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Come
abbiamo avuto modo di vedere, il Profeta morì nel 632 lasciando un
notevole problema legato alla sua successione. Al di là dei contrasti
interni che abbiamo già analizzato, è il caso, ora, di gettare uno
sguardo sulle vicende dei primi Califfi (o "Califfi patriarcali") per
comprendere come l'Islam, sotto di essi, abbia potuto continuare la sua
incredibile e rapidissima espansione nel mondo mediorientale.
Abu Bakr era il più antico e fedele compagno del Profeta, che gli era stato vicino nella buona e nella cattiva sorte.
Quando il Profeta morì, Abu Bakr e Umar, i due compagni più prossimi a Muhammad, erano a Saqifa Bani
Sada per un incontro tra tribù musulmane sulla scelta del suo
successore. Probabilmente anche a causa della loro momentanea assenza
sorsero immediatamente quei contrasti che portarono una fazione a
sostenere la candidatura di Ali, ma abbiamo già osservato che, alla
fine, Abu Bakr divenne il primo califfo nominato dei Musulmani [1]. Numerosi
problemi emersero subito dopo il suo insediamento califfale,
minacciando l'unità e la stabilità della nuova comunità e dello Stato.
Un certo movimento di apostasia aveva effettivamente iniziato a
diffondersi già nel corso della vita di
Maometto e le prime azioni per combatterlo erano state concluse in modo
soddisfacente mentre il Profeta era ancora in vita, ma
il vero e più grave pericolo di apostasia sorse immediatamente dopo la
sua morte, quando un'ondata di incredulità si sparse per tutta l'Arabia. Abu Bakr, che da subito aveva ben chiarito di non avere alcuna volontà di presentarsi
come profeta ma che voleva essere solo il leader scelto da tutta la
comunità musulmana, tenendo conto che l'apostasia era un reato capitale
nella interpretazione
tradizionale del diritto islamico, dichiarò guerra ai
ribelli [2]. Abu
Bakr pianificò la
sua strategia di conseguenza: egli divise l'esercito musulmano in corpi
diversi, il più forte dei quali, il corpo di Khalid ibn Walid, venne
utilizzato per combattere il grosso delle forze ribelli, mentre altri
corpi venivano dislocati in aree di importanza secondaria. Il piano di
Abu Bakr era quello di liberare l'area occidentale e centrale
dell'Arabia
(la zona più vicina a Medina), poi di affrontare Malik ibn Nuwayrah,
capo dei Banu Tamim del Bahrain settentrionale, e,
infine, di concentrarsi contro il nemico più pericoloso, Musaylima.
Dopo una serie di campagne di successo condotte da Khalid ibn Walid,
Musaylima venne sconfitto nella Battaglia di Yamama, nell'undicesimo
anno del Hijra.
All'inizio dell'anno dodicesimo dell'Hijra (il 18 marzo 633) l'Arabia
era completamente pacificata sotto
l'autorità centrale del Califfo di Medina e, secondo alcuni storici
sunniti, fu proprio la lotta contro le insurrezioni e i falsi profeti
che uni strettamente il resto
dell'Arabia sotto l'Islam, salvando lo stato islamico
dal crollo [3].
Le aree nelle quali spinse le sue truppe erano piene di grandi ricchezze e controllato da stati un tempo potenti, ma il lungo conflitto tra i Bizantini e i Sassanidi aveva lasciato entrambe le parti militarmente sfinite e gli eserciti islamici facilmente prevalso contro di loro. Con il 640 tutta la Mesopotamia, la Siria e la Palestina erano sotto il controllo del Califfato, l'Egitto fu conquistata nel 642, e l'intero Impero persiano nel 643 [5]. Mentre il califfato continuava la sua rapida espansione, Umar gettava le basi di una struttura politica che potesse tenere insieme territori tanto vasti: fu lui che creò il "Diwan", un ufficio per gli affari governativi, che portò l'esercito sotto il controllo dello stato fissando una retribuzione per i soldati e, soprattutto, fu lui che decise che non si dovesse ordinare alle popolazioni non-musulmane delle terre conquistate di convertirsi all'Islam, né che si dovesse tentare di centralizzare il governo (come avevano fatto i persiani), ma, invece, permise alle popolazioni soggette di conservare religione, lingua e costumi propri e lasciò il loro governo relativamente intatto, imponendo solo un governatore (Amir) e un responsabile finanziario (Amil), potendo grazie ad essi contare su una rete efficiente di tassazione che finanziava l'impero. Con il bottino ottenuto dalle conquiste, Umar fu in grado di sostenere la sua fede in maniera sostanziale: ai compagni di Muhammad vennero assegnate pensioni con cui vivere, permettendo loro di proseguire gli studi religiosi e di esercitare una guida spirituale nelle loro comunità. Umar è ricordato anche per aver stabilito il calendario musulmano che, come il precedente calendario arabo, è lunare, ma trova origine nel 622, l'anno della Hijra, quando Maometto emigrò a Medina. Il secondo Califfo fu mortalmente ferito in un tentativo di assassinio da parte dello schiavo persiano Abu Lulu Fieroz durante le preghiere del mattino nel 644 [6].
Uthman venne scelto e regnò per dodici anni. Durante la prima metà del suo regno egli godette della fama di essere il Califfo più popolare tra tutti quelli patriarcali, mentre nella seconda metà del suo regno incontrò una crescente opposizione condotta dagli egiziani e concentrata intorno alla figura di Ali, che gli sarebbe poi, anche se brevemente, successo [7]. Nonostante i problemi interni, Uthman proseguì le guerre di conquista iniziate da Umar. L'esercito califfale conquistò il nord Africa dai Bizantini e fece irruzione in Spagna, occupando le zone costiere della penisola iberica, così come le isole di Rodi e Cipro e la Sicilia costiera (652), mentre l'Impero Sassanide venne completamente conquistato fino alle sue frontiere orientali presso il fiume Indo. Il successo più grande e più duraturo di Uthman fu, comunque, la recensione formale del Corano, la cui redazione venne chiusa e perdura a tutt'oggi. Uthman si rifiutò di avviare qualsiasi azione militare contro i suoi oppositori interni al fine di evitare la guerra civile tra Musulmani, e scelse sempre di intraprendere negoziati: il suo atteggiamento tollerante nei confronti dei ribelli, però, incoraggiò questi ultimi, che finirono per fare irruzione in casa del Califfo e lo uccisero mentre leggeva il Corano [8].
NOTE:
(1)W. Madelung, The Succession to Muhammad: A Study of the Early Caliphate, Cambridge University Press 1998, pp. 31 ss.
(2) S.A. Ibrahm, S. Saleem, Abu Bakr the Truthful: The First Caliph, Ta-Ha Publishers 1985, passim (3) F. Ahmad, Abu Bakr: The first caliph of Islam, Taj Co. 1983, pp. 46 ss. (4) W. Madelung, Citato, pp. 82 ss. (5) F. Ahmad, Omar: The second caliph of Islam, Taj Co. 1990, passim. (6) M. Redha, M. Agha, Omar Ibn Al Khattab, Dar Al Kotob Al ilmiyah 1999, passim. (7) F. Ahmad, Othman: The third caliph of Islam, Taj Co. 1966, passim. (8) M. Redha, M. Agha, Othman Ibn Affan, Dar Al Kotob Al ilmiyah 2001, pp. 103-121.
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©2012 Lawrence M.F. Sudbury