LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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Stemma del Duca Nicola de' Sangro.
Tra
gli aristocratici napoletani giunti in terra di Capitanata verso la fine del
Settecento in quanto motivati da interessi economici, emerge la figura del duca
Nicola Maria de’Sangro.
Questo
personaggio appare per la prima volta in Capitanata nel 1795, ossia quando
acquistò il feudo allodiale di Orta, il cui possesso cessò con l’entrata in
vigore della legge del 21 maggio 1806 [1]
Secondo le fonti
documentarie, rinvenute presso gli archivi di Stato di Foggia e di Napoli, dopo
la confisca dei beni della “Casa d’Orta” ai PP. Gesuiti per volere del
marchese Bernardo Tanucci nel 1774 nacquero i cinque “Reali Siti”. Con essi
sorgevano nuove speranze, per coloro i quali si erano avventurati popolando i
nuovi centri di Orta, Ordona, Stornara, Stornarella e Carapelle, di poter godere
dei privilegi concessi dal sovrano, affinché gli stessi progredissero dal punto
di vista socioeconomico.
I cinque villaggi,
prima sorti come masserie, assunsero una diversa connotazione con il popolamento
delle terre. I lotti di terra furono parcellizzati e concessi in enfiteusi a
coloni provenienti da altri paesi, gente povera giunta in questi luoghi
“desolati” in cerca di fortuna, pionieri che colonizzano le terre libere
dando origine ai centri urbani.
Con
la prima concessione delle terre a coltura i censuari dovevano pagare un canone
annuo di diciotto carlini a versura, mentre per le terre adibite al pascolo, un
canone annuo di venticinque carlini a versura. Nel 1774 furono destinati ai
cinque centri 4.100 versure di terra destinate a 410 famiglie: 105 ad Orta, 93
ad Ordona, 83 a Stornara, 73 a Stornarella e 56 a Carapelle.
A ciascuna famiglia furono assegnate 10 versure di terreno, i buoi, le sementi, gli attrezzi agricoli, la casa rurale e quanto altro occorreva per la coltivazione dei terreni. La concessione delle terre fu accordata in enfiteusi ventinovennale rinnovabile [2].
Nonostante
l’impegno ed il lavoro profusi però, le condizioni economiche in cui
versavano alcuni contadini diventarono difficili quando questi, a causa delle
cattive annate, furono costretti a contrarre debiti e molti di essi, non
riuscendo a far fronte agli impegni assunti, subirono la confisca dei beni e
conseguentemente l’espulsione dalle terre. Queste ultime, incamerate
nuovamente nel Demanio, furono rivendute a privati.
Per quanto riguarda il centro di Orta nel 1792, secondo quanto rinvenuto nella corposa documentazione esistente nell’archivio di casa de’Sangro, custodito presso la biblioteca comunale di Martina Franca, una parte delle terre confiscate ai censuari fu venduta in burgensatico, al prezzo di 145,151 ducati, dalla Reale Azienda di Educazione, organo amministrativo competente sul territorio dei Reali Siti, con sede nella capitale, a Don Matteo Scherini di Napoli; sulle stesse non sussisteva alcun diritto di prelazione da parte dei coloni [3].
Dopo
tre anni dall’acquisto da parte di Matteo Scherini, rescisso il contratto su
sua richiesta, il “Sito” di Orta fu venduto allo stesso prezzo, ma con una
deduzione di ducati 625. Nel corso dell’accertamento del valore era emerso un
calo di alcune rendite del sito stesso, che andava ad incidere sul capitale
iniziale. Così fu definitivamente stabilito che il prezzo sarebbe stato di
ducati 144,526, versati dal nuovo acquirente nella persona del duca Don Nicola
Maria de’Sangro di Napoli. Durante le trattative furono stabilite le seguenti
condizioni: ducati 12,526 da pagare in contanti e subito, i rimanenti ducati
132,000 dovevano essere pagati nel corso di cinquant’anni, con decorrenza dal
giorno 19 agosto 1795 [4],
ripartiti in tante rate, così come deciso dal duca de’Sangro, a condizione
che alla fine di ogni decennio la somma versata fosse pari a ducati 27,000. In
tal modo, trascorsi quarant’anni, il duca stesso avrebbe pagato la somma di
ducati 108,000. Gli fu concesso, inoltre, di poter pagare anche somme maggiori,
in modo tale che il debito residuo dell’ultimo decennio sarebbe stato di
ducati 24,000 così come stabilito con Reale Dispaccio del 30 giugno 1795.
Fu deciso che il duca avrebbe corrisposto un interesse a favore della Reale Azienda di Educazione compensativo dei “frutti” che avrebbe percepito dalle rendite per affitti ecc, in ragione del 3%, da scalare proporzionalmente alle somme da lui versate in conto dell’intera somma di ducati 132,000 [5].
Con l’acquisto fu concesso al duca il diretto dominio sulle Mezzane del Forno, Torre Giordana, Fiume Morto, Grascianella e Triunfello, della estensione di 363 versure più 18 versure di orto, più 81 partite confiscate ai censuari di Orta, il molino, il forno, la taverna del Passo d’Orta, tre stanze della “Palazzina”, nella quale erano ubicate le abitazioni del Curato e del Vescovo, e due fondaci siti a Foggia nella strada detta di Gesù e Maria, fittati al prezzo di annui ducati 24 [6].
Nell’acquisto era compreso anche il godimento del diritto di patronato [7] sulla Chiesa Matrice di Santa Maria delle Grazie [8], e su quella di Santa Caterina di Orta [9]. Il duca doveva provvedere direttamente alla nomina del Curato o del Cappellano, dell’Economo e del Guardiano delle chiese, stabilendo per ciascuno un compenso annuo concordato con la Reale Azienda di Educazione, non inferiore a quello precedentemente percepito dagli stessi e corrisposto dal suo predecessore Don Matteo Scherini [10].
Una
doviziosa corrispondenza epistolare custodita presso l’archivio diocesano di
Ascoli Satriano, intercorsa tra il duca de’Sangro ed il vescovo, evidenzia gli
obblighi cui era tenuto il nuovo acquirente del “sito” di Orta.
Le
trattative per l’acquisto avvennero con l’allora Amministratore della Reale
Azienda di Educazione Don Giuseppe del Pozzo e con il Regio ingegnere Consalvo
Coltellini, che aveva effettuato la perizia stabilendo quale fosse il valore dei
beni acquistati dallo stesso duca [11].
I “Reali Siti” facevano parte della diocesi di Ascoli Satriano, così il
vescovo, Mons. Emanuele De Tomasi [12],
preoccupato da tempo per lo stato delle chiese, il 2 maggio 1795, scrisse a Don
Domenico di Gennaro, duca di Cantalupo, Intendente Generale degli Stati
Allodiali di Sua Maestà e della Reale Azienda di Educazione, sollecitando
l’invio di alcuni arredi sacri occorrenti alla chiesa di Santa Maria Delle
Grazie di Orta e nello stesso tempo ribadendo la richiesta per il restauro di
alcune parti della stessa; nella lettera evidenziava inoltre che per la chiesa
si rendeva necessario anche l’acquisto di un organo da porre sulla cantoria,
pertanto alcuni censuari si erano offerti di contribuire all’acquisto
anticipando la somma occorrente con il proprio danaro [13]
Intanto
il 9 maggio dello stesso anno, il vescovo ricevette una lettera da parte di Don
Luigi Forgioni, rappresentante della Reale Azienda di Educazione, che lo
informava dell’arrivo di una persona di sua fiducia [14]
che avrebbe dovuto rendersi conto dello stato dei fabbricati da cedere al duca
de’Sangro. Il 12 dicembre 1795, con una sua lettera, il duca stesso gli
preannunciò la sua venuta allo scopo di visionare i locali che gli sarebbero
spettati con l’acquisto del sito non avendo preso accordi con la Reale Azienda
di Educazione al riguardo; colse l’occasione per chiedere al Vescovo stesso di
concedergli per la durata di circa 50, al massimo 60 giorni, i suoi appartamenti
di Orta che sarebbero stati da lui utilizzati durante la sua permanenza nel
Reale Sito, sperando di non arrecargli disturbo.
Dopo
questa comunicazione, il 19 dicembre 1795 il vescovo scrisse al duca di
Cantalupo informandolo sulle intenzioni del nuovo acquirente del sito, e
pregandolo di intercedere per lui presso il de’Sangro, al fine di poter
mantenere gli accordi già esistenti concessi alle chiese da Don Matteo Scherini,
primo acquirente [15].
All’epoca dell’acquisto le trattative erano state condotte da Don Luigi
Forgioni e dal canonico don Nicola Spagnoli, vicario del vescovo, il 3 giugno
1793, quindi, essendo preesistenti, dovevano essere mantenute anche con il nuovo
acquirente del sito; in particolare esse riguardavano le spettanze del Vescovo
circa gli appartamenti, la rimessa, la stalla e la pagliera, inoltre sollecitava
anche l’aumento dell’assegno annuale per le visite pastorali ormai richiesto
da tre anni ma non ancora giuntogli, evidenziando che la richiesta era
necessaria perché quello era per la chiesa un «[…] periodo di umiliante congiuntura […]». La pagliera
inoltre, essendo ubicata vicino alla chiesa, era pericolosa in quanto potevano
verificarsi incendi, pertanto sin dal 1793 era stata adibita ad alloggio ed
occupata da un soldato della Reale Azienda di Educazione, con l’obbligo da
parte di quest’ultima di provvedere al pagamento dell’affitto per un altro
locale in cui riporre la paglia. Per tale situazione il vescovo aveva chiesto
una somma di 10 ducati annui, ma Don Giuseppe del Pozzo gliene aveva offerti
otto, tale somma era ritenuta insufficiente per pagare qualunque affitto ad Orta:
i prezzi delle locazioni erano alti tanto da raggiungere anche i 15 ducati annui
per l’affitto di un locale [16].
Finalmente, dopo varie insistenze, il 4 luglio 1795 fu accordata la concessione
di 10 ducati annui per l’affitto del locale, con verbale redatto dallo stesso
Don Giuseppe del Pozzo.
Il
2 gennaio 1796, il duca de’Sangro scrisse al vescovo una lettera di
convenevoli ringraziandolo per avergli messo a disposizione i locali per il
tempo richiesto, assicurandogli che non avrebbe profittato oltre della sua
cortesia. Nell’omaggiarlo, gli offrì i propri servigi. Il vescovo, dopo aver
svolto la visita pastorale, il 2 marzo 1796 scrisse al duca di Cantalupo sia per
informarlo sulla situazione delle chiese dei cinque centri, sia per chiarire la
posizione del de’Sangro in merito alle sue competenze sulle chiese di Orta [17].
Il 23 aprile 1796, il vescovo scrisse ancora al duca di Cantalupo che il de’Sangro
aveva il compito di provvedere ai bisogni delle chiese, tuttavia avendo
quest’ultimo rinunciato al diritto di patronato sul lato sud della chiesa
Matrice e precisamente quello riguardante la cantoria, per aver preferito in sua
sostituzione alcuni fabbricati per soprelevare la “Palazzina”,
le competenze su quella parte della chiesa ricadevano sul duca di Cantalupo.
Questi doveva pertanto provvedere a far chiudere la parte detta dei
“Coretti” in quanto, durante le celebrazioni religiose, si commettevano “Sconcerie
ed irriverenze”. Il Vescovo non ebbe
nessuna risposta in merito.
Il
18 febbraio 1797, mosso da dovere pastorale, scrisse al duca de’Sangro
inviandogli una lista per la fornitura di alcuni arredi sacri ritenuti urgenti
per le celebrazioni religiose e sollecitandone l’invio per la chiesa di Santa
Maria delle Grazie che ne era sprovvista; nella lista egli suddivise le cose più
importanti, da spedire al più presto, da quelle meno urgenti da inviare con
comodo:
«[…]
Tovaglie numero
6 |
Sottotovaglie numero 2 |
Frasche
per altari, cioè numero
12 |
per l’altare Maggiore, sei grandi |
e sei piccole, per l’altri due al- |
tarini dodici piccole |
Beneventani
|
Lettorini di Segno numero 3 |
Una
Campana nuova Grande |
Tonnacelle di colore nero numero
2 |
Piviale di tutti i colori numero 1 |
Tonnacelle di tutti i colori, numero 2 |
Pianeta di tutti i colori, numero 1 |
Un Paliotto |
Un Ombrella […]» [18]. |
Nonostante le promesse epistolari del duca de’Sangro, a tutto il 25 febbraio 1797 né gli arredi sacri furono inviati, né gli altri impegni assunti furono mantenuti, così il vescovo di Ascoli Satriano decise di scrivergli per inviargli un resoconto sulla situazione delle chiese di Orta desunta dalle sue visite pastorali; con l’occasione sollecitò l’invio degli arredi e soprattutto della campana grande spiegandogli che quella esistente era rotta e, che la sola campana piccola non era sufficiente per richiamare la gente dalle vicine masserie per le celebrazioni religiose. In risposta alla lettera del vescovo, il 25 febbraio di quell’anno, il duca scrisse che aveva già dato ordini precisi affinché gli arredi fossero pronti nel più breve tempo possibile. La campana era in costruzione: sarebbe stata consegnata appena pronta [19]. Fino al 13 maggio di quell’anno né gli arredi né la campana furono inviati, questo indusse ancora una volta il vescovo a scrivere al duca sia per sollecitargli l’invio di quanto più volte richiesto, sia per informarlo che, durante la sua ultima visita pastorale ad Orta durata quattro giorni, aveva avuto problemi per l’alloggio in quanto il suo agente, Giuseppe Colelli, e la sua famiglia si erano impossessati degli appartamenti che utilizzava durante la permanenza in occasione delle visite pastorali occupandoli e deturpando anche i mobili. Sollecitò l’ultimazione delle fabbriche della palazzina in modo tale che l’agente stesso potesse trasferirsi ed evitare ulteriori disdicevoli situazioni [20]. Il duca rispose al vescovo il 20 maggio 1797 ribadendo che gli arredi sacri erano in lavorazione. Mostrandosi dispiaciuto per il disagio nel quale il vescovo si era trovato durante la sua permanenza ad Orta, gli garantì che:
«[…] alla fine del prossimo mese di settembre, egli [21] evacuerà il detto palazzo, fabbricata o no che sia la mia Palazzina […]».
Inoltre,
nel pregarlo di pazientare gli promise che tutti i danni causati dal suo agente
e dalla famiglia gli sarebbero stati rimborsati, e lo pregò di compilare una
lista dei mobili danneggiati che avrebbe a sue spese sostituito [22].
Il 23 dicembre 1797 il vescovo inviò una relazione dettagliata sulla situazione
delle chiese dei cinque centri alla Reale Azienda di Educazione. Per conoscenza,
una copia della stessa fu spedita anche a Michele Filangieri [23],
alter ego del duca, segretario e
curatore dei suoi affari, nonché suo cugino. Nella sua relazione, il vescovo
evidenziava la necessità di aumentare le quote annuali che fino allora con
reale dispaccio erano state fissate a 130 ducati annui, ma che per le esigenze
delle chiese erano insufficienti. Per Orta presentò la richiesta di far
costruire una cripta per le sepolture nella chiesa Matrice della quale avrebbero
usufruito solo i censuari pagando 10 carlini per ogni sepoltura destinata agli
adulti e cinque carlini per i ragazzi. Invece per le sepolture dei locati e dei
forestieri sarebbe stata utilizzata la chiesa di Santa Caterina, nonostante
fosse in precarie condizioni di agibilità perché pericolante [24].
La relazione si concludeva con l’accenno alle controversie sorte tra alcuni
censuari ed il duca de’Sangro a causa del suo dispotismo.
Il 24 febbraio 1798 il vescovo, ancora una volta, inviò una lettera al duca de’Sangro per sollecitare l’invio degli arredi sacri che erano diventati urgenti per le celebrazioni religiose, allegando un’altra lista con l’aggiunta di altro materiale [25].
Evidentemente
stanco delle continue lagnanze del vescovo, il duca diede incarico a Michele
Filangieri, di curare personalmente la questione con le chiese di Orta; questi,
con una lettera del 24 marzo 1798 riferì al vescovo che, a causa di urgenti
impegni, il duca non aveva potuto far fronte alle richieste avanzate, ma che al
di là delle sue spettanze non si potevano lasciare abbandonate le chiese sia
che il diritto di patronato fosse goduto dal duca, sia che fosse stato affidato
ad altri, pertanto scrisse:
«[…] bisogna riflettere […] alla
necessità positiva del Culto Divino agli obblighi della Chiesa, che non possono
essere molti, perché non ha Rendite, ed altro […]».
Pertanto,
alla luce degli ultimi avvenimenti egli stesso agendo per conto del duca, si
impegnò a fornire sia gli arredi sia a seguire con maggiore attenzione le
necessità delle chiese [26].
La situazione rimase invariata fino al 1° settembre 1798, quando il Filangieri
con una lettera assicurò al vescovo che entro i primi giorni di novembre di
quell’anno sarebbero stati consegnati tutti gli arredi liturgici, compresa la
campana nuova [27].
Con l’occasione preannunciava la venuta dell’ingegnere di casa de’Sangro [28]
che sarebbe andato ad Orta per completare le fabbriche della palazzina. Sia gli
arredi sia la campana furono consegnati entro i termini stabiliti, sulla stessa
fu apposto il suo stemma [29]
con la seguente didascalìa:
DVX NICOLAVS MARIA DE’ SANGRO REGALI MVNIFICENTIA PATRONVS RESTAVRAVIT ANNO SALVTIS MDCCXCVIII [30]
La
campana fu collocata nel campanile a vela del palazzo ex Gesuitico, dove rimase
fino agli anni ’90 del 1900. Successivamente fu rimossa per essere collocata
nella torre campanaria della nuova chiesa del SS. Crocifisso di Orta Nova, dove
è rimasta fino al 2001. Ultimati i restauri del Palazzo ex gesuitico, è stata
ricollocata nell’originario luogo di appartenenza.
Genealogia della famiglia de’Sangro [31]
Domenico
_______________________________________________________________________ |
| | |
M. Beatrice (n. 20/08/1754 m. 24/04/1833)
Nicola Maria
[34]
(n. 10/01/1756 m. 07/05/1833) |
sposa il 25/02/1775 sposa il 16/11/1794 |
Giovanni Vincenzo Tommaso Revertera [35] |
M.
Giuseppa Carafa [36] |
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Maria Teresa [37] Margherita [38] M. Margherita [39] Domenico [40] | Beatrice [41] Riccardo [42] Domenico [43] Maria Lucia [44] | ||||
sposa il 20/11/1817 | |||||
Gennaro di Somma principe del Colle [45] |
Fonti documentarie
Archivio Storico diocesi di Ascoli S. – Cerignola:
-
Reali Siti: Voll. IV e V.
Archivio di
Stato di Foggia:
-
Dogana delle pecore di Puglia, s. I. – Amministrazione del
Tavoliere s. II.
Biblioteca Comunale di
Martina Franca:
Archivio
Privato Caracciolo – de’Sangro:
-
Buccino Generale.
-
Successioni.
-
Filiberto CAMPANILE, Storia
della Famiglia de’Sangro, dattiloscritto inedito.
Abbreviazioni
ASNA:
Archivio di Stato di Napoli.
ASFG:
Archivio di Stato di Foggia.
ASDA:
Archivio Storico della Diocesi Ascoli S. – Cerignola.
BCMF:
Biblioteca Comunale di Martina Franca.
BNNA:
Biblioteca Nazionale di Napoli.
La
pubblicazione del dipinto del vescovo di Ascoli Satriano è stata autorizzata
dalla Curia Vescovile di Ascoli S. con lettera di prot. n. 458 del 09/08/2000;
La
pubblicazione del documento in stampa per la nomina del cappellano ecc. è stata
autorizzata dalla biblioteca Comunale di Martina Franca con lettera di prot. n.
42 del 25/07/2001.
NOTE
1 Si riprende in questa sede il discorso già avviato nel contributo Diritto di Patronato del Duca de’Sangro sulle chiese di Orta di Capitanata e rapporti con il vescovo di Ascoli Satriano, in «La Capitanata», n. 10, rivista della Biblioteca Provinciale di Foggia, Foggia 2001, pp. 149 e ss.
2 Addolorata SINISI, I beni dei Gesuiti in Capitanata nei secoli XVII e XVIII, C.E.S.P., Napoli 1963, pp. 49 e 50. Cfr. Lucia LOPRIORE, Origine dei Reali Siti, antica e nuova censuazione, in questo stesso sito.
3
BCMF, Archivio Privato Caracciolo -
de’Sangro, Buccino Generale,
b. 170, fasc. 2, c. 30r., Notaio B. Capobianco di Napoli, atto del 19
dicembre 1795. Istrumento della
vendita del Real Sito di Orta in Burgensatico, fatta dalla Real Azienda di
Educazione al Sig. Duca de’Sangro. Per l’acquisto ed a garanzia del
debito contratto con la Reale Azienda di Educazione, Matteo Scherini aveva
acceso un’ipoteca legale sui beni immobili di sua proprietà consistenti
in:
«[…] una Casa grande del Borgo
di Loreto, un’altra casa sita nel Vicolo delle Chianche di Toledo, un
Casino a Portici, diversi Arrendamenti, ed infine una Masseria sita a Torre
del Greco nel luogo detto Soda […]».
4 Il duca cominciò ad effettuare i versamenti ancora prima della definitiva stipula dell’Istrumento, cfr. BCMF, Archivio Privato Caracciolo – de’Sangro, Buccino Generale, b. 170, fasc. 2, c. 89r., Notaio B. Capobianco di Napoli, atto del 19 dicembre 1795, Istrumento… doc. cit.
5 BCMF, Filiberto CAMPANILE, Storia della… op. cit., ibidem, Archivio Privato Caracciolo – de’Sangro, Buccino Generale, b. 170, fasc. 2, c. 65r e ss., Notaio Bernardo Capobianco di Napoli, atto del 19/12/1795, Istrumento della vendita del Real Sito di Orta in Burgensatico fatta dalla Real Azienda di Educazione al Sig. Duca de’Sangro. La somma di 12526 ducati fu versata a mezzo fede di deposito del Banco della Pietà di Napoli. In tale occasione furono fidejussori del duca: il principe di Melissano Don Giovanni Battista Caracciolo, Don Nicola Caracciolo e Donn’Anna Francesca Spinelli, conte e contessa di Trivento, tutti suoi parenti nella linea dei d’Afflitto, di tale famiglia facevano parte sia la nonna di Nicola, Beatrice, sia la zia Stefania, vedova di Luzio de’Sangro, fratello di Domenico. I titoli di principe di Scanno, duca di Barrea e conte di Trivento, passati a Stefania dopo la morte di suo fratello, furono trasmessi ai principi Caracciolo di Melissano dopo la morte della stessa Stefania per Maggiorasco. Cfr. Berardo CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie… op. cit., vol. I, p. 71.
6
ASFG, Amministrazione del Tavoliere,
Scritture dell’Ufficio, s. II, b. 17, fasc. 4, cc. 6v e 8r., e BCMF, Archivio
Privato Caracciolo – de’Sangro, Buccino
Generale, b. 170, fasc. 2, c. 1r e ss., Notaio Bernardo Capobianco di
Napoli, atto del 19/12/1795, Istrumento
… doc. cit.
7 Quasi sempre tale diritto era concesso ai signori del villaggio o ai feudatari. Chi godeva dello ius patronatus era obbligato a rispettare le condizioni stabilite all’atto del godimento del diritto. Cfr. Emma GESUALDI, Il patrimonio della Mensa vescovile di Bovino in una platea del 1694, in La Capitanata, a. XXV – XXX n. 1, Foggia 1998, p. 201.
8 Attuale chiesa dell’Addolorata.
9
Attuale chiesa del Purgatorio annessa a quella di S. Maria delle Grazie.
10 BCMF, Archivio Privato Caracciolo – de’Sangro, Buccino Generale, b. 170, fasc. 2, c. 1r e ss., Notaio B. Capobianco di Napoli, atto del 19/12/1795, Istrumento… cit. In tale atto, tra i patti stabiliti al paragrafo XII si legge: «Che debbansi al Compratore nell’atto del possesso consegnare le copie in forma valida di tutti gli Istrumenti, e Scritture, che trovansi fatte fra la Reale Azienda, e gli attuali Censuarj, Fittuarj, Fidatarj, Coloni, Detentori de’ beni del suddetto Real Sito d’Orta; per aversi dal Compratore medesimo la certa notizia del tempo delle rispettive scadenze, e per poter nel tempo debito astringere al pagamento li rispettivi debitori per causa di censo, di affitto, di Fida, e per qualsivoglia altro titolo; senza che detto Compratore sia tenuto a pagamento alcuno per le suddette copie d’Istrumenti, e Scritture da consegnarseli».
Al paragrafo XIII si legge: «Che sia lecito alla persona nominanda espellere dalle rispettive concessioni quegli Enfiteuti che o si troveranno morosi, o pure avranno controvenuti ai patti apposti ne’ rispettivi Istrumenti di concessione; e che possa la medesima proseguire contra detti Enfiteuti li giudizi di devoluzione, già da detta Reale Azienda introdotti nella Regia Dogana di Foggia».
Il paragrafo XV inoltre, stabilisce: «Che sia in piena libertà del Compratore di fare quell’uso, che meglio gli piacerà di tutti li territorj, e stabili annessi a detta Real Casa, devoluti che saranno li censi, ed estinti gli affitti de’ rispettivi corpi descritti uno per uno nel quì inserto distinto Notamento, e sua Aggiunzione: e che qualunque diritto all’Azienda suddetta appartenga, tutto s’intenda passato, e trasfuso al Comp., e per esso nella persona nominanda».
Al
paragrafo XVI si legge: «Che siano tenuti li Fittuarj, e Coloni del medesimo Real Sito pagare
alla persona nominanda la rata dell’estaglio a die captæ possessionis,
senza attendersi qualunque patto in contrario, che tra loro, e la detta
Reale Azienda vi fusse».
Il paragrafo XVII stabilisce: «Che la nomina e destinazione del Curato, Economo, e Guardiano sia del Compratore: e che al medesimo si trasferisca qualunque diritto di patronato, ed altro sulla Parrocchia, che alla Reale Azienda di Educazione appartenga, o possa appartenere».
Il paragrafo XI stabilisce: «Si venderanno i beni suddetti al Compratore con tutti i diritti, che rappresenta sopra di essi la Reale Azienda di Educazione: giacché i corpi suddetti si trovano o affittati, o censiti; né vi ha la Reale Azienda di Educazione Doti, o Attrezzi, se non ciò che risulta dà rispettivi istrumenti di censuazioni, ed affitti […]».
11 Archivio Storico della Diocesi di Ascoli S. – Cerignola, Reali Siti, Volume IV, anni 1795-1798, c. 61r, lettera del 02/03/1796.
12 Cfr. AA.VV., Memoria Diocesis Asculi Satriani, Napoli 1853, p. 140, e CRSEC, Cronotassi… op. cit., p. 99. Nacque a Napoli il 25 dicembre 1721, fu Vicario Generale della Metropolia di Benevento, eletto Vescovo della Diocesi di Ascoli Satriano ed Ordona il 16 dicembre 1771 continuò la sua opera pastorale fino al 1807. Era dottore in Utriusque Iuris molto versato nelle lettere, nelle materie scientifiche e nelle sacre scritture, conferì alla Cattedrale di Ascoli l’attuale stile architettonico arricchendola con stucchi, pitture, anaglifi, altari, balaustre marmoree corredandola, inoltre, di sacre suppellettili d’argento. Ampliò il seminario e l’episcopio fondò l’orfanotrofio per fanciulle assegnando loro una dote di 300 ducati d’oro da corrispondere ogni anno a cura della mensa vescovile; celebrò il Sinodo diocesano nel 1735 di cui si custodiscono le bozze presso l’Archivio Storico della Diocesi di Ascoli, gli originali, purtroppo, furono distrutti per mano di ignoti. Decorò i canonici del fiocco color paonazzo sul cappello e delle calze del medesimo colore. Pur avendo seri problemi di salute continuò a svolgere il suo ministero con tranquillità, celebrava la S. Messa quotidianamente ed amava recitare il sermone al popolo durante le celebrazioni religiose tenute nei giorni festivi. Nell’agosto del 1775, Ferdinando IV assegnò alla Diocesi di Ascoli l’appartenenza dei 5 Reali Siti e Mons. De Tomasi impiegò tutte le sue forze ed il suo zelo apostolico affinché in quelle zone vi fosse una rifioritura della vita cristiana, furono infatti numerose le visite pastorali svolte con paterna vigilanza. Cessò di vivere il 5 gennaio 1807 all’età di anni 85 compianto da tutti.
13 Ibidem, Reali Siti, Volume IV, c.16r
14 BCMF, Archivio Privato Caracciolo - de’Sangro, Buccino Generale, b. 170 fasc. 2 c. 84r, Istrumento…cit., dal documento si evince che il duca de’Sangro elesse suo procuratore Don Carlo Cesare Soriani di Napoli, il quale si recò ad Orta per prendere possesso dei beni acquistati.
15 Il vescovo ignorava che nel contratto di compravendita tra il duca de’Sangro e la Reale Azienda di Educazione le condizioni stabilite per le chiese di Orta fossero rimaste invariate.
16 ASDA, cc. 18r, 49r, 51r.
17 Ibidem, c. 53r, 57r.
18 Ibidem, cc. 69r, 98r, 99r, 101r.
19 Ibidem, c. 103r, dalla ricerca non è emerso né il prezzo pagato per la campana né da quale fonderia napoletana fosse stata costruita.
20 Ibidem, c.120r.
21 Giuseppe Colelli.
22 ASDA, Reali Siti, Volume IV, c. 122r.
23 Berardo CANDIDA GONZAGA, Memorie delle famiglie… op. cit., vol. I, p. 223, e vol. VI, p. 88, ed Erasmo RICCA, La Nobiltà… op. cit., vol. I, p. 525. Principe di Arianiello, figlio di Cesare, 1° principe di Arianiello, di Giovanni ed Anna d’Aponte, e Marianna Montalto di Fragnito, figlia di Antonio e Maddalena Imperiale, di Domenico marchese di Latiano e M. Teresa Spinola. Fu l’ultimo principe di Arianiello, il titolo gli fu trasmesso dopo la morte del fratello Gaetano, illustre giurista ed illuminista; Michele fu Commendatore di più Ordini e nel 1808 fu nominato Presidente del Senato di Napoli, successivamente ricoprì la carica di Intendente della Provincia di Napoli, ebbe una sola figlia legittima che morì nubile.
24 Nell’Istrumento di acquisto del Sito d’Orta, tra le condizioni stabilite, era compreso anche il rifacimento della chiesa di S. Caterina; a tale riguardo l’ing. Coltellini aveva compilato il progetto di ricostruzione. Per ragioni non meglio accertate, però, la chiesa non fu mai ricostruita. Cfr. BCMF, Istrumento… doc. cit. c. 102 r.
25 Ibidem, cc. 154r, 161r, 163r e 164r.
26 Ibidem, c. 167r.
27 Ibidem, Volume V, anno 1798, c. 14r.
28 BCMF, Archivio Privato Caracciolo – De’Sangro, Buccino Generale, b. 170, carte varie; in un documento che elenca gli arredi per la Palazzina di Orta inviati al vescovo in sostituzione di quelli danneggiati da Giuseppe Colelli, si evince che l’ingegnere della casa de’Sangro è il Dott. Mastiviani.
29 Arme: Partito. A destra: di Oro a tre bande di Azzurro; a sinistra: di Rosso a tre fasce d’Argento. Scudo inscritto nell’insegna di Gran Croce del Sovrano Militare Ordine di Malta. Cimiero: due leoni uscenti affrontati al naturale codati di oro e lampassati; quello di sinistra caricato di stadera; al centro: drago nascente di verde lampassato. Ornamenti ducali.
30 La didascalia sulla campana di chiara tendenza filoborbonica pone in luce la fedeltà del duca verso la Corona con l’affermazione: «[…] Regali Munificentia Patronus […]». Non è un caso che Don Nicola de’Sangro lo abbia evidenziato. Nel 1798, anno in cui fu donata la campana, com’è noto, a Napoli ed in tutto il Regno dilagava il giacobinismo che aveva già raccolto entusiastici consensi da parte di molti aristocratici, tra cui Ettore Carafa cognato del duca, questi facendo propri i princìpi di libertà della rivoluzione francese cospiravano contro la monarchia. Pertanto, i pochi aristocratici rimasti fedeli al sovrano evidenziavano la propria devozione lasciandone traccia anche negli scritti, così come si evince nell’atto relativo alla nomina del cappellano, del guardiano e dell’economo della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Orta, rilasciato dalla segreteria della casa ducale de’Sangro al vescovo di Ascoli Satriano, che recita: «Spettando a noi per sovrana concessione […]». Cfr. BCMF, Buccino Generale, b. 172, fasc. 15.
31
ASNA – Sez. DIPLOMATICA - POLITICA,
Archivi Privati: Archivio Privato
Serra di Gerace, vol. III, cc. 1187r, 1200r, 1204r.
Cfr. http://www.sardimpex.com.
32
Ibidem, di Antonio duca
di Fragnito Patrizio Napolitano e Maria Maddalena Imperiale, di Domenico,
marchese di Latiano, e Maria Teresa Spinola.
33
ASNA, SEZIONE DIPLOMATICA - POLITICA: Archivi
Privati, Archivio Livio Serra di Gerace, vol. III, c. 1204 e 2066.
34
2° duca di Sangro.
35
Ibidem, 6° duca di
Salandra, Patrizio Napolitano; nato a Tricarico (MT) il 09/02/1754 e morto a
Palermo il 07/10/1810. In alcune fonti appare solo con il nome di Vincenzo
in altre solo con quello di Tommaso, poiché nelle genealogie ufficiali
quest’ultimo nome non compare, è probabile che si tratti del terzo nome
di battesimo ampiamente utilizzato dal personaggio.
36
Ibidem, di Riccardo di
Ettore di Fabrizio, 12° duca di Andria, 4° duca di Castel del Monte, 15°conte
di Ruvo, marchese di Corato, patrizio Napolitano dal 1764, e di Margherita
Pignatelli di Monteleone. Casata: Carafa della Stadera. Cfr. http://www.sardimpex.com
37
Ibidem, nata il
09/09/1795, morta il 15/02/1872.
38
Ibidem, nata e morta nel
1796.
39
Ibidem, nata a Firenze nel
1798 morta a Napoli il 18/01/1874, Dama di Corte delle Due Sicilie, sposa il
10/09/1817 Nicola Maresca Donnorso 3° duca di Serracapriola e 1° conte di
Tronco. n. San Pietroburgo il 13/08/1790 m. Portici il 17/11/1870.
40
Ibidem, nato a Palermo il 10/08/1799 morto a Napoli il 15/01/1805,
Patrizio Napolitano.
41
Ibidem, nata a Palermo il 02/09/1800 morta a Napoli il 10/07/1859,
sposa il 3/07/1822 Francesco Carafa, duca di Forlì, conte di Policastro e
Patrizio Napolitano.
42
Ibidem, nato a Napoli il 20/07/1803 morto il 05/02/1861, 3° duca di
Sangro, Patrizio Napolitano.
43
Ibidem, nato il 22/05/1805 si ignora la data di morte, Patrizio
Napolitano.
44
Ibidem, nata a Genova nel 1808 morta a Napoli il 22/11/1855, sposa
il 16/05/1832 il conte Francesco de la Tour-en-Voivre.
45
Nato il 14/07/1797 morto il
14/02/1883.
©2005 Lucia Lopriore