Sei in: Mondi medievali ® La memoria dimenticata. Microstorie

                           LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


pAGINA 3  

   

In relazione a quanto già detto e rivolgendo l’attenzione alle linee genealogiche oggetto del presente studio, si può affermare che non fu diversa da quella degli altri nobili la vita sociale dei duchi di Sangro, discendenti dai Marchesi di San Lucido [33]. Questi ultimi, a loro volta, per discendenza dai baroni di Casignano, furono investiti di tale titolo, in conseguenza del matrimonio contratto da Nicolò de’Sangro, figlio di Berardino e Lucrezia Caracciolo, con Lucrezia Brancaccio, baronessa di Casignano.

Per Maggiorasco, Placido, primogenito dei quattro figli di Nicolò e Lucrezia, ereditò anche i titoli della madre; sposò Giovanna de Cardenas, dalla quale ebbe un solo figlio: Nicolò Placido [34]. Questi sposò Eleonora Frangipane della Tolfa. Con il matrimonio i suoi discendenti acquisirono il titolo di marchese di San Lucido per trasmissione ereditaria da Giovanna Carafa, madre di Eleonora [35].

Da quest’ultima unione nacquero sei figli ed il primogenito, Luzio, marchese di San Lucido, il 20 giugno 1619 sposò Alivina Frangipane della Tolfa, già vedova del 3° Marchese di San Giorgio, Giovanni Milano d’Aragona. Dei loro nove figli si ricordano: Placido, 2° marchese di San Lucido dal 1666, barone di Casoria, Casignano ed Olivola, capostipite dei principi di Fondi; Antonio, padre teatino e professore di Teologia Sacra, eletto vescovo di Troia il 16 dicembre 1675, fu consacrato il 26 gennaio 1676. Il 19 luglio 1682 tenne un sinodo per regolare i costumi del clero e del popolo, durante il suo mandato realizzò numerosi interventi di restauro nella cattedrale di Troia [36], nella chiesa Collegiata di Foggia e fece inoltre, edificare a sue spese la chiesa dell’Annunziata di Foggia; quest’ultimo evento è ricordato da un’epigrafe attualmente custodita nei depositi del Museo Civico di Foggia [37].

Il sestogenito di Luzio ed Alivina, Giovanni Battista, il 18 novembre 1674 sposò Beatrice d’Afflitto dei principi di Scanno [38].

Il titolo conferitogli fu quello di Patrizio Napolitano, che trasmise ai figli [39]. Alla sua morte tutti i beni furono destinati a Luzio, suo primogenito, con Decreto di Preambolo della Gran Corte della Vicarìa del 16 maggio 1699, confermato il 23 dicembre 1709, per essere deceduto senza aver fatto redigere il suo testamento (ab intestato). [40].

Dei cinque figli nati dal matrimonio con Beatrice, il terzo, Domenico, fu Maresciallo di Filippo V di Spagna, accompagnò l’Infante Don Carlo alla spedizione di Napoli e più tardi quando questi divenne re, ricoprì numerosissimi incarichi alla sua corte. Nel 1759, con il Ministro Tanucci ed altri nobili napoletani fu reggente al trono di Ferdinando IV, dopo la partenza del padre di quest’ultimo per l’ascesa al trono di Spagna. Fu nominato Tenente Generale della Guardia Reale il 12 aprile 1737 e Maresciallo di Campo il 22 gennaio 1758. Nominato Governatore della Piazza di Gaeta, Comandante Generale della Cavalleria e Comandante della Guarnigione di Napoli, ricoprì le cariche di Capitano Generale dell’esercito, Consigliere di Stato, Presidente della Giunta di Fortificazione; fu inoltre Gentiluomo di Camera di Sua Maestà, decorato del titolo di Cavaliere del Real Ordine di San Gennaro [41]; per la sua nota fedeltà al sovrano e per le sue eroiche gesta l’11 novembre 1760 fu decorato del titolo di 1° duca di Sangro [42], dando così origine a questa nuova linea. Fu, altresì, autore di molte opere e, per questo, fu decorato del titolo di principe dell’Accademia degli Uniti di Napoli [43]. Il 10 febbraio 1751, all’età di 70 anni, impalmò Maria Teresa Montalto dei duchi di Fragnito, più giovane di lui di 54 anni, il matrimonio fu celebrato nella chiesa di S. Anna di Palazzo.

Dall’analisi dei Capitoli Matrimoniali, si evincono gli accordi stabiliti per l’assegnazione del capitale dotale da parte di Antonio Montalto, duca di Fragnito padre della nubenda, atto che viene ripreso successivamente alla prima stipula da suo figlio Gaetano a causa del decesso paterno, alla presenza di Luzio e Placido, fratelli di Domenico [44]. La dote assegnata alla ragazza ammontava complessivamente a ducati 24,000. Dote che Gaetano avrebbe corrisposto ai de’Sangro nel seguente modo: cinquemila ducati da versare immediatamente, per la rimanente somma si stabilì che a far tempo dalla data di stipula dei Capitoli Matrimoniali e fino alla celebrazione del matrimonio, la famiglia della sposa avrebbe corrisposto la somma di annui ducati 200 con una maggiorazione per interessi in ragione del 4%. La rimanente somma sarebbe stata corrisposta negli anni successivi al matrimonio mediante titoli di credito, beni mobili ed immobili di varia natura, sia feudali che burgensatici [45]. L’unione della coppia fu allietata dalla nascita di due figli: Maria Beatrice e Nicola Maria [46].

Napoli, palazzo dei duchi di Vietri.

Domenico fece parte della nobiltà napoletana ascritta al Seggio del Nilo e visse in un’ala del palazzo dei duchi di Vietri sito nella piazzetta del Nilo, oggi corrispondente al civico n° 7 della stessa piazza ed ubicato di fronte alla Chiesa di Sant’Angelo a Nilo. L’ingresso principale dello stesso palazzo domina, ancora oggi, Largo San Domenico Maggiore.

L’edificio fu fatto edificare nel 1506 da Giovanni de’Sangro e da sua moglie Adriana Dentice [47], cui si è già accennato, su suolo acquistato in precedenza dalla monache di Santa Patrizia. Fu progettato da Giovan Francesco di Palma ed ampliato su progetto di Giovanni Donadio, detto “Il Mormanno che gli conferì grazia e bellezza. Più tardi, i duchi di Vietri vendettero l’ala prospiciente Largo San Domenico Maggiore ai Carafa di Belvedere e da questi, in seguito, il palazzo passò ai Gambacorta, duchi di Limatola, che lo possedettero fino al 1732, anno in cui fu venduto alla famiglia Saluzzo di Corigliano. Verso la fine del Cinquecento assurse alla gloria della cronaca nera poiché Carlo Gesualdo, terzo principe di Venosa e settimo conte di Conza, noto madrigalista e nipote di San Carlo Borromeo, fece assassinare la moglie, nonché sua cugina, Maria d’Avalos e l’amante di lei, Fabrizio Carafa di Andria [48]. Il lato prospiciente la Piazzetta Nilo corrispondente al civico n° 7, fu invece venduto a Giovanni Battista de’Sangro, che lo ampliò con ulteriori soprelevazioni.

Napoli, chiesa di Santa Maria de' Pignatelli.

Il palazzo, che si presenta molto ampio nella sua estensione, è disposto su tre ordini più due corpi aggiunti al quarto ed al quinto piano risalenti ad epoche seriori. Confina a sinistra del suo ingresso con il già citato palazzo dei Corigliano e a destra con la chiesa di S. Maria de’Pignatelli che anticamente fu una delle sedi del seggio del Nilo. Esso non ha vincoli da parte della Soprintendenza ai Beni Ambientali.

Rispettando il primo progetto, presenta trabeazioni triangolari ed a lunetta in corrispondenza dei balconi sul piano nobile e sul secondo piano. Gli ambienti interni del primo piano, oggi suddiviso in tre quartini, sono ben conservati e su alcune volte sono ancora visibili gli affreschi, opera di artisti locali.

Il terzo piano presenta solo trabeazioni mistilinee. Purtroppo le ultime soprelevazioni del palazzo non rispettano lo stile originario. Nonostante ciò, nella zona è certamente il palazzo che meglio rispecchia l’architettura del proprio tempo. La facciata esterna presenta un recente intervento di restauro. Gli ambienti interni del primo piano, gli unici da noi visitati grazie alla cortesia degli attuali proprietari, presentano ampi locali con gli stipiti originali in marmo rosso Verona. Alcune modifiche, effettuate in fase di frazionamento dell’immobile, non cancellano le evidenti tracce antiche della originaria costruzione. Gli interventi di restauro non hanno alterato le peculiarità dell’architettura interna.

Nulla si può dire sulle condizioni degli ambienti dei piani soprastanti, dato che non è stato possibile effettuarne il sopralluogo. Il portale del palazzo è impreziosito da un bellissimo bugnato, sulla cui chiave di volta appare lo stemma di Riccardo, figlio di Nicola Maria e III duca di Sangro. L’ingresso presenta il vestibolo con un’ampia volta a botte, oggi fatiscente a causa di concrezioni dovute all’umidità e in procinto di essere restaurata. Vi è affrescata l’Arme di Giovanni Battista de’Sangro con la seguente disposizione: Inquartato, nel 1° e nel 4°: Vaiato [49], nel 2° e nel 3°: Torre [50]. Sul tutto: clipeo di Oro a tre Bande di Azzurro [51]. Lo scudo, con ornamenti ducali, è sormontato dal motto: “UNICUM MILITIÆ FULMEN”; in basso pende l’Ordine del Toson d’Oro [52] e quello di un altro Ordine cavalleresco non meglio identificato [53]. Sul campo esterno del mantello sono raffigurate bandiere, trombe, asce, lance e dardi, quali insegne di dignità.

Dall’interno della corte si accede alla Cappella, oggi adibita ad altra destinazione d’uso, un tempo dedicata all’Assunta in Cielo raffigurata in una tela seicentesca inserita tra gli stucchi. Su una parete è collocato lo stemma della famiglia, scolpito in marmi policromi; un’epigrafe ricorda il restauro eseguito nel 1743 da Nicolò, figlio di Giovanni Battista:

D.O.M.  
NICOLAUS DE SANGRO EX MARSORUM COMITIBUS S. LUCIDI DYNASTIS
FUNDORUM PRINCIPIBUS
A PHILIPPO V HISPANIARUM REGE  
AURELI VELLERIS EQUES GENERALIS CONSPU PRAEFECTUS  
INTIMUSQUE CUBICULARIUS  
A CAROLO BORBONIO UTRIUSQ. SIC. REGE  
ORDINIS S. JANUARII EQUES SUPREMUS MILITIAE DUX  
SACELLUM HOC VETUSTATE DEFORMATUM  
IN PIGNUS SUI ERGA DEIPARAM CULTUS  
INSTAURAVIT ORDINAVIT DITAVIT  
A PARTU VIRG. AN. CI DI DCCXLIII  

Un’altra epigrafe, posta sempre nella cappella, ricorda i restauri fatti eseguire nel 1786 da Nicola, figlio di Domenico, e recita:

D.O.M.

QUOD
VIRGINI IN COELII ASSUMETAE DICATUM

A IO. BAPT. DE SANGRO PRIMO ACQUISTUM

A NICOL. DEIN FILIO INSTAURATUM
DUX NICOLAUS NEPOS
FERD. IV. SICIL. REG. A CUBICULIS  

PRAEF. AGMINIS

EQ. HIROSOLYMITANUS
SACELLUM  
UT SACRIS COMMODIUS VACARETUR

AERE DECORAVIT SUO

DE NOVO ADIECITQ. SACRARIUM
AN. SAL. MDCCLXXXVI [54]

Un’ampia corte interna con una scalinata immette ai piani superiori e conferisce all’edificio quello stile peculiare dei palazzi antichi napoletani.

Per ragioni non meglio accertate, la proprietà del palazzo fu trasferita a Domenico e da questi al figlio Nicola Maria. Il palazzo, verso la fine del 1800, passò al duca di Martina Franca, Don Placido de’Sangro, collezionista di ceramiche, di cui si parlerà più avanti. Agli inizi del 1900 fu ceduto ai conti Mangoni di Santo Stefano che lo hanno abitato fino a tempi recenti [55]. Nonostante oggi non appartenga più ai duchi de’Sangro, continua a svettare più bello ed imponente che mai, a testimonianza di un glorioso passato della famiglia che lo ha posseduto.

Ritornando a parlare dei personaggi di questa linea della casata, un ruolo importante fu ricoperto dalla duchessa Maria Teresa Montalto, la quale fu per i suoi figli più che una madre una sorella maggiore, data anche la sua giovane età nell’averli concepiti; ella visse nel loro periodo e morì 15 anni prima di loro.

La primogenita di Domenico e Maria Teresa, Maria Beatrice, sposò a Napoli il 25 febbraio 1775 Giovanni Vincenzo Tommaso Revertera, duca di Salandra, fu insignita dell’onorificenza di Dama di Corte che le fu conferita il 24 gennaio 1768, quando era ancora nubile, durante il regno di Ferdinando IV e Maria Carolina. Il 24 gennaio 1831, le fu concesso il titolo di Dama d’Onore Onoraria, da re Ferdinando II per premiarla dei 63 anni di servizio a Corte.

Dalla documentazione archivistica consultata nella Biblioteca Comunale di Martina Franca, ed in particolare dal dattiloscritto inedito del Campanile, emerge il tratto umano di Don Nicola Maria [56]. Questi fu il secondo duca di Sangro ed una delle figure più belle di questa nobile casata. Nel 1794 sposò Maria Giuseppa Carafa dei duchi di Andria, le nozze ebbero luogo il 16 novembre nella chiesa di San Gennaro all’Olmo.

Con la stipula dei Capitoli Matrimoniali, avvenuta tra Riccardo Carafa, duca di Andria, sua moglie Margherita Pignatelli di Monteleone, e Nicola de’Sangro fu stabilito l’ammontare della dote assegnata alla nubenda per un importo complessivo di 60,000 ducati. Tale somma sarebbe stata corrisposta al duca de’Sangro nel seguente modo: 30,000 ducati sarebbero stati versati nell’arco di un anno, gli altri 30,000 ducati negli anni compresi tra il 1800 e 1801 in tanne”. L’importo di ciascun versamento non sarebbe stato inferiore a ducati 10,000.

Fu stabilito, inoltre, che a far data dalla stipula dei Capitoli Matrimoniali e fino alla celebrazione delle nozze, i Carafa avrebbero corrisposto al futuro genero un interesse sull’ammontare dell’intero capitale dotale in ragione del 3,5 %, a scalare proporzionatamente alle “tanne” che dei ducati 60,000 sarebbero state pagate. Fu stabilito, altresì, che Nicola avrebbe donato Maria Giuseppa una somma pari a ducati 3,000 e che, ogni anno in occasione del suo genetliaco e dell’onomastico le avrebbe regalato il corrispettivo di ducati 200 in oggetti di oro: “lacci e spille”.

Tra le altre condizioni fu stabilito che, in caso di vedovanza della moglie, gli eredi diretti del duca, i suoi figli, avrebbero corrisposto alla madre un vitalizio di ducati 3,600 ripartiti in rate da 300 ducati con l’usufrutto della casa di abitazione. In caso contrario, se avesse lasciato la casa in cui viveva, i figli avrebbero dovuto corrisponderle la somma di annui ducati 400 affinché potesse vivere, secondo le regole imposte dal rango nobiliare, in un’altra dimora di suo gradimento. Negli accordi fu inoltre stabilito che, nel caso la vedova fosse convolata a nuove nozze, le sarebbero stati corrisposti i frutti sia della dote sia dell’ “antefato”, secondo quanto stabilito dalla Prammatica del Viceré duca di Ossuna, in ragione del 3,5 %, senza poter avanzare alcuna pretesa sul capitale dotale che sarebbe spettato ai figli. In caso di assenza di eredi diretti, alla vedova sarebbe stato restituito il capitale dotale con i frutti dell’“antefato”.

Nel documento non sono elencate né le proprietà immobiliari assegnate alla sposa dalla famiglia, né il corredo né altro. L’atto riporta, inoltre, le condizioni sulle modalità di celebrazione del matrimonio. Per tutti gli altri patti non espressi si rinvia a quanto stabilito dalla Legge allora vigente, mediante decisione del “Consiglio dei Savi” riportata nei Rescritti dei nobili appartenenti alle Piazze del Nido e di Capuana della città di Napoli. L’unione della coppia fu allietata dalla nascita di otto figli [57]. Dal 1797 [58] la duchessa di Sangro fu Dama di Corte con l’incarico di Camerista Maggiore [59] e fu promossa d’Onore nel 1831, durante il regno di Ferdinando II. Dal 1818 al 1829 fu Ispettrice della Real Casa dei Miracoli, al fianco del marito che rivestiva l’incarico di Sovrintendente.

Nel 1827 Don Nicola ricevette le insegne di Cavaliere di Gran Croce del Real Ordine di San Ferdinando e del Merito, il 28 settembre 1829 quelle di Gran Croce dell’Ordine di Francesco I.

Queste due onorificenze gli furono conferite dal nuovo re Francesco I di Borbone, il quale era succeduto al defunto padre nel 1825, la seconda decorazione gli fu decretata in occasione della prima assegnazione delle insegne che il re volle conferire direttamente, per dar maggiore e particolare importanza alla nuova onorificenza.

L’Ordine di San Ferdinando e del Merito era stato creato il 1° aprile 1800 da re Ferdinando IV al ritorno a Napoli, per premiare i sudditi che erano rimasti fedeli alla sua causa quando si era dovuto rifugiare in Sicilia. I Gran Croce, limitati a ventiquattro, avevano il titolo di Eccellenza ed acquisivano il diritto a mantenere il capo coperto alla presenza del re come i grandi di Spagna di Iª classe. L’Ordine di Francesco I era stato istituito il 28 settembre 1829; esso comprendeva i gradi di Gran Croce, Commendatore, Cavaliere, Medaglia d’Oro e d’Argento. La decorazione distingueva i benemeriti dell’amministrazione pubblica, dell’industria, del commercio e dell’arte [60]. Per la sua nobiltà, Don Nicola de’Sangro fu registrato nella Platea delle famiglie Patrizie Napolitane ascritte al Libro d’Oro [61].

Don Nicola de’Sangro ebbe un ruolo determinante nel 1795 in relazione alle vicende storiche ed economiche della Capitanata, ossia quando acquistò il feudo allodiale di Orta. Il possesso cessò con l’entrata in vigore della legge del 21 maggio 1806 [62].

I suoi successori si distinsero per le loro gesta eroiche; suo figlio Riccardo fu il terzo duca di Sangro. Sposò Maria Argentina Caracciolo dei duchi di Martina Franca.

Seconda di tre figli, Maria Argentina, contessa di Brienza e di Buccino, quando era già sposata con Riccardo de’Sangro ereditò il titolo di duchessa di Martina Franca dopo l’avvenuto decesso della madre, Francesca del Giudice Caracciolo che, a sua volta, lo aveva ereditato dal figlio maggiore Petraccone che si spense prematuramente il 13 agosto 1827 [63]. Dal matrimonio nacquero cinque figli. Il nome di Riccardo de’Sangro è legato ad una rapida carriera militare. Dopo la Restaurazione , per dimostrare la sua riconoscenza verso la famiglia per essergli stata fedele, il sovrano promosse Riccardo al grado di Tenente Colonnello del primo Reggimento Lancieri. I riconoscimenti onorifici furono conferiti nel 1843 con l’investitura di Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro. Fu Cavaliere di compagnia del re Ferdinando II, che lo volle al sua fianco nel maggio del 1848 durante la campagna nello Stato Pontificio ed il 15 giugno 1849 lo promosse Generale. Nel 1855 Riccardo di Sangro fu promosso Maresciallo di Campo ed aiutante generale del re ed ebbe il comando della Divisione di Cavalleria Leggera e delle Guardie d’Onore; nel maggio del 1859, durante gli ultimi giorni di vita del re Ferdinando II egli fu il più assiduo assistente del sovrano.

Confermato in tutte le sue cariche dal nuovo re Francesco II, divenne il suo attento consigliere e fu al suo seguito quando, ancora duca di Calabria, si recò in Puglia per ricevere la sua futura sposa, la Principessa Maria Sofia di Baviera. Successivamente lo seguì a Gaeta, imbarcandosi con lui il 6 settembre 1860 sulla nave Saetta [64]. L’8 ottobre 1860, per premiare il suo fedele attaccamento, il giovane sovrano lo promosse Tenente Generale.

Nel castello di Gaeta, assediato dalle truppe piemontesi, contrasse il tifo. Il decorso della malattia fu da lui accettato con rassegnazione tanto da farlo assurgere agli onori della cronaca con il titolo di difensore di Gaeta. La morte lo raggiunse nella notte tra il 5 ed il 6 febbraio 1861 [65].

Dei figli di Riccardo, Nicola, ereditò il titolo di IV duca di Sangro, sposò nel 1851 Isabella de’Medici dei principi di Ottajano e dei duchi di Sarno dalla quale ebbe dieci figli.

Il secondogenito di Riccardo ed Argentina Caracciolo, Placido, ereditò dalla madre il titolo di 16° duca di Martina [66], sposò nel 1851 Maria Cunegonda Caracciolo di Santa Teodora ed ebbe un solo figlio, Riccardo, morto suicida a Parigi per amore. Placido fu un grandissimo collezionista di ceramiche e di opere d’arte che, dopo la sua morte, donò al nipote omonimo. Tra i figli maschi minori di Nicola ed Isabella ricordiamo Placido, conte dei Marsi.

Questi si adoperò affinché fosse allestito il museo in cui esporre la collezione di ceramiche raccolta dallo zio [67]. Dopo la sua morte, il compito di continuare l’allestimento del museo fu affidato dalla vedova contessa Maria Spinelli dei principi di Scalea al duca Carlo Giovene di Girasole.

Placido, morto senza prole, volle dare seguito al desiderio del giovane cugino Riccardo, il quale, prima di morire, in una lettera indirizzata al padre, scrisse che tutta la collezione a lui destinata fosse donata alla città di Napoli.

Placido, erede di tale collezione, allestì il museo lasciando l’usufrutto della raccolta alla moglie. Dopo la morte del consorte, la contessa fece trasferire la collezione dal Palazzo Spinelli, dove era stata sistemata, alla nuova sede del museo presso la villa Floridiana. La Spinelli volle assumersi anche l’onere di provvedere alle spese di trasporto e, dopo la sua morte dispose nelle sue volontà testamentarie che quanto non fosse ancora stato trasferito nella Floridiana fosse spostato con una somma di danaro da lei destinata per ultimare l’operazione; alla raccolta de’Sangro aggiunse un suo personale ed importante legato di maioliche ispano-moresche e di Castelli [68].

Giuseppe, fratello di Placido, fu conte di Brienza ma non poté mai fregiarsi del titolo principale di duca di Sangro essendo premorto al padre. Il 18 febbraio 1888, sposò a Napoli Maria Guevara Suardo dei duchi di Bovino, Castell’Airola e Savignano, dal matrimonio nacquero cinque figli, il maggiore, Riccardo, fu decorato del titolo di diciottesimo conte di Buccino titolo che, in seguito, fu trasmesso con Decreto Luogotenenziale del 15 giugno 1919 e con le Lettere Patenti Luogotenenziali del 28 dicembre 1919 al fratello minore Giovanni Battista.

Riccardo, V duca di Sangro e 18° duca di Martina, il 10 settembre 1919 sposò a Stresa Oliva Vivina Lanza dei conti di Mazzarino e nobili di Trabia. Dalla loro unione nacque Giuseppe, perito in un incidente automobilistico il 14 luglio 1958.

Dopo pochi anni dalla nascita di Giuseppe, i due coniugi si separarono; il loro matrimonio fu sciolto con sentenza della Corte d’Appello di Torino del 18-22 ottobre 1926.

Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, Riccardo intraprese la carriere militare. Fu Cavaliere di Onore e Devozione del Sovrano Ordine Gerosolimitano di Malta, ricevuto il 28 luglio 1922 con Decreto n. 3996 proc. n. 2498; fu Commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e fu Aiutante in Campo di Sua Altezza Reale il principe ereditario, Umberto II di Savoia.

Durante il secondo conflitto mondiale, Don Riccardo diede alloggio nella sua villa di Ravello alle LL. MM. re Vittorio Emanuele III e alla regina Elena [69].

Nel dopoguerra contribuì alla ricostruzione del patrimonio artistico del Museo Filangieri danneggiato dalla guerra, insieme ad alcuni membri dell’aristocrazia e della borghesia napoletana, tra cui la nipote Maruska Monticelli Obizzi di Sangro, figlia della sorella Isabella [70].

Nel 1978 Riccardo, seguendo l’esempio dello zio, donò al Museo Duca di Martina di Napoli la restante collezione di ceramiche ed altri oggetti in suo possesso, appartenuti in massima parte a Don Placido de’Sangro, duca di Martina, integrando, così, la pregevole e cospicua collezione dell’antenato.

Oggi la linea maschile dei duchi di Sangro è estinta. Prosegue in quella femminile che è rappresentata attualmente dai pronipoti di Riccardo, i nobili Notarbartolo e Parisi Avarna.

   

segue: Genealogia della famiglia de’Sangro

       

Fonti documentarie

Archivio di Stato di Napoli:  
          Sez. Diplomatica – Politica:  

-  

Archivi Privati: Archivio Serra di Gerace.  
-   Repertorio dei Quinternioni Feudali.
-   Refute dei Quinternioni.
-   Significatorie dei Relevi.  
-   Cedolari dei Feudi: San Lucido.  
Archivio Privato della Commissione Araldica Napoletana:

  

Platea delle Famiglie nuovamente ascritte al Libro d’Oro.  

-   

Libro d’Oro altri Registri di Nobiltà ed Ordini Cavallereschi.

  

Platea delle Famiglie Patrizie Napolitane.
Archivio Centrale dello Stato:

-  

Archivio della Consulta Araldica – Presidenza del Consiglio dei Ministri.  
Archivio Storico diocesi di Ascoli S. – Cerignola:

-  

Reali Siti: voll. IV e V.  

Archivio di Stato di Foggia:  

-  

Dogana delle pecore di Puglia, s. I. – Amministrazione del Tavoliere s. II.  
Biblioteca Comunale di Martina Franca:  
Archivio Privato Caracciolo – de’Sangro:  
-   Buccino Generale.  
-   Successioni.  
-   Filiberto CAMPANILE, Storia della Famiglia de’Sangro, dattiloscritto inedito.  
Biblioteca Nazionale di Napoli:  
Sez. Manoscritti e Rari:

-  

mss. nn. XA . 40 – XA . 41 – XA . 42 – XA . 45 – XIV F 32 – XVII 25 – XVIII . 46.  

      

Abbreviazioni :

ASDA: Archivio Storico della Diocesi Ascoli S. - Cerignola ASFG: Archivio di Stato di Foggia
ASNA: Archivio di Stato di Napoli BCMF: Biblioteca Comunale di Martina Franca BNNA: Biblioteca Nazionale di Napoli

b. :  busta

c./cc.:  carta/e

cc.nn.:  carte non numerate

doc. cit.: documento citato

duc.:  ducato/i

f.:  foglio

fasc.:  fascicolo

ms./mss.:  manoscritto/i

n./nn.:  numero/i

op. cit.:  opera citata

pag.:  pagina

pp.:  pagine

r.:   recto

s.:  serie

segg.:  seguenti

v. :  verso

vol.:  volume

voll.:  volumi

 

 

  

    
   

[33] Si rinvia alle tavole genealogiche in Appendice.

[34] ASNA, Sez. Diplomatica – Politica, Archivi Privati: Archivio Serra di Gerace, vol. III cc. 1200r. e 1204r. e Filiberto CAMPANILE, L’Historia dell’Illustrissima … op. cit., Napoli 1615, passim.

[35] Erasmo RICCA, La Nobiltà delle due Sicilie, Forni, Bologna 1978, vol. IV, pag. 433. Tra i Feudatari di Serino risulta Giovanni Battista Della Tolfa, 2° conte di Serino, il quale sposa in seconde nozze Giovanna Carafa, marchesa di S. Lucido.

[36] Ferdinando UGHELLI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, Napoli 1721, vol. I, pag. 1348; AA.VV., Cronotassi iconografia e araldica dell’episcopato pugliese, CRSEC, Bari 1986, pag. 302; Giuseppe RUBINO, Vescovo e personaggi illustri di Aecae e Troya, Troia 1997, pag. 39.

[37] Ringrazio per la segnalazione l’amico Carmine de Leo ed il dott. Francesco Picca, storico dell’Arte. Si tratta del verso di un pluteo risalente al VI secolo d. C. sul cui recto appare in rilievo un clipeo ornato da una croce latina. Il reperto rinvenuto presso la chiesa della SS. Annunziata di Foggia è stato recentemente studiato e catalogato tra i reperti custoditi presso il Museo Civico di Foggia. Cfr. Giuliana MASSIMO, Le sculture medievali del Museo Civico di Foggia, in Atti del 22° Convegno di Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia – a cura di Armando Gravina, S. Severo 2001/2002, pag. 48 e segg.

[38] BCMF, Archivio privato Caracciolo - de’Sangro, Successioni, b. 8/3, Capitoli Matrimoniali del 17/11/1764 tra Giovanni Battista de’Sangro e Beatrice d’Afflitto.

[39] Su alcuni documenti dell’archivio privato de’Sangro i figli sono menzionati con il titolo di conte. Più appropriato risulta essere quello di Patrizio Napolitano esteso a tutti i maschi della famiglia. Cfr. http://www.sardimpex.com.

[40] Ibidem, b. 8/8, copia dell’Istrumento del 1 dicembre 1752 tra Luzio, Placido e Domenico De’ Sangro  in favore del Sig. duca di Gravina e duca d’Andria per duc. 1200 dai medesimi pagati al compimento di duc. 1740 fra i duc. 8000 assegnati in maritaggio dal Monte delle 29 famiglie alla fu donna Beatrice d’Afflitto. Notaio Antonio Maria Porzio di Napoli. Cc.nn.

[41] Giuseppe LANDI, Istituzioni di Diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie, Milano 1977, Tomo I, pag. 148. L’Insigne Real Ordine di S. Gennaro fu istituito da Carlo III di Borbone con R. D. del 7 luglio 1738, esso era costituito da una sola classe di Cavalieri in numero di 60, per esservi ascritti bisognava presentare le prove dei quattro quarti di nobiltà.

[42] Il titolo fu conferito sul cognome.

[43] Berardo CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie … op. cit., Bologna 1969, vol. III, pag. 215, e V. SPRETI, Enciclopedia Storico … op. cit., Forni, Bologna, 1969, vol. VI, pag. 88 e segg.

[44] L’altro loro fratello, Nicolò, era deceduto nominando eredi universali dei suoi beni Domenico e Placido i quali gli diedero sepoltura facendo erigere un mausoleo nel cappellone del Crocifisso presso la Basilica di S. Domenico Maggiore a Napoli. Tale monumento sormonta quello dell’antenato Placido de’Sangro opera di Tommaso Malvito.

[45] Il documento non riporta né l’elenco delle proprietà assegnate, né il corredo, né altro.

[46] BCMF, Archivio privato Caracciolo - de’Sangro, Successioni, b. 8/8, c. 92r, Capitoli Matrimoniali tra Domenico de’Sangro e Maria Teresa Montalto di Fragnito. Atto stipulato il 13 gennaio 1751, notaio Onofrio de Cintiis di Napoli.

[47] Secondo la studiosa Sansone Vagni il palazzo fu fatto edificare dai Marchesi di S. Lucido, ella ne fa risalire il possesso ai prodi Nicolò e Placido de’Sangro. Cfr. Lina SANSONE VAGNI, Raimondo… op. cit. pag. 410 e segg.

[48] Il palazzo fu abitato per un certo periodo dal principe Gesualdo con la moglie ed i motivi che spinsero quest’ultimo a commissionare l’uxoricidio non sono da ricercarsi nel delitto d’onore, come apparentemente si crede, ma in celate ragioni politiche che riguardavano il duca d’Andria, ben noto per la sua pericolosa e scomoda irrequietezza politica, anche perché il modo in cui fu perpetrato il duplice delitto non rispettava le regole dettate dal codice cavalleresco. Cfr. Lina SANSONE VAGNI, Raimondo … op. cit., pp. 407, 408 e 409.

[49] Arme della famiglia d’Afflitto: di Oro e di Azzurro; l’oro, simboleggia la ricchezza, la potenza, la gloria e lo splendore, l’azzurro è il simbolo dell’altezza, santità e castità difesa da Dio. Cfr. Carlo DE LELLIS, Famiglie Nobili del Regno di Napoli, Forni, Bologna 1968, vol. III, pag. 138.

[50] Scipione MAZZELLA, Descrittione del Regno di Napoli, Napoli 1601, pag. 739. Arme della famiglia Frangipane della Tolfa: di Azzurro alla Torre d’Argento.

[51] Arme della famiglia de’Sangro.

[52] Onorificenza conferita a tutti i membri di questa casata. Questo Ordine cavalleresco fu istituito nel 1429 da Filippo il Buono, duca di Borgogna, concesso ad esponenti dell’alta nobiltà e destinato ad assicurare la diffusione ed il prestigio della fede cattolica, è anche detto: “Ordine di collana”. Cfr. Giuseppe LANDI, Istituzioni di Diritto… op. cit. Tomo I, pag. 148 e Giovanni SAITTO, Poggio Imperiale, Storia usi e costumi di un paese della Capitanata, Edizioni del Rosone, Foggia 1997, pag.45 nota n. 67.

[53] Il danneggiamento dell’affresco non consente una chiara lettura dell’icona che appare nella croce di colore amaranto. Da un confronto con alcuni studiosi emergono le seguenti ipotesi: che tale croce affrescata, potrebbe essere quella appartenente all’Insigne Real Ordine di San Gennaro, vista anche l’analogia della collana che rifinisce la croce, ma in questo caso, non corrisponderebbe al periodo in cui l’affresco fu dipinto. L’Ordine di San Gennaro fu fondato nel 1738, quindi, in un periodo di molto successivo alla fine del Seicento, epoca in cui risale il matrimonio di Giovanni Battista e quindi la composizione dell’Arma. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella secondo la quale l’Ordine cui fa riferimento l’iconografia e stato aggiunto in seguito, per esempio in occasione di un restauro del palazzo. Oppure, altra ipotesi: la croce potrebbe appartenere al S.M.O.M., ed in questo caso corrisponderebbe il periodo storico, in quanto l’Ordine di Malta fu fondato nel 1012 e confermato nel 1124 da Papa Onorio II, ma, la collana che appare nell’affresco non corrisponderebbe a quella riconosciuta dall’Ordine di Malta. La conclusione è che senza un’adeguata chiave di lettura dell’immagine, si può solo ipotizzate l’appartenenza ad uno degli Ordini, non  si può averne la certezza. Cfr. DIDEROT et D’ALEMBERT, Encyclopédie ou dicionnaire raisonné des sciences, des arts ed des métiers, Libritalia, Napoli 2000, rist. anast. del 1772, pag. 22. Alla voce Blasoni ed Araldica

[54] Lina SANSONE VAGNI, Raimondo … op. cit. pp. 410, 411 e 412.

[55] Sulla volta e sulla porta di uno degli appartamenti al piano nobile è ancora visibile l’arme della famiglia: di oro alla fede di carnagione vestita di rosso in fascia movente dai fianchi dello scudo tenente fra le mani un ramo di olivo fruttato e fogliato al naturale; cimiero: cavallo nero nascente. Cfr. Vittorio SPRETI, Enciclopedia storico… op. cit. Forni, Bologna 1969, vol. IV, pag. 306.

[56] BCMF, Filiberto CAMPANILE, Storia della famiglia di Sangro, dattiloscritto inedito, pag. 1/d.

[57] BCMF, Archivio privato Caracciolo – de’Sangro, Successioni, b. 7/2, c. 15r, Capitoli Matrimoniali tra Nicola de’Sangro e M. Giuseppa Carafa, stipulati il 10 novembre 1794, notaio Filippo Palomba di Napoli.

[58] Aquilina OLLEIA, Ricerca documentaria sui Reali Sposi all’Archivio Segreto Vaticano, in AA.VV., Foggia Capitale, La Festa delle Arti nel Settecento, Electa, Napoli 1998, pp. 256 e 259, Appendice f. 123r. L’onorificenza fu conferita il 24 giugno di quell’anno in occasione delle nozze a Foggia tra Francesco I e M. Clementina d’Austria.

[59] Anna Maria ROMANO, Manifattura Napoletana, in AA.VV., Foggia Capitale… op. cit., pag. 178.

[60] Giuseppe LANDI, Istituzioni di diritto … op. cit., tomo I, pag. 151.

[61] BCMF, Filiberto CAMPANILE, Storia della Famiglia di Sangro, dattiloscritto inedito, pag. 1/d, e BNNA, Sez. Manoscritti e Rari, mss. nn.: XA . 42 c.15r, XA . 41 c. 31r, XA . 45 c. 188r, XIV . F 32 c. 128 r, XVII . 25 c 188r, XVIII . 46. c. 133r.”Notizie sulle principali Famiglie del Regno delle Due Sicilie”. Il titolo riguarda l’ultimo manoscritto.

[62] A tale riguardo cfr. il saggio dal titolo: Diritto di Patronato del Duca de’Sangro sulle chiese di Orta di Capitanata e rapporti con il vescovo di Ascoli Satriano, in “ La Capitanata ” n. 10/2001 pag. 149 e in questo stesso sito.

[63] Lucia PORTOLANO, Conduzione del patrimonio dei de’Sangro fra Ottocento e Novecento, in Umanesimo della Pietra, Martina Franca 1991, pp. 113-122. L’intero patrimonio dei Caracciolo dopo il decesso della stessa Aregentina avvenuto nel 1849 passò ai suoi figli Nicola e Placido che ereditarono i beni nel seguente modo: Nicola oltre ai titoli di conte di Brienza e conte di Buccino ebbe alcune masserie in territorio di Mottola, Placido ereditò il titolo di duca di Martina ed altre masserie in territorio di Mottola, Massafra, Taranto, Grottaglie ed Ostuni.

[64] Berardo CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie… op. cit., vol. III, pag. 215.

[65] Nicola DELLA MONICA, Le grandi famiglie… op. cit. pag. 332.

[66] Berardo CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie… op. cit., vol. V, pag. 10. Placido de’Sangro fu decorato del titolo di duca di Martina Franca il 20/05/1850, tale titolo, refutato dal fratello Nicola, gli fu trasmesso con i beni della casa Caracciolo di Martina per volere della madre. Alla sua morte il titolo di duca di Martina passò al fratello Nicola IV duca di Sangro, mentre il secondogenito di Nicola, Placido, con testamento del gennaio 1891 fu nominato erede universale dei suoi beni. Cfr. Lucia PORTOLANO, Conduzione… op. cit. pag. 114.

[67] BCMF, Filiberto CAMPANILE, Storia della famiglia… op. cit. pag. 1/f, dattiloscritto inedito; e ibidem, Successioni, bb. 9/5 anno 1849 e 9/6 anno 1858. Cfr. Vittorio SPRETI, Enciclopedia Storico … op. cit. vol. VI, pag. 92. Alla morte di Placido avvenuta nel 1911, i beni passarono ai figli di Giuseppe, suo defunto fratello: Riccardo, Giovanni Battista e Nicola. L’intera proprietà ereditata dai minori de’Sangro fu curata e seguita per i primi quindici anni del 1900 dal Cavalier Giulio Lecca Ducagini, secondo marito di Maria Guevara Suardo, vedova di Giuseppe de’Sangro. Cfr. Lucia PORTOLANO, Conduzione… op. cit. pag. 114.

[68] AA.VV., Il Museo Duca di Martina, Guide Artistiche Electa, Napoli, Napoli 1994, pp. 19 e 20.

[69] BCMF - Filiberto CAMPANILE, Storia della famiglia…, op. cit. pag. 1/f.

[70] Dopo il decesso dello zio, il patrimonio de’Sangro fu ereditato dai Monticelli Obizzi insieme ai cugini Carla e Blasco Notarbartolo. Questi hanno donato l’archivio di famiglia alla città di Martina Franca negli anni ’90 del 1900. La notizia è stata cortesemente fornita dalla nobile Donna Carla Notarbartolo di Villarosa.

   

  

©2007 Lucia Lopriore. Le foto pubblicate sono a cura di Ippolito Spina. è tassativamente vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.  

      


indietro, pagina 2

 Torna su

La memoria dimenticata: indice Home avanti, genealogia