I resti del «Lombardo» nei fondali dell'isola di San Domino (Isole Tremiti, FG).
Nel 1860 il pirovapore «Lombardo», assieme alla nave «Piemonte», aveva portato i Mille di Garibaldi da Genova a Marsala, segnando il destino del Regno delle Due Sicilie. Pochi forse se ne ricordavano quando, nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1864, il «Lombardo» s’arenò su una secca, davanti all'Isola di San Domino, non lontano da Cala degli Inglesi e Punta del Vapore. Era carico di truppe dirette a Manfredonia e di detenuti destinati alla colonia penale delle Tremiti. Tutti riuscirono a sbarcare, incolumi. Mentre la nave per sei giorni lottò con il mare infuriato. Non si riuscì a disincagliarla. Poi le onde spezzarono la chiglia e la fecero colare a picco. Da allora nessuno era più riuscito a sapere dove fosse il relitto, finché lo storico Pietro Fagioli l'ha localizzato sui fondali dell'isola pugliese.
La notizia è sul numero di febbraio 2005 del mensile «Focus». Una storia avventurosa, quella del «Lombardo», attraverso gli anni turbolenti che portarono all'unità d'Italia: varato nel 1841 nei cantieri di Venezia per conto di un armatore milanese, fu immatricolato a Livorno per usufruire della favorevole legislazione doganale toscana. Il 15 settembre 1841 partì per il suo primo viaggio diretto a Genova, battendo la bandiera del Granducato di Toscana. Era un vapore a ruote, due alberi e 208 cavalli. Effettuava viaggi settimanali. In un annuncio stampato a Livorno il 26 gennaio 1842 si può leggere: «Questo famoso piroscafo dell' esperimentate celerità di 13 miglia all'ora, comandato dal Capitano Cavaliere Carlo Martellini partirà per Genova e Marsiglia quest'oggi ad ore 5 pomeridiane e per Civitavecchia e Napoli il 4 febbraio di questo anno».
Nell'aprile del 1842 fu noleggiato alla Regina di Sardegna per conto della quale effettuò un viaggio fino a Napoli. Fu poi noleggiato al governo francese per il trasporto di truppe da Marsiglia ad Algeri. Il 14 marzo 1845, su istanza dei creditori,mentre faceva scalo a Marsiglia venne messo sotto sequestro. Lì ottenne il cambio di bandiera e fu immesso nei registri della marina austriaca, per essere trasferito a Trieste. Qui fu bandita un'asta. E il 26 maggio 1846 fu acquistato dall'Impresa «Raffaele Rubattino &C.», della «Società di Navigazione a Vapore Sarda», per 420.000 lire. Il «Lombardo» prestò servizio per anni, finché nel 1860 diventò celebre in occasione della «Spedizione dei Mille»: il 5 maggio 1860 - con il consenso di Giovan Battista Fauchè, amministratore della "Rubattino" (e all'insaputa dell'armatore) - imbarcò a Quarto, insieme al «Piemonte», i volontari di Garibaldi diretti in Sicilia, che partirono all’alba del giorno dopo. L’11 maggio a Marsala, durante le operazioni di scarico, fu attaccato dalle navi napoletane «Partenope» e «Stromboli», che lo fecero arenare, con ingenti danni. Disincagliato da tecnici e operai giunti dal Piemonte, fu rimorchiato a Palermo dove rimase in arsenale, per le riparazioni, sino alla fine del conflitto. Incorporato prima nella marina dittatoriale siciliana, il 17 marzo 1861 entrò nella flotta della Regia Marina Italiana. Il 3 marzo 1864 iniziò il suo ultimo viaggio: partito da Ancona concluse la sua carriera alle Tremiti.
Tuttavia il naufragio non è l'unico legame che la nave ha con il Tacco d'Italia. Quando il «Lombardo» e il «Piemonte» salparono da Quarto a bordo c'erano 1089 uomini (e una sola donna, Rosalia Montmasson, moglie di Francesco Crispi). La maggior parte di quegli uomini era di origine ligure e lombarda. Tuttavia in Liguria s’imbarcaoo pure molti meridionali e, tra questi, sei o sette pugliesi. Li troviamo nella lista fornita dal Ministero della Guerra nel 1864: «Beretta Giacomo, Bazzano (?), Lecce», «Braico Cesare, Brindisi», «Curzio Francesco Raffaele, Turi», «Maldacea Mosè, Foggia», «Mignona Nicolò, Taranto», «Minutello Filippo, Grumo, Bari». In dubbio «Panseri Eligio, Bulciago (?), Lecce»: forse un refuso trasformò Lecco in Lecce. In parte li cita il tenente colonnello Carlo Maria Tangorra nella monografia dedicata alla storia della Caserma «Picca» di Bari (Editrice Suma, 2001). Fa riferimento a sua volta a un articolo - Il contributo di Bari al movimento garibaldino - apparso su «La Puglia letteraria» nel 1932. Vi si ricorda la partecipazione alla spedizione di Francesco Raffaele Curzio (in questa caso si legge che era di Acquaviva): «Valoroso capitano ferito nel combattimento di Palermo insieme a Nino Bixio e a Benedetto Cairoli». Più informazioni su Filippo Minutillo (Minutello nella lista ministeriale): «Ingegnere grumese, direttore dell’artiglieria e del genio, dopo aver frequentato il Collegio della Nunziatella a Napoli, era entrato a far parte dell’esercito borbonico. In occasione della rivoluzione siciliana del 1848, però, si schierò apertamente a favore del nuovo regime e fu costretto a rifugiarsi prima all’estero e poi aGenova, dove divenne subito un elemento di spicco fra i capi della futura spedizione. Al termine della spedizione... il generale G. Cadorna... lo nominò Comandante Supremo del Genio nel Comando generale militare della Sicilia».
Altri pugliesi s’unirono ai garibaldini
dopo lo sbarco. Ecco Oreste Serafini, ex monaco che, abbandonata la tonaca, si presentò a Garibaldi
e diventò tenente; i molfettesi Guglielmo Gallo e Francesco Mastropasqua; ilmedico di Barletta
Angelo Raffaele Lacerenza, maggiore comandante del battaglione «Figli dell’Ofanto»; i colonnelli
Camillo Boldoni di Barletta e Liborio Romano di Molfetta (comandante della Brigata Peuceta,
soffocò le rivolte sul Gargano e in Irpinia). Poi Francesco Chicco di Palo del Colle, Francesco Calà e
Andrea Vocativo di Bisceglie, Vincenzo Grillo di Trani, Giuseppe Preite di Bari, Vincenzo Rogadeo
di Bitonto, il maggiore Lippolis di Putignano, Luigi De Laurentiis di Altamura, Tommaso Pantaleo di
Conversano; Angelo Saverio Positano di Noicattaro. Il relitto ritrovato del «Lombardo» ora contribuisce
a ricordarceli tutti, figli di un’epoca che poi non è così lontana.
©2008 Marco Brando; articolo pubblicato sul «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» del 10/2/2005.