Come
abbiamo avuto modo di vedere, il Profeta morì nel 632 lasciando un
notevole problema legato alla sua successione. Al di là dei contrasti
interni che abbiamo già analizzato, è il caso, ora, di gettare uno
sguardo sulle vicende dei primi Califfi (o "Califfi patriarcali") per
comprendere come l'Islam, sotto di essi, abbia potuto continuare la sua
incredibile e rapidissima espansione nel mondo mediorientale.
Abu Bakr era il più antico e fedele compagno del Profeta, che gli era stato vicino nella buona e nella cattiva sorte.
Quando il Profeta morì, Abu Bakr e Umar, i due compagni più prossimi a Muhammad, erano a Saqifa Bani
Sada per un incontro tra tribù musulmane sulla scelta del suo
successore. Probabilmente anche a causa della loro momentanea assenza
sorsero immediatamente quei contrasti che portarono una fazione a
sostenere la candidatura di Ali, ma abbiamo già osservato che, alla
fine, Abu Bakr divenne il primo califfo nominato dei Musulmani [1].
Numerosi
problemi emersero subito dopo il suo insediamento califfale,
minacciando l'unità e la stabilità della nuova comunità e dello Stato.
Un certo movimento di apostasia aveva effettivamente iniziato a
diffondersi già nel corso della vita di
Maometto e le prime azioni per combatterlo erano state concluse in modo
soddisfacente mentre il Profeta era ancora in vita, ma
il vero e più grave pericolo di apostasia sorse immediatamente dopo la
sua morte, quando un'ondata di incredulità si sparse per tutta l'Arabia.
Il primo grande evento legato all'apostasia si verificò in Yemen ed è
noto come l'"Incidente di Aswad Al Ansi", allorché Awad, inviato di
Medina, venne ucciso il 30
maggio 632 da un governatore
persiano musulmano chiamato Firoz. La notizia dell'
assassinio raggiunse Medina mentre era ancora vivissima la commozione
successiva al funerale di Muhammad e subito si comprese che non si
trattava di un incidente isolato ma che la causa
principale della apostasia era la mancanza di una salda fede islamica
in quelle tribù che avevano troppo recentemente assunto l'Islam,
essendosi converti te
negli anni nono e decimo del Hijra. A poco a poco episodi di apostasia
si registrarono in ogni tribù
in Arabia con l'eccezione dei fedeli di La Mecca, Medina e della tribù
di Thaqeef a Taif. In alcuni casi intere tribù apostatizarono, a volte
arrivando a trattenersi la zakat o sfidando apertamente la legge
islamica. Molti leader tribali cominciarono a pretendere di essere i
nuovi profeti (alcuni,
come Musaylima, lo avevano già fatto durante la vita di Maometto) e
numerose tribù affermarono di aver presentato ossequio a Maometto e che
con la sua morte
la loro fedeltà era finita.
Abu Bakr, che da subito aveva ben chiarito di non avere alcuna volontà di presentarsi
come profeta ma che voleva essere solo il leader scelto da tutta la
comunità musulmana, tenendo conto che l'apostasia era un reato capitale
nella interpretazione
tradizionale del diritto islamico, dichiarò guerra ai
ribelli [2].
Questo fu l'inizio delle "Guerre della Ridda" (le "Guerre di
apostasia") che si concentrarono contemporaneamente in Arabia centrale
contro il
sedicente profeta Musaylima e contro gli altri centri dei ribelli
posizionati a sud e ad est, in Bahrain, Oman, Yemen e a Mahra.
Abu
Bakr pianificò la
sua strategia di conseguenza: egli divise l'esercito musulmano in corpi
diversi, il più forte dei quali, il corpo di Khalid ibn Walid, venne
utilizzato per combattere il grosso delle forze ribelli, mentre altri
corpi venivano dislocati in aree di importanza secondaria. Il piano di
Abu Bakr era quello di liberare l'area occidentale e centrale
dell'Arabia
(la zona più vicina a Medina), poi di affrontare Malik ibn Nuwayrah,
capo dei Banu Tamim del Bahrain settentrionale, e,
infine, di concentrarsi contro il nemico più pericoloso, Musaylima.
Dopo una serie di campagne di successo condotte da Khalid ibn Walid,
Musaylima venne sconfitto nella Battaglia di Yamama, nell'undicesimo
anno del Hijra.
All'inizio dell'anno dodicesimo dell'Hijra (il 18 marzo 633) l'Arabia
era completamente pacificata sotto
l'autorità centrale del Califfo di Medina e, secondo alcuni storici
sunniti, fu proprio la lotta contro le insurrezioni e i falsi profeti
che uni strettamente il resto
dell'Arabia sotto l'Islam, salvando lo stato islamico
dal crollo [3].
Una volta che le ribellioni erano state sedate, Abu Bakr potè dare
inizio a una guerra di conquista. Che il Califfo volesse o meno creare
un impero, è difficile da dire, ma, certamente, le sue azioni militari
misero in moto una
traiettoria storica che nel giro di pochi decenni avrebbe portato allo
sviluppo di
uno dei più grandi imperi della storia. Abu Bakr cominciò con
l'Iraq, la provincia più ricca dell'impero sassanide: mandò il suo più
brillante generale Khalid ibn Walid per invadere l'Impero nel
633 e, poco dopo, inviò ben quattro contingenti ad invadere la Siria
romana, sebbene questa seconda operazione venisse affrontata seriamente solo
quando Khalid, dopo aver
completato la conquista dell'Iraq, venne trasferito al fronte siriano
nel 634 [4].
Nonostante
le riserve iniziali dei
suoi consiglieri, Abu Bakr, riconosciuto il valore militare e politico
in
Umar, lo pregò di succedergli come Califfo. La decisione venne sancita
da una investitura ufficiale e, alla morte di Abu Bakr nel 634, Umar
venne confermato senza dissidi. Il nuovo Califfo continuò la guerra di
conquista
iniziata dal suo predecessore, spingendosi ulteriormente nell'Impero
persiano sassanide, a nord in territorio bizantino, e ad ovest in
Egitto. è importante notare che Umar non partecipò mai a una
battaglia come comandante dei Musulmani in tutta la sua vita ma che,
anche se non uccise mai alcuno in guerra,
non si arrese mai e continuò l'espansione dello stato islamico.
Le aree nelle quali spinse le sue truppe erano piene di grandi
ricchezze e controllato da stati un tempo potenti, ma il lungo
conflitto tra i Bizantini e i Sassanidi aveva lasciato
entrambe le parti militarmente sfinite e gli eserciti islamici
facilmente prevalso contro di loro. Con il 640 tutta
la Mesopotamia, la Siria e la Palestina erano sotto il controllo del
Califfato, l'Egitto fu conquistata nel 642, e l'intero Impero
persiano nel 643 [5].
Mentre il califfato continuava la sua rapida espansione, Umar gettava
le basi di una struttura politica che potesse tenere insieme territori
tanto vasti: fu lui che creò il "Diwan", un ufficio per gli affari
governativi, che portò l'esercito sotto il controllo dello stato
fissando una retribuzione per i soldati e, soprattutto, fu lui che
decise che non si dovesse ordinare alle popolazioni non-musulmane delle terre
conquistate di convertirsi all'Islam, né che si dovesse tentare di
centralizzare il
governo (come avevano fatto i persiani),
ma, invece, permise alle
popolazioni soggette di conservare religione, lingua e costumi propri e
lasciò il loro governo relativamente intatto, imponendo solo un
governatore (Amir) e un responsabile finanziario (Amil), potendo grazie
ad essi contare su una rete efficiente di
tassazione che finanziava l'impero.
Con il bottino ottenuto dalle conquiste, Umar fu in grado di sostenere
la sua fede in maniera sostanziale: ai compagni di Muhammad vennero
assegnate
pensioni con cui vivere, permettendo loro di proseguire gli studi
religiosi e di esercitare una guida spirituale nelle loro comunità.
Umar è ricordato anche per aver stabilito il calendario musulmano che,
come il precedente calendario arabo, è lunare, ma trova origine nel
622,
l'anno della Hijra, quando Maometto emigrò a Medina.
Il secondo Califfo fu mortalmente ferito in un tentativo di assassinio da parte dello
schiavo persiano Abu Lulu Fieroz durante le preghiere del mattino nel
644 [6].
Prima
morire Umar aveva nominato una commissione di sei uomini
con il compito di scegliere il califfo successivo, ma era stato
accusato di aver selezionato solo membri della tribù dei
Quraysh. Comunque, questo comitato ristretto prese in consideraziole
due candidati: Uthman, del
clan omayyade dei Quraish e Ali, dei Banu Hashim (il clan di Muhammad)
sempre della tribù dei Quraysh, che già conosciamo.
Uthman venne scelto e regnò per dodici anni. Durante la prima metà
del suo regno egli godette della fama di essere il Califfo più popolare
tra tutti quelli patriarcali, mentre nella seconda metà
del suo regno incontrò una crescente opposizione condotta dagli
egiziani e concentrata intorno alla figura di Ali, che gli sarebbe poi,
anche se brevemente, successo [7].
Nonostante i problemi interni, Uthman proseguì le
guerre di conquista iniziate da Umar. L'esercito califfale
conquistò il nord Africa dai Bizantini e fece irruzione in
Spagna, occupando le zone costiere della penisola iberica, così come
le isole di Rodi e Cipro e la Sicilia
costiera (652), mentre l'Impero Sassanide
venne completamente
conquistato fino alle sue frontiere
orientali presso il fiume Indo. Il successo più grande e
più duraturo di Uthman fu, comunque, la recensione formale del
Corano, la cui redazione venne chiusa e perdura a tutt'oggi.
Uthman
si rifiutò di avviare qualsiasi azione militare contro i suoi
oppositori interni al fine di
evitare la guerra civile tra Musulmani, e scelse sempre di
intraprendere negoziati: il suo atteggiamento tollerante nei confronti
dei ribelli, però, incoraggiò questi ultimi, che finirono per fare
irruzione in casa del Califfo e
lo uccisero mentre leggeva il Corano [8].
(1)W. Madelung, The Succession to Muhammad: A Study of the Early Caliphate, Cambridge University Press 1998, pp. 31 ss.
(2) S.A. Ibrahm, S. Saleem, Abu Bakr the Truthful: The First Caliph, Ta-Ha Publishers 1985, passim
(3) F. Ahmad, Abu Bakr: The first caliph of Islam, Taj Co. 1983, pp. 46 ss.
(4) W. Madelung, Citato, pp. 82 ss.
(5) F. Ahmad, Omar: The second caliph of Islam, Taj Co. 1990, passim.
(6) M. Redha, M. Agha, Omar Ibn Al Khattab, Dar Al Kotob Al ilmiyah 1999, passim.
(7) F. Ahmad, Othman: The third caliph of Islam, Taj Co. 1966, passim.
(8) M. Redha, M. Agha, Othman Ibn Affan, Dar Al Kotob Al ilmiyah 2001, pp. 103-121.
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