LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Padre Pio
Nell'aprile del 1961 lo scontro tra Padre Pio ed il Vaticano diventa
particolarmente aspro: al frate viene proibito di celebrare le funzioni della
settimana santa. Se la devozione popolare, venata di fanatismo, è certa della
sua santità, le autorità religiose e parte dell'opinione pubblica guardano con
sospetto crescente allo strano miscuglio di misticismo e superstizione,
esaltazione religiosa ed affarismo che cresce a San Giovanni Rotondo intorno al
frate delle stimmate. è in questo periodo che «l'Avanti!» pubblica quello che ogni probabilità
è il più grande attacco della stampa italiana al frate di Pietrelcina.
Non si tratta, questa volta, di denunciare la falsità delle stimmate o
il giro d'affari intorno al frate. L'accusa è più pesante. "Nel massacro
di San Giovanni Rotondo Padre Pio fu con gli Arditi neri", titola il
giornale il 2 aprile.
L'articolo di Giancarlo Smidile per la verità è tutt'altro che
stringente nelle sue argomentazioni, e tuttavia ha il merito di richiamare
l'attenzione su un episodio della vita del frate effettivamente rimosso,
dimenticato dalle infinite agiografie del santo – così come dimenticati,
rimossi, cancellati
Non ho l'ambizione di dire cose nuove sull'eccidio di San Giovanni
Rotondo.
Intendo piuttosto ragionare sui documenti disponibili, per la maggior
parte pubblicati da Giosuè Fini [1] in un libro che è una reazione sdegnata alle accuse dell'«Avanti!»
ed
intende stabilire la verità storica contro le presunte calunnie dei socialisti.
Secondo la versione ostile al frate (ripresa ad esempio nel libro di
Guarino Beato impostore, Kaos
Cominciamo dagli Arditi di Cristo. Chi erano? E soprattutto: sono esistiti realmente? Giosuè Fini lo nega, portando come prova la relazione dell'ispettore di polizia Trani, che sconfessava quanto aveva sostenuto in Parlamento l'onorevole Maitilasso: «un gruppetto di individui composto non solamente di popolari, ma anche di persone di altri partiti di cui fa parte un gruppo nuovo, in Italia e fuori, e lo dico perché altri possano imitarlo,un gruppo di arditi che si chiamano arditi di Cristo (Oh!Oh!), che hanno il gagliardetto nero con lo stemma pontificio, prese a dileggiare i dimostranti» [2]. Dell'esistenza di questo gruppo politico non sembra esservi prova. Lo stesso Raffaele Mascolo, autore di un libro sull'eccidio di parte socialista, commenta le parole dell'onorevole Maitilasso osservando: «è certo però che si trattasse di Arditi d'Italia, gruppo in seno alla Sezione Mutilati e Combattenti con gagliardetto nero» [3]. Nessun partito di Padre Pio, dunque. è però da considerare il rapporto tra la Sezione Mutilati e Combattenti di San Giovanni Rotondo ed il frate. All'epoca dei fatti Padre Pio è già un personaggio di grande rilievo a San Giovanni Rotondo
Ha ricevuto le stimmate ed è al centro di una intensa devozione
popolare. Tra i più devoti ci sono appunto i membri della Sezione Mutilati e
Combattenti.
Nell'estate di quello stesso 1920 c'era stato un primo tentativo di
allontanare il frate da San Giovanni Rotondo, che era stato sventato dal pronto
intervento della popolazione. Come testimonia lo stesso Fini, «le Sezioni
dei Mutilati e dei Combattenti erano all'avanguardia nel promuovere le
manifestazioni popolari per impedire l'allontanamento del caro Padre da San
Giovanni Rotondo, ordinato dalle supreme autorità religiose»
[4]. Questo legame speciale ha una ragione: il frate aveva miracolato la
moglie di Michele Mondelli, presidente della Sezione Mutilati del paese. Se
dunque non esiste alcun partito di Padre Pio, esiste però a San Giovanni una
organizzazione particolarmente legata al frate e piuttosto abile nel promuovere
manifestazioni di piazza. Per scongiurare il pericolo di una vittoria
socialista, le forze conservatrici di San Giovanni Rotondo si coalizzano in un
"blocco d'ordine" la cui anima sono i combattenti ed i popolari. Come
nota Mascolo, il Partito Popolare a San Giovanni Rotondo è un partito «spiccatamente confessionale, integralista, privo di respiro culturale, di
autonomia rispetto all'apparato ecclesiastico, e con un indirizzo politico
sostanzialmente conservatore...» [5].
Quale era la posizione di Padre Pio?
Sciocco sarebbe immaginarlo immerso nelle sue avventure mistiche,
indifferente alla competizione politica: basta la lettura della più sgangherata
delle agiografie per rendersi conto che il frate, legato da unione mistica con il
Cristo, è pure buon amico del potere politico, che lo gratifica di non pochi
favori e riceve a sua volta prestigio e legittimazione (con uno scambio
perfetto, come si conviene tra amici). Padre Pio è schierato, e non è difficile
immaginare da quale parte.
Ma questo lo vedremo meglio tra poco.
Intanto ricostruiamo la dinamica degli eventi di quel maledetto 14
ottobre 1920.
è
una mattina di sole. Un corteo di
circa seicento persone, compresi donne e ragazzini, percorre il paese
accompagnato dalla banda musicale. è
una festa popolare consueta nei comuni conquistati dai socialisti. Giunti
davanti al Municipio, i lavoratori trovano l'ingresso sbarrato dai carabinieri
con le armi spianate, decisi ad impedire l'ingresso delle bandiere rosse. I
leader socialisti, il consigliere provinciale Di Maggio ed il neo-eletto sindaco
Luigi Tamburrano, arringano i lavoratori e li convincono a ritirarsi. A questo
punto avviene la provocazione degli Arditi di Cristo, secondo la versione
offerta in Parlamento dall'onorevole Maitilasso.
Giosuè
Fini, che afferma di essere stato in piazza quel giorno, offre una versione in
fondo non troppo diversa.
«Io – scrive – guardavo ed ascoltavo la voce dei
due oratori: vedevo i loro gesti, che
A
questo punto una donna si avvicina alla porta del Municipio decisa ad entrare
con la bandiera rossa.
Comprendendo
che le cose si mettono male, Giosuè Fini se la dà a gambe, proprio mentre i
carabinieri sparano in aria per disperdere la folla. Nel trambusto, un civile
toglie il fucile a un soldato, spara ed uccide il carabiniere Vito Imbriani.
Solo allora, secondo la testimonianza di Fini, i carabinieri aprono il fuoco
sulla folla. La versione socialista è diversa [7].
Non è l'uccisione del carabiniere a provocare l'eccidio: i carabinieri aprono
il fuoco quando la donna, seguita da altri, cerca di forzare la porta del
Municipio. Come se non attendessero che un segnale, sparano prima in alto, poi
sulla folla stessa. Il carabiniere viene ucciso solo in questo momento, da mano
ignota.
Riguardo
alla identità dell'assassino del carabiniere occorre registrare una circostanza
curiosa. Giosuè Fini fa i nomi di due persone che conoscono l'identità
dell'assassino. Uno è un suo amico, che però si è sempre rifiutato di
rivelare il nome. L'altro è una insegnante, «che lo rivelò a Gerardo
Saldutto, il
quale conserverà il segreto»
[8].
Singolarissimo caso di omertà.
Perché
difendere un assassino, mantenendo solennemente il segreto sul suo nome? Perché
quella persona è amica, oppure perché è potente, e la cosa potrebbe creare
grande scandalo. Una cosa pare certa: a sparare a quel carabiniere non fu uno dei
contadini e lavoratori del corteo, uno di quei socialisti nemici della fede e
della Chiesa.
Non
è credibile che una insegnante ed un frate (e che frate...) difendano con un
così solenne segreto un socialista. Ammettiamo anche, dunque, che la carneficina
sia stata causata dall'assassinio del carabiniere. Ciò non esclude, anzi
accentua le responsabilità del blocco conservatore, nelle cui fila va con ogni
probabilità cercato il nome dell'assassino.
Che
c'entra Padre Pio? Secondo l'accusa dell'«Avanti!», c'entra perché a causare
l'eccidio fu la provocazione dei suoi seguaci. Abbiamo visto che, se non è
possibile parlare di una sorta di partito di Padre Pio, è tutt'altro che
irrilevante la responsabilità di quella sezione Mutilati e Combattenti che era
così vicina al frate. Ma c'è dell'altro. Tra i documenti chiave che Fini
produce per scagionare il frate ve n'è uno singolare. è
una testimonianza di Francesco
Morcaldi, il futuro podestà fascista e poi sindaco di San Giovanni Rotondo –
il sindaco di Padre Pio, legato al frate da un lungo e proficuo scambio di
favori. Prima dell'eccidio, scrive Morcaldi, si delineava «il pericolo d'un
grave scontro», perché il servizio d'ordine era stato affidato al commissario
Matteo Bevere, «noto per l'intransigenza e la decisione»
[9].
Osservazione
preziosa. Chi era ben informato, ben prima dell'eccidio era consapevole del
pericolo. Non i lavoratori, però, che scesero in piazza con i bambini.
Preoccupato, Morcaldi informa Padre Pio del pericolo. Ne riceve la seguente
risposta, che per Fini è la dimostrazione della buona volontà del frate e del
suo impegno per evitare l'eccidio: «Vai, avvicina i capi,
placali...»
10].
I capi naturalmente sono quelli socialisti. Morcaldi riceve dunque da Padre Pio
il compito di avvicinare i capi socialisti per invitarli a rinunciare alla
pretesa di esporre la bandiera socialista.
Ma
chi è Morcaldi in questo periodo? Giulio G. Siena lo definisce «animatore del
partito popolare»
[11].
Non dunque un uomo super partes. Padre Pio conferisce un preciso mandato
ad un uomo dello schieramento conservatore.
Il
rapporto tra Padre Pio e Morcaldi permette di confermare l'inclusione del frate
nel blocco o fascio d'ordine, sostenuta dall'onorevole Maitilasso («questo
blocco che andava dai combattenti patriottici, a Padre Pio e agli arditi neri...»). Non solo. Morcaldi è ben consapevole che il pericolo viene dalle
Eppure
la sua autorità avrebbe potuto mutare il corso delle cose. Non lo manda
nemmeno, il fidato Morcaldi, alla sezione dei Mutilati e Combattenti, né dagli
altri rappresentanti del blocco d'ordine. Non è un mediatore tra parti, che
inviti tutti alla calma. è
schierato con una parte politica.
Erano davvero i capi socialisti quelli che andavano placati? Quelli che poi
inviteranno la folla a ritirarsi per non dar vita a incidenti? I colloqui di
Morcaldi con i capi socialisti hanno in realtà tutta l'aria
Figura
nazional-popolare, Padre Pio non dispiace, spesso, alle persone di sinistra.
Piace
il suo conflitto con le autorità vaticane, come anche, forse, una sua certa
semplicità di modi – uso un eufemismo. Sfugge il significato specificamente
politico dell'azione del frate (su quello religioso il discorso sarebbe molto,
molto lungo). Si dimentica che Padre Pio è stato un conservatore ostile ai
poveri, nemico di ogni riforma e di ogni progresso sociale, buon amico di
un'alta borghesia tanto corrotta quanto munifica, e compromesso in modo spesso
ambiguo con il potere politico. E che in un triste frangente della nostra storia
– come in altri – è stato tragicamente dalla parte sbagliata.
NOTE
1
G. Fini, Precisazioni
sull'eccidio di San Giovanni Rotondo (14 ottobre 1920), Leone, Foggia
1988.
2
Ivi, p. 49.
3
R. Mascolo, L'avvento
del fascismo in Capitanata (l'eccidio di San Giovanni Rotondo),
Amministrazione Provinciale di Capitanata, Foggia 1987, p. 53, nota.
4
Fini, op. cit., p. 158.
5
Mascolo, op. cit., p. 40.
6
Fini, op. cit., p. 183.
7
Cfr. Mascolo, op. cit ., pp. 49 ss.
8
Fini, op. cit., p. 183.
9
Ivi, p. 54.
10
Ibidem.
11 Giulio G. Siena, Il cavaliere Francesco Morcaldi nella vita di Padre Pio e nella storia di San Giovanni Rotondo, relazione al convegno su «Il Cav. Francesco Morcaldi, sindaco di Padre Pio», San Giovanni Rotondo, 26 ottobre 2004.
©2007 Antonio Vigilante. Questo saggio è tratto da «Da Tophet. Visioni dal fondo», numero 3, 23 settembre 2007, edito da Rainoneditore.