LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Giudice istruttore del processo Matteotti, Mauro Del Giudice stava per inquisire il Duce
Mauro Del Giudice
Pugliese, nato nell'anno
In una ricognizione nell’Archivio di Stato di Foggia, abbiamo rinvenuto le seguenti fonti giornalistiche sul delitto Matteotti e sulla nomina di Mauro Del Giudice come giudice istruttore del relativo processo:
«Il Foglietto», giornale di Lucera, nell'articolo La commossa indignazione della Capitanata per l’orrendo assassinio dell’on. Matteotti ( pubblicato sul n. 24, del 22 giugno 1924) commenta così il delitto: «Un crimine truce e fosco senza precedenti nella storia politica del nostro paese la barbara uccisione dell’onorevole Matteotti – ha intensamente commosso la nazione tutta. Anche perché dall’istruttoria vengono giorno per giorno fuori gravi e tremende responsabilità - dirette ed indirette – di personaggi politici del partito dominante che occupavano posti eminenti nelle gerarchie del Partito e nella Politica. All’indignazione dell’Italia e del mondo civile si è associata la nostra Capitanata che con virile compostezza segue ore ansiosa le vicende delle indagini e gli eventi politici nella fiduciosa speranza che l’opera della giustizia voglia rintracciare e colpire gli assassini e che – ristabilito sovrano l’imperio della legge per tutti – il sangue dell’on. Matteotti voglia fecondare l’auspicata normalizzazione che solo potrà assicurare alla nazione un periodo di tregua, di pace e di lavoro. La nazione sovratutto».
«Il Foglietto», nel contempo, informa che la grave e delicata istruttoria del processo dell’assassinio dell’onorevole Matteotti è stata avocata dalla sezione di accusa di Roma, presieduta da un magistrato di altissimo valore morale e giuridico: il commendator Mauro Del Giudice:
«L’insigne magistrato, autore di molte
apprezzate pubblicazioni giuridiche – scrive l’editorialista del «Foglietto» -
è un nostro comprovinciale. è nativo della forte terra garganica ed
è titolo d’orgoglio di questo giornale di essere stato onorato della
collaborazione e della simpatia del comm. Del Giudice alla cui opera illuminata
ed alla cui co-scienza adamantina son rivolti in vigile e fiduciosa attesa
l’interesse e la dignità della Nazione. Il Commendator Mauro Del Giudice,
l’illustre figlio della Capitanata, renderà ancora un gran servizio alla
giustizia ed alla civiltà».
A Mauro Del Giudice è stato titolato, su proposta del prof. Filippo Fiorentino, l’Istituto di Istruzione Superiore di Rodi Garganico. Nella stessa città garganica, è dedicata all’insigne magistrato la via dove ha sede la sezione staccata del Tribunale di Lucera.
Una biografia di questo giudice integerrimo e coraggioso è in corso di preparazione da parte di Giuseppe Tamburrano, per uno dei volumi degli "Ori del Gargano", la collana curata da Giuseppe Cassieri, edita da Schena per la Comunità Montana del Gargano, e distribuita dalla «Gazzetta del Mezzogiorno».
Una piccola cronistoria del processo Matteotti è stata ricostruita dallo stesso Tamburrano in un articolo pubblicato recentemente sull'Unità, che sottopongo alla vostra attenzione.
MATTEOTTI,
UN PROCESSO ALLA "CAMOMILLA" Due libri sul dibattimento “farsa” che fu dirottato da Mussolini nell’addomesticata Corte d’Assise di Chieti. Le manifestazioni che la città dedica al politico socialista. Articolo di Giuseppe Tamburrano Con sentenza del 24 marzo 1926 Il 2 giugno prossimo, il presidente del Csm, Virginio Rognoni,
concluderà le manifestazioni con un discorso sul processo e su una
straordinaria figura di magistrato, Mauro Del Giudice, al quale toccò
l’onere di condurre l’istruttoria
subito dopo il rapimento di Matteotti. Lo ha interpretato
stupendamente Vittorio De Sica nel ricordato film di Vancini. Del Giudice imboccò la via giusta indicata da prove schiaccianti, via
che portava al vertice del regime. Non incriminò subito Mussolini
poiché il processo gli sarebbe stato tolto e rimesso al Senato
costituito in Alta Corte, competente a giudicare i reati commessi da
ministri. Insieme con un altro magistrato coraggioso, Umberto
Guglielmo Tancredi, andò avanti per la sua strada incurante delle
gazzarre e delle minacce che i fascisti gli rivolgevano sotto le sue
finestre. Il suo scopo era di raccogliere le prove schiaccianti delle
responsabilità di Mussolini come mandante dell’omicidio e poi
incriminarlo. Purtroppo una iniziativa improvvida del direttore del Popolo, Giuseppe Donati, che denunciò il capo della polizia senatore De Bono per quel delitto, comportò l’avocazione del processo al Senato: e gli atti gli furono tolti. Intanto del Giudice fu promosso (promoveatur ut amoveatur) e costretto a lasciare il suo ufficio romano per quello di Catania. Mussolini, in combutta con il segretario del Partito fascista Roberto Farinacci, che sarà l’avvocato difensore del capobanda Amerigo Dumini, ottenne che il processo fosse trasferito a Chieti «per ragioni di ordine pubblico». L’integerrimo magistrato ha raccontato questa vicenda nel suo Cronistoria del processo Matteotti (Opere nuove, 1985) e di lui – nato a Rodi Garganico - scriverò un profilo per la collana Ori del Gargano diretta da Giuseppe Cassieri. Il processo di Chieti è stato raccontato in due recenti libri: Luciano
Di Tizio, La giustizia negata.
Dietro le quinte del processo Matteotti, con presentazione di
Ottaviano Del Turco (Ianieri Editore, 2006); e Marcello
Benegiano, A scelta del Duce: il processo Matteotti a Chieti (Texus, 2006). Sono testi esaurienti per la ricostruzione della vicenda
giudiziaria: perché il Duce scelse Chieti, la “città della
camomilla”; come furono selezionati i giurati; come fu blindata la
città e come - su pressione continua di Mussolini - il processo,
così complesso, si svolse con estrema rapidità: otto giorni in
tutto. I due libri sono entrambi molto documentati, principalmente sulle fonti archivistiche locali. Mentre il lavoro di Benegiano è quasi esclusivamente limitato al processo, quello di Di Tizio ha una parte introduttiva che racconta, ovviamente in modo sintetico, la vicenda dell’assassinio. Il lettore viene così immerso nella folla di squallidi servi del regime e di fascisti arroganti e prepotenti: un piccolo spaccato provinciale, specchio della disgraziatissima Italia di Mussolini. Ma incontra anche quel magistrato dalla schiena dritta, un esile filo d’acciaio che resisteva, una fiammella di una coscienza nazionale non spenta.
L’articolo di Giuseppe Tamburrano è stato pubblicato su «l’Unità» del 23 maggio 2006.
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VEDI anche Mauro Del Giudice, un magistrato scomodo
©2006 Teresa Maria Rauzino.