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di Lawrence M.F. Sudbury

        

Impero araboCome abbiamo avuto modo di vedere, il Profeta morì nel 632 lasciando un notevole problema legato alla sua successione. Al di là dei contrasti interni che abbiamo già analizzato, è il caso, ora, di gettare uno sguardo sulle vicende dei primi Califfi (o "Califfi patriarcali") per comprendere come l'Islam, sotto di essi, abbia potuto continuare la sua incredibile e rapidissima espansione nel mondo mediorientale.
  • ABU BAKR

giovane Abu BakrAbu Bakr era il più antico e fedele compagno del Profeta, che gli era stato vicino nella buona e nella cattiva sorte. Quando il Profeta morì, Abu Bakr e Umar, i due compagni più prossimi a Muhammad, erano a Saqifa Bani Sada per un incontro tra tribù musulmane sulla scelta del suo successore. Probabilmente anche a causa della loro momentanea assenza sorsero immediatamente quei contrasti che portarono una fazione a sostenere la candidatura di Ali, ma abbiamo già osservato che, alla fine, Abu Bakr divenne il primo califfo nominato dei Musulmani [1].

Numerosi problemi emersero subito dopo il suo insediamento califfale, minacciando l'unità e la stabilità della nuova comunità e dello Stato. Un certo movimento di apostasia aveva effettivamente iniziato a diffondersi già nel corso della vita di Maometto e le prime azioni per combatterlo erano state concluse in modo soddisfacente mentre il Profeta era ancora in vita, ma  il vero e più grave pericolo di apostasia sorse immediatamente dopo la sua morte, quando un'ondata di incredulità si sparse per tutta l'Arabia.
Il primo grande evento legato all'apostasia si verificò in Yemen ed è noto come l'"Incidente di Aswad Al Ansi", allorché Awad, inviato di Medina, venne ucciso il 30 maggio 632 da un governatore persiano musulmano chiamato Firoz. La notizia dell' assassinio raggiunse Medina mentre era ancora vivissima la commozione successiva al funerale di Muhammad e subito si comprese che non si trattava di un incidente isolato ma che la causa principale della apostasia era la mancanza di una salda fede islamica in quelle tribù che avevano troppo recentemente assunto l'Islam, essendosi convertiArea Musaylimate negli anni nono e decimo del Hijra. A poco a poco episodi di apostasia si registrarono in ogni tribù in Arabia con l'eccezione dei fedeli di La Mecca, Medina e della tribù di Thaqeef a Taif. In alcuni casi intere tribù apostatizarono, a volte arrivando a trattenersi  la zakat o sfidando apertamente la legge islamica. Molti leader tribali cominciarono a pretendere di essere i nuovi profeti (alcuni, come Musaylima, lo avevano già fatto durante la vita di Maometto) e numerose tribù affermarono di aver presentato ossequio a Maometto e che con la sua morte la loro fedeltà era finita.

Abu Bakr, che da subito aveva ben chiarito di non avere alcuna volontà di presentarsi come profeta ma che voleva essere solo il leader scelto da tutta la comunità musulmana, tenendo conto che l'apostasia era un reato capitale nella interpretazione tradizionale del diritto islamico, dichiarò guerra ai ribelli [2].
Morte Musaylima Questo fu l'inizio delle "Guerre della Ridda" (le "Guerre di apostasia") che si concentrarono contemporaneamente in Arabia centrale contro il sedicente profeta Musaylima e contro gli altri centri dei ribelli posizionati a sud e ad est, in Bahrain, Oman, Yemen e a Mahra.

Abu Bakr pianificò la sua strategia di conseguenza: egli divise l'esercito musulmano in corpi diversi, il più forte dei quali, il corpo di Khalid ibn Walid, venne utilizzato per combattere il grosso delle forze ribelli, mentre altri corpi venivano dislocati in aree di importanza secondaria. Il piano di Abu Bakr era quello di liberare l'area occidentale e centrale dell'Arabia (la zona più vicina a Medina), poi di affrontare Malik ibn Nuwayrah, capo dei Banu Tamim del Bahrain settentrionale, e, infine, di concentrarsi contro il nemico più pericoloso, Musaylima. Dopo una serie di campagne di successo condotte da Khalid ibn Walid, Musaylima venne sconfitto nella Battaglia di Yamama, nell'undicesimo anno del Hijra. All'inizio dell'anno dodicesimo dell'Hijra (il 18 marzo 633) l'Arabia era completamente pacificata sotto l'autorità centrale del Califfo di Medina e, secondo alcuni storici sunniti, fu proprio la lotta contro le insurrezioni e i falsi profeti che uni strettamente il resto dell'Arabia sotto l'Islam, salvando lo stato islamico dal crollo [3].
Khalid ibn WalidUna volta che le ribellioni erano state sedate, Abu Bakr potè dare inizio a una guerra di conquista. Che il Califfo volesse o meno creare un impero, è difficile da dire, ma, certamente, le sue azioni militari misero in moto una traiettoria storica che nel giro di pochi decenni avrebbe portato allo sviluppo di uno dei più grandi imperi della storia. Abu Bakr cominciò con l'Iraq, la provincia più ricca dell'impero sassanide: mandò il suo più brillante generale Khalid ibn Walid per invadere l'Impero nel 633 e, poco dopo, inviò ben quattro contingenti ad invadere la Siria romana, sebbene questa seconda operazione venisse affrontata seriamente solo quando Khalid, dopo aver completato la conquista dell'Iraq, venne trasferito al fronte siriano nel 634 [4].

  • UMAR
Tomba Abu BakrNonostante le riserve iniziali dei suoi consiglieri, Abu Bakr, riconosciuto il valore militare e politico in Umar, lo pregò di succedergli come Califfo. La decisione venne sancita da una investitura ufficiale e, alla morte di Abu Bakr nel 634, Umar venne confermato senza dissidi. Il nuovo Califfo continuò la guerra di conquista iniziata dal suo predecessore, spingendosi ulteriormente nell'Impero persiano sassanide, a nord in territorio bizantino, e ad ovest in Egitto. è importante notare che Umar non partecipò mai a una battaglia come comandante dei Musulmani in tutta la sua vita ma che, anche se non uccise mai alcuno in guerra, non si arrese mai e continuò l'espansione dello stato islamico.
Le aree nelle quali spinse le sue truppe erano piene di grandi ricchezze e controllato da stati un tempo potenti, ma il lungo conflitto tra i Bizantini e i Sassanidi aveva lasciato entrambe le parti militarmente sfinite e gli eserciti islamici facilmente prevalso contro di loro. Con il 640 tutta la Mesopotamia, la Siria e la Palestina erano sotto il controllo del UmarCaliffato, l'Egitto fu conquistata nel 642, e l'intero Impero persiano nel 643 [5].
Mentre il califfato continuava la sua rapida espansione, Umar gettava le basi di una struttura politica che potesse tenere insieme territori tanto vasti: fu lui che creò il "Diwan", un ufficio per gli affari governativi, che portò l'esercito sotto il controllo dello stato fissando una retribuzione per i soldati e, soprattutto, fu lui che decise che non si dovesse ordinare alle popolazioni non-musulmane delle terre conquistate di convertirsi all'Islam, né che si dovesse tentare di centralizzare il governo (come avevano fatto i persiani), ma, invece, permise alle popolazioni soggette di conservare religione, lingua e costumi propri e lasciò il loro governo relativamente intatto, imponendo solo un governatore (Amir) e un responsabile finanziario (Amil), potendo grazie ad essi contare su una rete efficiente di tassazione che finanziava l'impero.
Espansione sotto Umar Con il bottino ottenuto dalle conquiste, Umar fu in grado di sostenere la sua fede in maniera sostanziale: ai compagni di Muhammad vennero assegnate pensioni con cui vivere, permettendo loro di proseguire gli studi religiosi e di esercitare una guida spirituale nelle loro comunità. Umar è ricordato anche per aver stabilito il calendario musulmano che, come il precedente calendario arabo, è lunare, ma trova origine nel 622, l'anno della Hijra, quando Maometto emigrò a Medina.
Il secondo Califfo fu mortalmente ferito in un tentativo di assassinio da parte dello schiavo persiano Abu Lulu Fieroz durante le preghiere del mattino nel 644 [6].

  • OTHMAN
Tomba UmarPrima morire Umar  aveva nominato una commissione di sei uomini con il compito di scegliere il califfo successivo, ma era stato accusato di aver selezionato solo membri della tribù dei Quraysh. Comunque, questo comitato ristretto prese in consideraziole due candidati: Uthman, del clan omayyade dei Quraish e Ali, dei Banu Hashim (il clan di Muhammad) sempre della tribù dei Quraysh, che già conosciamo.
Othman Uthman venne scelto e regnò per dodici anni. Durante la prima metà del suo regno egli godette della fama di essere il Califfo più popolare tra tutti quelli patriarcali, mentre nella seconda metà del suo regno incontrò una crescente opposizione condotta dagli egiziani e concentrata intorno alla figura di Ali, che gli sarebbe poi, anche se brevemente, successo [7].
Nonostante i problemi interni, Uthman proseguì le guerre di conquista iniziate da Umar. L'esercito califfale conquistò il nord Africa dai Bizantini e fece irruzione in Spagna, occupando le zone costiere della penisola iberica, così come le isole di Rodi e Cipro e la Sicilia costiera (652), mentre l'Impero Sassanide venne Califfato di Othmancompletamente conquistato fino alle sue frontiere orientali presso il fiume Indo. Il successo più grande e più duraturo di Uthman fu, comunque, la recensione formale del Corano, la cui redazione venne chiusa e perdura a tutt'oggi.
Uthman si rifiutò di avviare qualsiasi azione militare contro i suoi oppositori interni al fine di evitare la guerra civile tra Musulmani, e scelse sempre di intraprendere negoziati: il suo atteggiamento tollerante nei confronti dei ribelli, però, incoraggiò questi ultimi, che finirono per fare irruzione in casa del Califfo e lo uccisero mentre leggeva il Corano [8].
 

 


 
NOTE:
(1)W. Madelung, The Succession to Muhammad: A Study of the Early Caliphate, Cambridge University Press 1998, pp. 31 ss.
(2) S.A. Ibrahm, S. Saleem, Abu Bakr the Truthful: The First Caliph, Ta-Ha Publishers 1985, passim

(3) F. Ahmad, Abu Bakr: The first caliph of Islam, Taj Co. 1983, pp. 46 ss.
(4) W. Madelung, Citato, pp. 82 ss.

(5) F. Ahmad, Omar: The second caliph of Islam, Taj Co. 1990, passim.
(6) M. Redha, M. Agha, Omar Ibn Al Khattab, Dar Al Kotob Al ilmiyah 1999, passim.
(7) F. Ahmad, Othman: The third caliph of Islam, Taj Co. 1966, passim.
(8) M. Redha, M. Agha, Othman Ibn Affan, Dar Al Kotob Al ilmiyah 2001, pp. 103-121.


    

    

   

      

©2012 Lawrence M.F. Sudbury

  


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