LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Un originale itinerario fra chiese e campanili di Troia.
L’autore, Enzo Pio Pignatiello, un diciassettenne del Liceo Classico Lanza di Foggia, è un vero talento storiografico
è senza dubbio uno dei casi editoriali dell’anno. Si tratta di Campane di Troia, un volume di saggistica storica, edito da Il Rosone “Franco Marasca” di Foggia. Il titolo incuriosisce, ma il fatto singolare è che a proporci questo inedito «itinerario fra campane e campanili della storica città della Daunia» sia un ragazzo di appena diciassette anni. Si chiama Enzo Pio Pignatiello e frequenta l’ultimo anno del Liceo classico "Vincenzo Lanza" di Foggia. Il suo è un percorso storiografico “vissuto”, e provato sul campo, fin da piccolo, quando, durante le sue vacanze estive, attratto dal suono argentino, dolce, dei concerti di campane timbrati sulle note della scala musicale, amava arrampicarsi sui superstiti campanili della sua città d’origine.
I
campanili sono oggi di difficile accesso in Puglia, come in tutta Italia: dopo
la digitalizzazione dei suoni e l’accensione elettronica, sono divenuti
pericolosi anche per chi vuole semplicemente salirvi, figurarsi per chi vuole
documentare qualcosa. Vecchie scale di legno instabili, ambienti sgarrupati,
«pieni ormai soltanto di ragnatele e di guano», rendono proibitivo anche il
semplice accesso. Ma non scoraggiano gli appassionati ricercatori
desiderosi di svelarne i reconditi segreti. Come Enzo Pio Pignatiello. Con
l’ausilio di uno specchio, ha fotografato tutte e quarantaquattro le campane
troiane, anche nelle loro facce nascoste, per documentarne le effigi, le greche,
i battacchi, oltre alle preziose, desuete iscrizioni latine. Una passione
viva per i libri di storia locale, quella di questo “inedito” studente dei
nostri giorni, maturata da quando aveva appena 10 anni: incominciò allora a
“documentarsi” sulle vicende della città del Rosone, ricca di documenti
preziosi, ancora da pubblicare. Carte custodite nell’archivio della
curia vescovile da monsignor Rolando Mastrulli, che per Enzo Pignatiello è
stato, in questa ricerca così particolare, una guida preziosa.
Una
passione sostenuta, ce lo confessa, dalla possibilità di decifrare, grazie agli
studi classici, ed all’aiuto degli insegnanti del Liceo Lanza (come la sua
bravissima professoressa di Latino e Greco, Anna Potito), le numerose
iscrizioni presenti sulle campane, oltre ai segni iconografici su di esse
impresse. Anche una piccola campana è ricca di segni: come gli affreschi
presenti negli edifici religiosi, era una piccola Bibbia del popolo. Per
decifrare questi segni c’è bisogno di conoscenza, di saperi: come la
lingua latina, poco accessibile a chi questo codice non padroneggia più.
La
più antica delle 44 campane troiane che scandisce le ore, al servizio della
collettività, fin dal remoto 1552, è una campana della chiesa di Sant’Anna.
L’iscrizione «ad honorem usum construendam me Troia Civitas» («in
suo onore e a suo servizio, la città di Troia si curò di farmi costruire
nell’Anno Domini 1552») rivendica la sua funzione sociale. Le immagini,
impresse nel bronzo con la tecnica della cera, vanno dall’icona del Crocifisso
allo stemma di Troia, un vaso pieno di serpenti. Singolare accostamento di sacro
e diabolico: il Crocifisso come antidoto alle tentazioni dei Demoni.
«Fulgura
frango, mortuos plango, vivos voco».
Questa frase, stampigliata sulla seconda campana della chiesa di Sant’Anna,
racchiude le molteplici funzioni assolte nella comunità: la campana
spezzava i fulmini, piangeva i morti, chiamava i vivi ai doveri, ma anche ai
piaceri importanti della vita. Il suo battesimo avvenne il 31 maggio
1959. Per l’occasione, vicino all’altare di Sant’Anna, ornato di festoni
di edera, fu issata una specie di impalcatura dove venne posta la campana.
La madrina tirò il nastro, legato al battaglio: la campana suonò i suoi
primi argentei rintocchi che commossero il popolo astante.
Le
campane ritmavano, in ogni comunità, la scansione del tempo. Il tempo del
lavoro, ma anche il tempo della festa. Il tempo del riposo, oltre che della
gioia e del dolore. Al suono del mattutino (ore 8.00 odierne), i bambini
si recavano a scuola; «a mezzogiorno la cazzuola cadeva dalle mani
dei muratori», che si concedevano la sosta per la necessaria colazione; le
24 ore (corrispondenti alle ore 18.00, al tramontar del sole), il lavoro
si fermava: tutti, contadini e artigiani, tornavano alle loro case per consumare
la cena.
Un
tempo, l’intera comunità assisteva alle varie fasi che portavano alla
fatidica colata di bronzo. Non era sempre possibile trasportare le
campane pesanti: i mastri campanari, giungevano da Trani e da Orsara, ma
anche dalla lontana Agnone, per fonderle sul posto. I fratelli Marinelli si
trasferirono a Troia per ben due mesi. Scavate tre fosse ai piedi del campanile,
vi fusero i tre campanoni della Cattedrale, che ancora oggi scandiscono,
in musicale concerto, la vita della città. Risulta da una perizia,
conservata in Curia vescovile: oltre all’esito delle spese
sostenute, i fratelli Marinelli vi elencarono un accurato repertorio di
materiali impiegati per la fusione. Il giorno della colata rimase impresso nella
memoria di chi assistette alla delicatissima operazione.
Storie di altri tempi, ma ancora vive nel presente, se la Premiata Fonderia Pontificia Marinelli continua, dal 1339, ma forse già dall’anno Mille, a fabbricar campane per tutti i paesi e le città del mondo. Enzo Pio Pignatiello ad Agnone ha effettuato “un viaggio conoscitivo”, per visionare direttamente sul campo le tecniche di fabbricazione di quelli che egli chiama, con terminologia mutuata dai documenti antichi, «i sacri bronzi». «La fabbricazione di una campana – afferma - è un procedimento complesso, in cui la suspence è d’obbligo, fino alla fatidica colata: una bolla d’aria potrebbe vanificare mesi di lavoro».
SUGGESTIONI
E CURIOSITà
Una nota
di colore intorno a questo oggetto-simbolo dell’immaginario collettivo,
rievocata da monsignor Rolando Mastrulli: negli anni Cinquanta, al ritmo di una
campana della Cattedrale, chiamata la picciosa, perché il suo suono era
simile alla lagna dei bambini, si accordavano le grida dei venditori di verdure
o di generi essenziali come il petrolio ( che alimentava i lumi delle case
troiane). Nessun attimo della giornata poteva essere perduto!
Tra
i documenti del libro spicca un racconto singolare, ai limiti della realtà:
un’altra campana della Cattedrale si «divertì a farsi rincorrere»,
facendo sentire il suo suono argentino, da uomini di assoluta fede e
credibilità, in vari luoghi improbabili, come le cripte della Cattedrale.
Nel
vasto repertorio di aneddoti di Campane di Troia, è citato un episodio miracoloso:
una bella mattina di fine inverno 1910-11, il tintinnìo festoso della
campanella di San Giovanni di Dio raggiunse, traversando l’Oceano, numerosi
operai troiani emigrati in America. Stavano lavorando in una miniera di carbone
della Pennsylvania, quando attratti da quel suono tanto familiare, uscirono
fuori, in gruppo. Appena in tempo: un attimo dopo la galleria della miniera
crollò. Tutti gridarono al miracolo!
Suggestioni,
certo. Dettate, forse, da una voce interna, presente in ognuno di noi e
inascoltata da anni. Forse è emblematico che a “risentire” il rintocco
argentino e salvifico delle campane, e a farlo risentire anche noi,
attualizzandolo nella realtà del terzo Millennio, sia un ragazzino
diciassettenne innamorato della storia. Nella sua memoria, ancora tanto
giovane, ma certo più forte di tante smemorate memorie
adulte, oltre alle voci delle persone più care, è rimasto impresso il suono di
tutte le campane della città, sempre pronte a riportare il ricordo a momenti
festosi o a tristi commiati, sempre pronte ad invitare alla preghiera,
impersonando la voce di Dio che chiama.
…
Che i tempi stiano davvero cambiando?
©2005 Teresa Maria Rauzino. Recensione (dal sito del Centro Studi GiuseppeMartella) del libro di ENZO PIO PIGNATIELLO, Campane di Troia, I Quaderni del Rosone/17, Foggia 2002, € 13.00.