilles", di Mandeville,Parigi  

 

...Per circa due millenni gli uomini hanno avuto una bella ingenuità per credere in un sogno e in una favola...».


1  Il termine "Acefali" è utilizzato in modo letterale in biologia: in zoologia i molluschi sono suddivisi in cefalici e acefalici ("Acefali"), in relazione al fatto di avere, o no, parte della loro anatomia organizzata quale sede del cervello e di sensi speciali. Gli "Acefali" o "Lamelli-branchi", comunemente conosciuti quali conchiglie bivalvi, non hanno una regione cefalica distinta. "Acefalocisti" è il nome dato alle idatidi, forme immature del tenia (verme solitario). In botanica la parola è utilizzata per le ovaie non terminanti in uno stigma e, metaforicamente, in prosodia o grammatica, per un verso o una frase a cui manca un inizio.

2  Monofisismo: dottrina eretica sviluppata da Eutiche (circa 378-454), politicamente molto influente sul ministro eunuco bizantino Crisafio, fu archimandrita (superiore) di un monastero con più di trecento monaci a Costantinopoli. Nel 448, all'età di settant'anni, egli scese in campo nella disputa teologica con Nestorio (circa 381- circa 451) ed in polemica con quest'ultimo, che affermava la presenza di due persone distinte (l'una divina e l'altra umana) nel Cristo incarnato. Eutiche ribadì che, prima dell'incarnazione, c'erano due nature, ma dopo una sola, quella divina, derivata dall'unione delle due nature stesse (ek duo physeon). Detta dottrina fu fondata, probabilmente, da san Cirillo di Alessandria (376-444, vescovo e Padre della Chiesa) o forse da Apollinare di Laodicea (il Giovane) (circa 310-390).

L'imperatore Teodosio II (408-450) convocò il concilio di Efeso, agosto 449, per dirimere la questione alla quale il papa Leone Magno non presenziò direttamente, ma ribadì la propria posizione anti-monofisita, ma anche anti-nestoriana.

Il concilio, falsato dall'atmosfera di terrore e violenza, si risolse con un nulla di fatto e fu definito da papa Leone Magno non un concilium, bensì un latrocinium (brigantaggio). L'imperatrice (santa) Pulcheria, fervente cattolica ortodossa, convocò un Concilio a Calcedonia nell'ottobre 451. In seguito a questo concilio il monofisismo venne condannato.

3  Viene qui riportata (da « a ») parte della pubblicazione di L. Belloni, assieme alle figure in essa presenti, Il mito degli Acefali, «Rivista CIBA», anno IV, n. 23, aprile 1950, pp. 761-764.

4  Bègia: popolazione africana stanziata in una vasta regione fra il Mar Rosso e il Nilo, dall'Egitto meridionale all'Etiopia settentrionale. Hanno tradizionale cultura pastorale nomade e non formano un'unità né politica né sociale, preferendo vivere in piccoli raggruppamenti. I gruppi più importanti sono gli Ababdeh, i Bisharìn, gli Almaràr, gli Hadendoa, gli Halenga e gli Homzan. I Clan dei Begia erano strutturati in grandi famiglie matrilineari, ma l’influsso islamico ha trasformato in senso patriarcale la loro società; vivono in grandi capanne provvisorie a cupola, ricoperte di pelli o di stuoie. Hanno una lingua afro-asiatica. Furono sconfitti da Ezana, re d'Etiopia (320 circa - 342 d.C.), a cui è attribuita la formalizzazione dell'alfabeto etiopico e l'adozione del cristianesimo (Chiesa copta). Fino al 1959 l'Etiopia fu sottoposta al patriarcato di Alessandria d'Egitto, che aveva seguito nello scisma monofisita del V secolo.

Bisciari (nome italianizzato di Bishārīn): gruppo etnico di 42.000 individui del Sudan Nord-orientale, stanziato dai confini dell’Egitto fino all’Atbara e al Nilo (regione del deserto nubiano). Essi vivono vicino ai rari pozzi d’acqua e costituiscono uno dei più importanti gruppi Bègia, e di tale popolazione hanno la tipica cultura. Coltivano cotone, canna da zucchero, grano, mais, sesamo, frutti e vegetali; allevano pollame. Sono musulmani sunniti.

5  Jacob van Maerlant (o Merlant) è conosciuto quale il più grande poeta fiammingo del Medioevo. Nacque circa nel 1235 e morì dopo il 1291. Della sua vita poco è conosciuto: nel suo primo scritto, Merlijns Boeck, si firma come "Jacob de coster van Merlant", mentre nel successivo Der Naturen Bloeme si chiama "Jacob van Merlant". Visse a Damme, presso Bruges, dove forse fu impiegato cittadino. Scrisse romanzi cavallereschi, come nello stile dell'epoca: Alexanders Geesten (circa 1257), Historie van den Grale ("La leggenda del Graal"), Merlijns Boeck ("Il libro di Merlino") e Historie van Troyen ("Storia di Troia", circa 1264), tratta da Benoit de Sainte More. Poi scrisse Rijmbijbe, storia biblica in rima tradotta dalla Scholastica di Petrus Comestor. Il suo Der Naturen Bloeme è una enciclopedia di storia naturale, basato sul più ampio Liber de Natura Rerum, di Thomas de Cantinpré del XII secolo. Nei 13 capitoli vengono descritti ed anche illustrati centinaia di bestie, mostri, uccelli e pesci, di cui molti immaginari e non identificabili, ma tutti indicati in ordine alfabetico. Tradusse dal latino la Vita di S. Francesco (Leven van St. Franciscus) da S. Bonaventura e compose molti altri testi: Wapene Martijn, Disputacie van onser Vrouwen ende van den helighen Cruce, Van den Lande van Oversee, scritto dopo la caduta di Acri e che è una appassionata incitazione per una crociata contro gli infedeli, con il triste lamento degli abusi della Chiesa. La sua opera principale fu Spiegel Historiael, una cronaca in rima, tradotta da Speculum historiale di Vincent di Beauvais. La iniziò nel 1283, e rimase incompiuta alla sua morte.

 

   

©2006 Raimondo G. Russo

         


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