LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Cagnano, palazzo baronale, facciata sud-orientale
La terra di Cagnano, che aveva acquisito titolo di Ducato nel 1628 con Giulia d’Aiello, suocera di Alonzio de Vargas [dal quale l’aveva comprata due anni prima con la somma di 10.000 ducati], pervenne ai Brancaccio circa cento anni dopo, quando il feudalesimo era già agonizzante.
Ricordiamo
che questo sistema economico e politico penetrò nel Mezzogiorno- e quindi anche
a Cagnano - con i Normanni, giunti in Italia al tempo delle Crociate. Prima
mercenari alle dipendenze di Bisanzio, questi uomini del Nord finirono col
sostituirsi ai bizantini, acquistando titoli di duca, conte e persino re.
I
feudi passarono, poi, da un signore all’altro, in base alle circostanze
storiche, a loro volta connesse a quelle economiche e militari. Poteva accadere
– com’è accaduto - che il sovrano, il quale aveva ottenuto un appoggio
militare, togliesse il feudo ad un signore e lo concedesse ad un altro.
È
il caso della terra di Cagnano che nel 1497, per volontà di re Ferdinando
d’Aragona, passò dalle mani dei Di Sangro a quelle dei Mormille. Bisogna tener presente, quindi, che nel tempo in cui la terra era
considerata un bene del sovrano, egli l’adoperava come voleva, utilizzandola
come merce di scambio, per ricompensare parenti e amici, sostenitori e aiutanti.
Poteva
accadere, inoltre, che i feudatari volessero disfarsi del bene, perché avevano
altri interessi, o perché avevano scarsezza di capitali. Anche la Terra di
Cagnano passò, dunque, di mano in mano a diversi feudatari
[1]
finché giunse in quelle di Alonzio
de Vargas, il quale, come si è detto, lo vendette poco dopo a sua suocera,
pagando una cifra modesta e, per linea femminile, giunse nel 1738 ai Brancaccio,
che la possedettero fino al 1806 allorché, in seguito alla leggi eversive,
insieme alla feudalità furono cancellati i privilegi dell’aristocrazia.
A
Cagnano, dunque, nel 1750 c’era un solo possessore residente, che vantasse -
come si diceva un tempo - sangue blu, il barone Luigi Paolo Brancaccio.
Di questo personaggio
la memoria collettiva ha perso ogni conoscenza. Si conservano, tuttavia, tracce
di questo personaggio nei toponimi “Do lLevise”, “Puscina Do mPàule”,
“Canale di mPàule” [2],
Lo
“ius primae noctis” - che attraversa molte leggende popolari –
avrebbe infatti costretto le neospose a trascorrere la prima notte di nozze in
sua compagnia e, nel caso si fossero rifiutate, le aspettava la morte, in fondo
ad una delle due torri del palazzo baronale, dov’erano state sistemate lance
acuminate.
Sempre
secondo la leggenda, il principe fu poi costretto a fuggire dal paese, di
nascosto, dopo aver evitato il tiro di schioppetta di un anonimo carbonaro, tiro
detto “alla minghiozza” per non essere andato a segno, attraverso un
cunicolo che dal pozzo, situato nella corte centrale del palazzo baronale, gli
consentì di uscire fuori dal paese.
Fu
così che cessarono finalmente le angherie e i soprusi del feudatario. Qui
finisce la leggenda, ma quanta verità
è
sottesa ad essa? Per porre luce sulla figura di questo personaggio, per
ricostruire - attraverso la sua storia - l’identità di Cagnano al tramonto
del feudalesimo, analizzeremo più dettagliatamente la fonte dell’Onciario,
che riserva all’Illustre Possessore, molte pagine e diverse rivele. Leggiamo dal documento che il
nostro personaggio:
«Possiede
molti beni stabili e mobili, burgensatici, come allodiali, giurisdizionali, come
anco feudali, quali ne vengono descritti colla loro descrizione delli Feudali e
Giurisdizionali e Burgensatici, ma sono portati nella di lui rivela tutti alla
confusa, ed in tal maniera anco riportati all’attestato fatto da questa
Magnifica Università per non aver la certezza, quali siano li corpi feudali, e
giurisdizionali, come pure li burgensatici ed allodiali, dal che si è rimesso
ai documenti, che dovranno prodursi dall’Ecc.mo Signor Duca per farsene la
deduzione […]».
Luigi
Paolo Brancaccio aveva acquisito fuoco a Cagnano e dimorava nel Palazzo
[baronale] situato nell’eminenza di essa terra attaccato alla porta di
essa, consistente in più membri superiori, e sottani. Il palazzo era un
quarto diruto e veniva abitato da tutta la famiglia.
All’epoca
del Catasto onciario, quando entro la Terra di Cagnano si accedeva attraverso la
porta [si presume fosse quella oggi nota come Arco di San Michele], il duca
aveva 33 anni ed era sposato con la Duchessa Felicia Vargas, anch’ella di anni
33.
Luigi Paolo e Felicia avevano sei figli, di cui Giovanni, primogenito di anni 10 dimorava a Napoli, le figlie, donna Ignazia (9 anni) ed Eleonora (7 anni) vivevano a Palermo, mentre Candida (6 anni), Maria A. (4 anni) e Giuseppa (1 anno) erano a Cagnano.
Nel
Palazzo, al contempo dimoravano diverse altre persone: il segretario (G.
Campanile palermitano), i camerieri napoletani (M. Forlana e G. Torre
moglie), la nutrice (C. Pastore), il maestro di casa (C.
Lombardo), il repostiero (G. Grignaro di Calabria), due servitori
(M. Cerrone e sua moglie Agnesa La Piccirella), il cuoco (D. Di Vita) e
il sottocuoco (L. Pilatella), il calessiere (B. Capuano), il volante
Tommaso Valente (anni 12).
Il
Duca possedeva il grande bosco demaniale della terra di Cagnano, popolato
da cerri, faggi, querce, elici, orni,
ed
altri alberi di legna morta. I confini di detto bosco erano segnati da:
difesa di Santa Marena, Demanio di Carpino, Compromesso (tra Cagnano e Monte
Sant’Angelo), Acquapendente, (San Marco in Lamis), Monte della Rosella,
confine con Sannicandro, Difesa di Santa Maria di Tremiti- Santo Nicola
dell’Imbuti, Cotino dello Spirito, Difensa di San Giacomo e Difesa
dell’Università. Questo bosco rendeva ogni anno ducati 0,50 per uso di taglio
di pannizza, 200 per fida d’erba
[3],
600
per fida di ghianne, mentre la fida di manna non era sottoposta a
peso alcuno da parte dei cittadini.
Il
duca possedeva la defensa [4]
nominata Santa Maria, alias Santa Marena, destinata in gran parte al pascolo. In tale difesa le università di
Cagnano e di Carpino avevano, infatti, facoltà di pascolare la carravana [5]
dei
bovi per tutto il tempo dell’anno, riservandola ai bovini e alle Pecore
della Regia Dogana di Foggia, dal 25 dicembre al 25 marzo dell’anno
successivo. Come compenso del diritto all’uso della Defensa di Santa
Marena, il barone riceveva una rendita annua stimata 250 per uso d’erba
dei locati e 0,50 per uso di semina in terraggi [6].
Possedeva anche la Difesa Fonte, confinante con le Difensole, il demanio dell’Università di Cagnano e la Mezzana del Punito, che produceva una rendita annua stimata 250 per uso d’erba e 0,05 per uso di semina in terraggi. Tale difesa era situata “tra li grotti delli Servitori, la Difensola di Cagnano e la strada che si va da Cagnano a Carpino sopra la via del Piano”. La defensa era “riserbata dal 29 settembre a tutti li 24 di marzo per li animali solamente indomiti, mentre gli animali domiti ponno pascolare in ogni tempo”.
Il Duca possedeva il Compromesso, “un pezzo di bosco sassoso e macchioso arbustato ad arbori di quercie, cerri e fagi”, goduto in promiscuità con l’illustre Possessore della città di Monte Sant’Angelo, che “confina colli Demanj di Monte Sant’Angelo e Bosco demaniale della Terra di Carpino”, e che gli produceva una rendita di 30 ducati: 10 per uso d’erba e 2 per uso di querce, cerri e faggi.
Il Duca possedeva “tre puzzacchi a Bagno da pescar pesce una con la casetta attaccati al lago di questa terra, che fruttava docati 40”- come risulta dalla rivela del 1743, mentre l’Onciario del 1750 parla di “foresta del pesce a Vagno con tre puzzacchi per l’uso d’inserrare il pesce d’inverno, che soleva rendere all’epoca 60 ducati”.
Possedeva,
inoltre, una vigna con torre, pozzo d’acqua sorgente e uliveti a San Rocco,
confinante con la piscina vecchia e
strada pubblica che va a San Pio (Carpino), la cui rendita fruttava 7 ducati
annui, e un’altra dietro la Defensa di Santa Marena alla Masseria del Pozzo
d’Acquasorgente, con alberi d’olive e con diverse abitazioni, dalla
rendita annua di 32 ducati.
Possedeva,
ancora, diverse Mezzane di uliveti [7],
olivastri, orni, ad uso d’erba: la Mezzana Sant’Angelo, a confine con
la Difesa Regia (di Cagnano) adibita a pascolo, popolata di arbusti di
olive e orni per la raccolta della manna, e una mezzanella di 12 versure,
anche questa ad uso di erba e con orni per fare la manna, sempre in zona Sant’Angelo,
confinante a ponente con la Difesa Regia e a levante con la Difesa
Pozzone; la Mezzana del Punito, tra il Piano di Cagnano e la Difesa a
ponente; la Mezzana olivetata ad uso d’erba detta di Murrilli,
situata sotto la cappella di Santa Maria dello Rito, [oggi in pieno
centro abitato di Cagnano], a confine con la via pubblica che porta al Pantano
Il doc. del 1750 cita nel complesso 6 mezzane ad uso erba con oliveti, dalla
rendita annuale di 96 ducati e un uliveto a Sant’Angelo, rendita 25
ducati. Possedeva un orto di fichi attaccato al Ponticello, vicino al
lago Varano, che secondo l’affitto rendeva 4 ducati all’anno.
Possedeva
territori seminativi demaniali: uno denominato Vicenna [ oggi Avicenna], che
sta sotto li grotti delli limitonj, [nei pressi dell’attuale casello
ferroviario di Carpino], che rendeva 53 ducati all’anno; altri intorno
all’abitato di Cagnano nelle zone di Valle di San Giovanni, Rena, Pontone
di Rauccio, Piscinelle, Piscina di don Scipio, Solagna, Valle Jannina, Valle di
Sbaccio, Smarrella, Sant’Agata, Gricisco, Tonza (coppa?) di Schiavone, Piano
del Pozzo, Costa di Gioffo, Pontone di Pio Riccio, Costa di Vagno, Codacchjo,
Coppa Roscia; altri nei pressi di Difesa della Fonte, Castel
Guarnero, Cotino della Carbonara, Sellina del Pontone smuzzo.
Da
tutti questi terreni seminativi, ad eccezione di Selva Piana e sue Contrade
demaniali, il Duca esigeva il terratico in grano, orzo e fave, a ragione di un
tomolo e mezzo a versura [8].
Possedeva
la Taverna che soleva affittare a 80 ducati [100 in altra rivela], tre
trappeti per macinar olive, di sotto di essa Taverna, esigendone da tutti i
cittadini la quinta dell’oglio, un carlino per imposta di macina e la spesa ai
trappitari. I trappeti tra fertile e infertile fruttavano una rendita di
500 ducati annui.
Il
duca era proprietario di un palazzo in parte abitato da lui, dalla sua famiglia
e dalla servitù; di una cantina da
tenersi vino; di un magazzino da conservare olio, situato sotto la casa della
Cappella del Santissimo, dove abita certo Bacale Gerolimo. Possedeva animali da
industria: 160 scrofe grosse [rendita carlini 15 a pezzo]; 500 porcastri
[rendita 15 carlini a pezzo, più porcelli 800, rendita di 534 duc.]; 40 verri,
la cui rendita era liquidata per 80 ducati; 20 vacche, dalla rendita di 80
ducati; 8 bovi per la semina; 2 muli per il calesse; 1 mulo per servizio della
casa; 1 cavallo da sella per proprio uso.
Oltre
ad esigere il terratico e la fida dai cittadini, il duca riscuoteva dalla Regia
Dogana di Foggia 350 ducati per il pascolo invernale delle pecore: docati 100
per ciascheduna difensa e della Fonte e Santa Marena, e docati 150 per anno per
il pascolo delle pecore che anco vanno nelli demani di questo territorio.
Nell’immenso bosco di Cagnano, dove non mancavano piccoli allodi in mano a bracciali, coloni, pastori e massari, Luigi Paolo Brancaccio era tenuto a rispettare gli usi civici dei cittadini, grazie ad uno strumento d’acordio, stipulato del 1617, sottoscritto tra l’Università e gli antichi possessori, esigendo ducati 500 all’anno:
«nel
suddetto pagamento che fa l’Università, viene compreso l’atto possessoriale
che i cittadini godono, cioè di pascolare, legnare, ghiandaie, tagliare per uso
di scandole, forcelle, sandali, travi, travicelli, ed ogni altro bisognevole
anco per industria, che in tutto somma ducati 1350».
Il
duca esigeva, inoltre: ducati annui 50 per la portolania ceduta
all’università [9];
ducati 100 per il censo del Capitolo di ducati 2000 al 5%; ducati annui
18 per li baglivi del bosco
10];
ducati
annui 140 per li molinj ceduti all’Università di Cagnano; ducati annui
140 per il Capitale comprato dagli eredi D’Auria; ducati annui 136 per la
bagliva ceduta all’Università
[11];
ducati 85 annui per l’istrumento di Donna Felice; li proventi
nelle cause criminali (il cui cespite è incerto); ducati 900 annui di
proventi per fida di animali forestieri vaccine, giumentine e porcine, che
pascolano nel succitato bosco; ducati annui 100 di diffida per pascolo
abusivo di animale
[12];
per il pascolo dei cittadini del luogo [ grana 15 per ogni animale
vaccino e giumentino, grana 20 a porco, grana 5 e mezzo a pecora e capra]; grana
20 a vaccina e giumentina e grana cinque a porco in ogni annui per fida
d’acqua; un rotolo per ogni orno inciso [kg 0,890] per estrazione
di manna. Il Duca possedeva inoltre la mastrodattia [13]
Riguardo
alle esazioni per fida d’acqua ed estrazione di manna, il Decurionato considerò
che si trattava di richieste non dovute, le quali avevano originato le
controversie tra Università e duca. Si legge, perciò:
il Duca esigge un rotolo di manna da mannaiolo cittadino, che va ad intaccare l’orno nel bosco d’essa terra e difense dell’Università e li altri ancora, benché indebitamente e contro ogni dovere, di modo che quando per detta manna, deposito seu esazione d’animali, fida d’acqua, trappeti e sopra altri corpi, ne pendono controversie tra questa università e detto Illustrissimo possessore.
Va
ricordato che non era agevole raccogliere manna dagli orni, come attestano
questi versi affidati alla tradizione orale:
«Chiia c’à dda dannecà à dda jì a lla manna |
Ca c’à dda dannecà pe la fortuna |
So’ rrumaste scàveze, nude e ssénza panne |
E
ssénza zuculèdde a lli scarpune»
|
Alla pesantezza del lavoro, andava sommata allora quella delle tasse, dei tributi e delle prestazioni.
Come
ciascuno può notare, il documento non si riduce ad effettuare l’elenco dei
beni richiesto, essendo presenti diversi spazi in cui i verbalizzanti-relatori
commentano il comportamento del Duca riguardo a diritti non dovuti: vedi
l’accento posto sulle esazioni arbitrarie pretese “contro ogni dovere da’
cittadini secolari”.
Se
si considera il contesto storico del documento [il secolo dei lumi] si potrebbe
ipotizzare che le idee illuministiche contro l’assolutismo e lo strapotere dei
baroni germinassero anche nell’“intellighenzia” cittadina del luogo,
oppure che si volesse mirare solo ad una sostituzione di potere.
è
da notare, in ogni caso, lo spirito critico e il coraggio del Decurionato
insieme alla deferenza mostrata verso il barone [Ill.ma casa, Ecc.mo],
che, tuttavia, non sembra essere assoluta.
Dunque,
data la vaghezza delle dichiarazioni, l’amministrazione comunale invitò il
Duca ad esibire gli atti dovuti, ma l’incertezza evidenziata dagli estensori
del rilevio del 1743, non è stata del tutto cancellata nella versione
definitiva del catasto onciario, laddove il Duca fu invitato nuovamente a
presentare una più puntuale e circostanziata documentazione [15].
Mettendo
a confronto diversi documenti si riesce, tuttavia, a quantificare in qualche
modo l’estensione dei beni posseduti dal Barone, corrispondenti grosso modo a
312 carri, pari a circa 7652 Ha [l’87% della terra di Cagnano], di cui la
parte più rilevante era costituita dal Bosco demaniale, distribuiti come
riportato in tab. 4
[16].
Tab. 4
Terreni del Principe
Territorio |
Ubicazione/confini |
estensione |
Difesa Santa Marena(fruita da
carpinesi e cagnanesi) |
Tra via per Carpino , via per
Ischitella, demani Cagnano |
Carri 40 |
Difesa della Fonte |
Tra Difesa e demani
dell’Università e Mzzana del Punito |
Carri 25 ver. 2 |
Bosco Compromesso |
Confine tra Bosco di Carpino e
demani Monte Sant’Angelo |
Carri 12 |
Bosco demaniale |
Confini: S. Maria, demani
Carpino, Compromesso, San marco, San Nicandro, Difesa S. Maria Tremiti,
Difesa san Giacomo, difesa Università. |
Carri 233 |
Mezzana sopra Bagno |
Confine: tratturo che sale da
bagno e Coppa Sant’Agata |
Non presente |
Mezzana Coppa delli Pili |
Confini: a Sud Piscina don G.
Sanzone e tratturo che scende da valle Jannina e Coppa delli Pili |
Non presente |
Oliveti e mezzana Valle S.
Angelo |
In mezzo al tratturo Valle Sant’Angelo
[17] |
12 versure |
Territorio seminativi |
Vicenda (Avicenna) |
9 versure |
Va
considerato, infine, che, com’era nella logica condominiale dei feudi
napoletani, al Principe era concesso l’usufrutto e non la proprietà della
terra, mentre ai cittadini erano riservati gli usi civici [18].
Cagnano, palazzo baronale, facciata sud-occidentale
Cenni
sulla storia di famiglia e stemma Brancaccio
Dai
documenti risulterebbe che la Casata dei Brancaccio, appartenente probabilmente
alla dinastia Brancaccio Napoletana, con Pietro si sia trasferita nel Regno di
Sicilia.
Faceva parte del ramo detto Imbriachi, il cui stemma vedeva raffigurate in campo azzurro quattro zampe di leone, le quali cercano di agguantare tre aquile al volo, dipinte di rosso e posizionate su un palo d’argento, situato al centro, o - come si legge nel documento - uno stemma “di azzurro a quattro branche di leone d’oro, divise da un palo d’argento caricato da tre aquile di rosso al volo spiegato”. Dall’Onciario apprendiamo che i Brancaccio s’imparentarono con i Vargas, che già possedevano le terre di Cagnano e di Carpino.
Don
Luigi Paolo Brancaccio, nato a Palermo nel 1703 da Ignazia Muscella e dal
marchese Giovanni I ereditò, infatti, dal
padre il titolo di Marchese della Guardiabruna, e, tramite il matrimonio
contratto nel 1738 con Felicia Vargas, Principessa di Carpino e Duchessa di
Cagnano, il titolo di Principe di Carpino e Duca di Cagnano. Egli perciò fu
nominato Marchese della Guardiabruna, Duca di Cagnano e Principe di Carpino.
Luigi
Paolo Brancaccio capostipite dell’ultima famiglia feudale del luogo- amministrò
le succitate terre per 17 anni e morì nell’anno 1776. I figli di Luigi Paolo e di Felicia assunsero il cognome
Brancaccio-Vargas.
Donna
Felicia morì all’età di 52 anni, allorché le terre di Cagnano-Carpino
passarono nelle mani di Giovanni, primogenito maschio, fratello gemello di
Ignazia, nato nel 1739.
Quando
Giovanni ereditò il feudo [nel 1755], aveva 16 anni e fu principe di Carpino e
duca di Cagnano per 39 anni. Nel 1771 Giovanni convolò a nozze con Camilla,
figlia dell’aristocratico Nicola Pirelli.
Dopo
un anno di matrimonio, Giovanni e Camilla misero al mondo un bambino di nome
Luigi Paolo, come il nonno, il quale entrò in possesso delle due terre alla
morte del padre, avvenuta nel 1794, e le mantenne per altri 12 anni.
Nel
1806 Luigi Paolo II sposò Donna Anna Maria Caracciolo, figlia di don Petraccone.
A Luigi Paolo II successe il secondogenito Pietro [da don Petraccone], duca dal
1831, dato che il primo nato chiamato Giovanni, era morto quando aveva solo due
anni di età.
Dal 1806, quando le leggi eversive cancellarono la feudalità, i principi rimasero tali solo di nome e, insieme alla giurisdizione, perdettero ogni altro diritto feudale. L’ultimo principe di Carpino e duca di Cagnano, fu pertanto Luigi Paolo Brancaccio II, figlio dei Giovanni e di Camilla Pirelli.
Il
documento
Dal
catasto onciario 1750 si legge:
L’illustre Signor
Luigi Paolo Brancaccio, figlio di Don Giovanni Duca di questa suddetta terra,
marchese della Guardia Bruna e principe successore della terra di Carpino anni
33
ill.ma
signora Felice Vargas duchessa di essa Terra, moglie, anni 33
ill. mo figlio
primogenito, Giovanni, commorante in Napoli anni 10
ill. ma donna
Ignazia figlia, commorante in Palermo, anni 9
ill. ma donna
Eleonora figlia, commorante in Palermo, anni 7
ill. ma donna
Candida figlia, anni 6
ill. ma donna Maria
Antonia figlia, anni 4
ill. ma donna
Giuseppa figlia, anni 1
Maria Forlana,
cameriera napoletana, anni 34
Giovanni Torre
cameriero napoletano, anni 37
Nicoletta Fusco,
moglie di Giovanni, anni 37
D. Giuseppe
Campanile, Palermitano, segretario, anni 46
Cristina Pastore
nutrice, anni 36
Grazia Lombardo,
serva, anni 25
Cirillo Lombardo,
maestro di casa anni 59
Agnesa La piccirella,
moglie del suddetto servitore, anni 48
Giuseppe Grignaro di
Calabria, repostiero, anni 31
Marco Cerrone,
servitore, anni 32
Domenico di Vita,
cuoco, anni 48
Lorenzo Pilatello
sottocuoco anni 16
Domenico Battista
Capuano, calessiere, anni 26
Tommaso Valente,
volante, anni 12.
Abita nel proprio
palazzo situato in quadro ed un quarto
diruto, che sta nell’eminenza di essa terra attaccata alla porta di essa,
consistente in più membri superiori, e sottani venendo tutto abitato dalla
suddetta famiglia.
Possiede molti beni
stabili. E mobili burgensatici come allodiali, giurisdizionali, come anco
feudali, quali ne vengono descritti colla loro descrizione delli Feudali e
Giurisdizionali e Burgensatici, ma sono portati nella di lui rivela tutti alla
confusa, ed in tal maniera anco riportati all’attestato fatto da questa
Magnifica Università per non aver la certezza, quali siano li corpi feudali, e
giurisdizionali, come pure li burgensatici ed allodiali, dal che si è rimesso
ai documenti, che dovranno prodursi dall’Ecc. mo Signor Duca per farsene la
deduzione […].
In primis possiede
la suddetta terra di Cagnano con tutto lo suo territorio demaniale composto di
bosco erbaggi, cerri, faggi, orna, querce e altri alberi di ogni sorta, e
secondo la fede di essa magnifica Università principia la confina del
territorio suddetto dalla Difesa di Santa Marena, Pila e colazza di Monte
Ruberto, passa alla Piscina della Scarsciata, seu Monte Vernone, che è confina
di questa terra e quella di Carpino, se ne passa per il Compromesso di Cagnano e
Monte Sant’Angelo, Acquapendente, San Marco in Lamis per la Rosella colli
territori di San Nicandro, [per la Focecchia di Capojale seu porto di
Sant’Andrea,] per la Guardia di Capojale situata al lido del mare, da dove
passa per la spiaggia fino a Paolone, dove vi sta il titolo, che delimita questa
terra con quella di Ischitella, dal qual titulo passa alla Macchia d’Irchio
seu Olivella, al titolo che sta dentro l’acqua cinque o sei passa dentro, che
à confine di questa nostra terra, e quella d’Ischitella, dal qual titolo se
ne passa a Scarcafarina, esce alla ponte dell’aria della Massaria, che è
confina con la Difensa di Santa Marena, e terra di Carpino, scendendo per la
pezza di cercola ritonda, per le Grotte di Camminizzo e va a terminare la
confina suddetto, alla Pila e Colazza di Monte Roberto, in tutto il quale
territorio, questa università e cittadini stando nel pieno e antico possesso di
pascolare e servirsene ad ogni altro uso a loro libertà in virtù di strumento
d’acordio seguito fra li antichi possessori di questa terra, e questa
Università fin dall’anno 1617 al quale in omnibus e Corpi feudali portati
colla rivela del Sig. Duca senza veruno documento venendo questi caricati
secondo la liquidazione fatta colla riserva di farsene la deduzione, seu
defalcazione, nella produzione che si farà di tali documenti, quali corpi sono
li seguenti […]
La mastrodattia, appurata la rendita per
annui docati 60, sono
onc. 200
proventi appurata la rendita annui
docata 40, sono
onc. 133,10
da questa università annui docati 844
per la cessione dei seguenti cinque corpi feudali alla medesima fatta in vigore
di antichi accordi, e sono
Pascolo dei cittadini nel bosco,
liquidata la rendita duc. 500, sono
onc. 1666,10
Baglivi del
bosco annui ducati 18, sono
Su accordo dei
molini annui ducati 140, e sono
Bagliva e portolania, liquidata la
rendita oc. 130 dei soli per la bagliva, sono
onc. 453,10
Jus della manna appurata tra fertile
infertile docati 200, sono in tutto
onc. 400
Pannizze del Bosco tra fertile e
infertile, annui ducati 50, sono
onc. 166,20
Fida dei forestieri nel Bosco appurata la rendita tra fertile e infertile annui ducati 900, sono
onc. 1000
Tassa della diffida di detto Bosco tra fertile e infertile appurata la rendita annui ducati 100, sono
onc.
333,10
Taverna
iusta l’affitto fatto fruttare annui ducati 100, sono
onc.
333,10
Trappeti tra fertili e infertili
liquidata la rendita annui ducati 550, sono
onc. 1833,10
Vigna
a San Rocco con terreno intorno frutta annui ducati 7, sono
onc
23,10
La
Foresta del Pesce a Vagno stimata la rendita annui ducati 40, sono
onc.
133,10
Deposito
feci estrazione d’animali quando si vendono da cittadini rende tra fertile e
infertile ducati 100, sono
onc.
333,10
Defensa
della Fonte, che viene pascolata dalle pecore della Dogana di Foggia da cui se
ne esigge annui ducati 100, sono
onc.
333,10
Sei mezzane
ad uso d’erba con oliveti annui ducati 96, sono
1
oliveto alla Valle Sant’Angelo, rendita annui ducati 25, sono
onc.
8,10
1 orto al Ponticello con arbori di fiche
rendita secondo l’affitto annui ducati 4, sono onc.
13,00
Più
possiede 9 versure di terreno seminatorio alla Vicenna confinante con la mensa
Sipontina di rendita annui ducati 53, sono
onc. 186,20
Più 4 versure
di terreno con una vigna e pozzo d’acqua sorgente chiamato la Guardia, la via
che si va a Carpino, rendita annui ducati 32, sono
onc. 106,20
Possiede la Difesa Santa Marena con
terreno e pascolo d’erbe ad uso d’animali domiti tantum da cittadini di
Cagnano e Carpino nella quale vi pascolano le pecore della Dogana, dalla quale
n’esigge annui ducati 100, e altri 100 di terraggio, giusta l’apprezzo,
confinante col territorio di Carpino, sono
onc. 666,20
Per
fida d’acqua d’ogni sorta d’animale dei cittadini, fuorché delli bovi, ne
esigge … ducati annui 40, sono
onc. 133,10
Più esigge dalla suddetta Regia Dohana per il pascolo delle pecore annui duc. 150, sono
onc. 500
Più
8 versure di terreno al tratto di Sant’Angelo attaccato alle olive del
medesimo stando di tramezzo tra la Difesa del Pozzone e quella di San Giacomo,
essendo per il passato stato tratturo corrispondente al pantano al vado
Sant’Angelo di rendita presentemente annui ducati 16, sono
onc.
53,10.
Beni che vengono annoverata da
Burgensatici:
1 vigna che fu di Cataldo carbonaro
1 partita d’olive, che fu di Matteo
Bellezza, quali due corpi stando riportati e uniti alla liquidazione della vigna
a San Rocco.
Più possiede 1 cantina da tener vino
sotto la casa di Mario Franco per uso di essa Casa Ecc.ma.
Più esigge da questa università annui
ducati 202 3 grana 75 cioè, ducati 100 per il capitale di ducati 2000, altri
ducati 17,75 per il capitale dell’eredi d’Auria e dalli annui ducati 85 per
gli strumentari di san Felice, sono
once 675, 25
Più possiede le seguenti industrie
d’animali
Scrofe
sanate n° 160 liquidata la rendita carlini 15 a pezzo, sono
onc.
400
Porcastri
n° 500 liquidata la rendita come sono di carlini 15 a pezzo, sono
onc. 1250
Porcelli
n° 800 ogni tre per due liquidata la rendita al n° di 534, sono
onc. 1295
Verriali
al n° 40 liquidata la rendita come sopra sono ducati 60, sono
onc.
100
Vacche
di corpo n°20, liquidata la rendita per annui ducati 80, sono
onc.
133,10
8
bovi aratori per uso di semina, i quali vengono asseriti essere dell’Ecc. mo
marchese D. Gio: Brancaccio Paolo di esso Sig. Duca, che rendono a. duc. 44,
sono
onc.
93,10
Possiede 1 magazzino d’uso proprio per
commerciar oglio, per [ …]della casa della Cappella del Santissimo Sacramento
2 muli per uso del suo galesse e 1 a
servizio della sua casa con 1 cavallo di sella per anco di suo uso
Nel ristretto del suo terreno vi sono
compresi molti territori lavoratori demaniali, che vengono seminati da’
cittadini per i quali se ne pagano al Duca 3 mezzetti l’anno a versura in
grano, orzo, e fave, secondo vengono seminati, di che se ne sorta a rendita
certa di essi crescendo e decrescendo secondo la contingenza,
del che non se ne sorta la
rendita certa di essi, crescendono e decrescendone, secondo la contingenza, …
Perciò per questi restano liquidati per quella somma che annualmente saranno
compassati dai regi compassatori, affinché per l’avvenire non vi sia
differenza alcuna tra le parti quale esazione del terraggio si fa in quegli anni
che i terreni vengono seminati eccettoché dai territori che sono nelle difense
della università dei demani di selva Piana e tutto il suo ristretto sopra dei
quali l’Ecc.mo Duca mai ave esatto, né esigge terraggio alcuno, secondo si
vede anche dallo stabilimento in processo, ma solamente in tali luoghi si esigge
da questa magnifica Università.
Sono in tutto once 13985,15.
NOTE
1
Signori
feudali della terra di Cagnano: Casato della Marra [1326- 1483], Giovanni Di
Sangro [1483-1497], Troiano e Fabrizio Mormille [1497- 1583], Antonio
Loffredo [che l’acquista nel 1526 per 38 mila ducati
e la tiene fino al 1593], Antonio Nava [1596], Alonzio de Vargas e
Donna Zenobia Nava [1616-1680], duchessa Giulia d’Ajello, madre di
Zenobia, che nel 1628 l’acquista per 10 mila ducati, conferendole titolo
di ducato, Vargas - Cussagavallo […1703 -1732], Brancaccio [ 1738-1806].
Cfr. N. DE MONTE, Una Gemma del Gargano, Arti grafiche il Pescatore,
Foggia 1955, pp. 30-37; D’ADDETTA, Carpino, Ed. C. Catapano, Lucera
1973, pp. 19-27; L. CRISETTI GIMALDI, Cagnano Varano, centro storico,
economia, salute, costumi, società, Acropolis, Manfredonia 1999, pp.
19-21.
2
“Don
Luigi”, contrada a est dell’abitato,
“piscina don Paolo” a
sud-ovest vicino a Puntone Raguccio, “canale don Paolo” a nord-est del
centro abitato: toponimi in cui sicuramente la Casa ducale Brancaccio aveva
delle proprietà. Può essere, però, che siano afferibili anche a Paolo
della Marra.
14
Chi
vuole dannarsi deve andare a raccogliere manna,/ perché ha da combattere
con la fortuna/ sono rimasto scalzo, nudo e senza manna/ e senza cordicelle[
stringhe] agli scarponi. Versi consegnatici dall’ex colono Paolo Tarolla.
17
Il documento precisa che tale
territorio confina con il suddetto oliveto da levante, la difesa del Pozzone
da borea, e la Difesa Regia da mezzogiorno, … che è stato tratturo
dell’Università corrispondente al vado della valle Sant’Angelo al
pantano, oggi occupato da detto Illustre possessore.
18 Cfr. L. LOMBARDI, Gli usi civici nelle provincie napoletane, ed. Brenner, Cosenza 1882.
©2007 Leonarda Crisetti. Questo saggio, con qualche modifica, è tratto da Leonarda Crisetti Grimaldi, L'agonia feudale e la scalata dei galantuomini. Cagnano Varano: L'Onciario, Il Murattiano, Le questioni demaniali, 2 voll., ed. del Rosone, Foggia 2007.