LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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La pellicola della San Paolo Film fu girata negli anni cinquanta a Peschici e a Kàlena. Alle riprese partecipò l’intero paese.
Tommasina Vera ne Il Figlio dell'Uomo.
Presso
Un ciclo tematico sulla religiosità pasquale, selezionato dal direttore Franco Mercurio fra i 150 film sulla vita di Gesù realizzati in oltre un secolo di cinema.
È del
1897 il primo film sul tema: il fotografo parigino Léar dirige La passion du
Christ. Si tratta di alcuni tableaux vivants allestiti in occasione
della Pasqua. Sono passati appena due anni dalla nascita della macchina da
presa. I fratelli Lumière si rendono conto del grande impatto sul pubblico del
tema religioso: ecco nascere il cortometraggio Vues représentant la vie et
la passion de Jesus-Christ (Vedute che rappresentano la vita
e la passione di Gesù), ribattezzato Passion Lumière.
Tredici episodi, dalla adorazione dei magi alla resurrezione, quasi statici,
sull’esempio dei tableaux vivants teatrali. La supervisione alla regia
di Hatot e Breteau è curata dal padre dei fratelli Lumiere, Antoine. La
pellicola è lunga soltanto
Hollywood
si butta a capofitto sul quel proficuo filone. Un‘attenzione mai venuta meno
fino ai nostri giorni, confermata dal successo di tanti film sulla vita di Gesù,
riproposti puntualmente in occasione della settimana santa.
Un radicale cambiamento nell’approccio ai temi della “passione” si registra con Il Vangelo secondo Matteo (1964): Pasolini ribalta canoni formali e stilistici, usando un linguaggio realistico in cui si fondono atmosfere arcaiche e riferimenti pittorici rinascimentali. Il tutto accompagnato da una colonna musicale a base di spiritual e blues. Subito criticato, il film guadagna credito col tempo. Un capolavoro, che oggi è possibile rivedere anche a Foggia grazie al restauro del Centro sperimentale di cinematografia.
Nella
rassegna foggiana, avremmo volentieri inserito Il Figlio dell'Uomo
(Ecce Homo), un film in bianco e nero di Virgilio Sabel della durata di 92
minuti, prodotto in Italia nel lontano 1954 e girato interamente a Peschici un
anno prima. Nel cast degli interpreti, attori professionisti come Fiorella Mari,
Eugenio Valenti, Franca Parisi, Jenny Magetti, Antonio Casale, recitano con gli
attori dilettanti di Peschici, scelti dopo un provino: tra di essi spiccano Elio
Del Duca (Pietro), Tommasina Vera, Raffaele Costante (Giuda), Gaetano Diana
(Giuseppe) e Antonio Vigilante (Caifa).
La
sinossi del film parte dalla Genesi per arrivare ai giorni della vita, della
Passione e della Resurrezione di Gesù Cristo: dopo la caduta di Adamo ed Eva,
Iddio promette un Redentore. La visita dell'Angelo alla Vergine Maria, sposa di
Giuseppe, segna l'inizio del mistero dell'Incarnazione. Gesù, nato in una
stalla di Betlemme, dopo trent'anni di vita anonima, inizia il suo ministero di
redenzione e d'amore; attraverso la predicazione e i miracoli entusiasma il
popolo. Catturato al Getsemani, viene condannato a morte ed ucciso sul Calvario.
La resurrezione segna il trionfo di Gesù, che ascende al cielo per sedere alla
destra del Padre.
Proponiamo,
a chi vuole saperne di più sul “clima” del set garganico, uno stralcio di Pèschici
come
«Nel film – scrivono i ragazzi – sono visibili parti dell’antico paese; si riconoscono scene girate nell’antica Abbazia di Kàlena (l’Annunciazione e il Tribunale) o nella Chiesa della Madonna di Loreto (l’Ultima Cena), mentre le prediche fatte da Gesù Cristo (impersonato dall’attore professionista Eugenio Valenti) sono state ambientate sulla Torre di Monte Pucci, da dove è visibile la costa che va fino a Rodi Garganico. Insieme a pochi attori professionisti, Sabel ha utilizzato molte comparse di Pèschici. Altre persone del posto appaiono in ruoli secondari, come, ad esempio, i centurioni. La trama e la recitazione sono per l’epoca molto avanzate e propongono una realtà ancora sconosciuta di un piccolo villaggio di pescatori, che si cimentò per la prima volta nella recitazione di un film. Forse anche per questo, Il figlio dell’uomo ha suscitato nella popolazione grande interesse e disponibilità. Il film ha un grande valore documentale, perché mostra come era Pèschici cinquanta anni fa, nel suo incontaminato splendore, con le piccole casette a cupola di Via Kennedy e del Borgo di S. Nicola, con le rispettive grotte per gli asini e le bestie da latte, che rappresentano il profilo ormai perduto del nostro paese».
Don
Alberione si era lanciato nel mondo della celluloide il 18 marzo 1938; fino ad
allora aveva limitato il suo campo d'azione apostolica nella carta stampata. In
quell'anno in Italia le sale cinematografiche erano 4049 e i cattolici ne
gestivano quasi la metà. Le organizzazioni cattoliche non avevano ancora un
proprio spazio in un ambito di importanza strategica come quello della
produzione e distribuzione del film, limitandosi a interventi censori e
moralistici sulla “nuova arte”, ormai divenuta un fenomeno di massa. La
parola d'ordine di Don Alberione fu deporre le forbici della censura e prendere
in mano la macchina da presa.
Negli
anni del secondo dopoguerra, le 70 librerie delle Edizioni Paoline furono
attrezzate per diventare luogo di distribuzione delle pellicole ma anche centri
di consulenza, di assistenza tecnica e di irradiazione sul territorio della
nuova proposta. Le riviste della Società San Paolo, soprattutto «Vita
Pastorale», scatenarono una formidabile campagna di convincimento nelle
parrocchie perché appoggiassero in modo concreto la nuova “via paolina” al
cinema. Il 19 dicembre del 1947 venne costituita una nuova società,
Nell'arco
dell'anno 1948,
La Parva
Film
specializzò l’ambito della sua produzione nel settore del cinema
religioso. L'esperienza deludente nell'uso del colore suggerirono alla casa
cinematografica (che nel 1952 adotta la ragione sociale Parva-San Paolo Film),
di girare due film in bianco e nero: Il Figlio dell'Uomo (1953), che
abbiamo qui analizzato, e Ho ritrovato mio figlio (1954), la storia di un
dramma familiare. Entrambi furono distribuiti sia in 16 che in 35mm.
Fu in
questo periodo che nacque la "scheda filmografica", uno strumento
indispensabile per la presentazione, soprattutto in sede di cineforum e di
pubblico dibattito, dei film di una certa levatura artistica. La scheda, oltre a
contenere tutti i dati tecnici della pellicola e il giudizio del Centro
Cinematografico Cattolico, forniva chiavi di lettura a livello morale, estetico
e di linguaggio cinematografico, necessari per una più profonda comprensione
del film.
Presente
oggi in tutti e cinque i cinque continenti,
©2007 Teresa Maria Rauzino. L’articolo è stato pubblicato sul «Corriere del Mezzogiorno- Corriere della sera» del 5 aprile 2007 con il titolo Le immagini in bianconero del «Figlio dell’uomo», una memoria da riscoprire. Le foto tratte dall'album di Michelino Esposito e Rocco Tedeschi Peschici nella memoria. Immagini e ricordi dagli inizi del secolo agli anni '70", edizioni Stauros, 2004 e dal sito http://www.970ad.it