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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 54 |
Tatari del secolo XVII.
Il personaggio chiave del nostro racconto su Bolgar dovrebbe essere Kotrag, il figlio di Kubrat che, secondo la tradizione, avrebbe scelto la regione fra il Don e il Volga come sede per la sua gente, se non fosse che di lui abbiamo notizie contraddittorie e anacronistiche e non sappiamo perciò che progetti avesse in mente e se li portò a buon fine. Potrebbe persino non essere mai esistito o essere il ricordo di un leggendario eponimo della terza ondata di Bulgari (forse i Kutriguri cioè una lettura corrotta per Gente di Kotrag?) che lasciarono la Steppa Ucraina per il nordest. Dunque mettiamo da parte Kotrag e torniamo a Zaccaria Retore ricordato in un altro punto del nostro scritto e alla sua testimonianza. Da lui sappiamo che intorno al VII-VIII sec. d.C. i Bulgari erano sparsi oltre il Ponto e, ammettendo che fossero in risalita lungo il Volga, ciò potrebbe essere stato causato dalla trasgressione caspica che invadeva i campi coltivati o perché i Cazari li spingevano in quella direzione per scopi tattici. Lo capiremo spulciando altri documenti, ma per l’intanto alla fine del X sec. troviamo i “resti” di quei migranti sotto il dominio cazaro sui declivi dell’Anticaucaso col nome di Balkhar. Ciò non toglie che i Bulgari si notano già nel nord più estremo intorno al VII sec. d.C. Infiltratisi fra gli Ugro-finni intorno a Lago Bianco e dopo essersi a loro assimilati di certo persero l’identità etnica propria lasciando soltanto il nome Biljar/Biger in circolazione nel Grande Nord e a loro è collegata la questione della Bjarmia su cui faremo qualche riflessione più avanti. In realtà chi giunse nell’Alto Volga allora si trovò in una compagine etnica “mista” come i toponimi locali suggeriscono e come risulta dagli scavi. L’archeologo V.V. Sedov dice che qui c’era già una realtà balto-slava (Cultura Imenkovskaja) a sua volta entrata qualche tempo prima dei Bulgari in area ugro-finnica. I Balto-slavi furono perciò scompigliati dai nuovi arrivati e costretti a migrare verso la riva sinistra del Dnepr, trascinandosi una parte di ugrofinni (i Magiari), quest’ultimi poi spinti oltre nella Pannonia. Scrive Sedov: «è vero che la migrazione di tribù bulgare nell’area del Medio Volga al volgere fra il VII e l’VIII sec. d.C., non ha un riscontro nel materiale archeologico. … Al momento in quel periodo si può stabilire dagli scavi che ci fossero dei nomadi nella zona di Samara (reperti di tipo Novinka). I primi monumenti funebri dei Bulgari del Medio Volga … sono chiaramente legati all’arrivo di una nuova ondata di migranti fra la metà del VII e l’inizio del VIII sec. quando a causa degli scontro fra Cazari e Arabi un gruppo di bulgari fu costretto a lasciare il Kaghanato Cazaro». è possibile allora ricostruire una certa storia di Bolgar da questa situazione? Se vogliamo più affidabilità, le notizie archeologiche debbono però integrarsi con tutto quanto gli osservatori musulmani e le Cronache Russe ci narrano. Purtroppo quanto ai Bulgari in particolare, e ai Turchi, in generale, non troviamo registrati molti eventi prima del IX-X sec. e, più esattamente, a partire dal X sec. d.C. in avanti ossia dalla visita di Ibn Fadhlan di cui parleremo. Insomma occorre cercare altre fonti… Prima però di esaminare le vicende dello stato bulgaro del Volga e il destino della sua capitale vediamo che ne dice il mito ossia la saga turca raccontata da Ghazan Khan al suo visir Rasc’id ed-Din ai principi del XIV secolo. L’opera di questo visir diventò l’unico riferimento sulla storia dei turchi nei secoli immediatamente seguenti e perciò val la pena di esser riletta anche nel caso mitologico ed ecco come è raccontato così da H. Vambéry già nel 1875 sull’origine dei Bulgari: «…Jafet, figlio di Noè, ebbe 8 figli e cioè: Türk, C’in. Khazar, Saqlab, Rus, Ming, Gumari, Khalag’ (o Jarag’/ Tarag’). Di questi otto figli Türk si stabilì nelle vicinanze del Isik Kol in una regione chiamata Selenkej e fu l’inventore della casa-tenda (jurta o meglio ger). C’in, rappresentante della cultura artistica e della cultura della seta, fondò Ma-c’in e vi si stabilì. Khazar scelse le rive del Volga come patria e Saqlab fu spinto verso il nord oltre il settimo clima. Con lui Rus, l’eponimo dei Russi, si era dapprima aggregato, ma poi in seguito si era separato. Ed infine Gumari (Cimmeri?) e Ming si stabilirono nelle vicinanze di Bolgar e nella terra dei Guzi…. Il figlio di Ming si chiama Guz e i due figli di Gumari sono Bolgar e Burtas i cui discendenti sono i Magiari e i Basc’kiri…». Il nostro attento lettore avrà sicuramente riconosciuto i Cinesi, i Turchi della steppa, i Cazari, i Guzi (Oghuz) e i Mongoli e persino il lontano fiume Selenga. La saga spiega perciò la tradizionale partizione della regione originaria fra tutti i Turchi dell’Asia Centrale, la loro stretta parentela con Cinesi e Mongoli e i loro epigoni delle steppe europee dagli Urali al Danubio. Tutto ciò naturalmente non va preso alla lettera in quanto nel racconto si mescolano favole e eventi in tempi lontanissimi mescolati e intrecciati nei racconti popolari, ma deve servirci soltanto come traccia della memoria tutta da verificare. Dove? Nei documenti storici naturalmente… Ed ecco che ritornano alla luce le Cronache Tatare i cui originali sono stati distrutti dal KGB e magari le copie, se se ne sono salvate, devono esser tirate fuori dagli archivi della Polizia Politica dell’ex URSS. Malgrado ciò, in questi anni qualche esemplare è apparso qui e là presso le famiglie di studiosi o di appassionati della propria cultura nazionale che di nascosto l’hanno serbato. Come mai esisté una situazione così estrema? L’ostacolo censorio alla pubblicazione di documenti storici era posto d’autorità quando essi erano in contrasto col molto diffuso principio pedagogico nella passata politica dell’Impero Moscovita in cui, benché i Tatari del Tatarstan fossero l’avanguardia per la conquista della Siberia, si esaltava comunque la superiorità dei Russi su ogni altra etnia, specie su quelle in stragrande maggioranza turcofone della steppa. Questa ideologia imposta nell’istruzione persino dopo che lo stato imperiale assolutista fu abbattuto nel 1917 ha continuato ad esistere grazie all’istituzione di un partito del popolo onnipresente ancora per altri 70 anni cioè fino agli anni ’90 del XX sec. Ora però si può mettere da parte quel passato e dare spazio ad una revisione del Medioevo Russo esaminando appunto i nuovi documenti “tatari”. In breve, se finora la storia antico-russa si ricavava quasi esclusivamente dalle Cronache del Tempo Passato, adesso invece fra le fonti primarie vanno citate e usate anche le “Cronache Tatare” (e le altre locali eventualmente presenti). E’ anche chiaro che queste ultime abbisognano di critica storica e di ricerca filologica accurata prima di considerarle dei testi affidabili visto che alcune di esse propongono la storia dei Bulgari del Volga. vincitori su tutto e su tutti, in modo così fantasioso da mettere in imbarazzo il ricercatore. Per il momento non sono state neppure pubblicate tutte né per intero e sono disponibili soltanto in antologie o stralci tradotti in lingua russa per studiosi e turcologhi scelti. Soltanto costoro le hanno potute consultare per pubblicarne commenti e recensioni con degli estratti e noi, seppur con gran cautela e sperando di far cosa giusta, abbiamo usato di questo materiale. Diamone allora una scorsa sommaria. Abbiamo già nominato la Cronaca di Gazi Barag’ in cui la storia del salvataggio di Grande Novgorod dall’assalto tataro-mongolo del 1236 con un riscatto in denaro va contro il mascheramento dell’evento nelle Cronache Russe con un supposto miracolo della Santissima Vergine Maria. Un’altra, la più importante, è G’a’far Tarihi (in tataro) o la Storia di G’a’far datata 1680 e parzialmente pubblicata in russo alla fine del secolo scorso quando fu possibile trovare una casa editrice (non più sovietica) disposta a stamparla. L’originale tataro scritto con l’alfabeto arabo era stato già sequestrato e distrutto dalla polizia nel 1939 con l’ordine di soffocare il revanscismo etnico nei Tatari e nei popoli ugro-finnici vicini e non sarà più recuperabile. La copia ritrovata invece non è neppure completa, ma ha un calendario utile per il confronto con le date moderne. Quest’ultimo punto, tenuto conto che la datazione gregoriana è stata introdotta in Russia nel 1917, ha dato modo di dubitare che la copia corrispondesse davvero al testo del XVII sec., sebbene il recensore ne dia una logica spiegazione e cioè che le date sono state inserite per facilitarne l’uso al lettorato russo e risalirebbero agli anni ‘30 quando il calendario gregoriano era ormai d’uso corrente. La Storia di G’a’far riportata all’interesse degli studiosi dallo storico R.H. Bariev ci aiuta a ripercorrere la vicenda dei Bulgari e dei Russi per un buon tratto di tempo ben anteriore alle versioni tradizionali. Noi però ne tralasceremo la prima parte perché si riferisce a periodi troppo antichi rispetto ai limiti cronologici postici, mentre, usando dell’articolo riassuntivo del detto Bariev e attenti alle corrispondenze con le notizie ormai disponibili, vedremo di utilizzarla al meglio per la nostra storia. Un altro documento interessante è il Nariman Targhi che, sebbene al di fuori dei nostri limiti cronologici, copre il periodo di storia bulgara dal XIV al XVIII. Non è stata ancora pubblicata nella traduzione russa dalla copia salvatasi e il cui originale è anch’esso, come al solito, introvabile (!). C’è un poema epico, C’ulmàn Tolgaù, composto nel II sec. a.C. (nientedimeno!) e la cui traduzione in russo è stata curata dal meticoloso J.K. Begunov e al momento è in corso di pubblicazione a Sofia sotto la redazione di G. Nurutdinov. Nell’articolo di Begunov sul poema si raccontano le gesta dei sovrani bulgari e dell’amicizia con quelli russi di Kiev. Si racconta della mitologica origine dell’etnia russa che abitò la Pianura insieme ai Bulgari e il poema è pieno di nomi e di imprese non facilmente raffrontabili con quelle tramandate dalle fonti ritenute più solide. Discrepanze fra le notizie che possediamo e le cronologie dedotte dal poema sunnominato però ce ne sono e tante. Ad esempio, quando il poema dice che il 154 d.C. è l’anno della prima apparizione dei Bulgari del Volga alla ribalta della storia, a noi la data confrontata con i dati archeologici e con Zaccaria Retore sembra davvero esageratamente precoce. Però altri dettagli sembrano interessanti. Ad esempio quando aggiunge che la Grande Bulgaria era composta dalla Crimea (tat. G’alda), dalla Steppa Ucraina dal Dnepr al Don (tat. Önegur) e dalle terre a nord che s’estendevano dal Dnepr al Don (tat. Deremela o G’uci) comprendendo l’Anticaucaso (tat. Utig). Dice pure che la capitale fosse Grande Bolgar (tat. Ulug Bulgar) che allora portava il nome di Rugian. In questo caso dove si situasse Bolgar non è chiaro… Insomma, salvo degli episodi, il poema si riferisce a eventi troppo remoti e appare troppo favoloso. Infine non ultima per importanza c’è la Descrizione delle Meraviglie di Akbasc’ e Balyng’ar (in via di stampa a San Pietroburgo) che è un’altra composizione epica del poeta tataro del XII sec. d.C. G’angi Ibn al-Kimaki che informa come la Grande Bulgaria (quella della Steppa Ucraina) fu fondata nel 154 a.C. dal yabghu (alto titolo nobiliare turco e antico incarico di capotribù) Askyp Kuban Bajan. Ultimamente (2009) poi lo storico V.D. Dimitriev sulla questione dei Bulgari del Volga e dei loro sedicenti eredi, i Ciuvasci, ha pubblicato una raccolta di racconti popolari che risalgono alle antiche imprese dell’eroe, Ulyp. Qui, a parte la cronologia difficilmente ricostruibile in modo accettabile, si può rileggere qualche accenno a Bolgar e alle sue relazioni con i territori vicini. Non basta però per impiantare la storia della città sulla questione ciuvascia! Per di più di città col nome Bolgar ce n’è più d’una lungo il Volga e queste presenze toponomastiche occorre giustificarle. Per fare un esempio, Nizhnii Novgorod fu fondata sulle rovine della precedente G’unne Bulgar e così la nuova Sarai fondata più a valle dal khan Berke nel XIII sec. d.C. si impiantò su una precedente Saksin Bulgar… Riprendiamo allora alla Storia di G’a’far e vediamo che cosa ci racconta su Bolgar e dei suoi rapporti col resto della Pianura. Partiamo perciò, non da Kotrag, ma dal fratello di Kubrat, Sc’ambat. A costui era stato dato il governo di una regione importante a nord del Ponto sui confini della Magna Bulgaria con la foresta settentrionale. Sulla riva destra del fiume Dnepr appena dopo la confluenza con il Desnà e il Pripjat c’erano delle colline dall’alto delle quali la corrente era visibile per chilometri e quindi ottima per costruirvi una fortezza. A quei tempi l’attenzione maggiore non poteva che essere militare visto che lungo il Dnepr scendevano le prime bande armate di Variaghi dirette soprattutto alla corte romea per un eventuale ingaggio o alla ricerca di saccheggi. Ed ecco che cosa dice a proposito la Storia di G’a’far con le parole di R. H. Bariev: «Nel 620 Kubrat incarica suo fratello minore Sc’ambat della costruzione nella Terra di Askal di una fortezza che sarà poi chiamata Basc’tu (da identificare con Kiev o con i suoi immediati dintorni). Qui vivevano Bulgari, Anci (gli slavi Anti),Greci etc. come si riscontra nelle raccolte storico-geografiche più tarde arabo-persiane. Sc’ambat mise in atto una campagna militare contro gli Avari con successo e così unì al proprio dominio vasti territori che erano appartenuti agli Avari e si dichiarò capo del suo nuovo stato a cui dette il nome di Duloba (in tataro Terra dei Dulo) che gli Slavi chiamavano Dulebi (tribù slava con sede non tanto lontana da Kiev)». E qui facciamo una breve digressione perché, a parte l’affidabilità del racconto quanto alla sua storicità, qui si evidenzia come la Madre delle Città Russe (Kiev) fosse in mano ai bulgari da tempo e addirittura fosse stata fondata da loro. E in più si risolverebbe un vecchio mistero contenuto fra le pagine di Costantino Porfirogenito dove si legge che a Kiev esiste una fortezza chiamata Sambatas (di Sc’ambat) e questo toponimo finora non aveva avuto riscontro. La Storia di G’a’far dice ancora: «Kubrat pretese ora che suo fratello ritornasse in seno alla Grande Bulgaria, ma Sc’ambat respinse la richiesta e in seguito a ciò ricevé il nomignolo di Kii ossia in tataro tagliato fuori». Riguardo a quest’ultimo punto fra le Cronache Tatare c’è pure la leggenda intitolata La Figlia di Sc’an che narra delle origini di Kiev in modo parallelo alle leggende ufficiali in cui si diceva che Kiev fosse stata fondata da tre fratelli e da una sorella, ricevendone il nome dal maggiore, Kii. Dopodiché nel 668 Kubrat muore e qualche tempo dopo scoppiano delle liti fra Bat-bajan e Sc’ambat probabilmente l’eco di una lotta fra le due famiglie elitarie all’interno della lega bulgara: i Dulo, alla quale appartiene sia Sc’ambat che Bat-bajan, e gli Ascina che stanno cominciando a sognare un nuovo stato cazaro, addirittura col plauso di Bat-bajan. Non sono peraltro dei litigi estremi dato che Cazari e Bulgari alla fine appartengono alla stessa etnia turca, ma in quegli anni arrivano dall’Oltrecaucaso famiglie e grossi gruppi di ebrei, provenienti dalla Persia della rivolta di Mazdak e persino dalla lontana Arabia dove sono stati scacciati dal dirompente Islam nato dal Cristianesimo e dal Giudaismo nel 632. Costoro hanno cominciato a imparentarsi coi Cazari e c’è un’evoluzione abbastanza profonda nella “miscela etnica” cazaro-bulgara… Al volgere del VIII sec. d.C. è stata fondata Baghdad che diventa rapidamente un centro amministrativo e politico con una popolazione che riesce a superare intorno al IX-X sec. quella di Costantinopoli. Gli Arabi di qui incalzano armati sia l’Impero Romano d’Oriente che il Caspio e, per quel che ci riguarda, anche la Choresmia dei Samanidi. Le città di Merv, Samarcanda etc. diventano così dei grandi centri islamici logicamente con lo sguardo sulle steppe del Centro Asia. In questi anni si susseguono degli scontri fra Arabi e Cazari e intorno alla seconda metà del VIII sec. gli Arabi riescono a valicare il Caucaso passando da Derbent e a invadere quello che ora è l’Impero Cazaro. Il Kaghan cazaro è costretto ad accettare l’Islam, ma non per molto. La rivincita successiva favorisce i Cazari e l’Islam del Kaghan è definitivamente abbandonato. Malgrado ciò, i Dulo non lasciano l’Islam, a quanto sembra, come invece avevano fatto col Cristianesimo di Kubrat mentre gli Ascina, con il loro Kaghan Bulan (personaggio leggendario come è solito per i vari altri eponimi), adottano il Giudaismo. Sono scelte non esclusivamente ideologiche come si potrebbe pensare, ma fortemente pragmatiche. Battezzarsi con i Cristiani, significa riconoscere l’autorità superiore dell’Imperatore Romano d’Oriente mentre abbracciare l’Islam significa passare ad esserne i suoi nemici. A questo punto l’élite al potere cazara intorno al IX sec. è ormai costituita da ebrei che hanno subito la sfacelo della lega bulgara e va crescendo e rafforzandosi. Si crea il nuovo stato cazaro sul modello romeo e su quello persiano e il suo dominio a nord del Caspio si consolida mettendo a frutto l’idea che si possa passare da una società di guerra e di razzia ad una più mercantile, più pacifica e più intraprendente e soprattutto molto più ricca di quella nomade classica. Le circostanze ambientali sono favorevoli. La prima è che tutte le vie d’acqua e di terra dirette ai grandi mercati di Costantinopoli o di Baghdad oltre che alla ricca e lontana Cina (la Via della Seta settentrionale passa per di qua), tagliano il territorio cazaro e perciò è possibile sottometterle immediatamente a controllo. La seconda è che la stragrande quantità dei prodotti ad alto valore aggiunto che viaggiano sulle strade del mondo in questi secoli provengono dal Grande Nord della Pianura dove per l’appunto si trovano i centri d’approvvigionamento che si possono, anch’essi, porre sotto controllo al più presto. La terza circostanza è che i Cazari e i loro alleati Bulgari sono in grado di sedentarizzare i nomadi che periodicamente si affacciano dall’Oltrecaspio o di stipulare con quei popoli patti efficaci da pari a pari, meglio di Costantinopoli. E infine la quarta è che, una volta raggiunta la stabilità, non solo si può partecipare al traffico direttamente coi propri mercanti, ma anche offrire a chiunque traffichi sul territorio servizi organizzati che vanno dalla protezione delle merci e dei mercanti fino alla manutenzione e alla difesa delle vie di attraversamento terrestri o fluviali. Insomma, non si può perdere tempo e occorre soltanto disporre dei mezzi adeguati che sono ricavabili da un budget impostato su un regime economico sperimentato. In quegli anni è ideale per un territorio in vicinanza dei mercati più ricchi del mondo un’economia fondata sui guadagni ricavati dalle gabelle sul valore della merce in transito che sono al 10 % normalmente e, siccome gli articoli che passano di qui sono preziosi nessun mercante soffre nel pagarle. Fondamentale rimane l’indipendenza politica e la buona adesione al potere delle varie etnie presenti sul territorio. Per quanto riguarda il secondo punto, si può ricorrere ad una religione di stato e costringere al patto religioso le varie componenti signorili o, in alternativa, adottare la tolleranza massima e lasciare che in questo ambito ogni sovrano locale sia libero dal punto di vista religioso, purché s’impegni a non intralciare le politiche del Kaghan cazaro. Per il primo punto invece, l’élite ha già la religione del popolo eletto sia perché appartiene alla famiglia nobile turca degli Ascina sia perché col Giudaismo si evitano inutili sudditanze o alleanze forzose con le potenze confinanti e ci si mette sotto la tutela del dio più potente che esiste: Jahve. è probabile che ci sia stata un’identificazione ufficiale, dal punto di vista teologico e filosofico, fra Jahve e Tenri, il dio del cielo turco, ma non lo sappiamo per certo. Se Kiev è già in mano bulgare, manca però il controllo sull’altra grande via fluviale, il Volga, che sta per diventare il maggior canale di traffico del commercio del X secolo. Dunque, che i Bulgari già residenti collaborino! Questo è l’intento cazaro. Poste queste premesse, vediamo che cosa poi nella realtà sta succedendo. Le Cronache Tatare ci dicono che in questo periodo i Peceneghi, tribù turca, erano la più instabile delle genti arrivate nella Steppa Ucraina e per questa ragione costituivano la costante preoccupazione per Bulgari e Cazari. Non solo! La rivalità fra le rispettive élite allo scopo di prevalere l’una sull’altra e sfruttare la situazione in esclusiva si polarizzerà logicamente sui Bulgari del Volga. La questione maggiore è Kiev dove si litiga con i Cazari per il governo benché qui ha sede il potere bulgaro in quel momento e a Sc’ambat è succeduto prima un certo Aidar e poi il figlio di questi G’ilki (a cui in seguito sarà attribuito il nome di Abdullah). Dopo varie lotte che a nostro avviso sono tutte da riscontrare, il territorio sotto il dominio bulgaro viene diviso: dalla riva sinistra del Dnepr fino al Volga è affidato al figlio di G’ilki, Almysc’, che stabilisce Bolgar a sua sede. Nell’882 G’ilki muore e Kiev passa nelle mani del figlio Bat-Ugir Mumin. Siccome la nostra storia s’incentra su Bolgar e il Volga, dobbiamo scegliere solo gli eventi che toccano il destino di questa città diventata il centro di una nuova comunità turco-bulgara prima del IX sec. d.C. a guardia del grande fiume, di conseguenza occorre sapere di più sulla città stessa. Salvo che la localizzazione dei resti conservati fino ad oggi nella cittadina-museo a sud di Kazan’ nel Tatarstan non sia quella giusta (e non ci sono ragioni per contestarla), qui c’era in piena vitalità il luogo più importante della Pianura di nordest e sono di questa opinione sia l’archeologo V. Janin che ha scavato Grande Novgorod più a nord sia il defunto A.P. Smirnov che ha dedicato 30 anni scavando nel Medio Volga. Evidentemente la confluenza del Kama (in tataro è C’ulman Idel’) col Volga (fino alla confluenza chiamato Kara Idel’) aveva le caratteristiche più favorevoli per la gestione dello sbarramento e del controllo della corrente e quindi era ben scelto da tutti i punti di vista: la leggera elevazione del terreno per costruirvi la residenza del sovrano, l’accessibilità immediata alla riva, insenature per il porto, vasto hinterland etc.. Naturalmente la città fu di legno prima del X sec. d.C. Fu sostituita da costruzioni in muratura o di mattoni cotti con nuove soluzioni d’ingegneria edilizia dopo Ibn Fadhlan. Non solo! La sua importanza strategica si rifletté nel fatto che fu ricostruita ancora una volta dopo le distruzioni dei Tataro-mongoli nel XIII secolo… Ma qual è il territorio in cui esercita il potere? E su quali genti lo esercita? E in qual modo? Dobbiamo rifarci per questi quesiti soprattutto a Gardizi (geografo del principio del XI secolo) che sulla situazione della Bulgaria del Volga ci dà molte più informazioni di altri dotti contemporanei o di poco anteriori. Riassumiamo il suo testo come segue (fra parentesi le nostre interpretazioni): «I Bulgari del Volga comprendono circa 500.000 famiglie che vivono lungo le sponde del fiume Itil (Volga) e tutta la regione da loro abitata è marcite, paludi e foresta densa. Vivono d’agricoltura perché coltivano orzo, zucche e lenticchie fra l’altro e allevano capre e cavalli. (A causa dell’esaurimento del terreno) a volte sono costretti a vagare di qua e di là nella foresta dove però trovano anche (buoni) prodotti da scambiare. I Bulgari infatti esportano specialmente le pellicce pregiate di zibellino, d’ermellino e di scoiattolo grigio. I loro mercanti portano questi prodotti fino al Paese dei Cazari, dopo aver pagato la decima in natura al signore disebbene anche i dirhem del Califfo sono apprezzati visto che sono gli unici mezzi di scambio, ad esempio, accettati nell’estremo nord. La loro terra confina coi Burtasi (a tre giorni di cammino) con i quali però non hanno sempre buone relazioni dato che per procurarsi prigionieri da vendere come schiavi i Bulgari li assalgono di frequente. Tuttavia gli schiavi di alta qualità sono i giovani Saqalibat (Slavi) venduti dai Rus’ che il portano dal nord. I Bulgari sono ben armati e hanno corazze di ferro per proteggersi e in maggioranza sono musulmani». Malgrado questa descrizione, altri autori musulmani dei secoli IX-X parlano di Bolgar come di una città ancor piccola, sebbene punto di smercio importantissimo di tutti i possibili prodotti di lusso e di altro consumo diretti verso i quattro punti cardinali. Riconoscono pure che essa prospera sull’indotto artigianale-industriale il cui sviluppo è favorito dagli sforzi dell’élite al potere tutta protesa verso l’economia che non verso le spese militari per la difesa del territorio. Dicono questi autori che ci fossero altre città indipendenti intorno che tuttavia non riuscivano a concorrere con Bolgar a causa della migliore posizione geografica di quest’ultima. Dunque nessun grande stato bulgaro fino a quel X sec., ma un condominio abbastanza concreto e compatto in cui la preminenza di Bolgar e del suo sovrano è ben riconosciuta! Riconsidereremo meglio questi punti importantissimi… Tornando allora alla Storia di G’a’far… Nell’890 i Cazari aiutano il figlio maggiore di Almysc’, a nome Arbat a detronizzare il proprio padre che è costretto a riparare a Kiev. Arbat in uno scontro finale con i soliti Peceneghi vince questi ultimi e una parte di essi rimane sul Volga mentre un’altra si dirige verso Occidente dove per secoli disturberanno le comunicazione di Kiev con il Mar Nero prima di trasmigrare finalmente in terra ungherese. Arbat intanto dopo varie peripezie se ne va in Pannonia e qui diventerà il fondatore del Regno d’Ungheria (ungh. Árpad). Almysc’ può ora tornare a Bolgar e riprendere il suo posto e movendosi da Kiev porta con sé una lunga carovana di… famiglie peceneghe che l’appoggiano. Accade che al loro approssimarsi al Medio Volga i vicini Oghuz si sono mossi incontro a loro e Almysc’, su preghiera della nobiltà di Bolgar, riesce a stringere un accordo di pace prima d’ogni ostilità e per gratitudine è acclamato Sovrano dei Bulgari del Volga. Siamo nel 895 d.C. … Dopo qualche anno Almysc’ decide di mandare una sua missione a Baghdad con delle richieste di aiuto finanziario in denaro, ma anche di dotti musulmani che siano in grado di insegnare la fede islamica alle sue genti. Come mai una tale presa di posizione? La situazione geopolitica che abbiamo prima delineato al volgere del X sec. dipendeva in parte anche dai rivolgimenti indotti dal Califfato Omayyade con la sua forte pressione a passare all’Islam nella zona del Caspio orientale e a sud del Caucaso e ciò era riuscito a far coalizzare Bersili (sedentari) e Peceneghi (nomadi) con il Kaghan cazaro allo scopo di fronteggiare il “nemico musulmano”. Mancavano soltanto i Bulgari del Volga all’appello... Sembra che la ragione di questa posizione contraria fossero delle beghe che Bolgar aveva in sospeso col Kaghan cazaro. Vediamo un po’ meglio. Come abbiamo detto l’Impero Cazaro, pur lasciando un’enorme autonomia religiosa e politica ai capi dei territori satelliti (in turco-cazaro Illetver/Elteber) pretendeva da ognuno di essi un patto di lealtà sigillato dal pegno da parte di ogni reuccio di cedere i propri figli in ostaggio al Kaghan Cazaro e, se erano figlie femmine, di passarle come mogli o concubine. Costumi comuni e normali di quei tempi, ma a proposito di Almysc’ era accaduto un episodio singolare che ci è stato tramandato da Ibn Fadhlan da Bolgar. La storia è che il Kaghan Cazaro era stato talmente impressionato dalle notizie sulla bellezza di una figlia di Almysc’ che l’aveva chiesta in sposa. C’era stato un rifiuto perché la ragazza era stata promessa ad un altro reuccio e dalla Cazaria erano arrivati uomini armati per prenderla con la forza. Il “ratto nuziale” era comune in quei luoghi, ma stavolta la ragazza non era consenziente. Tuttavia tutto si sarebbe aggiustato anche dopo il ratto violento, se non fosse stato per il fatto che la ragazza nella reggia cazara morisse. Il Kaghan mandò allora a chiedere la mano dell’altra sorella, ma il signore bulgaro, ancora più indispettito dalla nuova richiesta, si affrettò a dare la figlia in sposa al sovrano degli Askel... per salvarla da una indesiderata morte! Ed ora non si poteva che attendere le rappresaglie del Kaghan che, secondo al-Garnati, ci furono effettivamente… BibliografiA DI BASE:
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©2011 Aldo C. Marturano.