LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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L’ultima ricerca storiografica di Leonarda Crisetti.
Dopo la lettura del libro di Leonarda Crisetti Grimaldi L’agonia
feudale e la scalata dei galantuomini, cosa va posto all’attenzione del
lettore? Quali i punti di forza della ricerca? Il compito è piuttosto arduo,
vista la complessità della tematica. L’impianto temporale è di lunga durata:
partendo dal 1750, la Crisetti si sofferma sull’Ottocento e giunge fino al
1914, con qualche rapida incursione
nei secoli passati e in quello attuale per ricostruire gli antefatti e le
conseguenze della questione demaniale a Cagnano Varano. Uno spaccato
storiografico che ci disvela status e modi di vivere delle vecchie classi
egemoni, oltre ai meccanismi che connotano la scalata sociale di quelle classi
che erano state, fino a quel momento, subalterne. Colpisce l’estrema varietà
e ricchezza delle fonti utilizzate per ricostruire il contesto socio-economico:
oltre alle Delibere comunali, la Crisetti analizza le Rivele, il Catasto
Onciario, il Catasto Murattiano. Anche se redatti a distanza di sei decenni, i
due catasti riflettono logiche, strutture e metodi differenti. Le consentono
comunque di delineare un profilo attendibile della realtà tendenzialmente
dinamica del regime possessorio della terra, oltre agli aspetti
socio-economico-demografico-culturali della popolazione.
L’Autrice non disdegna, per l’analisi delle vicende del Novecento,
l’utilizzo delle fonti orali, raccordando la microstoria di Cagnano Varano con
gli eventi coevi, con l’intento di dare risposta ad una domanda-chiave: «Chi
furono i
protagonisti della scalata sociale nel primo decennio dell’Ottocento?».
Ecco perché scandisce tutti i passaggi che permisero a poche famiglie di
appropriarsi illegittimamente dei terreni sottratti ai feudatari o al Comune,
“affrancando” gli usi civici per regolarizzare le occupazioni e diventare
proprietari. I cosiddetti “emergenti”, nel corso di oltre un secolo si
servirono, a questo scopo, della politica e della “nuova” gestione della
cosa pubblica.
Nel 1750, al tempo dell’Onciario, la popolazione di Cagnano, di circa
1850 persone, è concentrata nei quartieri denominati “Entro la Terra”,
“Casale” e “Nuovo Casale”. Le famiglie “gentilizie”, quelle che
abiteranno nell’Ottocento i palazzi con portali e stemmi ben visibili, sono
poco in vista. Non godono di redditi significativi: sono semplici
“bracciali” e massari.
La terra è nelle mani di tre grandi proprietari, esponenti della nobiltà
e del clero: il principe-duca Brancaccio, titolare della Terra di Cagnano; il
duca Zagaroli, proprietario della Difesa della Regia razza delle Giumente; i
Canonici Regolari Lateranensi di Santa Maria di Tremiti, che posseggono San
Nicola Imbuti, sul lago di Varano.
Nel 1741, nella piccola cittadina garganica, c’è quindi un unico
possessore di “sangue blu”: Luigi Paolo Brancaccio. Nelle rivele
dell’Onciario è denominato “l’Illustre Possessore”. Il duca, di antica
nobiltà napoletana, ha 46 anni. Ha rimpinguato il suo blasone sposando la
duchessa di Carpino Felicia Vargas, sua coetanea, che gli ha dato sei figli: un
maschio e cinque femmine. Nel Palazzo baronale di Cagnano, la famiglia dimora
con la sua piccola corte, proveniente da località dove i principi Brancaccio
gestiscono altri feudi: il segretario è palermitano, i camerieri sono
napoletani, il “repostiero” è calabrese; non è specificata la provenienza
della nutrice, del maestro di casa, dei due servitori, del cuoco e del
sottocuoco, del calessiere e del “volante”, che
probabilmente sono stati assunti sul posto. Il duca Brancaccio esercita
di diritto di pesca nei “tre puzzacchi” sul lago; possiede il grande bosco
demaniale in località Bagno, una vigna con torre, pozzo d’acqua sorgiva e
uliveti a San Rocco; mezzane d’uliveti, olivastri, orni, un orto di fichi,
seminativi, diverse “piscine”, la Taverna, tre “trappeti per macinar
olive”; animali vari.
Luigi Paolo Brancaccio ha ceduto all’Università e affittato la
portolania e la mastrodattia; è
altresì comproprietario di un “bosco sassoso e macchioso” di querce, cerri
e faggi: il Compromesso; possiede la “defensa”
di Santa Marena, dove le università di Cagnano e di Carpino fanno
pascolare le loro mandrie di buoi per tutto l’anno, riservando l’erbaggio
anche alla Regia Dogana di Foggia per tre mesi all’anno. I pascoli sono
sufficienti ad alimentare, oltre alle greggi e alle mandrie locali, circa
ventimila pecore che giungono dall’Abruzzo.
All’epoca dell’Onciario, poche unità, rappresentate da nobiltà e
clero, producono il 56% del reddito del paese, mentre i produttori, ossia il 92%
della popolazione, il restante 44%. Questi ultimi sono vessati da tasse e
prestazioni da corrispondere all’Università, ai nobili e al clero.
Durante il Decennio francese, i feudatari sono privati della
giurisdizione e di alcune prerogative fiscali, ma non di tutti i beni: una parte
viene loro assegnata come proprietà privata, un’altra parte è data al
Comune, con l’obbligo di ripartirla tra i cittadini che hanno perso gli usi
civici.
Nel 1806 cessa il sistema della Regia Dogana e nel 1807
gli ordini religiosi sono sciolti. I loro beni, incamerati nel Demanio
dello Stato, vengono venduti ai privati. Una Commissione feudale, che opera fino
al
Il Catasto Murattiano del 1813 dà un nuovo profilo delle classi sociali
emergenti che producono il 77% dell’imponibile: l’ipotesi del miglioramento
delle condizioni di vita dei cittadini di Cagnano è validata dall’aumento dei
benestanti i cui nuclei familiari, elencati nel Catasto Onciario del 1750,
versavano in condizioni modeste. Sono in mobilità ex massari, allevatori,
coltivatori e commercianti. Produttori sono anche medici, avvocati, notai,
speziali, funzionari, parenti del clero. La proprietà si consolida tramite
accorte politiche matrimoniali. Il nuovo ceto, sostituendosi alla vecchia classe
dirigente, ne assume comportamenti e
titoli onorifici, non si pone come forza antagonista; decide di mandare i figli
a studiare a Napoli, per elevare il loro livello culturale e preparare la loro
scalata sociale.
Cambia la dimensione abitativa di Cagnano. La popolazione arriva a 3820
persone; il totale dei vani è di 1538, di cui 619 siti nella Terravecchia e 919
fuori le mura. Il Comune beneficia delle leggi eversive della feudalità,
ampliando il suo patrimonio, entrando in possesso di Parchi e Mezzane, di una
parte del Compromesso, delle Terre liquide, della Riseca e del Parco delle
Giumente. Ma in queste terre si verificano ben presto occupazioni, dissodamenti
e messa a coltura abusivi.
I demani usurpati, la ricchezza mal distribuita, l’attentato agli usi
civici, la fame di terra dei coloni, la precarietà dell’esistenza minacciata
dalla malaria e dal colera, sono alla base delle agitazioni di massa
dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, che mettono in crisi varie
amministrazioni comunali, costrette a dimettersi per la loro incapacità a
fronteggiare gli eventi.
è attiva sul Gargano una sezione dell’Internazionale socialista.
Qualcosa si muove anche a Cagnano, che nel 1879 conta 18 affiliati al movimento
anarchico, il cui leader è Carmelo Palladino, che proprio in quell’anno è
arrestato con l’accusa di “cospirazione diretta a distruggere i poteri dello
Stato”. La reclusione dura pochi
mesi. Le autorità di polizia
vigilano costantemente su di lui. L’8 maggio 1881 arriva un pacco, intestato a
Palladino, contenente un giornale scritto in francese e manifesti incitanti alla
rivolta. Palladino, che era stato
segretario pro-tempore dell’associazione napoletana internazionale dei
lavoratori, continua a collaborare con la stampa anarchica e, alla vigilia del
Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, che avrà luogo in
Svizzera nel 1887, elabora le sue risposte ai 17 quesiti congressuali. Progetta
di scrivere un libro. E’ amico di Bakunin, Engels e Marx, con cui corrisponde.
La sua fine è tragica: viene assassinato lungo corso Roma davanti alla sua
casa, colpito alle spalle. E’ il 19 gennaio del 1896.
«Il motore della storia – osserva la Crisetti con una punta di
amarezza – non è stato la cultura, non è stato la giustizia sociale, non è
stato il progresso scientifico. Il cammino verso il riconoscimento
dell’uguaglianza dei diritti, della dignità umana in particolare, la
riscoperta del valore della cultura e della partecipazione, nel Mezzogiorno era
ed è ancora lungo». I beneficiari del decennio francese furono pochi. Non ci
fu la mobilità sociale auspicata dai legislatori. Il connubio
terra-istruzione-potere politico costituì il trampolino di lancio che permise
soltanto a poche famiglie di passare dallo status di massaro, “bracciale”,
pastore o piccolo proprietario a quello di notaio, avvocato, farmacista,
agrimensore, medico, giudice. Fu così che a Cagnano nacque e si affermò,
nell’arco temporale di un paio di generazioni, la moderna borghesia fondiaria.
I nuovi padroni entrarono in possesso delle tenute migliori del demanio comunale
e le difesero con tutti i mezzi, avvantaggiati dal fatto di occupare i posti
chiave del potere. Quasi tutti i possidenti si alternarono nelle varie
amministrazioni comunali, mentre ai contadini preferirono cercare altrove una
vita migliore, prendendo la via dell’emigrazione.
Ma il paesaggio agrario,
descritto dalla Crisetti nel suo libro, è tuttora vivo. Le Difensole, la
Riseca, i Parchi, le Mezzane, puntellati da torri, casini, casoni e
mànere, citati dalle fonti come
strutture e infrastrutture costruite dai coloni nei i luoghi più impervi del
paese prima posseduti dal principe e poco valorizzati, non sono un retaggio
storico scomparso nel nulla: esistono ancora in agro di Cagnano. L’Autrice,
dopo averne trattato le complesse vicende, ce ne offre un suggestivo percorso
per immagini. Un percorso inedito, anche per chi vive soltanto a pochi
chilometri di distanza. Scopriamo oltre a luoghi intatti, dei bei manufatti
ridotti a ruderi dopo l’abbandono da parte di chi li ha abitati.
Molti agricoltori, pastori, ex emigranti, continuano ancora a praticare
l’attività agro-pastorale.
Nella ricognizione dei luoghi, la Crisetti si è fatta guidare proprio
da questi coloni ed allevatori che hanno raccontato il loro disagio di vivere in
località così impervie, difficili da raggiungere. Allevatori e agricoltori
costretti a svolgere le loro attività agro-silvopastorali come duecento anni
fa, nella speranza, finora delusa, che gli Enti preposti forniscano loro almeno
i servizi di acqua e luce.
Una ricognizione cui è sottesa la finalità di fermare l’esodo in
atto: con la dipartita degli ultimi anziani che ancora coltivano questi terreni
o praticano l’allevamento brado, questa fetta del territorio sarà condannata
all’abbandono. Se l’economia
della zona resterà al palo - ci
avverte l’Autrice, facendo parlare i diretti protagonisti - questi luoghi del
Gargano si spopoleranno sempre più: urgono misure per incentivare i giovani a
restare, a non abbandonare questi ultimi presidi che conservano ancora intatti i
saperi, i sapori, gli odori, connotanti l’identità di questo sperduto pezzo
del Sud Italia.
Su questo accorato grido d’allarme non possiamo che concordare. L’esodo è un’amara realtà.
LEONARDA CRISETTI GRIMALDI, L’agonia feudale e la scalata dei galantuomini. Cagnano Varano: l’Onciario, il Murattiano, le Questioni demaniali (1741-1915), Edizioni del Rosone, Foggia 2007, 2 tomi, ill. - Tomo 1, pp. 176, ill. - € 15,00; Tomo 2, pp. 224, ill. - € 20,00. Per richiedere il volume, rivolgersi direttamente all'Autrice: lcrisetti@alice.it.
©2007 Teresa Maria Rauzino.