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di Lawrence M.F. Sudbury

   

Bandiera Impero FatimideMentre il califfato Abbaside si stava a poco a poco sgretolando, a oriente un nuovo califfato scita stavo sorgendo: quello fatimide, che, al massimo della sua estensione, arrivò a coprire una vasta area del mondo arabo, dal Mar Rosso a est all'Oceano Atlantico a ovest. Originariamente con sede in Tunisia, la dinastia dei Fatimidi estese il suo dominio su tutta la costa mediterranea dell'Africa, fino all'Egitto, che divenne il centro del califfato con la costruzione della città del Cairo nel 969.
La classe dirigente dello Stato apparteneva al ramo dello scitismo ismailita e i capi della dinastia erano anche imam, avendo, quindi, anche tutto il Impero fatimidepotere religioso e facendo, per altro, parte della catena dei titolari della carica di Califfo come discendenti di Ali (da cui il nome fatimide, che si riferiva alla moglie di Ali, Fatima).
Il califfato fatimide, comunque, rappresentò uno dei periodi di maggiore tolleranza religiosa nei confronti dei non-Ismailiti dell'Islam, nonché nei confronti degli ebrei, cristiani, maltesi e cristiani copti che facevano parte del regno, al punto che gran parte dei giudici delle zone Fatimidi risultano essere stati studiosi Hanafi sunniti, più adatti a comprendere una popolazione prevalentemente sunnita e che un ruolo preminente nello sviluppo dello stato venne esercitato dalle popolazioni berbere.
Storicamente il califfato durò dal 909 al 1171, quando Saladino divenne sultano d'Egitto e formalmente fece tornare il paese ad una fedeltà nominale verso il califfato sunnita abbaside.

 

  • L'ASCESA

Donna KutmaLo stato fatimide nacque all'interno del popolo Kutama dell'Algeria. La dinastia fu fondata nel 909 da Abdullah al-Mahdi Billah ma la sua nascita fu conseguenza dell'opera del suo più grande missionario e sostenitore Abu 'Abdullah al-Shi'a, che nel 892 aveva dato vita ad un movimento di islamizzazione tra i berberi Kutama ed è riuscito a convertirli all'Islam sciita. Al-Shi'a aveva iniziato la sua predicazione dopo aver incontrato un gruppo di berberi durante un pellegrinaggio: questi uomini si vantavano del fatto che il paese dei Kutama, nella Ifriqiya occidentale (oggi parte dell'Algeria), non si fosse mai sottomesso al governo Aghlabide e, Al-Shi'a decise di recarsi nella regione, dove iniziò a predicare la dottrina ismailita. I contadini berberi, che erano stati oppressi per decenni dal governo corrotto Aghlabide, ben presto dimostrarono di essere una base perfetta per una futura sedizione: Al-Shi'a iniziò, così, a conquistare molte città della regione: prima Mila, poi Sétif, Kairouan e alla fine Raqqada, la capitale aghlabide. Nel frattempo, Ubayd Allah al-Mahdi era stato imprigionato a Sijilmasa a causa delle sue convinzioni ismailite e, dunque, nel 909, Al-Shi'a inviò una grande forza di spedizione per salvare al-Mahdi, il quale, liberato, divenne il capo incontrastato del nuovo stato che si stava formando, potendo far leva sulla sua discendenza diretta da Maometto attraverso la figlia Fatima Al Mahdiaz-Zahra e il di lei marito Alī ibn-abi-Talib, il primo imam sciita.
 

All'inizio della sua esistenza, dunque, il potere dell'impero si basava soprattutto sui Kutama berberi e sulla loro forza militare, grazie alla quale si riuscirono ad occupare vaste aree del Nord Africa, della Palestina, della Siria e, per un breve periodo, persino Baghdad. In poco tempo, così, il controllo di Abdullah al-Mahdi si estese su tutto il centro del Maghreb, in un'area comprendente gli odierni Marocco, Algeria, Tunisia e Libia [1]. Con Al-Muizz Lideenillah, poi, i Fatimidi, verso la fine del X secolo, penetrarono anche in Egitto abbattendo la dinastia Ikhshidide e fondando una nuova capitale a al-Qahira (Cairo) nel 969, che venne progettata come una residenza reale per il califfo fatimide e il suo esercito sebbene l'effettiva capitale amministrativa ed economica dell'Egitto rimanesse nella città di Fustat fino al 1169 [2]. Dopo l'Egitto, i Fatimidi continuarono a conquistare le zone circostanti fino a quando ebbero il pieno controllo di un'area vastissima che comprendeva persino la Siria e la Sicilia.
Sotto i Fatimidi, l'Egitto fiorì con lo sviluppo di una vasta rete commerciale sia nel Mediterraneo che nell'Oceano Indiano: i loro commerci e rapporti diplomatici arrivarono ad estendersi addirittura fino alla Cina della dinastia Song e ciò fu determinante per il benessere economico dell'Egitto durante tutto il Medioevo.

 

  • LA GRANDEZZA

Moneta fatimideL'attenzione fatimide per il commercio a lunga distanza fu, però, accompagnata da una mancanza di interesse per l'agricoltura e da un abbandono del sistema di irrigazione del Nilo, cosa che ebbe, a lungo termine, dure conseguenze.
 

Fu, probabilmente, proprio questo l'errore maggiore di una dinastia che, per altri versi, si dimostrò di estrema lungimiranza: a differenza di altri governi della zona, ad esempio, i Fatimidi basavano la carriera negli uffici statali più sul merito che sulla casata o la fede, cosicché i membri di altre branche dell'Islam, come i sunniti, avevano le stesse probabilità di essere nominati a incarichi di governo che gli sciiti e la tolleranza era estesa anche ai non musulmani, come i cristiani e gli ebrei, che arrivarono ad occupare alti livelli di governo grazie alle loro capacità, anche se vi furono, in alcuni casi, eccezioni a questo generale atteggiamento di tolleranza, in particolare sotto Al-Hakim bi-Amr Allah, che, a quanto risulta dalle cronache medievali, arrivò a organizzare vere e proprie crociate contro i drusi [3].
Esempio di arte fatimideAl di là di queste eccezioni, i Fatimidi furono anche noti come grandi mecenati e protettori delle arti e se il picco più alto dello sviluppo figurativo si ebbe nel campo della lavorazione della ceramica, del vetro e dei metalli, molte tracce di architettura fatimida sono ancora oggi rinvenibili al Cairo, con edifici splendidi quali  Al Azhar, la prima università dell'Oriente e forse la più antica della storia, fondata come moschea del comandante fatimide Jawhar agli ordini del califfo Al-Muizz e poi sempre più importante come centro di studi, fino a diventare il cuore dello sviluppo giuridico islamico, e la moschea di Al Hakim [4].
La vita intellettuale in Egitto durante il periodo fatimide raggiunse un grado di progresso mai toccato in precedenza, sia grazie al gran numero di studiosi sia egiziani che stranieri che venivano sovvenzionati direttamente dallo stato, sia per il gran numero di libri disponibili nelle biblioteche di numerose città, sia per gli aiuti che i Califfi fornivano agli studiosi facendoli lavorare nei loro tribunali e Moschea Fatimide al Cairoagli studenti esentandoli da numerose forme di tassazione.
Forse, comunque, la caratteristica più significativa del governo fatimide fu la libertà data al popolo di professare qualsiasi forma di religione. Secondo l'idea dei califfi del Cairo l'uomo poteva credere in quello che voleva a condizione di non violare i diritti degli altri: per questo i governanti riservarono pulpiti separati per le diverse sette islamiche senza che alcuna censura venisse imposta a scritti e sermoni [5].
Se l'aspetto culturale è fondamentale nell'asserire la grandezza della dinastia fatimide, nondimeno l'aspetto militare risulta altrettanto curato. Come detto, l'esercito fatimide era inizialmente basato sull'apporto delle tribù berbere Kutama, che rimasero a lungo il nerbo delle forze armate ma, dopo la conquista Bandiera di guerra fatimidedell'Egitto, si cominciarono ad incorporare anche forze locali (che, comunque, rimasero una parte relativamente piccola del fronte militare) e, soprattutto, un cambiamento fondamentale si verificò quando il califfo fatimide cercò di spingersi in Siria nella seconda metà del X secolo. Qui, infatti, i Fatimidi si trovarono di fronte alle forze turche del califfo abbaside e cominciarono a realizzare i limiti della loro struttura bellica, cosicché, nel corso dei regni di Abu Mansur al-HakimNizar al-Aziz Billah e Al-Hakim bi-Amr Allah, i califfi iniziarono ad integrare plotoni turchi e successivamente neri africani (più tardi anche altri gruppi, come gli armeni, vennero impiegati). Le unità dell'esercito erano generalmente separate secondo caratteristiche etniche: i berberi erano di solito l'avanguardia della cavalleria e i fanti leggeri, mentre i turchi erano gli arcieri a cavallo o la cavalleria pesante (nota come "i mamelucchi") e gli africani neri, i siriani e gli arabi in generale agivano come la fanteria pesante e arcieri a piedi. Questo sistema basato sulla separazione etnica dell'esercito, insieme con lo stato di schiavitù parziale di molti dei combattenti, sarebbe rimasto sostanzialmente immutato per molti secoli in Egitto anche dopo la caduta del califfato fatimide. Quest'ultimo, comunque, mise tutta la sua forza militare al servizio del mondo islamico e alla sua difesa ogni volta che esso risultò minacciato, in particolare quando, sotto il regno di Al-Muizz Lideenillah,  l'Impero bizantino, governato da Niceforo, si scontrò con i musulmani a Creta nel 961. Niceforo voleva ricostituire l'Impero romano d'Oriente di Costantino e la realizzazione dei suoi propositi sembrava facilitata dal fatto che i governanti musulmani combattessero tra di loro, tanto che l'imperatore riuscì a spingersi molto addentro alla Siria, fino ai confini dell'Iraq settentrionale ma furono proprio l'esercito e la marina dei Fatimidi a fermare la sua avanzata e a riconquistare i territori perduti [6].


 
  • IL DECLINO
Etnia berberaMentre l'esercito combatteva con successo sui campi di battaglia, però, le divisioni etniche cominciarono ad avere effetti negativi sulla politica interna del califfato in cui, tradizionalmente, l'elemento berbero dell'esercito esercitava una forte influenza sugli affari di stato: quando l'elemento turco cominciò a divenire sempre più potente i due gruppi etnici entrarono in contrasto e, verso il 1020, gravi disordini ebbero luogo anche tra le truppe dei neri africani.
Intorno al 1060, la saldatura provvisorio tra i diversi gruppi etnici all'interno dell'esercito fatimide si sgretolò, mentre l'Egitto veniva colpito da un periodo di grave siccità e carestia. Le risorse in declino accelerarono l'evolversi dei problemi tra le diverse fazioni e iniziò una vera e propria guerra civile, in un primo momento tra i turchi e le truppe africane, che cominciarono a combattersi mentre i berberi spostavano la loro alleanza tra le due parti. Le forze turche dell'esercito fatimide finirono per occupare il Cairo e tenere il califfo in loro potere mentre le rimanenti truppe berbere e le forze sudanesi si davano al saccheggio di altre parti d'Egitto, rendendo la situazione ancora peggiore.
Nel 1072 il califfo fatimide Abu Tamim Ma'ad al-Mustansir Billah, nel disperato tentativo di salvare l'Egitto, chiese aiuto al generale Badr al-Jamali, che era al momento governatore di Acri, in Palestina. Badr al-Jamali condusse le sue truppe in Egitto e riuscì a sopprimere con successo i diversi gruppi di eserciti ribelli, in gran parte turchi ma, anche se il califfato venne salvato dalla distruzione immediata, la ribellione decennale aveva devastato l'Egitto, che non riuscì per lungo tempo a risollevarsi. A seguito del suo aiuto, Badr al-JamaliBadr venne nominato visir del califfo fatimide, diventando il primo dei visir militari che dominarono la politica del tardo califfato fatimide, risultando i veri capi di stato mentre il califfo era ridotto al ruolo di una mera  figura rappresentativa [7].
Nel frattempo, già a partire dal 1040, molti "Zirid" berberi (governatori del Nord Africa sotto i Fatimidi) avevano dichiarato la loro indipendenza dai Fatimidi e chiesto il loro riconoscimento da parte dei califfi abbasidi Baghdad e dopo il 1070 i possessi fatimide sulla costa Levante furono erosi prima dalle invasioni turche e poi dalle Crociate, cosicché il territorio del califfato si ridusse fino a consistere nel solo  Egitto.
Infine, mentre il sistema politico fatimide era già in piena decadenza e i generali delle aree periferiche erano praticamente indipendenti, nel 1169, Nur ad-Din inviò il generale Shirkuh a prendere in ostaggio l'ultimo visir fatimide, Shawar: quando due mesi dopo aver conquistato il Cairo, Shirkuh morì il comando passò a suo nipote, Saladino, che diede inizio al Sultanato ayyubide di Egitto e Siria [8].
 
 
 
NOTE:
 
(1) P.E. Walker, Fatimid History and Ismaili Doctrine, Ashgate 2008, pp. 96 ss.
(2) M. Rodenbeck, Cairo: The City Victorious, Vintage 2000, pp. 38-81 passim.

(3) S. Falah, The Druze in the Middle East, Druze Research & Publications Institute 2002, pp. 78 ss.
(4) J.M. Bloom, Arts of the City Victorious: Islamic Art and Architecture in Fatimid North Africa and Egypt, Yale University Press 2008, passim.
(5) H. Halm, The Fatimids and Their Traditions of Learning, I. B. Tauris 2001, passim.
(6) H. Haji, Founding the Fatimid State: The Rise of an Early Islamic Empire, I. B. Tauris 2006, pp. 2011 ss.
(7) L.S. Al-Imad, The Fatimid vizierate, 969-1172,K. Schwarz 1990, pp. 163 ss.
(8) D. Robinson, Muslim Societies in African History, Cambridge University Press 2004, pp. 183 ss.
  

 

 

  

   

©2013 Lawrence M.F. Sudbury

  


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