LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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La memoria che resta:
è questo il titolo dato
all’interessante volume scritto a quattro mani da Giovanni Rinaldi e Paola Sobrero, edito per i tipi delle Edizioni Aramirè, prefato da Alessandro Piva
(pp. 396, ill. b/n e colori, CD di racconti e canzoni, Lecce 2004).
Frutto di un complesso studio svolto dai
due autori sul campo nel lontano 1974 e durato fino agli anni ’80 del secolo
scorso, il testo -
unico nel suo genere
- affronta per la prima volta un
interessante argomento: le lotte contadine a cavallo tra i primi anni del ‘900
e gli anni ’70 dello stesso secolo. Una ricerca difficile anche perché
realizzata avvalendosi delle numerosissime testimonianze di vita agreste
cerignolana, seguendo un lungo percorso di ricerca pionieristica lontana dai
riflettori del dorato mondo accademico.
Con gran coraggio e determinazione, i due
ricercatori hanno speso gran parte del loro tempo ad intervistare a raccogliere
ed a testimoniare attraverso questo complesso volume, già pubblicato in una
prima versione dalla Amministrazione e dalla Biblioteca provinciale di Foggia
nel 1981, tematiche sulla difficile vita bracciantile attraverso le lotte, le
conquiste e quanto altro occorso per rivendicare i propri diritti.
La figura di Giuseppe Di Vittorio, con lo
spaccato di vita quotidiana vissuto a Cerignola e non solo, costituisce la parte
centrale del volume oltre al prezioso percorso di ricerca illustrato dagli
autori, che funge da corollario ai vari interventi trascritti e documentati
preziosi, anche perché molti intervistati sono ormai scomparsi da tempo.
Nomi come quelli di Giuseppe Angione,
Francesco e Michele Balducci, Lucia e Savina Barbarossa, Matteo Bellapianta,
Antonio Rutigliano, Michele Sacco, solo per fare qualche esempio, rappresentano
una sorta di memoria vivente, la “Memoria che resta”, appunto, mettendo
“nero su bianco”. Per lungo tempo le cattedre accademiche hanno disdegnato
tali argomenti… per troppo tempo si è ignorato, volutamente o casualmente,
che la difficile condizione in cui si trovava la “povera gente” era e doveva
essere vissuta come un “fenomeno sociale” dell’intera nazione italiana e
non come un problema emarginato che riguardasse esclusivamente le “classi meno
abbienti” o per meglio dire “il proletariato di massa”.
Il volume, scritto con finalità volte
alla divulgazione di uno spaccato di vita contadina, testimonia un metodo
alternativo alla ricerca in genere quasi sempre basata solo su documenti
archivistici, come in realtà ogni ricercatore che si rispetti è abituato a
fare. Un metodo nuovo “pionieristico” per gli anni relativi alla prima
ricerca quello utilizzato dagli autori: la fonte orale.
Quella della narrazione diretta dei
protagonisti chiamati a svolgere un duplice ruolo, quello di protagonisti e di
spettatori o lettori al tempo stesso.
Aldino Monti, quando parla dei
braccianti, sostiene essi sono stati:
«[…]
il primo gruppo sociale a scoprire il significato della politica come strumento
di emancipazione e di promozione sociale […]».
Ma perché prendere quale esempio proprio
la Capitanata, terra da secoli vessata da profonda crisi? Unicamente perché uno
degli autori, Giovanni Rinaldi, è originario di Cerignola. Egli si è reso
conto che pochissimo era stato fatto dai suoi predecessori, antropologi,
politologi ecc., per diffondere questo spaccato di vita che non rimane solo fine
a se stesso ma che, come avviene per le tessere di un puzzle, rappresentando la
microstoria, si ricongiunge alla macrostoria, in altre parole alla “Storia
Universale”.
Per volersi riallacciare alla teoria di
Marc Bloch secondo cui
«le ricerche
storiche non ammettono l’autarchia […] isolandosi ciascuno capirà a metà
persino nel proprio settore d’indagine […] la storia universale è quella
data dall’aiuto reciproco […]», il campo d’indagine seguito dagli
autori in questo volume (con interventi di altri colleghi fra cui Linda Giuva,
Paolo Longo e Franco Caggiola), non deve e non può essere circoscritto alla
sola consultazione dei documenti d’archivio che, come in questo caso, sono
quasi totalmente frutto di impressioni scritte di getto scaturite dalla penna di
scrittori improvvisati, consapevoli dei propri limiti culturali, ma volenterosi
di lasciare la loro testimonianza scritta.
Oggi
a raccontare ai giovani forse loro non credono
di Pasquale Grillo, oppure Le terre vanno
tolte ai padroni di Ripalta Buonuomo, dove si parla dei soprusi perpetrati
da famiglie nobilitate o nobili come i Pignatelli, i Pavoncelli o i Cirillo
Farrusi, che da tempo immemorabile a Cerignola
«tenevano i malati in testa», come afferma l’intervistata, quasi a
voler dire conducevano il gioco e nessuno si poteva opporre alla loro volontà.
Una sorta di “Gospels” all’italiana
sono i canti ed i racconti incisi sui CD multimediali per un totale di 23
racconti e 42 canti, a testimonianza di una “verità con prove provate” che
nessuno potrà rinnegare o alterare o cancellare. La “memoria che resta” è
anche questo! è mettere nero su bianco tutti gli errori, le sofferenze, le
abnegazioni, le ingiustizie subite per secoli e secoli di potere.
Solo la salvifica figura di Giuseppe Di
Vittorio, il sindacalista cerignolano che ha lottato per ottenere quella dignità
umana che riconosce ogni simile uguale agli altri, interrompe “l’agonia”
dei braccianti facendo trionfare la giustizia.
Se facciamo un passo indietro, nella
storia nel nostro Mezzogiorno ci sono state alcune tappe importanti legate alle
rivolte popolari: 1648 la rivolta di Masaniello; 1799 la Repubblica Partenopea;
1848 i moti carbonari; primi anni del 1900 le lotte bracciantili. Tutte con un
comune denominatore: il malcontento e l’indigenza delle masse.
“E
‘na massaria nove”,
di
Angelo Delbono, “So’ quarandasette
jurne” di Giuseppe Diploma, “Patrone te la lasse la cunzegn” di Vincenzo Debono, “Mej’
e po’ meje” di Giuseppe Diploma, ed altri sono i canti liberatori in
vernacolo dei braccianti.
In totale: 60 narrazioni, 53 canti
proposti da più di cento lavoratori agricoli, fanno di questo prezioso lavoro
un’antologia utile di agevole lettura.
Il lavoro è impreziosito da 142 immagini
a colori ed in bianco e nero, opera di Giovanni Rinaldi, Alberto Vasciaveo e
Paolo Longo ed altre raccolte nei vari archivi privati, tra queste anche un
ricco corredo iconografico dedicato a Giuseppe Di Vittorio.
Le note bibliografiche sui braccianti di
Puglia e Capitanata tra il 1900 ed il 1960 e su Giuseppe Di Vittorio, curate da
Linda Giuva, inserite in Appendice, chiudono il bellissimo volume.
©2006 Lucia Lopriore.