LA MEMORIA DIMENTICATA |
a cura di Teresa Maria Rauzino |
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In un libro di Francesco Barbaro, le complesse dinamiche di un tragico evento dell’estate 1919
Un numero de Il Foglietto
«In testa vi era la fanfara socialista. Ad essa seguirono dieci
corone, portanti le fotografie delle dieci vittime della nostra fede.
Sventolarono i vessilli delle diverse leghe e tra essi il gonfalone della camera
del lavoro di Foggia, faceva seguito un interminabile fila di lavoratori, mesti,
commossi, piangenti».
Così un cronista di Spartaco, periodico ufficiale della Federazione socialista di Capitanata, descrisse
Il Foglietto aprì una sottoscrizione per le famiglie delle
vittime, coinvolgendo nella gara solidale la popolazione di Lucera, i
maggiorenti vicini e lontani, compresi Gaetano Gifuni, Antonio Salandra e gli
emigrati in Nord America. All’appello risposero la provincia di Foggia e
persino la Massoneria. il Grande
Oriente d’Italia inviò 500 lire. In tutto furono raccolte 12mila lire, che
alla vigilia di Natale 1919 furono distribuite alle famiglie più duramente
colpite dal tragico evento.
I retroscena dell’eccidio di Lucera divennero una sorta di “affaire”
di stato. Lanciata dall’agenzia Stefani, la vicenda assunse rilievo nazionale.
Nella querelle che ne seguì intervennero il presidente del consiglio
Nitti ed il suo predecessore, il lucerino Salandra; egli prese le distanze dal
prefetto di Foggia Franzè, che aveva tempestato il Ministero degli Interni di
missive riservate. Ci fu un’interrogazione di un deputato socialista e il caso
Lucera venne discusso anche in Parlamento, con un ampio resoconto sulla prima
pagina dell’Avanti puntualmente ripubblicato da Il Foglietto.
Oggi queste interessanti vicende, relative al moto popolare lucerino e
al procedimento giudiziario che ne seguì appassionando l’opinione pubblica
non solo locale, sono state ricostruite da Francesco Barbaro nel volume Lucera
la strage dimenticata. Al di là della narrazione, il
ricercatore lucerino effettua un esemplare spoglio tematico del Foglietto
e di Spartaco, i due periodici locali che, nelle loro cronache,
documentarono le varie fasi dell’evento. Emergono i diversi punti di vista dei
due giornali, derivanti dalla marcata impostazione ideologica di Spartaco
e dalla altalenante linea editoriale de
Il Foglietto. Il settimanale
lucerino, ad un certo punto, prese le distanze dall’evento: la cronaca del
processo venne relegata in poche note informative, sparirono gli appassionati
corsivi che avevano contraddistinto l’intensa partecipazione iniziale.
La parte più interessante del volume è l’analisi dei carteggi
dell’Archivio Centrale dello Stato e dell’Archivio del Tribunale di Lucera;
partendo da essi, Barbaro focalizza il ruolo del prefetto dell’epoca. A causa
della sua forte pregiudiziale antisocialista, Franzè non riuscì a capire la
portata sociale di un evento così drammatico. Trascurò le vere cause del
disagio per il caroviveri e credette di fronteggiarlo facendo intervenire 500
carabinieri in assetto di guerra contro la popolazione inerme. Ma il prefetto
indusse anche il Ministero degli Interni a trasferire in altra sede i giudici
Morfino e Milone, del tribunale di Lucera, che si stavano occupando del caso,
tacciandoli di filosocialismo. La fase istruttoria verrà affidata ai giudici
del Tribunale di Trani.
Con il rinvio a giudizio dei cinquanta imputati, il processo tornò alla
competenza del tribunale penale di Lucera (la Corte d’Assise di Bari giudicherà
solo un imputato). Nel collegio di difesa si distinsero i deputati socialisti
Leone Mucci e Michele Maitilasso.
Maitilasso, scagionato appena un mese prima dal ruolo di imputato (era
stato accusato dal prefetto Franzè di aver fomentato la rivolta, tesi smentita
durante il processo), come avvocato difensore contestò le richieste del
pubblico ministero discutendo, con grande cognizione di causa, la “teorica”
dei delitti della folla. La sentenza del Tribunale di Lucera, emessa nel marzo
1920, diede ragione agli avvocati difensori. Furono smontate le certezze del
prefetto Franzè della congiura socialista, basate sul fatto che, nelle ore
successive all’eccidio, nella locale camera del lavoro erano state rinvenute
alcune armi: la loro esiguità non avrebbe mai consentito ai dimostranti di
riuscire ad avere la meglio sulle ingenti forze di pubblica sicurezza – circa
cinquecento unità supportate da mitragliatrici – presenti a Lucera l’11
luglio.
Dei 116 imputati, 50 furono rinviati a giudizio, e di questi ben 45
furono assolti. Cinque imputati furono condannati a pene miti. Ma dalle colonne
di Spartaco si levò un’amara constatazione: nessun provvedimento
giudiziario era stato emesso a carico delle forze dell’ordine che avevano
sparato all’impazzata sulla folla, e avevano continuato a farlo anche quando
molti manifestanti stavano rientrando pacificamente nelle loro case.
Soltanto un “ardito”, riconosciuto da molti testimoni come
responsabile materiale dell’uccisione di un bersagliere, nell’ottobre 1921
fu condannato a 14 anni di carcere dalla corte d’assise di Bari. Ma non scontò
mai la pena: era contumace. A vent’anni dalla mite sentenza, i legali del
milite richiesero l’abolizione della condanna, appellandosi all’amnistia del
gennaio 1923 varata dal governo Mussolini per azzerare i processi per reati
commessi dagli squadristi fra il 1920 ed il 1922. L’applicazione
dell’amnistia fu chiesta con valore retroattivo, con la motivazione della
valenza politica dei moti contro il caroviveri. A distanza di oltre vent’anni
– nell’anno XVIII dell’era fascista – si ottenne così l’annullamento
dell’unica, simbolica condanna in contumacia inflitta ad uno dei protagonisti
dell’eccidio di Lucera. Prevalse la tesi sostenuta dal prefetto Franzè,
riconosciuta insussistente dalla sentenza del 26 marzo 1920.
Nel secondo dopoguerra un albero e una piazza (piazza Umberto I fu
titolata ad Antonio Gramsci) ricordarono ai Lucerini, per qualche tempo, i
luoghi dove era stata consumata la strage del 1919. Un evento rimosso dal regime
fascista fin dal primo anno del suo avvento al potere. Francesco Barbaro, con la
sua documentata analisi, ha restituito questa microstoria alla memoria
collettiva della sua città.
Per non dimenticare.
BARBARO FRANCESCO, Lucera la strage
dimenticata, Edizioni del Rosone, settembre 2005, pp. 215, ill., euro 15,00.
©2006 Teresa Maria Rauzino. Le foto d'epoca sono tratte dal sito: www.ilfrizzo.it