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Paradossalmente,
pur avendo gli Abbasidi ottenuto inizialmente il potere
sfruttando la rabbia per le disuguaglianze sociali contro i
non-arabi presenti nell'impero omayyade, per ironia della sorte
durante il loro governo arabizzarono quasi completamente i
territori conquistati: con lo sviluppo culturale che favorirono,
ben presto l'arabo divenne lingua non solo burocratica in ogni
area ma molte persone di diverse nazionalità e religioni
cominciarono a parlare in arabo anche nella loro vita
quotidiana. Conseguentemente, a poco a poco, numerose risorse
culturali provenienti da altre culture cominciarono ad essere
tradotte in arabo e si andò sviluppando una identità unica
islamica e una cultura omogenea e onninglobante che se, da un
lato, portò ad un livello di civiltà e di conoscenza che è stata
in seguito considerato una meraviglia in Europa, dall'altro,
cercando progressivamente di eliminare le disomogeneità presenti
all'interno dell'impero, portò ad una reazione di quei gruppi
che non volevano perdere la propria identità radicale
[1].
Fu in questo senso che gli Abbasidi
finirono per trovarsi in disaccordo con i Musulmani sciiti, la
maggior parte dei quali avevano inizialmente sostenuto la loro
guerra contro gli Omayyadi. Durante il periodo di ascesa al
potere, infatti, sia gli Abbasidi che gli Sciiti rivendicavano
la legittimità dal legame familiare con Maometto che doveva
caratterizzare il califfato ma, una volta sul trono, gli
Abbasidi abbracciarono l'Islam sunnita e negarono ogni sostegno
alle convinzioni degli Sciiti. Il tentativo di imporre un certo grado di ortodossia sunnita finì per inimicare alla dinastia regnante i Kharigiti berberi, particolarmente noti per l'adozione di un approccio radicale, che li aveva portati addirittura a dichiarare che gli altri musulmani erano miscredenti e quindi degni di morte [2], ma soprattutto gli Sciti nord africani. La dinastia dominante tra questi ultimi era quella degli Idrissidi, fondata da Idris ibn Abdallah (788-791), che tracciava la sua ascendenza fino ad Ali e sua moglie Fatima, figlia del Profeta Maometto. Dopo la battaglia di Fakh, vicino alla Mecca, tra gli Abbasidi e un gruppo sciita, gli Idrissidi erano fuggiti verso il Magreb, prima a Tangeri, a quel tempo la città più importante del Marocco, e, dal 788, a Volubilis. Qui i potenti berberi Awraba di Volubilis (o Walili come i Berberi lo chiamavano), elessero Idris loro 'imam' (capo religioso). La tribù Awraba era originaria della regione di Tlemcen e aveva sostenuto Kusayla nella sua lotta contro gli eserciti Omayyadi nel periodo intorno al 670 e 680 per poi stabilirsi, nella seconda metà del secolo ottavo, nel nord del Marocco, dove la maggior parte delle tribù erano cristiane, ebraiche, kharigite o pagane. Idris si dimostrò molto attivo nella organizzazione politica del Awraba, la cui posizione cercò immediatamente di rafforzare attraverso lo sviluppo di un esercito efficiente e la sottomissione delle tribù cristiane ed ebraiche. Dopo l'avvelenamento di Idris, nel 791, quasi certamente per mano di un agente abbaside, gli successe il figlio di una sua concubina, Rashid, che venne però ucciso dagli Abbasidi nell'801 e, di seguito, il figlio di questi, Idris II che, all'età di soli 11 anni, venne proclamato imam degli Awraba. Il dominio idrisside si era ormai esteso su gran parte del nord del Marocco ma era pur sempre dipendente dalla leadership Awraba e, una volta cresciuto, Idris II cercò di sganciarsi da tale potere accogliendo coloni arabi Walili e nominando due arabi come il suo visir e qadi. Così egli finì per trasformarsi da un protetto degli Awraba nel loro sovrano, arrivando a uccidere il leader Awraba Ishak e a trasferire la capitale di un regno ormai formalmente indipendente dall'Impero a Fes (809), dove diede il benvenuto a due ondate di immigrazione araba: una nell'818 da Cordoba e un'altra nel 824 dalla Tunisia e da cui riuscì a creare uno stato che si estendeva dall'ovest dell'Algeria a Sous, nel sud del Marocco. Nell'868, però, le tribù berbere dei khargjti Madyuna, Ghayata e Miknasa della regione di Fes formarono un fronte comune contro i Idrissidi e dalla loro base di Sefrou riuscirono a sconfiggerli. Nel tentativo di riprendere i territori perduti gli ultimi sovrani idrissidi, nel secolo successivo, si allearono ai fatimidi, di cui si tratterà in seguito e questo segnò la loro fine definitiva, con l'esecuzione dell'ultimo sultano nel 985 [3].
Se il Marocco si era reso
indipendente dall'Impero abbaside, nella vicina Tunisia
la
situazione non era molto diversa. Qui, nel 800, il
califfo abbaside Harun al-Rashid aveva nominato Ibrahim
I ibn al-Aghlab come emiro ereditario del Ifriqiya come
risposta alla anarchia che regnava in quella provincia
in seguito alla caduta dei precedenti emiri Muhallabiti.
Gli Aghlabiti dovevano controllare una zona che
comprendeva l'Algeria orientale, la Tunisia e la
Tripolitania e, di fatto, pur non cessando mai
formalmente di riconoscere la supremazia abbaside, tutta
l'area divenne sostanzialmente indipendente, con una
nuova capitale, al-Abbasiyya, fondata fuori Kairouan, in
parte per sfuggire all'opposizione dei giuristi e
teologi sunniti, che condannavano la "vita senza Dio"
della corte aghlabita e la disparità di trattamento nei
confronti dei berberi musulmani
[4].
Nonostante lo scontro
continuo con i puristi teologici, certamente l'emirato
aghlabita fu uno dei più illuminati della storia araba,
con un intenso lavoro per sviluppare l'irrigazione delle
zone più desertiche e per valorizzare gli edifici
pubblici e le moschee del regno ma, in ogni caso, fu
anche continuamente tormentato da rivolte e sedizioni
interne. In particolare sotto l'emiro Ziyadat Allah I
(817-838) la crisi sociale arrivò al suo culmine con
una rivolta di truppe arabe che, scoppiata nel 824, non
venne sedata fino 836, quando fu necessario chiedere
l'aiuto delle tribù berbere per porre fine al conflitto.
Per molti versi la conquista della Sicilia bizantina, a partire dall'827, sotto l'emirato di Asad ibn al-Furat, nacque proprio da un tentativo di mantenere le truppe ribelli sotto controllo dando loro un obiettivo di conquista e territori da saccheggiare. La conquista fu, comunque, estremamente lenta: solo nel 902 l'ultimo avamposto bizantino fu preso definitivamente e la Sicilia divenne base per incursioni nel resto dell'Italia meridionale che si susseguirono a cadenza regolare per buona parte del X secolo. In realtà, però, gli Aghlabiti ebbero sempre ben poco potere sugli invasori della Sicilia: proprio dal momento che gran parte delle truppe inviate a occupare l'isola veniva scelta tra coloro che si dimostravano più riottosi al governo dei successori di al-Aghlab, a poco a poco la corte di al-Abbasiyya finì per perdere il controllo delle forze arabe in Sicilia e una nuova dinastia, i Kalbiti, provenienti dalle fila proprio di uno dei clan più fieramente opposti agli Aghlabiti, si impose svilup- pando il suo centro di potere a Catania [5].
Paradossalmente, però,
proprio mentre perdeva la Sicilia il regno aghlabita
raggiunse il suo apogeo sotto Ahmad ibn Muhammad
(856-863). La provincia di Ifriqiya, che era sempre
stata un centro di significativo potere economico grazie
alla sua agricoltura fertile, aiutata dalla espansione
del sistema di irrigazione romano, divenne il punto
focale del commercio tra il mondo islamico, Bisanzio e
l'Italia, in particolare per quanto riguarda il
lucrativo commercio degli schiavi. Conseguentemente
Kairuan divenne il più importante centro di
apprendimento nel Maghreb, in particolare nel campo
della teologia e diritto, e un luogo di ritrovo per i
poeti. provenienti da tutto quell'Impero, che, però, di
fatto, non aveva assolutamente più alcun potere su tutta
l'area nordafricana
[6].
Ahmad era nato a Baghdad nel 835, figlio di uno schiavo turco inviato dal governatore di Bukhara al califfo abbaside al-Ma'mun intorno al 815-16. In quel periodo erano numerosi gli schiavi turchi reclutati per servire come ufficiali militari e il padre di Ahmad giunse a ricoprire il ruolo di capo della guardia privata del califfo. Dopo un trasferimento a Samarra nel 850, ibn Tulun ricevette un intenso addestramento militare, non disgiunto dallo studio teologico e, imparentatosi con la famiglia di un influente generale turco, dopo aver prestato servizio in campagne militari contro l'Impero Bizantino a Tarso, il giovane ufficiale si guadagnò il favore del Califfo al-Musta'in, che lo diede in sposo ad una sua concubina dalla quale aveva avuto un figlio, Khumarawaih. Nell'868, il califfo al-Mu'tazz nominò il patrigno di Ahmad governatore d'Egitto e questi, a sua volta, inviò il figliastro come suo reggente. Al suo arrivo in Egitto, Ibn Tulun trovò che la capitale, al-Fustat, fondata da Amr ibn al-'As nel 641, era troppo piccola per accogliere i suoi eserciti e decise di creare una nuova città, Madinat al-Qatta'i, per servire come sua capitale. Inizialmente, il dominio di Ibn Tulun sull'Egitto fu caratterizzato da una lotta per il controllo delle finanze del paese contro il capo del consiglio degli affari finanziari, Ibn al-Mudabbir, inviso alla popolazione locale a causa dei livelli elevati di tassazione, in particolare contro i cittadini non musulmani. Usando la sua influenza a corte Ibn-Tulun riuscì a farlo rimuovere nel giro di quattro anni e ciò gli guadagnò un forte consenso presso la popolazione, cosicché, dopo aver formato un esercito di 100.000 uomini per aiutare il califfo di Bagdad contro il governatore della Siria che si era ribellato, allorché la ribellione degli Zanji, un gruppo di schiavi neri che avevano preso il controllo di Bassora e della maggioranza del sud dell'Iraq, dirottò gran parte delle risorse del califfato in quelle zone, nel 874, Ibn Tulun approfittò del caos che si era venuto a creare per rompere le relazioni con Bagdad e dichiarare l'indipendenza [7]. Fino all'877 il califfo Al-Mu'tadid non ebbe la possibilità di inviare forze armate per riprendere il controllo dell'Egitto e quando ciò avvenne il tentativo risultò in una disfatta. Nell'882 al-Tulun arrivò addirittura a offrire protezione al califfo al-Mu'tamid in Egitto contro il tentativo di usurpazione del trono da parte di suo fratello Al-Muwaffaq e, alla sua morte, nell'884 Ahmed potè lasciare il trono al figlio Khumarrawahi, che mancava del carisma e dell'astuzia del padre ma che ottenne il riconoscimento dei Tulunidi come legittimi governanti e lo status della dinastia come "vassalla al califfato". Dopo la morte di Khumarawaih, i suoi successore furono governanti inetti, che permisero ai loro soldati turchi e agli schiavi neri di gestire gli affari dello stato, cosicché nel 905, i Tulunidi non furono in grado di resistere a un'invasione da parte delle truppe abbasidi, che restaurarono il dominio califfale diretto [8]. La falla era, però, ormai aperta e, ben presto, avrebbe portato all'affondamento della nave abbaside. NOTE:
(1) H. Kennedy,
When
Baghdad Ruled the Muslim World: The Rise and
Fall of Islam's Greatest Dynasty, Da
Capo Press 2006, pp. 274-279.
(2) J.T. Kenney, Muslim Rebels: Kharijites and the Politics of Extremism in Egypt, Oxford University Press 2006, pp. 8-14. (3) M. Zeghal, Islamism in Morocco: Religion, Authoritarianism, and Electoral Politics, Markus Wiener Publishers 2008, pp.31 ss. (4) D. Nicolle, A. McBride, The Moors: The Islamic West 7th-15th Centuries AD, Osprey Publishing 2001, passim. (5) B.M. Kreutz, Before the Normans: Southern Italy in the Ninth and Tenth Centuries, University of Pennsylvania Press 1996, pp. 56 ss. (6) G. Petrie, Tunis, Kairouan & Carthage, Forgotten Books 2012, pp. 186 ss. (7) J. Zaydan, Ahmad ibn Tulun, Dar al-Hilal 1984, passim. (8) G. Mamdoh Ma'amon, Tulunid Dynasty & Ikhshidid Dynasty, Nahdet Misr 2009, passim. |
©2013 Lawrence M.F. Sudbury